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Obiettivo 1. Verso il referendum costituzionale<br />
nenti le scelte di finanza pubblica direttamente incidenti<br />
sulle medesime. Una volta conquistata la “lealtà<br />
federale” delle Regioni i pur necessari interventi sul<br />
versante del riparto della funzione legislativa, con un<br />
eventuale riequilibrio verso un centro autenticamente<br />
“repubblicano”, in quanto espressione anche delle<br />
autonomie, sarebbero tutto sommato secondari, poiché<br />
la via politica alla soluzione del conflitto sarebbe<br />
più a portata di mano.<br />
Si è visto che la strada prescelta da chi oggi procede<br />
alla riforma della Costituzione è ben diversa. Il<br />
Senato delle autonomie non sarà, evidentemente, ciò<br />
che sarebbe potuto essere. E tuttavia, come si suol<br />
dire, “non tutto è perduto”. La strutturazione della<br />
nuova Camera Alta è, in parte, ancora una pagina<br />
bianca, e non solo perché non è chiaro quale sarà la<br />
via tramite la quale si darà attuazione all’emendamento<br />
Finocchiaro, poiché sarà necessario ripensare<br />
da capo l’organizzazione interna dell’Assemblea. È<br />
stato detto in dottrina che l’identità del Senato rimane<br />
ancora in gran parte “indecisa”, poiché molto di<br />
ciò che questa istituzione sarà dipenderà dalle scelte<br />
che si faranno tramite il Regolamento di autonomia 64 .<br />
Certo non tutto ciò che sarebbe necessario o quantomeno<br />
auspicabile, è alla portata di questo strumento.<br />
Non vi è dubbio, tuttavia, che se vi fosse la seria<br />
volontà politica di recuperare uno spazio significativo<br />
alle autonomie regionali nel nostro sistema istituzionale,<br />
provando al contempo a dotare davvero il Senato<br />
del ruolo e dell’autorevolezza che quelle che si<br />
candidano ad essere le nuove disposizioni costituzionali<br />
intendono consegnargli, la strada di una adeguata<br />
modulazione del Regolamento interno è l’unica a<br />
disposizione. In tale ottica il Regolamento dovrebbe<br />
provare a far emergere il più possibile nell’ambito<br />
del Senato la rappresentanza territoriale a scapito di<br />
quella politico-partitica, e provare a costituire un saldo<br />
e duraturo legame con il sistema delle conferenze<br />
orizzontali, in modo che la parola del Senato sia<br />
davvero in grado di esprimere il punto di vista delle<br />
autonomie. Solo se sarà così la nuova assemblea di<br />
Palazzo Madama sarà capace di conquistarsi la sua<br />
credibilità. E, se così sarà, questa istituzione magari<br />
riuscirà a ritagliarsi spazi di interlocuzione con la Camera<br />
dei deputati anche maggiori di quelli che suggeriscono<br />
le disposizioni costituzionali.<br />
Non ci si può nascondere, ad ogni modo, che un<br />
simile scenario non è dei più probabili. Varie ragioni<br />
congiurano in senso opposto, quali la presumibile voglia<br />
dei senatori di non veder diminuiti i propri margini<br />
di movimento, la “cattiva stampa” che caratterizza<br />
oggi le autonomie territoriali, e persino la retorica<br />
dell’elezione diretta, che ha condotto all’approvazione<br />
dell’emendamento Finocchiaro e certo spinge contro<br />
il radicarsi delle prassi che qui si auspicano. Tuttavia,<br />
come si sa, la speranza è l’ultima a morire.<br />
64. N. Lupo, La (ancora incerta) natura del nuovo Senato: prevarrà il cleavage politico, territoriale o istituzionale?, cit., 14, secondo cui<br />
il margine di libertà di cui disporrà il nuovo Regolamento potrebbe essere addirittura «disorientante».<br />
Questione Giustizia 2/<strong>2016</strong><br />
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