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C R I T I C A • C U L T U R A • C I N E M A - Cine Circolo Romano

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Il Messaggero - Fabio FerzettiIl microfono è enorme, la folla immensa, l’ansia insostenibile.Così la voce si increspa, si strozza, inciampa sulle consonanti,erompe rotolando a singhiozzo sulle sillabe fino a quando, Dio sialodato, la frase finisce. E si ricomincia...Se per chiunque balbettare è un supplizio, per un principe ereditarioè una vergogna, una mutilazione, una tragica perdita di autorità.Se poi siamo negli anni 30, l’età d’oro della radio, l’epoca incui Hitler soggioga le folle e incendia l’Europa con la sua oratoria,il dramma del duca di York, secondogenito di re Giorgio V, afflittofin dall’infanzia da quel difetto misterioso, diventa anche unvero problema politico.Tutto questo però “Il discorso del Re” ce lo lascia indovinare, concentrandosiopportunamente sui protagonisti. Anzi incarnando unagran massa di spunti e di idee nei corpi e nelle voci di due grandiattori al loro massimo storico: Colin Firth, il principe balbuziente,costretto a curarsi dalla moglie. E Geoffrey Rush, logopedistaaustraliano (il gradino più basso della scala sociale negli annidell’Impero) e attore mancato; un semplice guitto, agli occhi delprincipe, catapultato dal caso in una posizione di potere. Il potereassoluto del medico sul suo paziente. Dell’analista sull’analizzando(mai visto descrivere con più sottigliezza e divertimento i rapportidi fascinazione/repulsione che si instaurano in ogni psicoterapia).Ma anche del suddito sul suo principe, costretto ironicamentead assumere comportamenti ‘democratici’ (nello studio dellogopedista ci si dà rigorosamente del tu). E perfino a cantare canzoncineinfantili o a vomitare parolacce per sciogliere i blocchi dicui è prigioniero. Anche se ogni nevrosi è difesa da una corazza, equella del principe è talmente blindata da buone maniere e regolesociali che il futuro re Giorgio VI tenta in tutti i modi di far curare‘solo l’aspetto meccanico’ del suo male. Ma perfino l’erede altrono d’Inghilterra è un essere umano, dunque un insieme indissolubiledi mente e corpo; e per quanto gli costi il povero ‘Bertie’,come lo chiama disinvoltamente il terapeuta, inizierà a fare progressisolo dopo aver accettato di tirare fuori qualche dolorosoricordo d’infanzia...Nella costruzione di questo rapporto il film di Tom Hooper ècoraggioso e a volte geniale. Come quando sospende lo studio dellogopedista in uno spazio indefinito, fra pareti délabrées e lunghicorridoi bui, rovesciando in chiave psicologica gli ambienti pomposidi tanti film in costume. Impeccabili ma meno inventive leparti dinastiche: il conflitto col re padre, le feste del fratello cherinuncia al trono per l’amata Wallis Simpson, il temuto arrivo alpotere. Ma quello di Hooper resta un gran film.SCHEDE FILMOGRAFICHELa Repubblica - Natalia AspesiCi sono stati tempi e luoghi in cui un primo ministro si dimettevaper non aver capito in tempo la gravità di una situazione politica,in cui il rispetto della carica era più importante della persona chela rappresentava, in cui rivolgendosi alla nazione il suo massimorappresentante non si scagliava contro neppure il più pericolosodei nemici ma invitava un intero popolo all’unità e al sacrificio perdifendere i valori del proprio paese: responsabilità, coraggio, abnegazione,decoro, erano ancora virtù indispensabili per governare.È per questo che un film fatto benissimo come “Il discorso del re”oggi ci commuove (e non solo per la storia, che fa parte dellaStoria, comunque degna di lacrimoni) per come il duca di York,afflitto da una terribile balbuzie proprio negli anni in cui l’avventodella radio spinse anche i reali a sottomettersi alla comunicazionedi massa, costretto contro la sua volontà a salire sul tronod’Inghilterra col nome di Giorgio VI, riuscì almeno in parte a vincerela sua minorazione e a diventare un monarca rispettato eamato. Siamo oggi tutti contenti del prossimo matrimonio delprincipe William con la sua bella ragazza Kate, dopo qualchedecennio di scandalosi eventi nella famiglia Windsor, a cominciaredagli amori negli anni 50 della principessa Margaret. Allora eraimpossibile che un re sposasse una pluridivorziata, per di più dipessima fama. Ma per poterlo fare, a pochi mesi dall’incoronazione,Edoardo VIII (Guy Pearce) preferì al trono la sua amatissimae brutta Wally Simspon costringendo il fratello balbuziente a farsire: di una nazione impoverita, con l’Europa in preda ai fascismi ealla vigilia della Seconda guerra mondiale. C’è una scena chiavenel film, quando Giorgio VI con la moglie Elizabeth e le due bambine,guardano il filmato della solenne incoronazione nel dicembredel 1936, cui segue uno spezzone dove Hitler sbraita uno dei suoiminacciosi discorsi: Margaret chiede al padre cosa dica quel forsennatoe lui risponde, ‘Non lo so, ma lo dice bene’. Un meravigliosoColin Firth (ha già vinto il Golden Globe ed è superfavoritoagli Oscar) è il re riluttante, malinconico, impaurito, eppurepieno di dignità se non di alterigia, e capace di scoppi d’ira impotente.La sua balbuzie è curata dai medici di corte con biglie inbocca e con le sigarette (morirà nel 1952, a 57 anni, di cancro aipolmoni). Dopo un disastroso e incompiuto discorso allo Stadio diWembley nel 1926, l’intelligente, innamorata moglie Elizabeth(Helena Bonham Carter, bella e brava), diventata poi la centenariae molto influente Regina dai cappellini colorati, lo porta in unasordida strada di Londra nello studio di un attore fallito australianoinventatosi logopedista: è l’ultimo tentativo, come se andasseroa Lourdes. Inizia un formidabile duetto/duello tra il rigido membrodella famiglia reale, che non ha mai parlato con un commonere non ne sopporta la vicinanza, e il cordiale e irrispettoso ometto(il geniale Geoffrey Rush) che pretende di curarlo nel suo studio enon a palazzo, che lo chiama Bertie come un intimo di famiglia,che lo obbliga a dire parolacce, cantare, stendersi per terra e finalmentea raccontarsi, in una specie di precipizio psicanalitico, in cuiil futuro re si libera di ciò che non ha mai detto a nessuno: unpadre, re Giorgio V, distante, che lo costringe da mancino a diventaredestrorso, le gelide visite quotidiane ai genitori, una nannyperversa, il fratellino preferito epilettico occultato per la vergognae morto bambino. Si alternano intanto i primi ministri conservatori,da Baldwin a Chamberlain, intriga l’arcivescovo di Canterbury(il viscido Derek Jacobi) e pare dalla parte di Giorgio VI il futuroprimo ministro di guerra Churchill (il che non è vero, a lui piacevadi più Edoardo VIII). Quando il 3 settembre del 1939, dopo chel’Inghilterra ha dichiarato guerra alla Germania, il re si rivolge aisudditi inglesi e dell’Impero per esaltarli al patriottismo, davanti aun minaccioso microfono ma anche a Logue che lo guida comefosse un direttore d’orchestra, finalmente ce la fa con immensadignità e prestigio. Il regista inglese ma di madre australiana TomHooper, 38 anni, ha fatto un film nobile, di quelli che raramente sigirano più: visivamente magnifico, con l’aiuto di grandi attori, econ una splendida sceneggiatura, scritta da David Seidler, diventatobalbuziente da bambino durante la guerra. Anni fa era riuscito aconsultare i diari di Logue, e aveva chiesto alla Regina Madre ilpermesso di fare un film su quella storia straordinaria. ‘Per favore,non finché sono in vita, per me sarebbe troppo penoso’. La ReginaMadre si è spenta nel 2002.21

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