7SCHEDE FILMOGRAFICHEHEREAFTER di Clint Eastwood1-2 dicembre 2011Clint Eastwood (1930, San Francisco) Dopo il sodalizio con Sergio Leone dismette i panni del pistolero per vestire quelli dell’ispettoreCallaghan. Dirige il suo primo film nel 1971 (Brivido nella notte) a cui seguono altre pellicole di importanza trascurabilesino al 1992 quando realizza Gli spietati, con cui guadagna un Oscar per il film e una nomination per l’interpretazione. Da questomomento dirige tutti film importanti e di notevole successo collocandosi nella lista dei registi americani più significativi: da Unmondo perfetto (1993) a I ponti di Madison Country (1995), e poi, per citarne solo alcuni, Mystic River (2003), Oscar e Globe aSean Penn e Tim Robbins e premiato a Cannes, Million Dollar Baby (2005 – Oscar al film, regia, Morgan Freeman e Hilary Swankche ottiene anche un David insieme al regista), Flags of our Father e Lettere da Iwo Jima (2006), Gran Torino (2008), Nastro alfilm, L’invincibile (2009) e da ultimo Hereafter (2010), ancora un Nastro d’argento per il film.Interpreti: Matt Damon (George Lonegan), Cécile de France (Marie Lelay), Frankie McLaren (Marcus), George McLaren (Jason), JayMohr (Billy), Thierry Neuvic (Didier), Bryce Dallas Howard (Melanie), Richard Kind (Christos), Lyndsey Marshal (Jackie), MartheKeller (dott.ssa Rousseau), Jenifer Lewis (Candace), Tom Beard (il prete), Derek Jacobi (se stesso)Genere: DrammaticoOrigine: Stati UnitiSoggetto e sceneggiatura: Peter MorganFotografia: Tom SternMusica: Clint EastwoodMontaggio: Joel Coc, Gary RoachDurata: 129’Produzione: Clint Eastwood, Kathleen Kennedy, Robert LorenzDistribuzione: Warner Bros Pictures ItaliaSOGGETTO: Scampata allo tsunami, la giornalista francese Marie torna a Parigi, si accinge a scrivere un libro su Mitterand ma poicambia: avverte urgente il bisogno di spiegare quello che ha passato nei momenti successivi alla tragedia. A San Francisco George hapoteri sensitivi. Il fratello Billy intravede l’affare e gli prepara un ufficio in piena regola. Licenziato per la crisi economica, Georgefugge a Londra...ANNOTAZIONI: Soggetto e sceneggiatura sono di Peter Morgan (“The Queen”, “Frost/Nixon”) che afferma: “Ho scritto il film dopola morte di un mio carissimo amico (...) Al suo funerale ho pensato quello che forse pensavano tutti: dov’è andato?. Ho voluto scrivereuna storia che ponesse domande come questa”. E Eastwood aggiunge: “Racconto una vicenda di anime che non ha specifici connotatireligiosi e tanto meno si tratta di un thriller soprannaturale...lo considero non un film sulla morte ma sulla vita e sul pensiero”.Premesse doverose, per evitare di far andare il copione lungo strade che non gli appartengono. Se la scrittura presenta qualche momentoun po’ irrisolto (Marcus in giro per Londra in visita ai sensitivi) o ‘telefonato’ (George perde il lavoro per essere libero di andarsene),é la messa in scena di Eastwood a offrire all’insieme sostanza e intensità, attraverso una regia corposa e nitida, senza sbavature, didichiarata semplicità: il che non significa facilità, ma veicolo comunicativo diretto e incisivo, capace di coniugare al meglio finzione erealismo legato alla cronaca (lo tsunami, gli attentati a Londra, la crisi economica...). Sul tema della vita oltre la morte, Eastwood offreun approccio umanistico, capace di accostare i dolori universali e di vincerli non in modo consolatorio ma stringendosi intorno ai valoridel quotidiano, l’amore (anche per una mamma ‘drogata’), la condivisione, la fiducia, la letteratura come territorio che lega i varisecoli, e ci rende più vicini uomini e donne del passato. Si tratta di un forte invito a recuperare quella ‘verità’ e quella ‘bellezza’ cheveramente possono salvare il mondo.18
La Stampa - Alessandra Levantesi KezichIl critico Roger Ebert riferisce che Peter Morgan sceneggiatore di“Hereafter” non crede nell’aldilà, parola di Eastwood che il film loha diretto. Quanto a lui, il grande Clint, senza pretendere di darerisposte, prende atto di un fatto: se il credente possiede la certezzadella fede, e l’ateo si barrica dietro lo scetticismo della razionalità,c’è pure qualcuno, forse più sensibile, forse più vulnerato, che conuna dimensione altra si trova a dover convivere nella quotidianità.L’americano Matt Damon è un sensitivo: gli basta un breve contattodi mano ed entra nel dolore del suo interlocutore, incontra isuoi fantasmi, sa qual è il fardello che si trascina. Invece la giornalistafrancese Cecile de France, ferita gravemente durante unotsunami, mentre era in coma è entrata in una luce popolata diombre, un racconto fatto da molti sopravvissuti. E poi c’è il piccololondinese Frankie McLaren, legatissimo al gemello mortotravolto da un’auto, che non sa come andare avanti senza quel suoalter ego, finché non gli pare che questi si manifesti salvandoglivita. Consapevoli per diversi motivi che non tutto quel che è interra si può spiegare e che il mistero fa parte dell’esistenza, questetre persone non hanno vocazioni mistiche, esoteriche o religiose:aspirano semmai a sentirsi normali, comprese, a ricevere amore, anon essere condannate alla solitudine. Piccolo miracolo che siverifica nel finale rasserenante quando i loro destini casualmentesi incrociano, secondo un meccanismo drammaturgico in voga.Per entrare nello spirito dell’ottimo copione di Morgan, già autoredi impeccabili lavori di tutt’altro genere come Frost/Nixon e TheQueen, la chiave di volta è Charles Dickens, che Damon si dilettaad ascoltare letto da Derek Jacobi. Per quella sua capacità di coniugarecon naturalezza picaresco e impegno sociale, realismo e fantasmagoria,il romanziere vittoriano, che a un certo punto come sisa si avvicinò al paranormale, è in qualche modo l’ispiratore segretodel film. Il viatico che muove la storia al suo epilogo; e attraversoil quale allo scoccare dei fatidici ottanta, Eastwood ha sceltodi affacciarsi alla soglia dell’inconoscibile, imbastendo conestrema finezza di regia e uno sguardo stoico che non indulge maial patetico un altro suo bellissimo capitolo di cinema.L’Espresso - Lietta TornabuoniHerafter, nell’aldilà. Pattina su ghiaccio sottile, stavolta, ClintEastwood. E vero che il suo cinema ha avuto sempre a che fare conle tenebre: da certe figure di pistoleri o di ruvidi poliziotti, sino aquel senso di lutto, d’ineluttabilità proprio dei suoi film più recenti.Ma mai il regista s’è spinto nella zona ipotetica che segue il trapasso.Lo fa ora, raccontando tre storie che come già è stato fattodi recente in altre pellicole, da “Babel” a “Crash” - fanno incontrare,nel finale, i tre diversi protagonisti. A Parigi, una giornalistascampata per miracolo allo tsunami del 2004 in Indonesia, vedesconvolte le proprie certezze di laica; a San Francisco, un giovaneoperaio che ha un tempo ricavato danaro dalle proprie doti di rabdomantedel passato, vorrebbe solo esser normale, a Londra, unragazzino che ha perso il fratello gemello in un incidente, desideraa ogni costo entrare in contatto con lui. Il regista non sposa nessunatesi e si concentra su dettagli, visi, luce; suggerisce la possibilitàdi immagini prodotte dalla coscienza che si spegne, ma nonva oltre. Sottolinea che l’aldilà è terreno di caccia per ciarlatani,invita a vivere la vita che abbiamo.Eastwood mostra tutta la propria maestria nelle trame laterali.Come l’incontro, in una scuola di cucina, tra il sensitivo e unaragazza delusa in amore. Si piacciono, stanno bene assieme. Poi laragazza, apprese le doti di lui, vuole metterlo alla prova: e vienealla luce un segreto straziante di lei. Lei se ne va ferita, prometteche si rivedranno. Ma il dolore la spezza, si accascia piangente, poiSCHEDE FILMOGRAFICHEsi rialza, piano. Come in un racconto di Raymond Carver, nullasarà più come prima.L’Eco di Bergamo - Andrea FrambrosiTenero e commovente: come gli arpeggi di chitarra, alternati alrumore dolce di una risacca che evoca immediatamente luoghilontani ed esotici, il nuovo film di Clint Eastwood, “Hereafter”(L’aldilà), presentato in anteprima come film di chiusura della 28aedizione del Torino Film Festival, si presenta, sin dall’inizio, con icaratteri di una quieta drammaticità coniugati con una ricerca dell’assoluto,cui il cinema dell’autore di “Gran Torino” ci ha gradualmenteabituati.Apparentemente lontano dalla poetica eastwoodiana, il temaaffrontato nel film (esiste una vita dopo la morte?), non lo è affatto.Soprattutto perché, intanto, “Hereafter” non è un film sullamorte e poi perché l’approccio del regista è totalmente alieno daderive misticheggianti, visionarie, o parapsicologiche prendendoanzi, bonariamente in giro, i presunti medium, coloro che millantano,magari attraverso finti stati di trance, di poter ‘parlare’ con imorti, attività esercitata solo per spillare denaro ai gonzi e ai credulonidi turno. Non di meno uno dei tre protagonisti, GeorgeLonegan (Matt Damon) è proprio una persona che, dopo una gravemalattia infantile, si è reso conto di possedere il ‘dono’ (ma lui ladefinisce ‘una maledizione’) di potersi mettere in contatto con leanime dei defunti, di essere insomma, ‘un medium’. Infastidito daquesto ruolo però, ha deciso di non esercitare più e si è ritiratolavorando come operaio in una fabbrica. Contemporaneamente ilfilm segue due altri personaggi: quello di Marie Lelay (Cécile deFrance), giovane e famosa giornalista televisiva francese che sperimental’esperienza della morte quando, in vacanza, viene travoltada un improvviso tsunami restandone travolta e, appunto, sospesaper qualche attimo tra la vita e la morte.Mentre a Londra il piccolo Marcus (Franckie McLaren) che, conil gemello Jason, accudisce amorevolmente la madre tossicodipendente,perde improvvisamente l’amato fratello che muore travoltoda un furgone.Queste tre linee narrative si alternano nella narrazione fino adincrociarsi fatalmente nel finale di una sceneggiatura perfetta chesa calibrare al millimetro gli eventi e dosarne perfettamente glieffetti. Una storia che non esiteremmo a definire ‘dickensiana’ siaperché l’autore di Davide Copperfield è amato da George, che loascolta in continuazione negli audio book letti dall’attore DerekJacobi (che nel film appare nella parte di se stesso), ma anche proprioper il suo andamento narrativo, dispiegato, fluviale e fantasmaticocome molti dei lavori dello scrittore vittoriano.In realtà, come dicevamo, “Hereafter” è un film sulla vita, sullevite di tre personaggi indagate attraverso la loro solitudine e la lororicerca; ma è anche una grande storia d’amore coniugato in formediverse: quello di Cécíle per la verità; quello di George verso sestesso; quello del piccolo e sfortunato Marcus verso il gemello everso la madre; quello del regista verso l’uomo.‘Non sappiamo cosa c’è dall’altra parte’ - ha dichiarato Eastwood.‘Ognuno ha le proprie credenze su quello che c’è o non c’è, masiamo sempre nel campo delle ipotesi. Nessuno può saperlo fino ache non ci si arriva’. Alla fine delle rispettive vicende i personagginon ne sanno più di prima, così come lo spettatore del film, ilquale non può fare a meno di ricordare il finale de ‘I vivi e i morti’,racconto che chiude la raccolta ‘Gente di Dublino’ di James Joyceche fu l’ultimo film di John Huston (“The Dead”, celebrato qui aTorino): ‘Sentii la sua anima svanire... mentre la neve si depositavalentamente su tutti i vivi e su tutti i morti’.19