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ALLA VENTISETTESIMA ORA Barbara Stefanelli, Vicedirettore vicario del Corriere della Sera, ha ideato un blog di successo, crocevia di tematiche femminili e della coppia, della famiglia e del lavoro. Perché alle donne 24 ore non sono mai sufficienti. di Guido Biondi IIl suo ufficio è poco distante dalla sala Albertini, stanza deputata alle riunioni di redazione, un piccolo tempio del giornalismo italiano. Vicino alla sua scrivania ci sono alcuni disegni di sua figlia Mila, qualche email stampata, comunicati del giornale, idee da sviluppare e, soprattutto, un quadro di Indro Montanelli, storica firma del Corriere. Barbara Stefanelli è una mosca bianca nel giornalismo italiano: è una rarità vedere una donna arrivare ai vertici, dopo un grande impegno profuso nella sezione esteri. Oltre al supplemento La lettura, uno dei fiori all’occhiello del giornale, vero successo editoriale, Barbara ha ideato La ventisettesima ora, l’anima femminile più visibile e realizzata all’interno del quotidiano di Via Solferino a Milano. L’abbiamo intervistata durante un week-end, perché più si sale di livello più aumentano le responsabilità e i sacrifici. Partiamo dalla Ventisettesima ora, il blog al femminile del Corriere, indubbiamente un’intuizione di successo. È stata una sua idea? Si. Nel 2011 quando è stato creato il blog ero ossessionata da questa definizione di essere il primo Vicedirettore donna (nominata nel 2009, ndr) dal 1876. Eppure non mi sembrava una cosa così importante: avevo una lunga esperienza nel giornale alla sezione esteri. I vice direttori uomini venivano definiti in quanto specialisti di politica, di economia etc. Per un paio d’anni non dico che io abbia scalciato ma quasi e quindi ho cercato di portare questa mia esperienza femminile di Vicedirettrice donna in un progetto che poteva essere utile al giornale e interessante per i lettori e le lettrici (e magari sensato per me). Così è nato il blog, ideato come uno spazio in più del Corriere della Sera nel quale potessero esprimersi soprattutto le firme femminili. Perché ha scelto il web e non il giornale cartaceo? Nel giornale cartaceo ci sono più problemi di spazio; si trattava di un progetto sperimentale: un test che avrebbe potuto portare le tematiche del blog anche sul quotidiano nei suoi spazi istituzionali. Inoltre mi divertiva molto l’idea di provare un blog atipico del Corriere che non fosse di una persona sola: un luogo di discussione aperto, che chiamasse direttamente le firme del giornale in modo non gerarchico, dalla collaboratrice al Direttore. Uno spazio completamente libero che avesse come scelta un codice molto limitato di principi nei quali io credo e tutte crediamo, con la possibilità di portare spunti in contraddizione l’uno con l’altro. Ha stabilito lei le principali tematiche del blog? Si e no, sono arrivate strada facendo; non doveva ripercorrere i temi già presenti sul giornale. Era abbastanza naturale andare di più verso la società, le questioni d’identità che fossero femminili e anche maschili. L’idea iniziale molto forte era quella della conciliazione – una parola sulla quale abbiamo a lungo lavorato – dei tempi: della vita professionale, privata, personale. Una delle cose più importanti per le donne. La Ventisettesima ora era uno studio della Camera di Commercio di Milano del 2011 che diceva che la giornata delle donne, di una popolazione urbana, impegnate su più fronti, arrivava a durare ventisette ore e non ventiquattro. Quindi tre ore di multitasking. Di fatto, pero’, questa idea di creare uno spazio vicino al Corriere della sera, è diventata un’apertura anche su questioni di identità sessuale, di riflessione sentimentale: non solo lavoro, famiglia e maternità. Sono entrate molte firme maschili in questi anni: più di settecento autori – quasi tutti i giornalisti e collaboratori del Corriere – oltre alle lettrici. Con spunti non esclusivamente femminili anche la stessa parola conciliazione tutto sommato si è modificata e si è spostata verso quella che noi definiamo la condivisione, secondo me più centrata sui nostri tempi. La conciliazione porta in sé una traccia, un retaggio negativo, quasi di rassegnazione e di limitazione mentre la condivisione significa che per conciliare i tempi hai bisogno di un sacco di cose, di mettere in mezzo molte delle attività che vengono definite femminili e che sono sempre di più maschili. Difatti uno dei temi più presenti del blog è diventato quello dei nuovi padri: come sono, cosa fanno, quanto lavorano, quanto vogliono andare a prendere i figli all’asilo; il padre che stira, fa i compiti e magari impiega meno tempo per far carriera. Piace a quelle donne che da una parte lo chiamano e lo vogliono – la parte razionale -, e dall’altra – quella inconscia – lo desiderano meno. ITA EVENTI 27