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16 marzo 2013 - Edit

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del popolo<br />

4 sabato, <strong>16</strong> <strong>marzo</strong> <strong>2013</strong> del popolo<br />

la la Voce<br />

OMAGGIO A PIETRO MATTIA<br />

STANCOVICH (PETAR<br />

MATIJA STANKOVIĆ)<br />

– CANONICO DI VASTI<br />

INTERESSI CULTURALI<br />

OLTRE CHE TEOLOGICI<br />

RICERCHE<br />

di Daria Deghenghi<br />

Ogni anno il Comune di Barbana<br />

rende omaggio al suo Pietro<br />

Mattia Stancovich (Petar Matija<br />

Stanković) – canonico di vasti interessi<br />

culturali oltre che teologici, storico,<br />

bibliofilo, appassionato di lettere e di<br />

archeologia, verseggiatore (medriocre) e<br />

traduttore dai gusti classicheggianti – con<br />

un convegno che riunisce scrittori, studiosi<br />

di lingua e letteratura, poeti e pubblicisti.<br />

Per il suo limitato oggetto di studio e<br />

l’inevitabile condizione “periferica” nel<br />

panorama culturale nazionale sia del<br />

personaggio, sia della località che gli<br />

diede i natali sul finire dell’Ottocento e lo<br />

celebra a distanza di un secolo, oltre che,<br />

ovviamente, per l’approccio accademico<br />

che vi regna, il convegno di Barbana<br />

risulta poco frequentato dal pubblico ed<br />

è generalmente snobbato dalle cronache,<br />

se non per interessi specifici come quello<br />

che affronteremo di seguito. Alla sua<br />

ultima edizione in ordine di tempo appena<br />

conclusa, l’esperto di dialettologia e<br />

poesia istriota, Sandro Cergna, docente<br />

al Dipartimento di studi in lingua italiana<br />

dell’Università degli studi di Pola “Juraj<br />

Dobrila”, ha partecipato al convegno con<br />

un’interessante intervento sulla traduzione<br />

di Stancovich dall’istrioto al croato<br />

ciacavo di un antico sonetto di Dignano<br />

che è di fatto il primo componimento<br />

letterario in dialetto istrioto che si conosca,<br />

conservato nell’archivio della Biblioteca<br />

universitaria di Pola. Ebbene il canonico<br />

Pietro Stancovich, ha, tra i tanti, anche il<br />

merito d’aver tradotto il sonetto In laudo<br />

del Siur Calonigo Trampus che i ho fatto<br />

una Pridiga in sul Piccato in Barbana<br />

(ma ci basterà chiamarlo Sul piccato,<br />

per liberare l’esposizione dagli orpelli<br />

di una titolatura sovrabbondante tipica<br />

del genere e dell’epoca). Ora, quel che<br />

c’interessa in questa sede di Stancovich<br />

in particolare (e di glottologia romanza<br />

in generale) è il fatto egli abbia reso, con<br />

le sue traduzioni in croato-ciacavo, un<br />

“importantissimo servizio alla dialettologia<br />

italiana dell’Istria”. Con Cergna, che ha<br />

studiato e scritto “La produzione poetica<br />

istriota dell’Istria sudoccidentale dal 1835<br />

ad oggi” (tesi di dottorato) e steso una<br />

serie di “Osservazioni su uno scambio di<br />

poemetti tra Pietro Stancovich e Martino<br />

Fioranti” in “Studia polensia” (in corso di<br />

pubblicazione), ne vedremo i motivi.<br />

Il sonetto del “Piccato” è stato composto<br />

dal dignanese Martino Fioranti, di cui<br />

possediamo scarse notizie. Nacque nel<br />

1795 a Dignano, dove pure morì nel<br />

1856 e dove, a varie riprese, tra il 1818<br />

e il 1855, ricoprì la carica di sostituto del<br />

podestà, subentrando occasionalmente<br />

al più noto Giovanni Andrea dalla Zonca.<br />

Il sonetto è per sua natura una lauda<br />

con cui l’autore ringrazia il canonico<br />

Sebastiano Trampus – conterraneo e coevo<br />

di Stancovich, anch’egli sacerdote nella<br />

sua stessa collegiata – per un sermone<br />

pronunciato nella chiesa parrocchiale.<br />

Per farla breve, in quell’occasione, come<br />

risulta dal sonetto, il sacerdote avrebbe<br />

esortato i credenti dal commettere azioni<br />

peccaminose illustrando loro la condanna<br />

alle pene infernali nella quale sarebbero<br />

incorsi lasciando questa vita. L’immagine<br />

inquietante della dannazione eterna<br />

deve aver scosso profondamente il poeta,<br />

al punto che, vissuta la visione atroce<br />

del diavolo, decise immediatamente di<br />

rivolgersi ad un confessore per confidargli<br />

i propri peccati. Dal manoscritto originale<br />

rinvenuto nella Biblioteca universitaria<br />

di Pola, non ci è dato, però, conoscere<br />

l’epoca della composizione a causa del<br />

laceramento del foglio alla base. Tuttavia<br />

Fioranti fece pervenire il sonetto a<br />

Stancovich, che ne redasse una prima<br />

versione della traduzione croato-ciacava,<br />

sulla quale intervenne a varie riprese con<br />

nuove varianti, aggiunte, cancellazioni<br />

e sostituzioni. Ebbene stando a quanto<br />

osserva Sandro Cergna nel suo saggio,<br />

sarà solo la terza e definitiva versione<br />

SANDRO CERGNA<br />

LA PASSIONE E L’IMPEGNO<br />

DIALETTOLOGIA E ALLA PO<br />

VERSI<br />

Trascrizione della lezione più antica<br />

del sonetto «Sul piccato»<br />

In laudo del Siur Calonigo Trampus<br />

che i ho fatto una Pridiga in sul Piccato<br />

in Barbana<br />

Sonnitto<br />

Compàro Pridigadùr mei i vo seintù<br />

In sul piccato ancùi a pridigà,<br />

E tanta gran pagura mi jè chiapà,<br />

Ch’ el cour me salta in pitto che main più.<br />

El Djavo four de Chiesa mi è osservà<br />

Vuoldir in fessa che dixi de lù<br />

della traduzione ciacava contenuta nella<br />

“Parabola del Figlio prodigo”, conservata alla<br />

Biblioteca di Pola, a rivelarsi particolarmente<br />

importante per lo studio della poesia<br />

istriota: in quella, infatti, il canonico di<br />

Barbana aggiunge al componimento il<br />

titolo (croato) e la data della composizione,<br />

annotando sul manoscritto: ‘Jedàn Grisnik<br />

Slissajuchi Prediku od Griha u Barban<br />

na dan 12. od Marza 1828. Se oberne na<br />

dobar put, i govori Gospodinu Predicaçu<br />

Sonnet’. Il referente temporale aggiunto da<br />

Stancovich – scrive Cergna – ci permette così<br />

di retrodatare di almeno sette anni gli inizi<br />

E tanta rabbia i jè visto che l’ hà bù<br />

Che un cuorno della testa i gho cascà.<br />

Mei subaito che arrivi a casa mèja<br />

Catà me vadi un bon Confessadùr<br />

Suoduoghe el sacco, e i piccài ch’ el bùtta vèja<br />

E mai piùn voi piccà, perché in etierno,<br />

Delle robe del moundo per amoùr,<br />

I no voi mei brusàme nell’Infierno.<br />

In santificàto de amoùr<br />

Comparo Mart[*ei]n Fioranto<br />

Dig[*nano]<br />

della produzione poetica istriota, facendola<br />

iniziare non più, com’era considerato finora,<br />

al 1835, anno della stesura della Parabola<br />

del Figlio prodigo in vari dialetti istriani,<br />

tra cui nei dialetti istrioti di Rovigno, Valle<br />

e Dignano – oltre che nel dialetto croatociacavo,<br />

istroveneto e albanese – ma al<br />

1828, appunto.<br />

La traduzione: novità lessicali, fonetiche e grafemiche<br />

Sorvoliamo sui due tentativi di traduzione<br />

preliminari, nei quali il testo non sempre<br />

risulta comprensibile, vuoi perché<br />

vi compaiono voci completamente<br />

depennate, illeggibili o macchiate<br />

d’inchiostro, vuoi perché vi si ritrovano<br />

voci, parzialmente depennate, che solo un<br />

ottimo conoscitore del dialetto ciacavoistriano<br />

locale coevo avrebbe potuto<br />

indicare con certezza, la versione finale<br />

risulta per fortuna perfettamente leggibile<br />

e interpretabile, redatta com’è in bella<br />

copia e con un’elegante grafia. Rispetto a<br />

quelle, infatti, la traduzione definitiva non<br />

solo presenta novità lessicali (il sostantivo<br />

Cume è stato sostituito dal più dotto<br />

Gospodin), formali (strach toliki passa in<br />

stragh toliko e trepet in trepat) ma anche e

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