Anzitutto, se possiamo accettare l’unicità dell’universo fisicopropriamente detto – non fosse altro <strong>per</strong>ché una pluralità di universi(i mondi possib<strong>il</strong>i leibniziani ad esempio) non è <strong>per</strong> noiipotizzab<strong>il</strong>e, <strong>per</strong> mancanza di dati – siamo <strong>in</strong>vece <strong>in</strong>dotti a costruireuna pluralità, o, se si vuole, una <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ità di mondi <strong>in</strong>terni. Alcunidei quali ci <strong>in</strong>teressano di piú, se facciamo <strong>gli</strong> psicologi, ma altriancora, parimenti costruib<strong>il</strong>i, se facciamo <strong>in</strong>vece <strong>gli</strong> zoologi o <strong>gli</strong>etologi. Tali mondi <strong>in</strong>terni sono tutti fabbricati da noi, medianteun procedimento particolare, costituito da un ragionamento analogico,che parte, <strong>per</strong> ciascuno, da quella costruzione priv<strong>il</strong>egiatache è <strong>il</strong> nostro io, l’io <strong>in</strong> senso generico, e presc<strong>in</strong>dendo dalle molteplicidist<strong>in</strong>zioni che sono state effettuate <strong>per</strong> <strong>il</strong> nostro universo<strong>in</strong>teriore. Questo processo, mediante <strong>il</strong> quale la miriade di universi<strong>in</strong>teriori, dist<strong>in</strong>ti dal nostro io <strong>per</strong>sonale, viene costruita, è sí unprocesso analogico, ma che comporta l’<strong>in</strong>tervento di molteplici epoco esplorati processi di identificazione, <strong>per</strong> cui possiamo f<strong>in</strong>irecon l’<strong>il</strong>luderci di penetrare <strong>in</strong> questi altri universi, f<strong>in</strong>o a far quasico<strong>in</strong>cidere la realtà <strong>in</strong>terna altrui (umana, animale, o chissà checosa altro ancora) con la nostra realtà casal<strong>in</strong>ga, ristretta alla puntadell’iceberg, o estesa alla solida massa sottostante.Il discorso qui ci porterebbe lontano. Non vi è <strong>in</strong>fatti una separazionenetta fra la <strong>per</strong>sonalità nostra e quella altrui, ed <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itivanoi ci identifichiamo costantemente con tutti, <strong>per</strong> cui si creaqualche cosa di collettivo, che nella nostra vita quotidiana puòacquistare un’importanza fondamentale.Soffermiamoci <strong>in</strong>vece sul grosso problema della validità dellecostruzioni effettuate <strong>per</strong> ottenere sia quell’unico universo esteriorepensato come comune (anche se con aspetti differenti) <strong>per</strong> ogniessere vivente, sia quei molteplici universi <strong>in</strong>teriori che, a partiredal nostro <strong>per</strong>sonale, fabbrichiamo, come si è detto, con tecnicheanalogiche, <strong>per</strong> giungere a penetrare ne<strong>gli</strong> altri. Con la fantasia sipuò <strong>in</strong>ventare quello che si vuole; ma nell’ambito delle costruzioni26
scientifiche si presenta <strong>il</strong> problema, se non vo<strong>gli</strong>amo dire dellaobiettività (<strong>per</strong>ché <strong>il</strong> term<strong>in</strong>e sarebbe troppo restrittivo), della validazione.Nell’ambito delle scienze fisiche, i moderni epistemologi hannodettato alcune norme <strong>per</strong> evitare che le <strong>in</strong>terpretazioni dei fenomenistudiati siano pure enunciazioni arbitrarie, ma uno psicologo,o uno psicoanalista avveduto, fa precisamente altrettanto.Tutti parlano oggi del criterio della falsificab<strong>il</strong>ità delle teoriescientifiche. Come si fa a sa<strong>per</strong>e se un modello costruito <strong>in</strong> un datocampo ci dice effettivamente qualche cosa della realtà, anche se,come abbiamo veduto, non si può pretendere che sia una copiadella realtà medesima, cosí come si credeva una volta? C’è appuntoquesto criterio della falsificab<strong>il</strong>ità, che cercherò di esporre nellaforma piú semplice.Un modello non lo posso verificare direttamente, giacché, <strong>in</strong> talcaso, <strong>il</strong> modello non sarebbe piú modello, ma un ritratto, unariproduzione (pur se sommaria e a scala ridotta) della realtàmedesima, e torneremmo a trovarci sul piano di una descrizionediretta del mondo reale. Possiamo <strong>per</strong>ò ricorrere ad uno stratagemma:prendere <strong>il</strong> nostro modello e sostituire, <strong>in</strong> tutto o <strong>in</strong> parte,ciò che nel modello è affermato, con una negazione. Se, <strong>in</strong> base aquesta modificazione, cambia qualche cosa nella nostra aspettazionedurante l’osservazione della realtà, <strong>il</strong> nostro modello è significativo.Contiene, cioè, proprio una affermazione effettiva laquale potrà essere vera o falsa, ma comunque della realtà dicequalche cosa. Se, <strong>in</strong>vece, la modificazione del nostro modello nonporta conseguenze nella nostra aspettazione durante l’osservazionedelle cose, <strong>il</strong> modello costruito risulta una pura fantasia, privadi qualsiasi significato, <strong>per</strong>ché – malgrado l’apparenza verbale –della realtà non ci dice alcunché.Questo criterio della falsificab<strong>il</strong>ità (che forse <strong>gli</strong> specialisti dell’epistemologiapossono formulare anche con maggior precisione)27
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