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TRENTINO PRIMO PIANO LUNEDÌ 6 FEBBRAIO <strong>2012</strong> 3 AMBIENTE Il prossimo appalto per riempire le macchinette imporrà la presenza di alimenti e bevande «verdi» La sperimentazione Bevande sì, snack no E’ stata l’Azienda sanitaria ad azzardare una sperimentazione sul tema delle merendine bio da “imporre” ai propri dipendenti. Una prova doverosa, anche perché all’Azienda tocca pure il compito di educare i cittadini a mangiare e bere in modo più salutare. La prova è avvenuta in alcune sedi e in modo differenziato: si è provato in un sito ad accostare i prodotti bio a quelli tradizionali; in un altro si sono decisamente cancellate le marche tradizionali. I risultati sono stati contrastanti. I dipendenti che in pausa andavano a cercarsi gli snack non sono apparsi molto entusiasti. Un po’ l’abitudine, un po’ la diffidenza a provare cose nuove li hanno indotti a ridurre i consumi. Di successo, invece, le bevande naturali, di cui si è registrato un aumento di consumo rispetto alle tradizionali bevande gassate e zuccherate. Ora in Azienda stanno studiando se vale la pena forzare un po’ la mano e introdurre solo alimenti bio e, magari, a chilometri zero oppure andarci un po’ cauti. E l’idea potrebbe passare poi pari pari a tutti i distributori nei palazzi pubblici. Ai provinciali le merendine bio Nei distributori di Palazzo almeno il 30% dei prodotti sarà salutista di Robert Tosin TRENTO. A questo punto non c’è più alcun dubbio: la giunta provinciale vuole i dipendenti del Palazzo in forma smagliante. Dopo il via libera agli acquisti di bici elettriche per collegare i vari uffici in giro per la città ora arrivano anche snack e bibite ecologiche. Nelle macchinette che offrono un minimo di conforto alimentare arriveranno le merendine bio. E’ la svolta verde, un po’ imposta da normative europee un po’ perseguita autonomamente, della Provincia che per predicare bene deve necessariamente razzolare in modo conseguente. E così se invita tutti a mangiare sano e a consumare prodotti di qualità e “risparmiosi” dal punto di vista ambientale, non può chiamarsi fuori dalla partita. L’Azienda sanitaria lo ha già fatto, trovandosi in una posizione più delicata: come potevano i suoi dietisti prescrivere le diete ai pazienti, quando fuori dallo studio medico si vendevano bibite gassate e zuccherate e snack il cui ingrediente più naturale era la carta con cui vengono confezionati? E così è partita la sperimentazione salutista che si tenterà di esportare, nel modo più drastico possibile, anche negli altri uffici pubblici. Per il momento l’assessore all’ambiente Pacher si accontenta di fare un passo alla volta. Per l’ambiente ha pensato di munire i dipendenti provinciali di bici elettriche da usare negli spostamenti di servizio tra un ufficio e l’altro nella cinta urbana. Per la salute, ma anche per il territorio, ha invece dato il via al rinnovamento delle macchinette che distribuiscono gli snack e le bevande. Dalla prossima gara d’appalto non si prenderanno in considerazioni offerte che non prevedano almeno il 30 per cento dei prodotti (da quelli mangerecci alle bevande) biologici e, nel limite del possibile, a chilometri zero, cioè di produzione locale. L’Azienda sanitaria sarebbe per una introduzione più rigorosa, ma nella sperimentazione si è notato che gli snack bio, oltre a costare di più non sono poi così tanto graditi. Diverso, invece, il discorso delle bevande: se ci sono, anche i trentini non disdegnano le grandi marche gassatissime e zuccheratissime, ma se trovano i succhi biologici apprezzano il nuovo gusto e se ne servono volentieri. La prima introduzione sarà abbastanza soft, con un 30% di prodotti alternativi e quindi la possibilità di scelta sarà sempre e comunque garantita sia per assicurare un minimo di redditività alla ditta vincitrice dell’appalto (le marche sono quelle che danno il maggiore appeal) sia per non costringere i dipendenti a prodotti magari non graditi anche se più salutari. L’occasione, però, potrebbe essere buona anche per le aziende alimentari trentine di farsi avanti magari ideando specifici prodotti adeguati alle caratteristiche della vendita attraverso i distributori. RIPRODUZIONE RISERVATA IL PIANO L’acqua del rubinetto anche negli uffici I succhi bio funzionano meglio degli snack. Anche nei distributori dei palazzi provinciali almeno il 30% dei prodotti dovrà essere “verde” e a chilometri zero, cioè di produzione locale Basta plastica, tornano le tazze personali E c’è l’obbligo di usare acqua del rubinetto e recipienti pluriuso TRENTO. La sensibilità green prevede un cambio culturale, più che altro, ma l’introduzione di comportamenti virtuosi passa anche attraverso un protocollo che impone determinate azioni. La Provincia, manco a dirlo, ce l’ha e consiste in un dossier di dettagliate specifiche tecniche per gli acquisti di materiale di uso quotidiano di cui si deve tenere conto nei bandi. Ci sono anche curiosi consigli a cui i dipendenti dovrebbero adeguarsi, tra cui quello più pittoresco è la reintroduzione della tazza personale. Ricordate quelle terribili scodelle col manico e le scritte dedicate al papà migliore del mondo o al capo più amorevole dell’orbe? Ecco, dopo la stagione dei bicchieri di carta usa e getta si tornerà lì. Sì, perché nel manuale del dipendente salutista ed ecologico l’acqua acquista un’importanza fondamentale: non va sprecata e, soprattutto, non deve provocare rifiuti. Così il barilotto d’acqua con la bustina di carta o il bicchierino di plastica (che fa molto America, ma dalle nostre parti non è molto diffuso) dovrebbe sparire da qualsiasi ufficio, soprattutto da quelli pubblici. La strada maestra è quella di collegare una spina all’acquedotto: niente filtri, niente aggiunte di gas, nessuna depurazione. Acqua purissima di rubinetto, così come viene. Fatto questo passo, il manuale del dipendente ecologico deve fare quello superiore: tornare alle tazze e ai bicchieri pluriuso, cioè in vetro o ceramica, magari personalizzati per difendere l’igiene. Se proprio non si può fare a meno dell’usa e getta è rigorosamente obbligatorio servirsi dei prodotti biodegradabili, già da qualche anno diventati di uso corrente soprattutto nelle grandi abbuffate di piazza, a partire dai carnevali. E se la Provincia fa il suo in casa, chiede uno sforzo nella direzione “verde” anche alla ristorazione privata. Già lanciata, ad esempio, l’iniziativa che prevede la possibilità di portarsi a casa gli avanzi delle generose portate di alcuni ristoranti non consumate al tavolo. Una scatoletta dove riporre il cibo che altrimenti andrebbe buttato diventa non più gesto poco elegante, ma anzi grande rispetto per il cibo e per l’ambiente. Sempre sul fronte della valorizzazione dei prodotti locali, ma soprattutto dell’introduzione dei cibi a chilometri zero - cioè quelli che non devono fare il giro dell’oca per arrivare a destinazione, provocando inquinamento e consumo di risorse importanti - ci sono anche i protocolli che consentono ad alcuni locali tipici di griffarsi come autentici mescitori trentini. Le osterie tipiche, infatti, per potersi fregiare del marchio devono garantire nei menù delle determinate quantità di piatti realizzati con prodotti tipici e caratteristici, arrivati da sotto casa e realizzati con materie prime locali. RIPRODUZIONE RISERVATA