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Immigrazione, cittadinanza e identità:<br />
essere foresto a Venezia nel tardo Medioevo<br />
Reinhold C. Mueller<br />
La concessione della cittadinanza<br />
Il tema immigrazione nel tardo Medioevo a Venezia va associato<br />
necessariamente a quello della cittadinanza perché una piccola finestra<br />
sul più vasto fenomeno migratorio, di cui non sappiamo niente<br />
o quasi, è costituita proprio dalle decine di leggi in materia di cittadinanza<br />
e dalle persone che hanno reagito a quelle leggi e agli elementi<br />
di inclusione o esclusione in esse espressi.<br />
La concessione di cittadinanza era regolata attraverso due percorsi:<br />
“per privilegium”, cioé secondo la legislazione vigente in quel momento,<br />
o “de gratia”, cioè in deroga ai termini di legge vigente. Il privilegio<br />
veniva accordato solo dopo un periodo minimo di residenza che il<br />
richiedente doveva poter documentare dimostrando di aver pagato le<br />
tasse per tutto quel periodo.<br />
La ‘prova’ di cittadinanza era un documento, una lettera patente,<br />
una sorta di carta d’identità da mostrare per poter beneficiare degli<br />
sconti daziari consentiti ai cittadini.<br />
La media, piuttosto bassa, di circa 20 concessioni l’anno per due secoli<br />
dimostra che la cittadinanza era una vicenda che riguardava per lo<br />
più un’élite, una casta, anche se inferiore a quella dei nobili o patrizi<br />
che si erano assegnati le redini del potere di governo della città-stato.<br />
Redini che avevano origine nel ventennio della cosiddetta “Serrata del<br />
Maggior Consiglio”, cioè tra il 1297 e il 1323, un periodo teso a definire<br />
i ruoli sociali e politici all’interno della società veneziana. Questa<br />
fase servì a costruire una società differenziata per ceti.<br />
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