Profilidi salti ne faceva ben cinque, ma aquesto io non credo. A quelli chehanno affermato che i salti eranoquattro io credo, perché era tuttagente seria, degna di fiducia.Ho anticipato sopra, che fu importanteanche per la mia famiglia, oravi spiego il motivo. Mio padre era diventatogià un buon domatore, eavevamo anche gli orsi bruni diSwend Evertik, e anche quello eraun gran bel numero, ma non avevamoancora l’impronta del grande circo.La trasformazione successequando mio cugino Nandino (NandoOrfei), volle un numero di cavalli inlibertà. Questo provocò grandi discussioniin famiglia, perché, Orlandoe i miei zii Remo Venturi e RenatoFreddi, furono contro, ma mia ziaAlba Furini, s’impuntò e volle assecondareil figlio. Vinse lei e furonocomprati i famosi cavalli che preseroparte al film “Ben Hur” conCharlton Heston, insieme a dei cammellie dei pony. Nino fu incaricatodi preparare i numeri con quegli animali;Rinaldo, Orfeo ed io fummoreclutati per aiutarlo. Quello per mefu l’inizio di una nuova fase dellamia vita. Dopo la preparazione diquei numeri, mi appassionai ai cavallie volli imparare tutto su queglianimali: cavalcarli e addestrarli.Anche in quel caso Nino si dimostròun eccellente addestratore.Ho affermato che la trasformazionedel nostro circo fu dovuta alla venutadi quegli animali e ve ne forniscouna prova: quando avevamo i bellissiminumeri di Orlando e di Swend,non potevamo fare le sfilate, ma conl’arrivo dei cavalli, dei cammelli edegli altri animali, che si potevanoportare in parata, le cose cambiarono,e grazie a Nandino, che aveva lamania delle cavalcate, cominciammoad avere un’altra impronta, davero circo grande.Non ho dimenticato il carisma di miopadre, specialmente con la televisionedi quei tempi in cui tutti i programmierano filmati in diretta perchénon esisteva ancora il “videoregistratore”e nessuno riusciva a farequello che Orlando faceva quando sidovevano fare riprese con gli animali:il suo dono d’improvvisatore, ilcarisma col microfono, la sua innatadote da trascinatore di folle (se sifosse dato alla politica, avrebbe sicuramentefatto strada). Orlando fecein modo che i dirigenti della RAIci scegliessero sempre quando volevanoriprendere un circo, così ci trasformammonel circo della televisione,che culminò con le trasmissioni“Il Mattatore” e “Il DomatoreRacconta”; però a quei tempi c’eragià la registrazione dei programmi equei filmati furono esportati negliUSA e di là distribuiti in molti paesi,facendoci conoscere nel mondo intero.Quello che voglio dire e cheprima dei cavalli, cammelli e gli elefanti,sembravamo un bel circo “medio”.Torniamo a Nino: come dissi,fu un grande cavallerizzo e addestratoredi cavalli, e fu veramenteimportante nella nostra trasformazioneda circo medio a circo grande,ma non fu (almeno per me e per miocugino Orfeo, suo figlio) un buonmaestro per cavallerizzi, perché futroppo esigente e perfezionista.Niente di quello che facevamo erasufficiente. Lui era stato troppogrande e tutto quello che noi riuscivamoa fare, gli sembrava mediocre.Ricordo che ci fece andare in piedisul cavallo per mesi di fila, senzafarci provare un pochino di volteggia.Questo a me sembrava il colmo.Io mi sentivo già così bravo a stare inpiedi sul cavallo, che mi scocciavacontinuare a provarlo tutti i giorniper ore e con la lungia. Un giorno mistancai e gli dissi che ero già sicurodi non aver più bisogno della lungiae che volevo provare un po’ di volteggia.Lui mi disse: “Sì Enrico!” – “PerchéEnrico?” – domandai. Lui rispose:“Sì, Enrico Caroli! Ormai sei bravocome lui!” – e replicò – “Prova aguardare in alto!” – “Guardare in alto”– chiesi – “Sì, in alto” – disse.Ubbidii e alzai lo sguardo, e in menche non si dica mi ritrovai appeso allalungia come un salame. Fu sufficientealzare lo sguardo per perderetutto l’equilibrio che in mesi di proveavevo acquistato: se fossi statosenza lungia, non so proprio comesarebbe finita.Senza dubbio lui voleva farci raggiungereprima, una sicurezza di appiomboche sicuramente ci avrebbeaiutato nelle fasi successive delleprove, ma per noi era una perdita ditempo, perché quello che ci piacevae volevamo, era la volteggia e nonessere perfetti in piedi, poiché nonavevamo l’intenzione di fare il passoa due, ma il cow boy e l’alta scuola,l’essere perfetti in piedi non ci interessavamolto. È probabile che avesseragione lui, ma la nostra impazienzaci diceva il contrario, così co-Circo Orfei a Milano - Carnevale 1934Pasqua 1943. Circo Orfei a Modena. Erano tuttiriuniti, la famiglia di Nino e quella di Paolino OrfeiCirchi e Luna Park IN CAMMINOpagina 56
Profiliminciammo a provare la volteggiasenza la sua presenza, commettendouna grande quantità di errori, alpunto che quando Nino si accorse diquello che stavamo facendo, ci sgridò,ma ci corresse e cominciò a insegnarcila volteggia nel modo giusto.Comunque lui fu una grandescuola per me, m’insegnò persino alavorare il cuoio, per fare le fruste,i finimenti e le selle dei cavalli e unmucchio di altre cose utili.Quell’uomo sapeva fare di tutto, erauna vera enciclopedia vivente. Nonc’era cosa dentro il circo che lui nonconoscesse. Credo che lui e mio zioAdriano Bonora, fossero le personeche conoscevano più cose di circoche io abbia incontrato. Nessun problemanel circo era tanto complicatoche uno dei duenon risolvesse.Dopo la separazionedella miaf a m i g l i a(Orlando dauna parte eLiana, Nando e Rinaldo dall’altra),noi rimanemmo con i leoni e l’Albacon i cavalli; i cammelli li dividemmoperché erano dodici e non facevanoun gran numero. Non avevamonessun numero di cavalli in libertà,cosi Orlando si decise a comprarneuno già pronto dal Circo BertramMills. Quegli animali erano stati affittatial Cirkus Scott in Svezia, cosìin agosto del 1962 Nino ed io partimmoper andare a prendere il numeroda Scott. Questo sarebbe unlungo racconto che occupa un interocapitolo del mio libro “O CircoViverá” che scrissi in Brasile. Perciòqui menzionerò solo alcuni aneddotidi quel complicato viaggio.IL COMPLICATO VIAGGIO IN SVEZIAQuando arrivammo al Circo Scott, sitrovava nella cittàdi Kiruna, ches’incontra a100 Km dentroil circopolare artico.Arrivammo in quella città alle novedi sera, ma c’era ancora luce comedi giorno. Per me, che all’epoca nonconoscevo bene (e non mi piaceva)la geografia, fu una cosa incredibile:per due notti non riuscii a dormire,ma poi, su consiglio di Didier Danion,comprai una mascherina e risolsiil problema.Il primo impatto negativo di quelviaggio fu che in Svezia all’epocaguidavano a sinistra e nella prima attraversatadi strada quasi finimmosotto le macchine che passavano. Ioavevo diciassette anni e quello spaventofu sufficiente per farmi ragionareche nell’attraversare le strade,bisognava guardare prima a destra epoi a sinistra, esattamente il contrariodi quello che faremmo qui, mamio zio Nino, che quell’anno avevala veneranda età di sessanta anni(tre anni e mezzo in meno del sottoscrittooggi), quel ragionamento nonentrò in testa, cosi dovevo salvarlodall’essere investito tre o quattrovolte al giorno!Quando partimmo, ci diedero un nomedi cui chiedere da Scott: PhilipsHallan, l’addestratore di quel numero.Arrivando al circo, scoprimmoche c’erano molti artisti che conoscevamo:i Danion delle foche, la famigliaBertolacini (saltatori italoamericani),i Chi Bao Guy (acrobaticinesi che avevano già lavorato connoi), la famiglia Rodrigues (grandisbarristi messicani che avevano unnumero di sbarre differenti, con1929. Nino in un’ Araba sulcavallo durante le prove1927. Nandino e Ninoin un numero di JokeyCirchi e Luna Park IN CAMMINOpagina 57