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Imprenditori e capitali stranieri a Venezia<br />
(xix-inizio xx sec.)<br />
Piero Lando<br />
La Venezia del XIX secolo era profondamente diversa dalla città –<br />
capitale dei secoli precedenti: si trovava ad attraversare una profonda<br />
crisi politica, economica, sociale e demografica (dai 136.000 abitanti<br />
del 1799 precipita al minimo dei 98.000 del 1823 per poi ricrescere<br />
fino 126.000 immediatamente dopo l’annessione al Regno d’Italia) e<br />
non ospitava più i forestieri ma era dominata, invece, dagli stranieri.<br />
L’economia della metropoli lagunare necessitava di investimenti<br />
esterni che, essendo Venezia ormai parte dell’impero asburgico, a<br />
rigore non si possono considerare “stranieri”. Nacque così la Ferrovia<br />
Ferdinandea, a capitali anche austriaci, prima grande infrastruttura<br />
moderna che stravolse completamente la geografia economica e demografica<br />
della città, spostando l’entrata principale dal mare alla terraferma,<br />
da San Marco a Santa Lucia.<br />
Ci furono altri importanti imprese economiche viennesi: il banchiere<br />
asburgico Salomon Mayer von Rothschild fece costruire una<br />
distilleria di pece alla Giudecca, vicino al tempio del Redentore che<br />
sarebbe rimasta attiva solo pochi anni. Di più, dal 1843 al 1913,<br />
avrebbe resistito l’altra impresa Rothschild cioè le saline di San Felice,<br />
significativa fonte di reddito per gli abitanti della laguna nord.<br />
Nella memoria dei veneziani rimase impressa l’originale soluzione<br />
architettonica escogitata per il mulino a vapore di proprietà dell’austriaco<br />
Friedrich Oexle, costruito dentro la chiesa di San Girolamo<br />
con il campanile trasformato in ciminiera.<br />
Non ci furono solo i danubiani a investire in laguna, anzi fu uno<br />
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