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Stranieri barbari migranti Storia

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Imperatore, re di Polonia e Repubblica di Venezia, fu utile ad alimentare<br />

interessi e curiosità tesi a sgombrare il campo da ogni giudizio preconcetto<br />

(tutte vicende di recente riesumate e riprese in considerazione con altri<br />

intenti da parte dei teorici e dei divulgatori del conflitto di civiltà).<br />

È questo un aspetto interessante di questi anni. Alle infuocate prediche<br />

antiturche del padre Marco d’Aviano e alle truci descrizioni dei conflitti<br />

etnico-religiosi che incendiarono i Balcani del tempo (non tanto diversi da<br />

quelli a cui abbiamo assistito negli anni Novanta del Novecento) troviamo<br />

affiancati sguardi curiosi nei riguardi di un mondo confinante da sempre,<br />

ma sempre visto col filtro del pregiudizio.<br />

È da questo punto di vista illuminante un volumetto pubblicato nel<br />

1688 da Giambattista Donà, già bailo veneziano a Costantinopoli e intitolato<br />

Della letteratura de’ Turchi che, proponendosi di studiare e comprendere<br />

il sistema educativo e formativo ottomano, era volto a dimostrare che<br />

non era così arretrato come comunemente si riteneva, tanto da ritenere<br />

erronea la convinzione che la “nazione turchesca” fosse ignara di approfondite<br />

cognizioni nella filosofia e nelle scienze.<br />

È in questo contesto di attenzione curiosa verso mondi diversi che<br />

nasce il gioco letterario di provare a osservare se stessi tramite gli occhi<br />

degli altri. Il primo fu Gian Paolo Marana, un avventuriero genovese di<br />

fine Seicento - studiato nello splendido libro di Gian Carlo Roscioni Sulle<br />

tracce dell’esploratore turco - il cui protagonista Mahamut è una spia del<br />

sultano che raccontava nelle sue lettere quanto andava osservando a Parigi<br />

sui costumi locali.<br />

È un pretesto straordinario per provare a mettere in campo la relatività<br />

delle culture e degli sguardi, a cui poi qualche decennio più tardi si ispirarono<br />

le celebri Lettere persiane di Montesquieu (1721). Sappiamo invece<br />

molto meno, al momento, di quali erano gli sguardi veri dell’Oriente verso<br />

l’Europa. È un tema che è diventato attuale da poco e che comincia ora<br />

a produrre i primi frutti. Solo da pochi anni storici di diversa provenienza,<br />

come ha l’indiano Sanjay Subrahmanyan, iniziano a porsi il problema di<br />

una storia realmente costruita sulle connessioni e gli intrecci tra realtà<br />

politiche e culturali lontane.<br />

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