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Campo De Fiori Rivista

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<strong>Campo</strong> de’ fiori 3<br />

LETTERA APERTA AL MINISTRO DELL’ISTRUZIONE,<br />

DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA.<br />

AI LETTORI DELLE UNIVERSITA’ ITALIANE (piccole e grandi)<br />

Inizierò con una domanda: “Se al giorno d’oggi vivesse tra noi un altro Galileo Galilei, un Einstein, un Kant, un S. Agostino,<br />

quale sarebbe il suo destino?” Io, sulla base dell’esperienza che ho accumulato, credo di poter rispondere così:<br />

- verrebbe sistematicamente ignorato;<br />

- non troverebbe alcuna casa editrice disposta a pubblicare i suoi lavori;<br />

- verrebbe attaccato e sminuito sistematicamente e da più parti;<br />

- verrebbe espulso dalle accademie (ammesso che sia riuscito ad entrarvi);<br />

- verrebbe perseguitato dai pubblici poteri.<br />

In poche parole, al giorno d’oggi e nella nostra società, una persona del calibro di quelle citate, verrebbe emarginata. Capita puntualmente.<br />

E mi domando: quali sono allora i progressi fatti dall’uomo se cade sempre negli stessi errori? Che cosa insegna la<br />

di Sandro Anselmi<br />

storia? E a chi? L’emarginazione o la marginalizzazione delle menti più acute e feconde reca un grave danno per la società tutta.<br />

Impedisce alle nuove idee di rigenerare il tessuto sociale rinnovandolo. Impedisce il progresso culturale e scientifico. Grave colpa hanno le università<br />

in tutto questo. Già perché possiamo ammettere che l’uomo della strada, l’uomo comune, possa anche dire “non so che farmene delle idee di Galilei,<br />

di Kant, di S. Agostino”, ma gli uomini di cultura dovrebbero sapere quali ricadute abbiano le idee buone, giuste e vere sulla intera collettività. E dovrebbero<br />

accoglierle con slancio. O almeno prestare ad esse la giusta attenzione. È di questi giorni un discorso del Presidente della Repubblica ove dice<br />

che bisogna prestare attenzione alla cultura e rilanciarla. Ma anche i suoi appelli, non di rado, cadono nel vuoto. Già in passato e con lo stesso risultato,<br />

menti fervide come Luigi Einaudi hanno propugnato l’importanza della cultura, asserendo che essa è il miglior investimento per uno Stato.<br />

Qualcuno mi vorrà argomentare che almeno oggi, questi personaggi non rischiano il processo per eresia, l’indice<br />

o, come Giordano Bruno, il rogo. Al che risponderei: “Che cos’è l’emarginazione sistematica? La mancanza<br />

di riconoscimenti. Uno stipendio da maniscalco. L’impossibilità di farsi una famiglia… Non è forse tutto<br />

questo un lento processo, un indice, un rogo?”<br />

Aprite le università, riformatele. Riformate i criteri di reclutamento dei docenti. Vigano la ricerca svolta e documentata<br />

e il merito, quali unici criteri per l’ingresso in esse e per la permanenza. Già, perché “se trattate così<br />

il legno verde, che ne farete del secco?”. Questa affermazione evangelica vale per tutti, credenti e non credenti.

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