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Dal 1536 fu ingaggiato nuovamente da Cosimo I de' Medici per gli affreschi della villa medicea di<br />

Castello (opere perdute), e si dice che, per la volontà di finire da solo tutti gli affreschi, Pontormo si sia<br />

rinchiuso per cinque anni dietro un tramezzo di legno.<br />

Dal terzo decennio del Cinquecento fino alla sua ultima fase artistica, Pontormo intensificò la riflessione<br />

sulle opere di Michelangelo, con la ferma volontà di riuscire a superarlo. Lunghi studi preparatori<br />

dimostrano la ricerca della perfezione formale, ma poi i risultati finali, in qualche modo, frustravano le<br />

sue aspettative [2] .<br />

In opere come gli Undicimila martiri (1529-1530) è evidente il richiamo alla Battaglia di Cascina, con la<br />

figura dell'imperatore seduto in primo piano che ricorda il Ritratto di Giuliano de' Medici duca di<br />

Nemours del Buonarroti nella Sagrestia Nuova. Un riferimento alla Madonna Medici si trova invece<br />

nella Madonna col Bambino e san Giovannino degli Uffizi (1534-1536 circa), mentre opere su cartone<br />

michelangiolesco sono il Noli me tangere e Venere e Amore [13] .<br />

Il tema del nudo in movimento caratterizzato da torsioni del corpo si ritrova nei disegni preparatori per il<br />

completamento degli affreschi del salone della villa di Poggio a Caiano, impresa affidata<br />

nel 15321 da Ottaviano de' Medici su incarico diClemente VII e mai portata a termine. Secondo la<br />

testimonianza di Vasari, Pontormo doveva rappresentare un Ercole e Anteo, una Venere e Adone e un<br />

gruppo di Ignudi che giocano a calcio fiorentino, riferimento ai recenti eventi dell'assedio, con la partita<br />

giocata sotto il fuoco nemico in piazza Santa Croce il 15 febbraio 1530. Dell'impresa restano i disegni<br />

del cosiddetto Giocatore sgambettante, collegabile a un disegno michelangiolesco di Tizio, e<br />

della sanguigna coi Due nudi affrontati, entrambi al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe [14] .<br />

Altra imprese non andata in porto fu la decorazione della loggia della villa di Castello (1538-1543), della<br />

quale resta il disegno dell'Ermafrodito (sempre al Gabinetto Disegni e Stampe), in cui si trova il tema<br />

dell'ambiguità sessuale [14] . In queste opere si nota una sovversione delle regole del nudo<br />

michelangiolesco, dove al posto del vigoroso plasticismo le figure appaiono ora gonfie ora svuotate, al<br />

posto della descrizione anatomica attenta subentra un'evocazione più espressiva e personale delle<br />

membra e della loro consistenza [14] .<br />

Dal 1546, il Pontormo lavorò per dieci anni - fino alla morte - alla decorazione del coro della chiesa di<br />

San Lorenzo, che era la chiesa della famiglia dei Medici [2] . Alla morte del Pontormo, furono portati a<br />

termine dal Bronzino, suo allievo di poco più giovane, e suo fedele amico per molti anni. Gli affreschi<br />

vennero distrutti nel 1738, in seguito al rimaneggiamento del coro, ma se ne conservano testimonianze<br />

scritte, come la stroncatura del Vasari, sia numerosi studi preparatori. L'insolita iconografia cristologica<br />

fa riferimento al trattatello cripto-protestante il Beneficio di Cristo, allora tollerato e che faceva capo agli<br />

ambienti della Riforma Cattolica: in esso si proclamava la fiducia nella salvezza individuale attraverso la<br />

sola fede. Lo stesso testo manoscritto era in possesso del simpatizzante riformista Pierfrancesco<br />

Riccio, segretario particolare del ducaCosimo I de' Medici, maggiordomo di corte, cappellano<br />

della chiesa di San Lorenzo e delegato ducale alla politica artistica, quindi determinante<br />

nell'assegnazione al Pontormo del ciclo.<br />

Gli affreschi degli ultimi vent'anni di vita del Pontormo sono quasi tutti perduti o rovinati, sia quelli<br />

nella villa di Castello che quelli nella villa di Careggi.

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