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naturalmente limitatamente al periodo<br />
dell'intervento;<br />
2) i Servizi pertanto mantengono la<br />
possibilità di effettuare direttamente<br />
l'attività di sorveglianza sanitaria nei<br />
seguenti casi: a) indagini mirate di<br />
comparto; b) indagini per rischi o patologie<br />
di particolare rilevanza; c) prosecuzione<br />
di indagini sanitarie già in carico<br />
ai Servizi all'entrata in vigore della<br />
legge 277;<br />
3) visto che l'organo di vigilanza deve<br />
pronunciarsi sui ricorsi avverso le<br />
decisioni del medico competente, poiché<br />
si avvisa che tale attività ha carattere<br />
di elevata responsabilità, si ritiene<br />
opportuno che l'organo di vigilanza si<br />
pronunci in forma collegiale; si propone<br />
pertanto come sede collegiale una<br />
Commissione provinciale o regionale,<br />
composta da un medico dei lavoro<br />
dell'USL ove ha sede l'attività produtti -<br />
va in cui è impiegato il ricorrente (tale<br />
sanitario provvederà all'istruzione della<br />
pratica), da un medico specialista nella<br />
branca riguardante la patologia per la<br />
quale è stato emesso il provvedimento<br />
di allontanamento, e da un medico del<br />
lavoro appartenente all'USL capoluogo<br />
o ad altra USL della Regione, nel caso<br />
USL e Provincia coincidano per territorio.<br />
Come medici dei lavoro del Friuli-<br />
Venezia Giulia riteniamo necessario allargare<br />
nel modo più ampio la discussione<br />
su tali temi (analisi e proposte),<br />
poiché li giudichiamo fondamentali<br />
per la configurazione che verranno a<br />
prendere i Servizi nel prossimo futuro.<br />
Giovanna Cornelio, coadiutore SML di<br />
Trieste. Lucio Petronio, dirigente medico<br />
responsabile SML di Trieste. Roberto<br />
Riavez, caposettore IP e Med. Lav.<br />
Bassa Friulana. Giovanna Munafò, coadiutore<br />
resp. SML della Bassa Friulana.<br />
Giuliano D'Ambrogio, caposettore<br />
Med. Lav., dell'Udinese. Enzo Rancati,<br />
coadiutore SML di Udine. Paolo Pischiutti,<br />
assistente SML di Udine. Massimo<br />
Sigon, coadiutore resp. SML S.<br />
Daniele. Tina Zanin, coadiutore resp.<br />
SML di Monfalcone-Gorizia. Giancarlo<br />
Miglio, caposettore IP e Med. Lavi di<br />
Gemona. Sergio Tonut, coadiutore sanitario<br />
Med. Lavi di Pordenone. Beppino<br />
Colle, caposettore lP e Med. Lav. di<br />
Cividale; Massimo Treleani, assistente<br />
Med Lavi di Tolmezzo. Emanuela<br />
Zamparo, coadiutore Med. Lav. di San<br />
Vito. Anna Furlan, caposettore 1P e<br />
Med. Lavi di Maniago-Spilimbergo.<br />
Paolo Valentino Turri, assistente Med.<br />
Lavi di Sacile.<br />
ASV<br />
FRA LE PIEGHE<br />
DELLA STORIA<br />
Come operatrice veterana, nata con<br />
['istituzione stessa del Servizio, mi sento<br />
chiamata in causa nel dover esprimere<br />
alcune considerazioni sul ruolo<br />
dell'ASV, e più in generale del personale<br />
infermieristico, all'interno dei Servizi<br />
di prevenzione e tutela della salute<br />
nei luoghi di lavoro. Un rapido escursus<br />
storico mi induce a considerare<br />
che le motivazioni che hanno spinto<br />
queste figure ad operare in tali strutture<br />
non sono riconducibili a precise<br />
scelte professionali determinate più a<br />
monte da personali "vissuti ideologici",<br />
come è accaduto per molti medici del<br />
lavoro. L'infermiere e poi l'assistente<br />
sanitario, si sono trovati a lavorare nei<br />
servizi, semplicemente perché questi<br />
rappresentavano una risposta ad una<br />
domanda di lavoro, una prospettiva<br />
"ambita", tanto più che si conciliava<br />
con una dimensione più "vivibile" rispetto<br />
a quella ospedaliera.<br />
Questo aspetto allettante veniva subito<br />
annullato dal disorientamento in<br />
cui veniva ben presto a trovarsi questa<br />
figura che non aveva nessuna scienza<br />
in materia di medicina del lavoro (gli<br />
stessi programmi della scuola di LP.<br />
non prevedevano allora l'insegnamento<br />
di questa disciplina), non riuscendo<br />
peraltro a trasferire, adattare alcuna<br />
voce del suo mansionario. Certamente<br />
la difficoltà era più generalizzata; questi<br />
servizi sortivano dal "nulla", andavano<br />
inventati, impostati a partire da<br />
normative regionali a volte difficilmente<br />
interpretabili.<br />
Correvano gli anni in cui si trattava<br />
di inverare quella tanto declamata prevenzione<br />
e tutela della salute in fabbrica<br />
che erano diventate parole d'ordine<br />
nelle contrattazioni sindacali.<br />
Lo sforzo corale era quindi teso a far<br />
decollare il servizio in funzione di queste<br />
nuove istanze sociali, piuttosto che<br />
ad individuare specifici ruoli professionali.<br />
La consapevolezza che questo era<br />
l'obiettivo prioritario ha reso l'operatore<br />
sanitario disponibile a "tutto campo",<br />
disponibilità che si espletava nelle<br />
mansioni più diversificate, burocratiche<br />
ed organizzative, a scapito di quelle<br />
più propriamente sanitarie.<br />
L'identificazione con il servizio, la<br />
speranza che la situazione di "empasse"<br />
fosse solo transitoria non ha fatto<br />
sentire l'operatore infermieristico dequalificato<br />
a manovalanza; aveva scelto<br />
di asservire alla "polis" del servizio<br />
più che a un suo paradigma professionale.<br />
Molte lune sono trascorse. I nostri<br />
servizi hanno guadagnato una loro immagine<br />
e ruolo istituzionale; con più<br />
presenze e maggiori professionalità.<br />
Le competenze ispettive in materia<br />
di igiene e sicurezza del lavoro hanno<br />
attribuito facoltà di accesso e di intervento<br />
in fabbrica, conferendo al personale<br />
tecnico precisi compiti e ruoli<br />
istituzionali. Ne è derivata, per così dire<br />
"d'ufficio", una loro autonomia operativa<br />
e decisionale, anche rispetto ai<br />
medici, che si è tradotta in una ben<br />
definita riqualificazione professionale.<br />
Ciò non è accaduto, viceversa, per<br />
la nostra categoria che rimane tutt'ora<br />
personaggio in cerca d'autore.<br />
Una prima motivazione è legata al<br />
fatto che le malattie professionali ed i<br />
loro fattori di rischio hanno subito in<br />
questi anni una trasformazione qualitativa<br />
e quantitativa più radicale rispetto<br />
agli infortuni ed alle loro cause.<br />
Questo ha comportato un continuo<br />
interrogarsi sui metodi e gli obiettivi<br />
dell'indagine sanitaria. In questa situazione<br />
così fluida ed in continuo divenire,<br />
che mette in crisi lo stesso ruolo<br />
medico, è quindi paradossale ipotizzare<br />
una precisa identità professionale<br />
per l'assistente sanitario.<br />
Di fronte ad un clima sociale profondamente<br />
mutato, ad una progressiva<br />
differenziazione delle figure tecniche<br />
da quelle sanitarie, ad un momento<br />
di globale ripensamento del significato<br />
della stessa medicina del lavoro,<br />
esiste un rischio oggettivo di emarginazione<br />
e dequalificazione per il giovane<br />
assistente sanitario che approda a<br />
questi servizi.<br />
Questo nuovo operatore va onestamente<br />
informato che non è proponibile<br />
per lui un ruolo analogo a quello dei<br />
tecnici, che le carriere previste dall'ex-<br />
Ministro della Sanità sono ancora più<br />
irrealistiche a livello territoriale rispetto<br />
a quello ospedaliero.<br />
Credo però che, sgombrato il campo<br />
da ogni forma di gratuito scetticismo,<br />
qualora si esplorassero nuovi e<br />
più adeguati approcci per indagare lo<br />
stato di salute dei lavoratori - come<br />
ad esempio la ricerca diretta delle ma-<br />
[attie professionali più attuali e lo studio<br />
dei cosiddetti effetti a lungo termine,<br />
anche in relazione alla popolazione<br />
generale si aprirebbero prospettive<br />
di ampio respiro, capaci di garantire,<br />
per tutti, un lavoro dignitoso al di là di<br />
rigidi inquadramenti professionali.<br />
Corinna Albolino<br />
UOTSSL - USSL 47 Mantova