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Campo De Fiori Rivista

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40 <strong>Campo</strong> de’ fiori<br />

Un tempo era ... Bassanello<br />

Nostalgie di un modo di vivere ormai scomparso<br />

di Piero<br />

Mecocci<br />

La vita nel piccolo<br />

paese di Vasanello,<br />

quando io<br />

ero ancora piccolo,<br />

era segnata<br />

da piccole ed usuali abitudini<br />

che cadenzavano le<br />

stagioni e gli anni.<br />

Le campane suonavano<br />

tutti i giorni, al vespro, dei<br />

lenti rintocchi solo per avvertire gli stanchi<br />

contadini che la loro giornata lavorativa era<br />

terminata e che potevano raccogliere i loro<br />

arnesi, caricarli sul somaro o sul cavallo, ma<br />

solo per quelli che se lo potevano permettere,<br />

e tornare lentamente a casa. A parte<br />

le domeniche pomeriggio, dove nelle sere<br />

d’estate si andava a ballare nel pergolato<br />

dietro al bar di Torquato ed al suono della<br />

fisarmonica, c’erano i giorni di festa, ma<br />

erano pochi: il Natale, la Pasqua e la festa<br />

di S. Lanno, ma in quei giorni sì che si era<br />

tutti uniti. La mattina non ci si alzava molto<br />

più tardi del solito, solo mezz’ora dopo l’ora<br />

abituale, perché non c’era l’abitudine a restare<br />

nel letto dopo le sei del mattino d’inverno<br />

e dopo le cinque d’estate. Si resisteva<br />

(con il materasso fatto con le scorze delle<br />

pannocchie) quei trenta minuti in più , ma<br />

era per lo più un “dovere” e valeva quel piccolo<br />

sacrificio, altrimenti che giorno di festa<br />

era!<br />

All’inizio della primavera i prati si vestivano<br />

di papaveri rossi e di margheritine bianche<br />

che, con l’erba folta del prato, formavano<br />

una bandiera tricolore. Era un bello spettacolo<br />

e credo che i Vasanellesi ne andavano<br />

fieri perché sicuramente erano i prati più<br />

belli del circondario, sicuramente più festosi<br />

di quelli di Orte. Non poteva che essere così<br />

perché quello, che poi sarebbe stato chiamato<br />

anche il paese dei balocchi, cominciava<br />

a nascere all’insaputa di tutti, ed era<br />

normale, perché l’indole festaiola era già insita<br />

anche nel paesaggio. I girasoli lo testimoniavano,<br />

sorridevano e si riposavano di<br />

notte per essere poi splendenti durante il<br />

giorno molto assolato e così cocente da<br />

creare delle crespe nel terreno arido. E sì,<br />

asciutto perché i pozzi erano solo piovani e<br />

se non pioveva da un mese, si prosciugavano<br />

perché, nonostante il parlarne tutte le<br />

sere in piazza invocando San Lanno ed il<br />

vice San Rocco, la pioggia quando non gradiva<br />

di arrivare non c’era verso di farla atterrare,<br />

non come oggi che giunge<br />

regolarmente, potenza del benessere!<br />

La giornata iniziava dal mattino presto che<br />

principiava con una robusta colazione formata<br />

dai residui della cena della sera prima.<br />

Ma che non era avanzata, perché la nonna<br />

Vasanello 1958 - 1959. Archivio fotografico Giuseppe Purchiaroni.<br />

aveva cucinato abbondantemente poiché<br />

doveva essere sufficiente anche per la colazione<br />

del mattino. La colazione era una<br />

cosa seria, non come quella di oggi, fatta di<br />

cappuccino che sa tanto di chiericato, e del<br />

cornetto asciutto ed indigeribile. Era costituita<br />

della pasta asciutta all’uovo e rigorosamente<br />

fatta in casa, sempre al ragù, e<br />

con una robusta fetta di pane; o dalla minestra<br />

con i quadrucci che si erano riposati<br />

nel tegame di coccio nella vecchia madia.<br />

Poi un bolo (tazzone per i cittadini) colmo<br />

di latte cremoso che era stato munto la sera<br />

prima (non pietosamente scremato o reso<br />

non intollerante come si usa oggi) e con un<br />

po’ di orzo che era chiamato caffè per tacito<br />

accordo. Si sistemava il pane nel latte e si<br />

usava il cucchiaio da minestra perché i cucchiaini,<br />

quelli detti da caffè, erano roba da<br />

città, la gente di campagna aveva la bocca<br />

grande e affamata.<br />

Alla fine della colazione si svuotava della<br />

mollica la mezza pagnotta di pane casareccio<br />

e si riempiva con il cibo disponibile, e<br />

questo era il pranzo che sarebbe stato consumato<br />

in campagna al rintocco del mezzogiorno<br />

che giungeva dalla chiesa di Santa<br />

Maria.<br />

Quando cresceva il grano era già segno di<br />

festa, perché le spighe nuotavano nell’aria<br />

e suonavano una musica da violino, ma così<br />

dolce e sottile che la poteva ascoltare solo<br />

chi aveva seminato a che avrebbe provato<br />

la gioia del raccolto. La raccolta era la vera<br />

festa, era sempre abbondante, i carri trainati<br />

dai buoi, procedevano lenti ma con un<br />

passo costante, non una spiga di grano poteva<br />

essere sprecata, tutta la fatica era su<br />

quei carri. Dopo la macina, la farina doveva<br />

essere portata dal fornaio Gianmaria che<br />

per tutto l’anno, giornalmente, ci aveva<br />

dato il pane segnandone la quantità sul<br />

quaderno di colore grigio, fidandosi di noi e<br />

del buon raccolto. C’era molta festa nell’aria<br />

e tutti aspettavano il pranzo, all’aperto nel<br />

campo, con l’arrivo delle donne che recavano<br />

enormi cesti sulla testa in perfetto<br />

equilibrio e grandi boccioni di vino. Non<br />

aveva importanza se faceva molto caldo<br />

perché quel vinello fresco ed anche troppo<br />

abbondante ripagava di tanta fatica e ritemprava<br />

le membra. Anche gli uccelli avevano<br />

la loro parte di cibo, per ringraziarli di aver<br />

lasciato crescere il grano senza consumarne<br />

troppo. Gli spaventapasseri andavano riposti<br />

nel deposito degli attrezzi per entrare nel<br />

meritato letargo e per ritornare efficienti<br />

nella primavera successiva. Quando nel<br />

cielo c’erano le nuvole, queste assumevano<br />

delle forme precise: visi di persone, animali<br />

di campagna, prodotti campestri. Restavano<br />

solo per poco perché poi si mettevano in<br />

cammino ed in fila, dirigendosi nei paesi vicini<br />

per farsi ammirare anche dagli abitanti,<br />

poiché ne avevano anche diritto. Se il buon<br />

Dio, pressato anche da Don Mario, non<br />

avesse concesso finanche a loro qualche<br />

specchio di bellezza, credo che probabilmente<br />

sarebbero diventati miscredenti.<br />

... continua sul prossimo numero

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