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Obiettivo 1. Verso il referendum costituzionale<br />
di incompiutezza è invece anche e soprattutto un segno<br />
dei tempi, che non investono più nella Costituzione<br />
rigida, nelle narrative che la accompagnano (la<br />
Costituzione preserva nel mutamento una tavola di<br />
valori) ma puntano sulla adattabilità della Costituzione<br />
(alle esigenze concrete delle relazioni di potere<br />
e politiche) e pregiano nuove narrative. Tutto il processo<br />
di revisione è stato accompagnato da un unico<br />
messaggio: la Costituzione deve essere cambiata<br />
perché il Governo (nel senso lato delle strutture del<br />
potere) sia più efficiente, e questo messaggio può essere<br />
rovesciato nel senso: la Costituzione serve all’efficienza<br />
del Governo, cui ogni cosa è subordinata. Se<br />
è così, il senso stesso della rigidità tramonta a favore<br />
di una istanza continua di adattabilità delle istituzioni<br />
alle dinamiche del potere, cosa del resto predicata<br />
da tutti i teorici della post-democrazia, e l’incompiutezza<br />
della riforma esprime di quest’ultima un tratto<br />
qualificante.<br />
I due aspetti della riforma Renzi-Boschi che ho<br />
evocato sin qui, consolidamento-legittimazione di<br />
trasformazioni già avvenute e adozione di una filosofia<br />
di adattabilità delle istituzioni alle esigenze di<br />
governo, sono in connessione tra loro.<br />
Adattabilità delle istituzioni significa, tra l’altro,<br />
alto tasso di de-formalizzazione delle procedure, degli<br />
atti, degli ambiti di competenza (cioè, alla fine,<br />
perdita di legalità), e anche di questo tipo di fenomeni<br />
la vita istituzionale degli ultimi anni ci ha dato<br />
numerosissimi esempi, dalla lettera della BCE e della<br />
Commissione che nel 2011 detta l’Agenda di governo,<br />
alle leggi approvate senza relazione di Commissione<br />
e via ‘canguro’ diventate abitudine col governo Renzi,<br />
alla ridefinizione dell’organo Governo (sparito nella<br />
sua dimensione collegiale e risucchiato, dal Governo<br />
Monti in poi, nella sola figura del presidente del Consiglio);<br />
alle trasformazioni dell’istituzione Presidenza<br />
d’assemblea parlamentare, che da rappresentante e<br />
tutore dell’indipendenza costituzionale di ciascuna<br />
Camera è smottata in una mera cinghia di trasmissione<br />
dell’indirizzo governativo; fino alle disinvolte<br />
confusioni, continuamente praticate con riferimento<br />
a questo o a quell’istituto e alla sua natura e funzione;<br />
non ultimo, il caso del referendum sulla riforma costituzionale<br />
interpretato, dal Governo in carica, come<br />
‘plebiscito’ su di sé. È chiaro che una Costituzione<br />
pensata per consentire al Potere di assumere le configurazioni<br />
che gli sono utili in vista dei fini che di volta<br />
in volta persegue non può pregiare molto forme, procedure,<br />
tipicità degli atti, tutto il bagaglio dello Stato<br />
di diritto, che chiamiamo legalità.<br />
Di questi due caratteri della riforma costituzionale<br />
– continuità col presente, ossia con tratti degenerativi<br />
già ben installati nell’esperienza; incompiutezza<br />
che apre una fase di continua adattabilità delle istituzioni<br />
alle esigenze concrete di Governo, queste ultime<br />
rappresentanti il vero ‘valore’ costituzionale di fondo<br />
– la cartina di tornasole è la disposizione dedicata<br />
alla introduzione del giudizio preventivo di costituzionalità<br />
sulle leggi elettorali 1 , una innovazione tutta<br />
intrisa, a sua volta, dell’illusione da bacchetta magica<br />
in cui la riforma affida nel complesso le sue speranze<br />
di affermazione e dietro la quale camuffa la propria<br />
reale portata.<br />
1. Secondo l’art. 13 della legge di revisione costituzionale nel testo approvato il 14 aprile <strong>2016</strong> all’articolo 73 della Costituzione, il primo<br />
comma è così sostituito: «Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione. Le leggi che disciplinano<br />
l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere sottoposte, prima della loro promulgazione,<br />
al giudizio preventivo di legittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale, su ricorso motivato presentato da almeno<br />
un quarto dei componenti della Camera dei deputati o da almeno un terzo dei componenti del Senato della Repubblica entro dieci giorni<br />
dall’approvazione della legge, prima dei quali la legge non può essere promulgata. La Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di<br />
trenta giorni e, fino ad allora, resta sospeso il termine per la promulgazione della legge. In caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale,<br />
la legge non può essere promulgata».<br />
Con l’intento di garantire che l’Italicum non andrà esente dal giudizio di costituzionalità, la disposizione transitoria n. 11 stabilisce inoltre<br />
che «in sede di prima applicazione, nella legislatura in corso alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, su ricorso<br />
motivato presentato entro dieci giorni da tale data, o entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della legge di cui all’articolo 57, sesto<br />
comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, da almeno un quarto dei componenti della Camera dei<br />
deputati o un terzo dei componenti del Senato della Repubblica, le leggi promulgate nella medesima legislatura che disciplinano l’elezione<br />
dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere sottoposte al giudizio di legittimità della Corte costituzionale.<br />
La Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di trenta giorni». Si tratta in questo caso di un giudizio successivo, con effetti<br />
che dovrebbero essere in linea di principio analoghi a quelli degli ordinari giudizi di legittimità, compresa, trattandosi di leggi elettorali,<br />
la necessità di preservare la normativa di risulta; su questi aspetti v. F. Dal Canto, pp. 13 ss.; S. Catelano, Prime riflessioni sul controllo<br />
preventivo sulle leggi elettorali inserito nella proposta di revisione costituzionale all’esame del Parlamento, in Forum dei Quaderni Costituzionali<br />
(online), 23 maggio 2015. Il problema della normativa di risulta si porrebbe peraltro anche nel caso del giudizio preventivo, almeno<br />
secondo A. Rauti, Il giudizio preventivo di costituzionalità sulle leggi elettorali di Camera e Senato, in Federalismi.it, 6/<strong>2016</strong>, p. 8.<br />
Con osservazione interessante, I. Ciolli, Appunti per l’audizione del 20 ottobre 2015, in Osservatorio AIC, Rivista online, 2015 rileva che<br />
«la disposizione transitoria dell’art. 39, comma 13, nel fissare il termine di 10 giorni per il controllo di legittimità della Corte costituzionale<br />
sull’Italicum, indirettamente dispone che in un tempo successivo a quel termine, tale legge elettorale non potrà più essere sottoposta al<br />
sindacato di costituzionalità (preventivo o astratto che si voglia). Ciò potrebbe indurre la maggioranza parlamentare a modificare la legge<br />
elettorale n. 52 del 2015, magari fino a stravolgerla, piuttosto che deliberarne una nuova, perché solo attraverso l’Italicum si eviterebbe il<br />
controllo preventivo disposto dall’art. 73 Cost. che vale, invece, per tutte le altre leggi elettorali successive a esso».<br />
Questione Giustizia 2/<strong>2016</strong><br />
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