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Primo Piano<br />
Così nacque il N<br />
Giornata storta<br />
«Sono arrabbiato, [...] con<br />
la faccia lunga due<br />
braccia, ho il diavolo<br />
addosso, né so il perchè»<br />
Giuseppe cacciatore<br />
«Sparo qualche fucilata<br />
alle quaglie che non<br />
sono così imbecilli da<br />
andare nella rete...»<br />
Addio senza musica<br />
«Ordino che i miei<br />
funerali sieno<br />
modestissimi, e [...]<br />
senza canti né suoni»<br />
[Segue dalla pag 9]<br />
no in mano un fascio di giornali,<br />
nessuno me ne offre, e rido,<br />
rido». Un atteggiamento severo,<br />
quello nei confronti della musica,<br />
dovuto sicuramente anche<br />
alle numerose “batoste” incassate<br />
durante una carriera che fu<br />
tutt’altro che rose e fiori. Batoste<br />
diger<strong>it</strong>e con difficoltà da un carattere<br />
orgoglioso come il suo:<br />
«Noi poveri zingari, ciarlatani e<br />
tutto quello che volete – afferma<br />
in una lettera, scr<strong>it</strong>ta sicuramente<br />
in una giornata “no” – siamo costretti<br />
a vendere le nostre fatiche,<br />
i nostri pensieri, i nostri delirii,<br />
per dell’oro. Il pubblico per tre<br />
lire compra il dir<strong>it</strong>to di fischiarci<br />
o di applaudirci. Nostro destino<br />
è rassegnarci: ecco tutto». Nessun<br />
dono divino, dunque, ma una<br />
faticaccia maledetta, che in molti<br />
momenti Verdi med<strong>it</strong>ò di abbandonare<br />
per sempre. Se c’è infatti<br />
una lezione che la storia del Maestro<br />
di Roncole può insegnare<br />
è questa: la grandezza dell’uomo<br />
non è per forza genio sol<strong>it</strong>ario.<br />
Il verso di John Donne “Nessun<br />
uomo è un’isola, completo in se<br />
stesso” non è mai stata così valida:<br />
sono tanti gli “angeli” del<br />
cigno, in altre parole le persone<br />
senza le quali, con ogni probabil<strong>it</strong>à,<br />
Verdi non sarebbe stato<br />
Verdi. Dal parroco di Roncole,<br />
don Pietro Baistrocchi, che gli insegno<br />
i primi rudimenti; a quello<br />
che Verdi definì il suo «secondo<br />
padre», Antonio Barezzi, che gli<br />
fornì tutti i possibili appoggi, anche<br />
materiali, per proseguire gli<br />
studi (e qui i più giovani avran<br />
scoperto da dove prende il nome<br />
il concorso Barezzi Live, una<br />
coraggiosa iniziativa di mecenatismo<br />
nata proprio sulle orme<br />
dell’Antonio); al maestro di cappella<br />
e organista del Duomo di<br />
Busseto, Ferdinando Provesi, che<br />
si oppose energicamente all’insistenza<br />
con cui don Pietro Seletti<br />
prospettava, per “Peppino”, il<br />
cammino verso il sacerdozio. E<br />
ancora Alessandro Rolla, che consolò<br />
il giovane musicista dopo la<br />
mancata ammissione al Conservatorio<br />
di Milano, spronandolo a<br />
continuare gli studi. Ma soprattutto<br />
Bartolomeo Merelli, impresario<br />
della Scala e del Teatro di<br />
Porta Carinzia di Vienna. Senza<br />
la cocciutaggine di quest’uomo,<br />
che letteralmente prese per il bavero<br />
un Verdi deluso dal fiasco<br />
clamoroso del suo primo lavoro<br />
(Un giorno di regno, opera buffa<br />
composta proprio nel periodo in<br />
cui morivano, a distanza di pochi<br />
mesi gli uni dagli altri, i due figlioletti<br />
e la prima moglie, Margher<strong>it</strong>a<br />
Barezzi), del tutto determinato<br />
a non prender più la penna in<br />
mano. È andata così: Merelli mostra<br />
a Verdi un libretto di Solera.<br />
«Che diamine debbo farne?» è la<br />
gentil risposta di Giuseppe, come<br />
egli stesso riporta in un racconto<br />
autobiografico scr<strong>it</strong>to per Giulio<br />
Ricordi. L’altro ribatte: «Eh, non<br />
ti farai male per questo!...leggilo<br />
e poi me lo riporterai». Giuseppe<br />
momentaneamente incassa e va<br />
a casa. Lì, «con un gesto quasi<br />
violento» gettò il manoscr<strong>it</strong>to sul<br />
VILLA SANT’AGATA (PC),<br />
GRANDE PASSIONE<br />
DEL MAESTRO<br />
[10] settembre 2009 IL MESE MAGAZINE