la figura del vecchietto noioso che non si accorge che <strong>il</strong> propriotempo è trascorso, e che e<strong>gli</strong> è un <strong>in</strong>dividuo sorpassato.Metto <strong>per</strong>ciò subito, se me lo si consente, le mani avanti.Non vo<strong>gli</strong>o assolutamente darmi l’aria di voler esporre compiutamente<strong>il</strong> diverso modo di come oggi va <strong>in</strong>teso <strong>il</strong> compito dellascienza, rispetto ai tempi passati, e ciò <strong>per</strong>ché non mi considerosufficientemente competente e aggiornato. Mi limiterò, <strong>in</strong>vece, araccontare come, nel corso della mia ormai lunga vita, si siano presentatia me progressivamente i problemi scientifici, facendo <strong>in</strong> talmodo piú <strong>il</strong> biografo di me stesso di fronte alla scienza che non <strong>il</strong>biografo del pensiero scientifico moderno.Da adolescente mi ero molto <strong>in</strong>teressato a<strong>gli</strong> scritti di Va<strong>il</strong>ati,come a quelli di Po<strong>in</strong>caré e di Federigo Enriquez, col quale hoavuto anche la possib<strong>il</strong>ità, qualche anno piú tardi, di istituire rapporti<strong>per</strong>sonali. Ciò che accomuna questi studiosi, pur tanto diversitra loro, o <strong>per</strong> dir me<strong>gli</strong>o, ciò da cui io stesso ero colpito <strong>in</strong> essi,era soprattutto <strong>il</strong> modo diverso (rispetto a quello del pensiero comune)di concepire le scienze fisico-matematiche, la matematicaelementare, la geometria e la fisica stessa, come qualcosa dicostruito dal pensiero umano e non di dato o desunto dal mondoreale.Piú tardi, all’Università di Padova, ebbi dapprima come maestrimatematici <strong>in</strong>signi, quali Ricci Curbastro e Francesco Severi. Essi<strong>per</strong>ò si muovevano soprattutto nell’ambito del puro calcolo, esembravano meno <strong>in</strong>teressati specificamente al problema dei pr<strong>in</strong>cípi.Successivamente, nella Facoltà di F<strong>il</strong>osofia, trovai come maestroAntonio Aliotta, che aveva scritto da poco due o<strong>per</strong>e, La misura<strong>in</strong> psicologia e La reazione idealistica contro la scienza. E<strong>gli</strong>veniva molto di piú <strong>in</strong>contro ai miei <strong>in</strong>teressi culturali.Aliotta aveva sostenuto che le misure, quali possono esserecompiute <strong>in</strong> campo psicologico, sono sempre soltanto misure <strong>in</strong>dirette.Ciò che <strong>in</strong> realtà viene misurato, diceva, è sempre una quan-12
tità fisica; e soltanto <strong>per</strong> un rapporto di funzionalità, che è soloarbitrariamente postulato (e qu<strong>in</strong>di non verificato né verificab<strong>il</strong>e),fra questo elemento fisico e l’elemento psichico preso <strong>in</strong> considerazione,si otterrebbero misure di elementi appartenenti alla sferapsichica.Il lavoro di Aliotta mi fu <strong>per</strong>sonalmente prezioso, <strong>per</strong>ché <strong>per</strong>suo tramite sono poi giunto, <strong>per</strong> mio conto (anche se altri ci sonoarrivati <strong>per</strong> vie diverse), all’altra tesi: quella secondo la quale, qualsivo<strong>gli</strong>aspecie di misura, e dunque anche le comuni misure <strong>in</strong> uso<strong>per</strong> i fenomeni fisici, si fonda su rapporti di funzionalità arbitrariamentepostulati, e <strong>per</strong>ciò a rigore non verificab<strong>il</strong>i. In tal modoscompariva da un lato la dist<strong>in</strong>zione fra misure fisiche e misurepsichiche, mentre dall’altro risultava che l’unica o<strong>per</strong>azione metricadiretta, <strong>in</strong>dipendente da postulati arbitrari, è quella della semplicenumerazione: 1+1+1+1; che ha poi un carattere nom<strong>in</strong>alistico,servendo a def<strong>in</strong>ire la serie dei numeri <strong>in</strong>teri, e poi ogni altraserie di numeri da quella derivata. Cosí, del resto, o<strong>per</strong>ano imoderni computers; solo che noi non ce ne accorgiamo, <strong>per</strong>chésiamo <strong>in</strong> ogni cosa assai piú lenti di loro.La teoria della relatività che, nel frattempo (almeno come relativitàristretta), era divenuta qualche cosa di noto ed accessib<strong>il</strong>eanche a studiosi di non alta specializzazione matematica, venne aconvalidare <strong>il</strong> pr<strong>in</strong>cipio della arbitrarietà di ogni concetto metrico.L’altro mio maestro, nella Facoltà f<strong>il</strong>osofica dell’Università diPadova, fu Vittorio Benussi, nom<strong>in</strong>ato <strong>per</strong> chiara fama, senza concorso,titolare di psicologia s<strong>per</strong>imentale, e di cui sono stato assistente.E<strong>gli</strong> era uno psicologo puro, non soverchiamente <strong>in</strong>teressatoai problemi teoretici. Tuttavia, proveniva dalla scuola diAlessio Me<strong>in</strong>ong, la scuola di Graz, dove, oltre che dalle dottr<strong>in</strong>esulle qualità formali (die Gestaltqualitäten) di von Ehrenfels (dacui poi derivò tutta la Gestalttheorie, nei vari <strong>in</strong>dirizzi che la composero),fu <strong>in</strong>fluenzato da quella teoria piú specificamente dovuta13
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