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Ritardi e problemi della scuola italiana.pdf

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La <strong>scuola</strong> come equilibratore delle dinamiche occupazionali è una scelta confunzione assistenziale, tollerabile forse in fase di emergenza ma non oltre, comeinvece accade. È espressione di arretratezza economica e politica. In un normalepaese industrializzato la <strong>scuola</strong> contribuisce agli equilibri del mercato del lavoro nellamisura in cui può spendere il proprio potenziale di sviluppo qualitativo, e cioèentrando in concorrenza con altri datori di lavoro. In un paese in cui l’industria e loStato non investono seriamente in ricerca (e qui sta l’origine di tutti i guai), e diconseguenza l’industria riserva ai laureati una scarsa domanda di lavoro, la <strong>scuola</strong> èdestinata ad accogliere le abbondanti eccedenze delle offerte di lavoro intellettuale, ea collocarsi ai margini dei processi avanzati di professionalizzazione e di produzione.Il ruolo di mediazione assunto dall’amministrazione è, nei fatti, un ruolo del tuttoimproprio, per almeno due motivi: perché, nel ridurre la <strong>scuola</strong> a entità numeriche e adinamiche numeriche, l’amministrazione finisce per descolarizzarla e militarizzarla,falsificandone natura e funzione; perché, nel “ripiegarsi” sulla sola gestione delpersonale, e nel privilegiare il solo aspetto occupazionale trascurando quellofunzionale, anzi riducendo i livelli <strong>della</strong> funzione educativa <strong>della</strong> <strong>scuola</strong>,l’amministrazione – istituita per la salvaguardia del principio di imparzialità –infrange questo principio: privilegia i dipendenti, o gli aspiranti tali, ed allo scopoignora il diritto dell’utenza a poter fruire del miglior servizio possibili. Esaspera cioèuna caratteristica comune a tutti i settori del servizio pubblico italiano: nel rapportoerogatore-fruitore, il primo ha molti più diritti del secondo.LA SCUOLA COME MEZZO O COME FINE?L'aspetto più complicato di questa sovrapposizione ormai storica di obiettivi e difattori, di funzioni codificate ma anche "curvate" fino a farle risultare altre rispetto aciò che dovrebbero essere, sta negli elementi di artificiosità con cui le questioniscolastiche vengono trattate.Intanto è artificiosa l’assunzione da parte dell’Amministrazione del ruolo dimediatore unico per i <strong>problemi</strong> <strong>della</strong> disoccupazione intellettuale, perché lamediazione risulta a priori sbilanciata. E infatti, se l'amministrazione , che cosa mai può arrivare al tavolo delle trattative di tuttal'immensa problematica che riguarda il mondo dell’istruzione? Che cosa potràarrivare di quei bisogni e di quei diritti dell'utenza che sono continuamente ampliatied arricchiti dallo sviluppo sempre più rapido e sempre più generale <strong>della</strong> società?Che cosa potrà arrivare delle trasformazioni introdotte senza posa dalla tecnologia,dall’economia, dalla comunicazione, dalla globalizzazione? Che cosa potrà arrivaredai nuovi intrecci tra vecchi e nuovi saperi, dalle scienze biologiche e psicologicheche rivoluzionano il concetto di apprendimento e il rapporto insegnamentoapprendimento,dalle scienze sociali che scardinano il rapporto tradizionale traistruzione e società? Certo l'amministrazione media e contratta sul filo <strong>della</strong>legislazione esistente (e nemmeno tutta, data la messa in mora dell’autonomia), magià di suo, e cioè per le sue peculiarità culturali, è incapace di interpretare istanze edesigenze <strong>della</strong> società <strong>italiana</strong> ed europea (e figuriamoci quando ha come obbiettivo il

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