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Canopo - Biagio Cepollaro, poesia

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4.30 nonostante le conferme successive, contrattate, a distanza<br />

di ore o di giorni, nelle rinnovate profferte del nostro<br />

amore, le cui dichiarazioni, come una griglia di sinonimi che<br />

chiude l’area di un concetto inespresso, forniscono alla vaghezza<br />

che ci abita, ed all’indeterminatezza dei nostri cuori,<br />

l’edificio che ci tiene insieme per la vita, continuiamo ad<br />

ammassare le scorie di tentativi di evoluzione falliti, di ponti<br />

lanciati tra livelli incoerenti, di inviti ad avvicinamenti incompresi<br />

che, come le macerie di una costruzione interminabile,<br />

soffocano le soluzioni più indovinate dell’architettura<br />

del nostro affetto.<br />

3.34 attraversando, nel sogno, come petali<br />

di una rosa totale, sbocciata nella curva della propria<br />

densità, la nozione che la sua coscienza ha di lui, inoltrandosi,<br />

a monte di una vita di opere, nelle stratificazioni filogenetiche<br />

dei suoi livelli spinali, secondo direzioni reticolari<br />

che, come trame di veli, intrecciano le mappature di strutture<br />

di percezione arcaiche, visita località acquose e tiepide,<br />

simili ad oceani interni di sogni precedenti, in cui si alzano,<br />

in fondo alle valli della sua memoria inerte, i dolmen di<br />

un’esistenza minerale ed anteriore mentre, ripetendo le sequenze<br />

ritmiche del flusso del suo sangue, che trascina i<br />

propri marosi nell’intimità buia della sezione delle sue vene,<br />

la parola che gli sfugge compone le installazioni di frammenti<br />

di percetto, di particolari arbitrari, di matrici paradigmatiche<br />

contro il cielo immobile della sua terra cava.<br />

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