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«Istria Nobilissima» 2010 «esilia» Antonio Borme - Edit

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Sabato, 3 aprile <strong>2010</strong><br />

Con l’istituzione della Giornata<br />

del Ricordo nel 2004,<br />

lo Stato italiano ha cercato<br />

di colmare le lacune della memoria<br />

nazionale sulle violenze subite<br />

da italiani in Friuli Venezia Giulia,<br />

Istria e Dalmazia, ridando voce anche<br />

a un gran numero di esuli, che<br />

hanno dovuto o voluto, per una<br />

scelta libera ma dolorosissima, abbandonare<br />

la loro terra. Dal tentativo<br />

di trovare strumenti effi caci per<br />

dare attuazione in forma non rituale<br />

ad una legge dello Stato, è partito il<br />

lavoro di formazione e produzione<br />

di strumenti didattici compiuto dall’Istituto<br />

storico grossetano della<br />

Resistenza e dell’Età Contemporanea<br />

(Isgrec), con il sostegno della<br />

Regione Toscana e la collaborazione<br />

dell’Uffi cio scolastico regionale<br />

e dell’Istituto storico della Resistenza<br />

in Toscana (Isrt).<br />

Un lavoro per il<br />

mondo della scuola<br />

Un lavoro iniziato con l’aggiornamento<br />

di centinaia di insegnanti<br />

toscani in cicli di lezioni-laboratorio<br />

e seminari, primo essenziale<br />

passo per l’insegnamento di una<br />

parte di storia italiana ed europea<br />

poco frequentata fuori dalle regioni<br />

direttamente interessate, e coronato<br />

da due produzioni rivolte alla<br />

scuola, un documentario e una mostra<br />

nati da un viaggio di studi nei<br />

luoghi della memoria del Confi ne<br />

orientale nel 2009, presentati a Firenze<br />

e a Grosseto. “La nostra storia<br />

e la storia degli altri. Viaggio intorno<br />

al confi ne orientale” è il titolo<br />

di questi due lavori, dove l’esperienza<br />

del viaggio compiuta da un<br />

gruppo di insegnanti toscani, è stata<br />

fonte di approfondimento delle<br />

conoscenze, ma anche occasione<br />

per rifl ettere sui signifi cati dei<br />

luoghi della memoria. L’esperienza<br />

dei luoghi – si legge nel primo<br />

pannello della mostra – di quanta e<br />

quale memoria vi è stata fi ssata nel<br />

tempo, è un segmento della rifl essione<br />

sulla complessità del rapporto<br />

fra storia e memoria, in questo<br />

caso storie e memorie. Le immagini<br />

passano attraverso la mediazione<br />

del nostro sguardo, inseparabili<br />

dalle fonti di conoscenza che l’hanno<br />

preceduto e seguito. In quanto<br />

tali, sono testimonianza di un percorso<br />

di conoscenza, il cui oggetto<br />

è l’attraversamento di frontiere,<br />

che hanno visto lacerazioni e dolore”.<br />

Guide qualifi cate<br />

Un punto prezioso di riferimento<br />

per la realizzazione del progetto<br />

del viaggio, da cui è nata la mostra,<br />

è stato l’Istituto regionale per la<br />

storia del movimento di Liberazione<br />

in Friuli Venezia Giulia, mentre<br />

hanno accompagnato con contributi<br />

scientifi ci, testimonianze e guide<br />

ai luoghi: Marco Coslovich e Angelo<br />

Visentin a Trieste, Nevenkha<br />

Troha e Marta Verginella a Lubiana,<br />

Tullio Vorano ad Albona e Livio<br />

Dorigo a Padriciano. La mostra<br />

si apre con le parole di uno dei fi -<br />

gli migliori del confi ne orientale,<br />

Claudio Magris, una testimonianza<br />

preziosa da imparare e insegnare:<br />

“Alle genti di una riva quelle della<br />

riva opposta sembrano spesso barbare,<br />

pericolose e piene di pregiudizi<br />

nei confronti di chi vive sull’altra<br />

sponda. Ma se ci si mette a<br />

girare su e giù per un ponte, mescolandosi<br />

alle persone che vi transitano<br />

e andando da una riva all’altra<br />

fi no a non sapere più bene da quale<br />

parte o in quale paese si sia, si ritrova<br />

la benevolenza per se stessi e<br />

il piacere del mondo”. Nell’appendice<br />

dell’esposizione si analizzano<br />

i rapporti tra il confi ne orientale e<br />

Firenze – la Toscana fu, come altre<br />

regioni italiane, un’importante<br />

tappa conclusiva dell’“odissea”<br />

di speranza e disperazione di tanti<br />

profughi – con riferimento alla ne-<br />

cessità di portare avanti il lavoro di<br />

ricostruzione di tanti percorsi soggettivi<br />

di vita, a partire dallo studio<br />

già realizzato su Sergio Rusich, che<br />

trasformò il suo esilio in un impegno<br />

civile e culturale.<br />

Sei sezioni<br />

Merito delle mostra, articolata<br />

dopo l’introduzione in sei sezioni<br />

(Trieste, un’identità di frontiera;<br />

Basovizza, il simbolo delle stragi<br />

jugoslave; Risiera, l’altro simbolo;<br />

Gonars, memorie ritrovate; Istria,<br />

in bilico tra due mondi e Padriciano,<br />

come paglia al vento) è quello<br />

di affi ancare alle rifl essioni di viaggio<br />

le “Storie”, ossia i più importanti<br />

e recenti contributi storiografi<br />

ci sugli argomenti trattati, nonché<br />

le “Letterature e memorie”, con<br />

suggestive, vivide e spesso dolorose<br />

pagine di importanti testimoni,<br />

in grado di catapultarci nell’atmosfera<br />

degli avvenimenti. Un continuo<br />

rimando dal pubblico al privato,<br />

dalla storia generale a quella<br />

particolare, che s’impone come<br />

importante scelta di metodo.<br />

Trieste, Basovizza, la<br />

Risiera di San Sabba<br />

A Trieste, microcosmo che ha<br />

assorbito diverse culture nel corso<br />

del tempo, i viaggiatori avvertono<br />

il contrasto tra quello che sono<br />

venuti a cercare – i luoghi simbolo<br />

delle violenze del ‘900 – e l’immagine<br />

della città che è sotto i loro<br />

occhi. Trieste ci precipita prima a<br />

Basovizza, dove il pozzo della miniera<br />

è diventato per elezione il<br />

luogo di memoria delle foibe, e poi<br />

alla Risiera di San Sabba, il monumento<br />

triestino di più alto valore<br />

simbolico, unico campo di concentramento<br />

con forno crematorio<br />

dell’Europa occidentale occupata,<br />

all’interno della Zona d’operazioni<br />

del Litorale Adriatico sotto diretto<br />

controllo tedesco. A Basovizza<br />

i viaggiatori percepiscono quanto<br />

la memoria delle foibe abbia oggi<br />

un codice di lettura, in chiave nazionale<br />

e ideologica, e rifl ettono su<br />

una memoria rimasta troppo a lungo<br />

patrimonio delle vittime, locale,<br />

ripiegata su se stessa: “Il tributo di<br />

un monumento importante, di dimensioni<br />

grandiose e simbolicamente<br />

forte, all’interno di un’area<br />

musealizzata non alla sua altezza<br />

– scrive la Direttrice dell’Isgrec<br />

Luciana Rocchi, redattrice dei testi<br />

– fa pensare a un tentativo di riparazione<br />

da parte dello Stato italiano,<br />

ma anche ad un’elaborazione<br />

ancora incompiuta della memoria<br />

delle atrocità e non cancella la percezione<br />

di un risentimento locale<br />

ancora molto vivo”. Alla Risiera,<br />

voluta dall’occupante tedesco nella<br />

fase fi nale della II Guerra mondiale<br />

e monumento nazionale dal 1965,<br />

dopo un lungo silenzio che sembrava<br />

assecondare la rimozione suggerita<br />

dai carnefi ci, rispondono altri<br />

luoghi della città, quali il Narodni<br />

Dom, teatro di uno dei primi episodi<br />

di violenza fascista nel 1920, e la<br />

Sinagoga, devastata nel 1942, che<br />

hanno un signifi cato analogo ma<br />

di più lungo periodo, richiamando<br />

le violenze del fascismo di confi ne<br />

culminate nelle politiche di snazionalizzazione<br />

e razziste.<br />

Le cripte di Gonars<br />

A Gonars le 471 cripte e i tre<br />

differenti sacrari (jugoslavo, sloveno<br />

e croato) ricordano le vittime<br />

del campo di concentramento italiano<br />

dove furono internati gli slavi,<br />

partigiani e civili, tra cui molte<br />

donne e bambini, rastrellati dopo<br />

l’occupazione di Lubiana. Colpisce<br />

l’assenza di una memoria italiana,<br />

un segno della rimozione<br />

delle responsabilità fasciste e un<br />

oblio simmetrico a quello del campo<br />

di Goli Otok, l’Isola calva dove<br />

molti italiani subirono le violenze<br />

della Jugoslavia di Tito. Oggi il<br />

Comune di Gonars che è impegnato<br />

a recuperare la storia del campo<br />

– sottolineano gli autori – potrebbe<br />

diventare un luogo simbolo dei diffi<br />

cili percorsi che accompagnano il<br />

recupero di memorie scomode.<br />

L’italianità<br />

cancellata<br />

Nel viaggio in Istria, dove già<br />

il paesaggio conferma la stratifi -<br />

cazione di civiltà, tempi e strutture<br />

sociali, si passa rapidamente<br />

dalla visione del Castello di Pisino,<br />

oggi sede del Museo di civiltà<br />

istriana e privo di ogni ricordo<br />

delle violenze subite nell’autunno<br />

1943 da italiani e tedeschi, sommariamente<br />

processati e infoibati<br />

storia e ricerca 7<br />

INIZIATIVE Itinerario didattico tracciato dall’Isgrec da cui è nata una mostra<br />

La nostra storia e la storia degli altri.<br />

Viaggio intorno al confi ne orientale<br />

di Marco Grilli<br />

dalle formazioni militari jugoslave,<br />

al senso di sconforto e tristezza<br />

trasmesso dalle facciate cadenti<br />

e le fi nestre chiuse della cittadina<br />

costiera di Albona, simbolo del doloroso<br />

esodo e di una cultura italiana<br />

cancellata con la chiusura della<br />

scuole, che resiste solo nei segni<br />

architettonici veneziani e nella volontà<br />

di sopravvivenza di una minoranza<br />

privata dei propri caratteri<br />

identitari.<br />

Padriciano,<br />

il dolore e l’esilio<br />

Un profondo senso di vuoto<br />

che si accompagna a “il dolore e<br />

l’esilio” – per citare il titolo di un<br />

importante libro di Guido Crainz<br />

– ben rappresentato da Padriciano,<br />

ex-centro profughi, sede del<br />

Centro di documentazione sull’esodo<br />

istriano-dalmata e ultima<br />

tappa del percorso: “Padriciano<br />

è un vuoto nel nostro viaggio.<br />

Vietato fotografare, vietata la videocamera,<br />

stretta sorveglianza<br />

dell’incaricata dell’apertura del<br />

Centro. (…) La memoria è plurale,<br />

lo sappiamo, ma qui abbiamo<br />

trovato una memoria divisa, una<br />

ricostruzione del passato confl ittuale,<br />

un confl itto sulle aspettative,<br />

sul futuro, tra chi desidera irrigidire<br />

la propria identità, nutrita<br />

dai rancori, e chi cerca un superamento<br />

del passato e il dialogo.<br />

Sono punti di vista eticamente diversi.<br />

Quest’episodio ha dato una<br />

forma imprevista alla nostra partecipazione<br />

al dramma rappresentata<br />

dalle immagini, dagli oggetti<br />

abbandonati dai profughi e ammassati<br />

com’erano al momento<br />

dell’esodo. Era l’ultima tappa del<br />

nostro viaggio, e ci ha lasciato un<br />

sentimento di tristezza come nessun<br />

altro momento”.<br />

Crediamo che il documentario<br />

e questa mostra, rigorosi e privi di<br />

pregiudiziali ideologiche, costituiscano<br />

un altro prezioso tassello per<br />

il lavoro di ricerca, conoscenza e<br />

approfondimento sui temi del confi<br />

ne orientale, portato avanti molto<br />

profi cuamente in questi anni dalla<br />

Regione Toscana, che insieme al<br />

Piemonte (tralasciando ovviamente<br />

il Friuli Venezia Giulia) è l’ente<br />

locale che più sta interessandosi a<br />

questo fi lone di studi.

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