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comunicazione<br />

bre 2012 gli investimenti in video advertising<br />

sono aumentati del 148% rispetto<br />

allo stesso 2011. Sembra che <strong>il</strong> livello di<br />

attenzione per uno spot online sia più<br />

alto del 15% rispetto allo stesso trasmesso<br />

in tv”. Per <strong>il</strong> lusso in particolare si aprono<br />

nuove prospettive: “I video - sottolinea<br />

Bonatto - sono formati advertising che<br />

consentono di esprimere meglio i codici<br />

di comunicazione propri del lusso rispetto<br />

ai banner, dove lo spazio è ridotto e statico.<br />

I device oggi hanno una risoluzione di<br />

pixel straordinaria, che consente immagini<br />

più impattanti e spettacolari rispetto<br />

alla carta”.<br />

Le dimensioni del fenomeno le <strong>il</strong>lustra<br />

Gugliada: “Secondo Fcp Assointernet, gli<br />

investimenti pubblicitari di tutto <strong>il</strong> mercato<br />

sul video advertising nel 2012 hanno<br />

raggiunto in Italia 66 m<strong>il</strong>ioni di euro, e di<br />

questi 53,6% orientati ai video banner e<br />

46,4% ai pre roll e post roll”.<br />

Verso <strong>il</strong> branded content<br />

In realtà, in base ai dati forniti da<br />

Ebuzzing, società specializzata in social<br />

video advertising, sembra che l’80% degli<br />

utenti che guardano video su Youtube<br />

skippano le pubblicità pre-roll. Questo<br />

significa che questo modello pubblicitario<br />

non è così efficace. “Di solito i pre-roll<br />

vengono venduti a Cpm (costo per 1.000<br />

impression) – spiega Andrea Febbraio,<br />

co-founder e ceo di Ebuzzing Italia – e<br />

non si ha la certezza che le persone stiano<br />

realmente guardando <strong>il</strong> video pubblicitario.<br />

Stanno quindi emergendo modalità di<br />

quantificazione differenti, Cpv, cioè cost<br />

per view, dove l’azienda paga solo se l’utente<br />

guarda <strong>il</strong> video fino alla fine. Anche<br />

i formati stanno cambiando: se i pre-roll<br />

sono brevi video, di 15” o 30”, la tendenza<br />

che si sta affermando è verso f<strong>il</strong>mati più<br />

lunghi, branded content, che raccontano<br />

mini-storie sul brand. Chiaramente sono<br />

sganciati da altri contenuti video, sono<br />

presentati autonomamente, avendo una<br />

lunghezza media di 2 minuti. Di solito<br />

i brand pagano società come la nostra<br />

per distribuire i video, cioè per fargli raggiungere<br />

<strong>il</strong> tipping point, punto oltre <strong>il</strong><br />

quale scatta la viralità. Si pensi che solo lo<br />

0,01% di tutti i video caricati su Youtube<br />

supera un m<strong>il</strong>ione di visualizzazioni. Tutti<br />

continuano a dire che bisogna investire<br />

sui contenuti per un video di successo,<br />

sottolineando che ‘content is the king’,<br />

ma noi aggiungiamo che ‘distribution is<br />

the queen’. Il video advertising in Italia è<br />

cresciuto del 100% nel 2012 e nel 2013<br />

dovrebbe attestarsi sui 100 m<strong>il</strong>ioni di<br />

euro (+54%), rappresentando <strong>il</strong> 20% del<br />

mercato display”.<br />

Frame della campagna “EA7 video manifesto”<br />

Molto raffinato <strong>il</strong> corto “L’odyssée de Cartier”<br />

11 marzo 2013 pambianco magazine 81

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