15SCHEDE FILMOGRAFICHECARNAGE di Roman Polanski16-17 febbraio 2012Roman Polanski il cui vero nome è Roman Lieblin (1933, Parigi), nato da emigranti polacchi si trasferisce alla vigilia della secondaguerra mondiale in Polonia dove riesce a sfuggire alla sorte toccata agli altri ebrei. Il suo primo film è del 1961 (Il coltello nell’acqua)premio speciale a Venezia. Nel 1965 realizza Repulsion, poi Cul de sac (1966) e Per favore non mordermi sul collo (1967),ultimo della serie europea iniziale. Realizza il suo primo film americano Rosemary’s Baby che gli vale un Golden Globe. SeguonoMacbeth, Chinatown (1974), Tess (1979), tre Oscar. Ritorna al successo con Frantic nel 1988 e Luna di fiele (1992). A Venezia nel’93 ottiene un Leone d’oro alla carriera. Con Il pianista (2002) vince la Palma d’oro a Cannes e l’Oscar come miglior film straniero,ritornando alla produzione europea, a cui sarà costretto in un secondo momento per vicissitudini personali con la giustiziaamericana, ma non per questo meno apprezzato soprattutto in Europa. L’uomo nell’ombra del 2010 è il suo penultimo lavoro di successoprima di Carnage (2011).Interpreti: Jodie Foster (Penelope Longstreet), Kate Winslet (Nancy Cowen), Christoph Waltz (Alan Cowen), John C. Really (MichaelLongstreet)Genere: DrammaticoOrigine : Francia/Germania/Polonia/SpagnaSoggetto: tratto dall’omonima piece teatrale di Yasmina RezaSceneggiatura: Yasmina Reza, Roman PolanskiFotografia: Pawel EdelmanMusica: Alberto IglesiaaMontaggio: Hervé de LuzeDurata: 79’Produzione: Said Ben SaidDistribuzione: Medusa FilmSOGGETTO: Da lontano, fuori da una scuola, due ragazzini undicenni litigano e uno colpisce duramente l’altro con labbra gonfie edenti rotti. I genitori della ‘vittima’ invitano quelli del ‘colpevole’ a casa loro per cercare di risolvere la faccenda. Gli iniziali convenevolischerzosi si trasformano ben presto in discorsi di tono diverso…ANNOTAZIONI: All’origine del film c’è un testo teatrale, “Le Dieu du carnage” scritto da Yasmina Reza e andato in scena con grandesuccesso a Parigi, Londra, Broadway a partire dal 2006. Polanski ha visto lo spettacolo nella capitale francese, ne ha intuito le potenzialitàdi impatto e, con l’aiuto della stessa autrice, ne ha curato l’adattamento. Dall’iniziale ambientazione parigina l’azione è stataspostata a New York, mentre uguale è rimasto lo svolgimento in tempo reale e in un solo ambiente: il copione dura 80’ proprio comel’incontro tra le due coppie. “Un vera sfida nel passaggio dal palcoscenico al grande schermo” ammette Polanski, oggi quasi ottantenne(nato a Parigi nel 1933 da genitori polacchi morti lui a Mathausen lei a Auschwitz). Sfida superata in modo ammirevole, grazie aduna invidiabile freschezza espressiva che crea spazi infiniti all’interno di un ambiente chiuso. Va aggiunto che la professionalità diPolanski e dei quattro attori non si risolve in una prova di bravura fine a se stessa ma è finalizzata a conferire spessore, credibilità everità ai toni aspri di denuncia che si creano rispetto agli argomenti affrontati (cultura, società, politica, occidente e terzo mondo, famiglia,uomo e donna...).34
Avvenire - Massimo GiraldiPresentato in concorso alla Mostra di Venezia, “Carnage” ha raccoltosubito molti consensi ed è stato inserito tra i possibili vincitori. Alla finenon ha invece ottenuto alcun riconoscimento, lasciando parecchieperplessità. Si è detto che il presidente della giuria, l’americano DarrenAronowsky, non era ben disposto verso uno come Polanski, tuttorainseguito da un mandato di cattura che gli impedisce di mettere piedinegli Stati Uniti per la grave vicenda relativa alla morte di una minorennecirca 40 anni fa. Sono naturalmente voci non confermate, cheriguardano il Polanski uomo ma non il regista. Il quale regista, ormaiprossimo agli 80 anni (è nato a Parigi da genitori polacchi nel 1933,padre e madre morti a Mathausen e Auschwitz), mette in mostra unainvidiabile freschezza espressiva e una grande capacità di reinventarel’immagine. La trama è semplice. Fuori da una scuola, due ragazziniundicenni litigano e uno colpisce duramente l’altro con labbra gonfiee denti rotti. Dal fatto visto da lontano, si passa a un ‘interno’.I genitori della ‘vittima’ invitano quelli del ‘colpevole’ a casa loro percercare di risolvere la faccenda. Gli iniziali convenevoli scherzosi sitrasformano ben presto in discorsi di tono diverso: battute al vetrioloche sfociano in un crescendo di sottolineature delle ridicole contraddizionie di grotteschi pregiudizi dei quattro genitori. Appena affrontato,un argomento ne tira dietro un altro, e così in un crescendo inesorabilee involontario che crea le premesse per una vera e propria resadei conti. Al termine della quale niente può dirsi risolto, e solo i dueadolescenti trovano la capacità per spiegarsi e capirsi meglio. All’originedel film c’è un testo teatrale, ‘Le Dieu du carnage’, scritto da YasminaReza e andato in scena con grande successo a Parigi, Londra,Broadway a partire dal 2006. Polanski ha visto lo spettacolo nella Capitalefrancese, ne ha intuito le potenzialità di impatto e, con l’aiutodella stessa autrice, ne ha curato l’adattamento per il grande schermo.L’originaria ambientazione parigina è stata spostata a New York, mentreuguale è rimasta la volontà di mantenere lo svolgimento in temporeale: il copione dura 80’, proprio come l’incontro tra le due coppie.Polanski gira senza interruzioni e in un unico ambiente, l’appartamentodei coniugi Longstreet. ‘Una vera sfida nel passaggio dal palcoscenicoal grande schermo’, ammette il regista. Una sfida superataegregiamente, va detto, perché l’alta professionalità di Polanski e deiquattro attori non è solo una prova di bravura fine a se stessa ma servea dare spessore, credibilità e verità allo scontro che si crea e agli argomentiforti che vengono affrontati.SCHEDE FILMOGRAFICHEL’eco Di Bergamo - Franco Colombo‘Il cielo in una stanza’, cantava Gino Paoli in una delle più belle canzonidegli anni Sessanta. ‘L’inferno in una stanza’ si potrebbe dire di questo“Carnage” di Roman Polanski (lo dice già il titolo, che in italianosuona carneficina, strage), in pole position alla recente mostra di Veneziaper il Leone d’oro, poi soffiatogli (ma lo meritava) dal russo “Faust”.Polanski non è nuovo ai film (inquietanti) ‘da camera’. Basti pensarea “L’inquilino del terzo piano” (1976) ma soprattutto a “Luna di fiele”(1992), che non era girato in una stanza ma a bordo di una nave dacrociera (perimetro pur sempre limitato), con le conflittualità coniugaliche ritroviamo in questo film realizzato sulla pièce della franceseYasmina Reza, ‘Il dio della carneficina’, rappresentata nel gennaio2009 anche al nostro Donizetti con, tra gli altri, Anna Bonaiuto, AlessioBoni, Silvio Orlando. Il tema, le drammatiche incomprensioni traconiugi, pare ripreso da “La guerra dei Roses” di Danny De Vito(1989), con Michael Douglas e Kathleen Turner ai ferri corti, anzi cortissimi,tra quattro pareti. Un incidente (due ragazzini sono venuti allemani giocando in un parco di Brooklyn e uno ha rotto un paio didenti all’altro) fa incontrare i rispettivi genitori nell’appartamentodell’’aggressore’ per cercare un accordo, anche economico. Sono Penelopee Michael gli ospitanti del rompidenti, Nancy e Alan gli ospitatidello sdentato. Ma questo è solo un avvio che, infatti, a poco a pocosi amplia e investe drammaticamente la vita delle due coppie, sostenuteconiugalmente da un’impalcatura traballante come quelle cherischiano ogni giorno di crollare, anche da noi, per incidenti sul lavoro.Soprattutto, ci è parso di capire, per colpa degli uomini, di un’insipienzaassoluta (almeno così li vede Polanski). Il pacioccone Michaelche traffica in articoli per la casa, si definisce lui stesso un perdigiorno;il serioso Alan, in giacca e cravatta, affarista di scarsi scrupoli,è costantemente attaccato al cellulare, sia per rispondere sia perchiamare. Alle rispettive consorti non resta che rimbeccare, fin chepossono. Polanski non concede requie in questo scontro di coppie esacerbato,quanto magistralmente orchestrato. Polanski è come un direttored’orchestra, non sbaglia un passaggio e allerta gli attori, già bravidi per sé, come meglio non si potrebbe. Jodie Foster (Penelope),John C. Reilly (Michael), Kate Winslet (Nancy), Christoph Waltz(Alan) alla fine sono da applaudire. Ottima l’edizione italiana direttada Maura Vespini (peccato che i nomi dei valorosi doppiatori, defilatiin pochi secondi alla fine di tutto, sfuggano all’occhio dei più).Il Sole 24ore - Vincenzo CeramiSofisticato e divertente esercizio di regia e di recitazione l’ultimo filmdi Roman Polanski, (“Carnage”). Il racconto è in tempo reale, 79 minutisenza ellissi narrative. La macchina da presa segue la vicenda passopasso e osserva i quattro spietati personaggi che girano in tondo comepesci in un acquario tra le chiuse pareti di un appartamento di NewYork, divorati da mitologie sciatte e disfatte. La situazione è presto detta.Una stupida lite tra undicenni appena usciti da scuola finisce in dramma:un ragazzino, agitando la canna di bambù che stringe nella manocolpisce un altro ragazzino in pieno volto, spezzandogli due denti. Ilracconto inizia quando i genitori del feritore fanno visita ai genitori delferito per scongiurare, civilmente, ogni possibile contenzioso legale.Con spirito collaborativo, da persone perbene, si accordano: i genitoridel fanciullo colpevole risarciranno fino all’ultimo dollaro le spese medichesostenute dalla famiglia della vittima. L’incontro tra i quattro adultisi mette subito sui binari della buona educazione e della ragionevolezza.Anzi, l’incidente sembra far da pretesto per una simpatica amiciziache può nascere tra due coppie di genitori middle class che parlanola stessa lingua. L’incontro dura, appunto, 79 minuti e tanto basta per assisterea una implacabile e micidiale discesa agli inferi. Nel giro di pochiminuti la cordialità diventa ipocrisia e la tolleranza acidità. I padronidi casa sono un robusto e ottuso commerciante di casalinghi (un perfettoJohn C. Reilly) e la sua isterica moglie Penelope Jodie Foster, tuttafascio di nervi e sensi di colpa mal rimossi). Gli ospiti, anch’essi rappresentantidel molle e cinico conformismo dell’americano medio, sonoun dirigente di una ditta farmaceutica in crisi (lo strepitoso ChristophWaltz) e la sua ipocondriaca signora che fatica molto a nascondere neimodi gentili e misurati rancori e veleni accumulati nelle viscere e in attesadella buona occasione per esplodere (l’efficace e divertita KateWinslet). Il film è tratto da una fortunata commedia scritta da YasminaReza e rappresentata in mezzo mondo (da noi, nel 2009, fu messa inscena da Roberto Andò col titolo ‘Il Dio della carneficina’ e recitato daAnna Bonaiuto, Silvio Orlando, Alessio Boni e Michela Cescon). L’autricedel testo teatrale ha collaborato con il regista alla stesura del copione.L’unità di luogo e di tempo, che nel teatro è fisiologica, in cinemaè sempre una sfida per il regista, che è costretto a calarsi nell’interioritàdei personaggi e raccontarla quasi esclusivamente con la recitazione.Egli rinuncia all’aiuto che può dargli la loro rappresentazione incontesti diversi da un appartamento, in situazioni divagatorie ma illuminanti.Il senso di claustrofobia è fatale e nel caso di “Carnage” questapeculiarità funziona perché ai quattro patetici e violenti protagonistimanca il respiro, sono divorati da se stessi da un narcisismo che li accecae li imprigiona. Polanski gestisce il set da grande maestro, riesce afar scorrere lo psicodramma con naturalezza, senza rinunciare ai tagliinterni e alla cura di ogni dettaglio e di ogni primo piano. Ci aspetteremmomolti piani sequenza, invece il taglio è veloce e funzionale, senzaalcuna compiacenza formale. Gli attori sono a loro agio nell’angustospazio e la nascosta competizione che li chiama a cimento si sposa perfettamentecon l’esibizionismo nevrotico dei personaggi.Polanski fa diventarecinema la commedia di Reza andando a fotografare espressionidegli attori invisibili a teatro. Vezzi, tic, turbamenti, stizze, malesseri,deliri offrono la chiave di lettura di ogni battuta. I quattro malcapitatiparlano attraverso bugie e reticenze, luoghi comuni e banale rovesciamentodei luoghi comuni... fino a quando compare in scena una bottigliadi whisky. Bevono tutti e quattro come a volersi dichiaratamentestordire, uscire dalla trappola del galateo per parlare con franchezza, perdar spazio finalmente alla veritas. In realtà, nei contenuti, non cambiagranché: le idiozie che i quattro si scambiano adesso sono sempre idiozie,è diverso solo il modo di parlare, più protervo ma anche balbettante.Polanski non ha alcuna indulgenza per i quattro. Conduce il gioco almassacro fino in fondo, anche lui forse rancoroso nei confronti di un’Americaimpotente e frustrata. La metafora della ‘carneficina’ che si consumanegli inferni famigliari non è certamente nuova. La letteratura, ilcinema, il teatro la frequenta da sempre. Ciò che non risulta perfettamentea fuoco in questo film è il rapporto tra la vita quotidiana delle famigliee l’attuale, inedita crisi americana. E’ come se non ci fosse piùlegame tra ciò che succede fuori e ciò che succede dentro e case.35