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pagnatori. Ma devono svolgersi in territori,<br />
contesti o aree che abbiano qualche cosa di<br />
esclusivo e unico da offrire».<br />
In fondo, anche eventi come la Nove<br />
Colli o la Maratona delle Dolomiti propongono<br />
un formato che si ripete da<br />
anni tale e quale. Non dovrebbero rinnovare<br />
qualcosa?<br />
«Parliamo di due eventi che hanno fatto<br />
scuola, che sono straordinari modelli vincenti<br />
ed ai quali ho avuto il piacere di partecipare<br />
molte volte. Ed a maggior ragione<br />
mai mi permetterei di dare loro consigli,<br />
semmai mi piacerebbe riceverne.<br />
Penso che entrambi siano eventi che si stanno<br />
sempre più professionalizzando come è<br />
giusto che sia e noto in specie da parte della<br />
Nove Colli, una serie di modifiche del modello<br />
che a mio parere vanno nel senso corretto:<br />
l’implementazione del turismo in bici<br />
nel loro territorio e l’internazionalizzazione.<br />
Se posso approfitto per dare un suggerimento<br />
a tutti gli organizzatori però. Andate<br />
a vedere che cosa fanno all’estero. Il mondo<br />
amatoriale italiano dovrebbe analizzare con<br />
attenzione ed umiltà cosa sta succedendo<br />
fuori dai nostri territori. E questo, non a<br />
caso, vale anche nel mondo del professionismo,<br />
come dimostra il fatto che l’Italia, da<br />
un’assoluta e totale predominanza e anche<br />
di guida di tutto ciò che ruotava attorno al<br />
ciclismo, oggi rischia di diventare marginale.<br />
Se il movimento professionistico italiano<br />
in pochi anni passa da 12 squadre a zero,<br />
se una giovane manifestazione sportiva di<br />
massa a Londra, in cinque anni diventa leader<br />
mondiale, se da noi il ciclismo amatoriale<br />
è solo quello di chi ha le gambe depilate<br />
e di chi fa almeno trentacinque all’ora<br />
di media, beh se il ciclismo è tutto questo<br />
forse è il caso di farsi qualche domanda…e<br />
nessuno penso possa avere la certezza che<br />
se le cose sono andate sempre bene, così<br />
sarà per sempre».<br />
«Inoltre, si deve interloquire con le Regioni<br />
e gli Enti competenti per far sistemare strade<br />
oggi ridotte a un colabrodo in tutta Italia<br />
pretendendo di far chiudere interamente<br />
il percorso al traffico, spiegando le enormi<br />
opportunità della bike-economy e del cicloturismo.<br />
Ci si deve sforzare di fare in modo<br />
che l’onda dell’evento duri tutto l’anno, non<br />
soltanto il giorno o i giorni della gara. Torno<br />
alla Maratona dles Dolomites perché è stata<br />
di esempio. Ha fatto capire a chi gestisce il<br />
suo meraviglioso territorio il business del<br />
cicloturismo.<br />
Resta che invece molte granfondo sono<br />
autoreferenziali, fine a sé stesse e probabilmente<br />
destinate a funzionare sì, ma a rimanere<br />
così non si sa per quanto ancora.<br />
E parlando dei modelli esteri mi viene in<br />
mente una manifestazione come l’Etape<br />
du Tour, che di partenti ne fa quindicimila,<br />
nella quale sul Col Du Var e sul Col d’Izoard<br />
la metà dei partecipanti la salita la faceva<br />
piedi. Qui da noi, se un fondista sul Passo<br />
Manghen o sul Giau scende dalla bici e va a<br />
piedi viene considerato come un incapace,<br />
gli si dice “che sei venuto a fare qui?”.<br />
Io, invece, credo che noi in Italia dobbiamo<br />
fare in modo che il mondo del granfondismo<br />
torni quello che era virando decisamente<br />
verso il ciclismo per tutti.<br />
Per i contesti davvero agonistici penso alle<br />
gare a circuito, ma non a quelle non fatte<br />
attorno al bar del paese spesso senza neanche<br />
le autorizzazioni; no, penso alle gare a<br />
circuito con elevatissimi criteri di sicurezza<br />
e anche di spettacolarità. L’agonismo vero<br />
riportiamolo lì, sulle gare corte a circuito,<br />
dove c’è gente che sa andare meglio in bici,<br />
dove ci sono medie più alte e dove in un’area<br />
più circoscritta è più facile garantire la<br />
sicurezza. Le granfondo devono sposare la<br />
formula del ciclismo per tutti, perché oggi<br />
moltissimi che vorrebbero partecipare se<br />
ne tengono alla larga perché le considerano<br />
eventi pericolosi».<br />
Cosa, se lo è, è cambiato nel mondo<br />
amatoriale in Italia negli ultimi dieci<br />
anni?<br />
«Poco, ma qualcosa è cambiato: sto notando<br />
che c’è da parte di vari organizzatori la<br />
consapevolezza di dover modificare modelli<br />
non più adeguati. Noi della Granfondo<br />
Campagnolo Roma badiamo molto ai<br />
feedback del mondo social, ai risultati dei<br />
questionari che annualmente rivolgiamo<br />
ai partecipanti. Tutto questo ci da un polso<br />
abbastanza attendibile della situazione e<br />
stiamo verificando un certo apprezzamento<br />
ai cambiamenti che la nostra granfondo<br />
ha apportato negli ultimi anni, primi tra tutti<br />
la formula delle cronoscalate e la premiazione<br />
delle sole classifiche sulle stesse. Non a<br />
caso allo stesso formato quest’anno sono<br />
arrivate anche la Granfondo del Prosecco e