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«Istria Nobilissima» 2010 «esilia» Antonio Borme - Edit

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6 storia e ricerca<br />

Sabato, 3 aprile <strong>2010</strong><br />

LIBRI Nel 1848 il Vecchio Continente è in bilico sull’orlo di un abisso<br />

La primavera dei popoli: una marea<br />

che sconvolse il sistema conservatore<br />

Parigi, Milano, Venezia, Napoli, Palermo, Vienna, Praga,<br />

Budapest, Cracovia, Berlino: un continente è in bilico<br />

sull’orlo di un abisso. Il vento della rivoluzione travolge<br />

l’Europa. Il 22 febbraio 1848 Parigi si sveglia sotto un cielo<br />

grigio e carico di pioggia. Le raffi che di vento portano per<br />

le strade una triste acquerugiola. Alle nove una folla di manifestanti<br />

– operai disoccupati, donne e bambini – si riunisce<br />

in place de la Madeleine, dalla quale deve prendere avvio la<br />

marcia di protesta. Tre giorni dopo, alle prime ore del mattino,<br />

la piazza esplode in un boato di giubilo: è stata proclamata<br />

la Repubblica! Parigi è la prima città a cadere sotto i colpi<br />

della rivoluzione. Con stupefacente rapidità, in tutte le capitali<br />

del continente, operai e borghesi rovesciano i vecchi regimi<br />

e si apprestano a dar vita a un nuovo sistema liberale. La marea<br />

sconvolge il sistema conservatore che, dopo la conclusione<br />

Parigi, Milano, Venezia, Napoli,<br />

Palermo, Vienna, Praga,<br />

Budapest, Cracovia, Berlino:<br />

il vento della rivoluzione<br />

travolge l’Europa nel 1848<br />

delle guerre napoleoniche, aveva mantenuto la pace ma represso<br />

le aspirazioni all’indipendenza nazionale e al governo costituzionale.<br />

Alta politica e diplomazia, processi di formazione<br />

statale e affermazione del costituzionalismo si affi ancano alla<br />

tragedia umana della rivoluzione, della guerra e della miseria:<br />

il 1848 è allo stesso tempo un’esperienza esaltante e drammatica<br />

per migliaia di persone, che scoprono il gusto per la politica<br />

e conquistano diritti civili e spazi di autonomia fi no ad allora<br />

esclusi. E non importa che tutto duri poco: è la generazione del<br />

1848 a distruggere alla radice quel vecchio sistema ma sarà la<br />

gente del futuro a raccoglierne i frutti.<br />

Se ne occupa Mike Rapport in “1848. L’anno della rivoluzione”<br />

(Laterza 2009, pp. 592, euro 24).<br />

Mike Rapport ha studiato presso le università di Edimburgo<br />

e Bristol. È stato segretario della Società per gli studi della<br />

storia francese fra il 2000 e il 2005 e redattore della rivista<br />

“French History”. Ha pubblicato, tra l’altro, “Nationality and<br />

Citizenship in Revolutionary France: The Treatment of Foreigners<br />

1789-1799” (2000) e “European History, including Nineteenth-Century<br />

Europe” (2005).<br />

Lo storico inglese racconta per fi lo e per segno ciò che successe<br />

nel ‘48, anno in cui, giorno dopo giorno, un mese dopo<br />

l’altro, la rivoluzione democratica dilagò attraverso l’Europa<br />

come un vento di tempesta. Fu l’anno in cui vennero al pettine<br />

i nodi irrisolti della politica europea: l’edifi cio della Restaurazione,<br />

eretto a Vienna nel 1815, dopo l’“avventura” napoleonica,<br />

cominciò a scricchiolare. Fu l’anno del proletariato e<br />

delle classi medie, praticamente appena nate dalla rivoluzione<br />

industriale. Fu l’anno delle rivolte popolari e dei grandi disegni<br />

di riforma. Fu l’anno in cui a Parigi si decretò il suffragio<br />

universale. Fu l’anno in cui vennero appiccati i primi minacciosi<br />

incendi del nazionalismo moderno e del suo problematico<br />

gemello, l’internazionalismo socialista. Fu l’anno in cui<br />

nacque l’anarchia, l’anno di Pierre-Joseph Proudhon, audace<br />

economista e operaio tipografo, e di Michail Alexandrovic<br />

Bakunin, aristocratico russo e rivoluzionario proletario senza<br />

eguali. Fu nel 1848 che Karl Marx e il suo socio al cinquanta<br />

per cento Friedrich Engels (su incarico del comitato centrale<br />

della Lega dei comunisti, un gruppuscolo proletario tra i più<br />

minoritari, composto per lo più di sarti tedeschi emigrati a Parigi,<br />

Londra e Bruxelles) scrissero a quattro mani il Manifesto<br />

del partito comunista, forse il più fortunato pamphlet mai apparso<br />

al mondo. E subito cominciò la leggenda dello spettro<br />

del comunismo...<br />

Secondo Isaiah Berlin, per capire il 1948, bisogna leggere<br />

Alexis de Tocqueville, Karl Marx e Aleksandr Herzen. Tranne<br />

Herzen, che fu soprattutto un memorialista, forse il più grande<br />

memorialista d’ogni tempo e luogo, gli altri due furono soprattutto<br />

dei teorici. Tocqueville vide nelle rivoluzioni del 1848<br />

l’ineluttabilità della convergenza (come ha scritto Franco Venturi)<br />

tra democrazia liberale e libertà. Marx vi vide all’opera le<br />

forze “anonime e tremende” della lotta di classe (come sempre,<br />

aveva ragione e torto insieme). Herzen, da parte sua, pose le<br />

basi d’ogni futuro discorso sull’intellighenzia moderna, a partire<br />

dall’esperienza che andava maturando tra gli intellettuali<br />

russi d’opposizione, e intanto raccontò il 1848 e i suoi esiti attraverso<br />

arguti e intensi ritratti dei suoi protagonisti.<br />

Un tassello di storia adriatica in cui emergono palesemente i vincoli tra le terre bagnate da un mare comune<br />

Recuperate le memorie dei rapporti tra Ragusa e Padova<br />

Da pagina 2<br />

Tra i massimi esponenti di quel<br />

secolo ricordiamo due umanisti ecclesiastici<br />

come Ambrogio e Clemente<br />

Ragnina, il letterato Giacomo<br />

Bona che studiò a Padova,<br />

a Bologna e a Firenze, il letterato<br />

Damiano Bonessa, Ludovico Cerva<br />

Tuberone, autore dei commenti<br />

sugli accadimenti avvenuti a seguito<br />

della morte del re ungherese<br />

Mattia Corvino, Mauro Orbini, il<br />

primo autore impegnato in ricerche<br />

storiche, la cui lavoro “Il Regno degli<br />

Slavi” (Pesaro 1601) fu una tra<br />

le primissime opere dedicate agli<br />

Slavi meridionali. Tra i poeti menzioniamo<br />

Michele Monaldi e Savino<br />

Bobali.<br />

L’ateneo patavino divenne un<br />

centro di primaria importanza per<br />

la formazione dei giovani provenienti<br />

da quella Repubblica e dalla<br />

Dalmazia in generale. L’autore<br />

dello studio che presentiamo sottolinea<br />

“Che i dalmati siano in questi<br />

secoli una presenza attiva nella storia<br />

universitaria, lo si nota non solo<br />

dagli Acta graduum academicorum<br />

Gymnasii Patavini pubblicati nei<br />

diversi secoli, ma anche dal fatto<br />

che, per esempio, tra i rettori sia<br />

nominato qualche raguseo come<br />

Francesco Crasso, poi addirittura<br />

sindaco di Padova per due volte,<br />

oppure che il più antico dei 3042<br />

stemmi oggi esistenti al Bo’ appartenga<br />

ad un dalmata, Giacomo Cicuta<br />

da Veglia, rettore dei Giuristi<br />

nel 1541-42” (p. 14).<br />

L’intervento di restauro ha interessato<br />

i monumenti funebri ad<br />

<strong>Antonio</strong> Bona (1537-1558), latinista,<br />

a Giorgio Sorgo (1584-1609)<br />

che molto probabilmente studiava<br />

in quell’università ma non vi era<br />

iscritto, dato che il suo nome non<br />

compare nei registri, e a Stefano<br />

Gigante (1592-1613) di cui non si<br />

hanno notizie, nemmeno relative<br />

alla sua famiglia. Come si evince<br />

i tre monumenti sono dedicati a tre<br />

giovani passati a miglior vita ancora<br />

molto giovani, il più anziano, infatti,<br />

è venuto a mancare all’età di<br />

venticinque anni. Buona parte della<br />

pubblicazione è dedicata al restauro<br />

dei monumenti funebri stessi, il cui<br />

autore ha preso direttamente parte.<br />

Una ricca documentazione fotogra-<br />

fi ca presenta lo stato in cui essi versavano<br />

prima dell’inizio dei lavori,<br />

si propongono le varie fasi dell’intervento,<br />

con le delicate operazioni<br />

di recupero nonché lo stato attuale<br />

delle opere, fi nalmente ritornate al<br />

loro antico splendore, così come<br />

dovevano apparire secoli addietro.<br />

Il restauro conservativo fu eseguito<br />

nel corso del 2008. Per individuare<br />

le metodologie più appropriate<br />

per eseguire l’intervento medesimo<br />

dei vari elementi architettonici<br />

e del materiale lapideo che forma le<br />

epigrafi , si fece anzitutto un’analisi<br />

degli elementi che raggruppano<br />

delle analogie vuoi per tipologia e<br />

stato di conservazione vuoi per patologie<br />

di degrado e ubicazione. Gli<br />

elementi individuati furono suddivisi<br />

in: elementi in pietra tenera di<br />

Vicenza (Nanto), elementi in pietra<br />

tenera di Vicenza (Costozza) e<br />

elementi marmorei. I primi, come<br />

apprendiamo dallo studio, presentavano<br />

delle patologie di degrado<br />

sulla superfi cie dei manufatti<br />

“(…) riconducibili a evidenti fenomeni<br />

superfi ciali diffusi di colore<br />

nero con formazioni di microrganismi<br />

quali licheni e muschi<br />

e alla presenza di croste nere den-<br />

titriche dovute probabilmente all’aggressione<br />

dei fenomeni atmosferici<br />

e in parte all’inquinamento<br />

atmosferico” (p. 32). La porosità<br />

della pietra, inoltre, ha permesso<br />

l’erosione e la disgregazione del<br />

litotipo, che ha determinato pure<br />

la perdita di materiale compromettendo<br />

l’integrità del manufatto.<br />

Per quanto concerne il secondo<br />

gruppo di elementi riportiamo che<br />

“Le principali patologie di degrado<br />

sono riconducibili all’aggressione<br />

dei fenomeni atmosferici e fenomeni<br />

di polverizzazione materica<br />

superfi ciale. Sono presenti anche<br />

croste nere dentritiche e fenomeni<br />

di attacco biologico” (p. 36). Per le<br />

parti in marmo “Le principali patologie<br />

di degrado della superfi cie<br />

sono riconducibili all’aggressione<br />

dei fenomeni atmosferici e in parte<br />

all’inquinamento atmosferico.<br />

Vi sono depositi superfi ciali di vario<br />

spessore e consistenza di colore<br />

nero, formatesi a causa dell’alta<br />

concentrazione di agenti inquinanti,<br />

presenti soprattutto nelle zone<br />

meno esposte agli agenti atmosferici”<br />

(p. 40). Delle schede dettagliate<br />

propongono anche la metodologia<br />

d’intervento, che dimostra<br />

la professionalità degli esecutori e<br />

al tempo stesso presentano al pubblico<br />

profano la complessità che<br />

un recupero di quel tipo comporta.<br />

Le foto inserite l’una accanto<br />

all’altra, che documentano lo stato<br />

dei monumenti e delle loro singole<br />

parti, prima e dopo il restauro,<br />

sono eloquenti; ed i risultati ottenuti<br />

suggeriscono siano il frutto di<br />

notevole esperienza, competenza e<br />

laboriosità.

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