National Geographic
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I pomodori crescono meglio con la<br />
luce a LED dall’alto, di lato o con un<br />
mix delle due opzioni? L’agronomo<br />
Henk Kalkman cerca la risposta<br />
nel Delphy Improvement Centre<br />
di Bleiswijk. La collaborazione tra<br />
accademici e imprenditori è uno dei<br />
fattori chiave del successo olandese.<br />
Visti dall’alto i Paesi Bassi non somigliano agli<br />
altri importanti produttori di cibo: sono un patchwork<br />
di campi a coltivazione intensiva - molti<br />
dei quali minuscoli secondo gli standard dell’agribusiness<br />
- punteggiato da città e sobborghi pieni<br />
di attività. Nelle principali regioni agricole del<br />
paese è quasi impossibile trovare un campo di patate,<br />
una serra o una porcilaia da cui non si veda il<br />
proilo di un grattacielo, un impianto industriale o<br />
una periferia urbana. Più della metà delle terre del<br />
paese è utilizzata per l’agricoltura e l’orticoltura.<br />
Grandi distese di forme geometriche simili a<br />
specchi colossali attraversano la campagna, luccicando<br />
di giorno ed emanando un bagliore di notte.<br />
Sono le straordinarie serre dell’Olanda, alcune delle<br />
quali occupano una supericie di 70 ettari.<br />
Questi campi climatizzati consentono a un<br />
paese che dista solo 1.600 chilometri dal Circolo<br />
polare artico di essere un leader mondiale nell’esportazione<br />
del pomodoro, prodotto tipico dei<br />
climi miti. L’Olanda è anche il primo esportatore<br />
di patate e cipolle e il secondo di ortaggi in generale.<br />
Più di un terzo del mercato globale di sementi<br />
è appannaggio dei Paesi Bassi.<br />
il brain trust che sta dietro a questi numeri<br />
sorprendenti ha sede alla Wageningen University<br />
& Research (Wur), 80 chilometri a sud-est<br />
di Amsterdam. Considerata il principale istituto<br />
di ricerca agricola del mondo, la Wur è anche<br />
il punto nodale della cosiddetta Food Valley, un<br />
vasto insieme di fattorie sperimentali e start-up<br />
tecnologiche per l’agricoltura. Il nome è chiaramente<br />
ricalcato sulla Silicon Valley californiana,<br />
con la sua brillante combinazione di ricerca accademica<br />
e imprenditoria.<br />
Ernst van den Ende, direttore del dipartimento<br />
di Scienze agrarie della Wur, incarna alla perfezione<br />
l’approccio sinergico che è alla base della<br />
Food Valley. Studioso di fama e uomo alla mano,<br />
è un’autorità mondiale in materia di itopatologia.<br />
Ma, sottolinea, «non sono soltanto preside di una<br />
facoltà: per metà dirigo Scienze agrarie, per l’altra<br />
sono responsabile di nove diverse unità aziendali<br />
coinvolte nella ricerca commerciale a contratto».<br />
Solo «la ricerca abbinata al mercato», aggiunge,<br />
«può consentirci di afrontare le side del futuro».<br />
Quali sfide? Detto in termini apocalittici,<br />
spiega, il pianeta deve produrre «più cibo nei<br />
prossimi 40 anni di quanto i coltivatori di tutto il<br />
mondo ne abbiano prodotto negli ultimi 8.000».<br />
Questo perché entro il 2050 la Terra conterà almeno<br />
10 miliardi di abitanti, un numero in crescita<br />
rispetto ai 7,5 miliardi di oggi. Se non riuscissimo<br />
a ottenere un massiccio incremento della produzione<br />
agricola combinato a un massiccio decremento<br />
dell’uso di acqua e combustibili fossili, un<br />
miliardo di persone o più potrebbe morire di fame.<br />
La fame potrebbe essere il problema più urgente<br />
del XXI secolo e i visionari della Food Valley ritengono<br />
di aver trovato soluzioni innovative. Van den<br />
Ende si dice certo che gli strumenti necessari per<br />
allontanare la minaccia di carestie catastroiche<br />
siano a portata di mano. Il suo ottimismo si fonda<br />
sui risultati degli oltre mille progetti Wur in corso<br />
di realizzazione in più di 140 paesi e sugli accordi<br />
nutrire il mondo 49