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LA TOSCANA NOVEMBRE

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La Toscana - Anno 5 - Numero 10- Novembre 2017- Registrazione Tribunale di Firenze n. 5905 del 6-2-2013 - Iscriz. Roc. 23227. E 1. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/F


Sommario novembre 2017<br />

6 Luca Giannelli, un raffinato artigiano della cultura<br />

8 Monica Giarrè alla Mirabili con una mostra dedicata ai Medici<br />

10 La mostra di Ambrogio Lorenzetti a Santa Maria della Scala<br />

12 Ieri e oggi: Giuliana e Nicola Signorini al Gruppo Donatello<br />

14 I volti della Riforma in mostra alla Galleria degli Uffizi<br />

18 Il mondo raccontato da Geo Bruschi<br />

22 A Dicomano nello studio del pittore Carlo Ciucchi<br />

24 L’oro verde del Frantoio San Leolino di Londa<br />

25 Stefano Frassineti, pellegrino del gusto<br />

26 Il Pastificio La Fiorita, una tradizione di famiglia<br />

28 Claudio Falaschi, il Patch Adams dei cicciai<br />

30 Il Centro Ippico La Speranza di Rufina<br />

32 La mostra di Franco Carletti a Bruxelles<br />

34 MFVP Firenze, un brand giovane dal gusto classico<br />

36 L’Enoteca Marconcini premiata dal sindaco Nardella<br />

37 Il corpo anticancro: un libro per dare speranza<br />

38 Salvatore Sardisco: la pittura come percorso di conoscenza<br />

40 Le case del mondo nelle foto di Geo Bruschi<br />

42 Franco Giomini: fotografare la natura<br />

44 Dagli anni Settanta il GAT per divulgare l’audiovisivo<br />

45 Enrico Carletti: uno scatto per dare dignità agli oggetti semplici<br />

46 L’Acsit: il meglio della Sardegna a Firenze<br />

47 Lo spettacolo di Mario Tozzi e Enzo Favata<br />

48 L’arte del modellare la creta alla Casa di Dante<br />

49 WineArt: spirali di energia nel bicchiere<br />

50 Un museo per l’antico vino Falerno<br />

51 Il gastronomo Arkiwine racconta...<br />

Periodico di attualità, arte e cultura<br />

dell'Associazione Toscana Cultura<br />

Registrazione Tribunale di Firenze<br />

n. 5905 del 6 - 2 - 2013<br />

lscriz. Roc. 23227<br />

C.F. e P. IVA 06314920486<br />

Anno 5 - Numero 10<br />

Novembre 2017<br />

Poste Italiane SpA<br />

Spedizione in Abbonamento Postale<br />

D.L. 353/2003 (conv. in L 27/02/2004<br />

n, 46)<br />

art.1 comma 1 C1/FI<br />

Redazione:<br />

Via Valdichiana, 42 - 50127 Firenze<br />

Tel. 055 9336468<br />

toscanacultura@gmail.com<br />

redazione@toscanacultura.it<br />

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www.toscanacultura.it<br />

Grafica e impaginazione:<br />

Stefania Venuti<br />

Stampa:<br />

Nova ArtiGrafiche srl<br />

50058 Signa (Fi)<br />

Direttore responsabile:<br />

Fabrizio Borghini<br />

fabrizio.borghini@toscanacultura.it<br />

Vice direttore:<br />

Daniela Pronestì<br />

Capo redattore:<br />

Maria Grazia Dainelli<br />

Segretaria di redazione:<br />

Chiara Scali<br />

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Coordinamento editoriale:<br />

Lucia Raveggi<br />

lucia.raveggi@toscanacultura.it<br />

Facebook:<br />

La Toscana - Periodico di attualità, arte<br />

e cultura<br />

Testi:<br />

Giorgia Armellini<br />

Paolo Bini<br />

Fabrizio Borghini<br />

Enrico Carretti<br />

Maria Grazia Dainelli<br />

Alessandro Fiesoli<br />

Roberta Fiorini<br />

Amedeo Menci<br />

Elisabetta Mereu<br />

Margherita Oggiana<br />

Paolo Pisani<br />

Daniela Pronestì<br />

Silvia Ranzi<br />

Lucia Raveggi<br />

Andrea Russo<br />

Barbara Santoro<br />

Michele Taccetti<br />

Anita Tosi Norcini<br />

Foto:<br />

Ansa<br />

Geo Bruschi<br />

Adriano Buccoliero<br />

Enrico Carretti<br />

Maria Grazia Dainelli<br />

Alessandro Alex Fibbi<br />

Franco Giomini<br />

Susanne John<br />

Maurizio Mattei<br />

Roberto Menci<br />

Elisabetta Mereu<br />

Elena Maria Petrini<br />

Michele Ricci<br />

Nicola Signorini<br />

In copertina:<br />

L’editore Luca Giannelli nella<br />

sede della Scramasax<br />

Foto di:<br />

Michele Ricci<br />

52 Un Uomo Vitruviano dall’anima green<br />

53 Firenze nascosta: il Palazzo dei Visacci<br />

55 Sfaccettature fiorentine: in memoria di un cavallo morto<br />

56 La prima edizione del premio Claudio Cavallini Kevo<br />

60 Per Pasqua con il popolo saharawi<br />

61 Il 55° Premio Cardo d’argento del Gadarte<br />

4


Maison<br />

Giulia Carla Cecchi<br />

Grande successo il 20 ottobre al galà di ANT nel salone de’ cinquecento di<br />

Palazzo Vecchio della performance delle ballerine del balletto di Toscana<br />

coreografate da Judith Vincent con i preziosi abiti da gran sera in nero, argento<br />

e oro reversibili in bianco realizzati da Pola Cecchi per la maison<br />

GIULIACAR<strong>LA</strong> CECCHI<br />

Giulia Carla Cecchi<br />

Via Jacopo da Diacceto, 14<br />

50123 Firenze<br />

Showroom: Tel: 055284269<br />

Email: polacecchi@gmail.com


Ritratti<br />

d’artista<br />

Luca Giannelli: un raffinato artigiano della cultura<br />

di Alessandro Fiesoli<br />

Si definisce, con una punta di orgoglio,<br />

un “artigiano della cultura”. Basta entrare,<br />

in effetti, nella sua bottega delle<br />

idee per averne una conferma. La sede<br />

della sua società, la Scramasax, in zona<br />

piazza delle Cure, è un appassionato bazar<br />

di fiorentinità. C’è un po’ di tutto: libri,<br />

quadri (e molti a sua firma) , foto, manifesti,<br />

dipinti, riproduzioni del Cupolone, un<br />

plastico del calcio in costume in Santa Croce,<br />

il profilo di Dante, una gigantografia di<br />

Antognoni, soprammobili, dischi, manufatti,<br />

piccoli oggetti, un “Made in Florence” a<br />

360 gradi che cattura lo sguardo e un po’<br />

anche l’anima. E allora, caro Luca Giannelli,<br />

poi raccontiamo subito chi è, cosa fa e come<br />

ci si sente, per una volta, a tratteggiare<br />

Via dei Bardi. La via della giovinezza di Luca<br />

Giannelli(anche bardi)<br />

la propria storia invece che quella degli altri.<br />

Intanto, però, partiamo da una domanda<br />

che ci tocca da vicino, a noi di Firenze.<br />

Che cos’è questa famosa, benedetta fiorentinità?<br />

Si riesce a darne una definizione?<br />

«La fiorentinità, secondo me, prima di tutto<br />

è il senso del bello. Siamo figli di Firenze,<br />

non si può non partire da questo rapporto<br />

quotidiano con l’arte, la cultura, che poi<br />

è l’aria che respiriamo. In secondo luogo,<br />

direi, il gusto della sfida, del confronto con<br />

gli altri. Il fiorentino pensa sempre di essere<br />

protagonista, perfino involontario, di qualcosa<br />

di unico. Il terzo aspetto è la passione<br />

Autoritratto di Michelangelo<br />

Sergio e Luigina, genitori di Luca Giannelli, in<br />

Por Santa Maria nel mesi successivi alle distruzioni<br />

del 1944<br />

per la polemica, intendo quella sana, intelligente,<br />

provocatoria. Quando degenera, può<br />

diventare un aspetto negativo del nostro carattere»,<br />

la sua risposta. Partiamo dalla sua<br />

nascita: «Sono nato il 30 ottobre 1960, lo<br />

stesso giorno di Maradona, ho anche scritto<br />

una lettera al grande Diego», ci tiene a far<br />

sapere. Era domenica e il campionato di calcio<br />

di serie A era fermo. Si giocava per la<br />

prima volta una sfida tra la nazionali di Lega,<br />

in questo caso Italia-Inghilterra a Milano.<br />

Gli azzurri vinsero per 4-2, una squadra da<br />

sogno, basterebbe citare l’attacco: Hamrin,<br />

Angelillo, Charles, Boniperti, Altafini. La domenica<br />

precedente, il 23 ottobre, la Fiorentina<br />

batté la Juve per 3-0: quale miglior inizio<br />

per una persona che vivrà il calcio con passione!<br />

Fiorentino di via de’ Bardi, scuole elementari<br />

dalle suore in piazzetta San Felice,<br />

le medie alla Machiavelli in piazza Pitti prima<br />

del liceo artistico, Giannelli è cresciuto e<br />

si è formato nel cuore di Firenze, comprese<br />

le prime partite di pallone in Boboli. «La<br />

fortuna di camminare tutti i giorni, da ragazzino,<br />

sui lungarni, fra il Ponte Vecchio e<br />

piazza Pitti, con il rumore dei piatti che arrivava<br />

dalle cucine delle case, dal canto dei<br />

4 Leoni nelle strette strade del centro», la<br />

sua educazione sentimentale dentro le mura.<br />

Un primo lavoro da cartografo, per poi<br />

decidere, nel 1989, di seguire la passionaccia<br />

per tutto quello che è Firenze con l’apertura<br />

della Scramasax. Da quasi trent’anni,<br />

Giannelli si occupa di ideazioni, progettazioni,<br />

eventi, mostre, progetti editoriali. Il primo<br />

volume autoprodotto nel ’94, dedicato<br />

ai cinquant’anni del passaggio della guerra<br />

in città. Da allora, Giannelli di libri ne ha sfornati,<br />

anche da scrittore, altri ottanta. Un’intera<br />

biblioteca su Firenze, qualcosa come<br />

diecimila pagine e seimila foto, dedicata alla<br />

storia, l’arte, le tradizioni popolari, lo sport<br />

con la Fiorentina in testa, gli antichi mestieri<br />

e le memorie della nostra città. Fra le sue ultime<br />

pubblicazioni, due importanti volumi di<br />

testimonianze sui cinquant’anni dell’alluvione<br />

a Firenze, il libro-agenda 2018 costruito<br />

con 53 storie sui fatti e i misfatti della famiglia<br />

Medici, un’originale storia di Firenze ripercorsa<br />

attraverso cento fermate del tram,<br />

un libro dedicato alla storia di Firenze e ai<br />

momenti irripetibili della sua cucina, un vo-<br />

6<br />

LUCA GIANNELLI


lume sui novant’anni della Fiorentina. Anche<br />

il GiraFirenze e il GiraViola, due giochi<br />

da tavolo di successo, fra le sue creazioni.<br />

Ha un debole per Antognoni (Il mio primo<br />

idolo viola) e per Spadaro a proposito del<br />

quale chiarisce:«Ha cantato, con signorilità,<br />

in modo mai becero, le emozioni di noi<br />

fiorentini». Facciamoci una passeggiata insieme<br />

nella storia, e nelle storie, di Firenze,<br />

chiamiamolo un modo serio di giocare. Ci<br />

dica la sua trinità fiorentina: «Michelangelo,<br />

secondo me il più grande, Dante, anche<br />

per la mia passione per la Firenze medievale,<br />

e Bargellini, grande storico di Firenze,<br />

non solo come sindaco dell’alluvione».<br />

Una sua ‘nazionale’ dei grandi di Firenze?<br />

«Arnolfo, Donatello, Masaccio, Cosimo I°,<br />

Giotto, Dante, Botticelli, Brunelleschi, Michelangelo,<br />

Leonardo, Lorenzo il Magnifico,<br />

allenatore Zeffirelli». Altre due sue squadre<br />

ideali, più leggere, quella della Fiorentina e<br />

dei campioni cittadini degli altri sport? «La<br />

mia Fiorentina più bella di sempre, dunque:<br />

Albertosi; Magnini, Cervato; Dunga, Passarella,<br />

Brizi; Hamrin, De Sisti, Batistuta, Antognoni,<br />

Baggio. Allenatore, Bernardini.<br />

Gli altri sport? Andrei (atletica), Clemente<br />

Biondetti (pilota), Pancani (pattinaggio),<br />

Campriani e Benelli (tiro), Mattioli (volley, la<br />

grande Ruini), Mazzinghi e D’Agata (pugilato),<br />

Bartali e Gastone Nencini (ciclismo), De<br />

Magistris il Pelé della pallanuoto, allenatore<br />

Lonzi». E come vede, Giannelli, la Firenze<br />

di oggi, dalla sua bottega? «E’ cambiata<br />

l’atmosfera, basta camminare in centro per<br />

capirlo, siamo diventati soprattutto una città<br />

di turisti, con un bicchiere di spuma anche<br />

a due euro, e di street food, e lo dico da<br />

appassionato di cucina». Dove ritrovare, allora,<br />

la magia della città? «In piazza Pitti e<br />

sul Ponte Vecchio a notte fonda, nell’odore<br />

dei tigli d’estate, nella luce del tramonto<br />

da Ponte Santa Trinita». E il suo amato calcio<br />

storico? «Faccio parte del corteo; in passato<br />

ci si picchiava in campo per poi andare<br />

insieme a mangiare il lesso al Mercato Centrale,<br />

ma ora è degenerato, troppa violenza».<br />

Tre cose che farebbe, da sindaco: «Tolleranza<br />

zero in zona pedonale, uno stop alle licenze<br />

sfrenate per trattorie e locali di ristorazione<br />

che hanno aggredito il centro storico, forti<br />

agevolazioni per gli affitti dei fondi commerciali<br />

a sostegno degli artigiani e del lavoro<br />

fiorentino con la riqualificazioni degli arredi<br />

urbani.<br />

Fatti e misfatti della famiglia Medici.<br />

libro-agenda 2018<br />

di Luca Giannelli<br />

L’epopea della celeberrima famiglia: 53<br />

storie per 53 settimane da Giovanni di<br />

Bicci, primo grande protagonista mediceo<br />

in città, all’Elettrice Palatina, che<br />

gestì il passaggio del granducato ai Lorena<br />

con il famoso “Patto di Famiglia”.<br />

Curiosità, intrighi, storie d’amore, di<br />

sangue, battaglie, personaggi, opere<br />

d’arte trasformazioni della città e la nascita<br />

della Toscana il tutto raccontato in<br />

maniera accattivante con un adeguato<br />

apparato iconografico.<br />

Una fermata tira l’altra una storia tira<br />

l’altra<br />

Luca Giannelli-Fabrizio Pettinelli<br />

Firenze narrata in modo tutto particolare:<br />

100 fermate cittadine del tram (scelte<br />

fra le tante) fanno da pretesto ad<br />

altrettante storie particolari della città:<br />

personaggi, bricciche talvolta mai raccontate<br />

tradizioni, eventi storici, e luoghi<br />

scomparsi legati a queste fermate<br />

permetteranno di approfondire la storia<br />

di Firenze in maniera giocosa e di conoscere<br />

sempre più le linee del tram distribuite<br />

sul territorio. Prologo alle 100<br />

fermate 10 storie per raccontare l’evoluzione<br />

dei mezzi di trasporto in città:<br />

dal primo omnibus alla rinata tramvia.<br />

La cucina fiorentina nei giorni della<br />

storia<br />

Luca Giannelli-Ruggero Larco<br />

Un viaggio insolito e affascinante nella<br />

storia di Firenze. 22 episodi storici<br />

raccontati in maniera appassionata accompagnati<br />

dal racconto degli usi e costumi<br />

legati alla cucina con particolare<br />

attenzione ai cibi e alle varie trasformazioni<br />

in cucina. Per ogni periodo il lettore<br />

troverà almeno due ricette che lo<br />

accompagneranno con dovizia di particolari<br />

nell’affascinante mondo della cucina<br />

fiorentina.<br />

LUCA GIANNELLI<br />

7


Anteprima<br />

Mostre<br />

Gente di casa: i Medici<br />

Dal 2 dicembre la galleria Mirabili ospita<br />

la mostra di Monica Giarrè dedicata ai<br />

personaggi della nobile famiglia fiorentina<br />

Monica Giarrè<br />

di Barbara Santoro / foto courtesy Mirabili<br />

Negli anni 90 quando per la prima<br />

volta ho sentito parlare di<br />

Monica Giarrè ed ho visto le<br />

sue prime tele, mai avrei pensato un<br />

giorno di scrivere qualcosa su di lei.<br />

Monica non finisce mai di stupirmi,<br />

declina in continuazione temi e stilemi<br />

molto vicini al mio gusto che trovano<br />

sempre una forma di coesione<br />

con quello che tratta. A maggior ragione<br />

in quest’occasione in cui ha<br />

scomodato la nobile famiglia dei Medici,<br />

tracciando un profilo dei personaggi<br />

che hanno reso noto un così<br />

grande casato. La Giarrè da fiorentina<br />

“doc” ha ritratto i vari personaggi<br />

tanto da riconoscerli al primo “colpo<br />

d’occhio”, ma ha fedelmente mantenuto<br />

saldi i suoi tagli geometrici, i<br />

suoi giochi di piani costruiti con colori<br />

vibranti e non banali, gli animali<br />

del mito, le sue “tarsie” pittoriche, il<br />

verticalismo delle sue figure, l’umanità<br />

dei ritratti che pur per astrazione<br />

rimangano sempre fedeli ed infine<br />

l’inserimento delle “dime” in omaggio<br />

al padre (noto mobiliere di Tosi)<br />

che sono le sue radici, gli affetti dai<br />

quali non si è mai allontanata. Sono<br />

rimasti inalterati anche i fondi neri su<br />

cui spiccano le sembianze di una famiglia<br />

forse non bella esteticamente<br />

ma che per quasi cinque secoli, dalla<br />

fine del Duecento fino al 1737, ha<br />

saputo imporsi fra i nobili e gli aristocratici<br />

di tutta Europa. Come ebbi<br />

a scrivere nella rubrica Case d’artista,<br />

la Giarrè ci incanta con le sue abilità<br />

cromatiche, con una spazialità costruita<br />

con colori squillanti, colpi di<br />

spatola e pennellate che sollevano<br />

le sue creature fino a farle volare e<br />

diventare pagine sognate ed inafferrabili.<br />

E là dove non esistono documenti<br />

fotografici a delineare i volti<br />

dei Medici, come nel caso di Piccarda<br />

Bueri, la moglie di Bicci, con uno<br />

svolazzo di fantasia Monica ha idea-<br />

Mai Luce (Lucrezia de’ Medici)<br />

olio su tela, 2017<br />

Nobil moglie (Eleonora di Toledo)<br />

olio su tela, 2017


lizzato il volto forse più noto del Rinascimento:<br />

quello della Dama del<br />

Pollaiolo, oggi al Museo Poldi Pezzoli<br />

di Milano. E con la stessa disinvoltura<br />

ha assegnato a Lucrezia Donati le fattezze<br />

della virtù della Fortezza di Botticelli,<br />

dimostrando ancora una volta<br />

un’autonomia degna di una grande<br />

artista. Così mentre ci inoltriamo lungo<br />

le sale dello splendido show-room<br />

Mirabili: Arte d’abitare, Cosimo il<br />

Vecchio (1389-1464) col fratello Lorenzo<br />

(1395-1440), Lorenzo Il Magnifico<br />

(1449-1492) con la romana<br />

Clarice Orsini (1453-1498), Cosimo<br />

I° (1519-1574) ed Eleonora di Toledo<br />

(1522-1562), Francesco I° (1541-<br />

1587) prima con Giovanna d’Austria<br />

(1547-1578) e poi con la veneziana<br />

Bianca Cappello (1548-1587) ci<br />

osservano attenti e quasi intimiditi.<br />

Incontriamo poi la regina Caterina<br />

(1519-1589) e Cosimo III° (1642-<br />

1723) con la sposa Margherita Luisa<br />

d’Orleans (1645-1721) cugina del<br />

re di Francia Luigi XIV°. A meglio significare<br />

il difficile rapporto fra i due,<br />

la Giarrè ha separato i due sposi che<br />

addirittura si guardano di spalle, quasi<br />

a sfidarsi tra di loro. Ed infine Anna<br />

Maria Luisa, meglio nota come l’Elettrice<br />

Palatina (1667-1743), in quanto<br />

consorte di Giovanni Guglielmo II°<br />

Elettore Palatino, che col Patto di Famiglia<br />

del 1737 conservò alla città di<br />

Firenze gallerie, quadri, statue, biblioteche,<br />

gioie e cose preziose, perchè<br />

continuassero ad essere di utilità<br />

pubblica, di ornamento per la città e<br />

di stimolo per la curiosità dei forestieri.<br />

Anche i titoli dei quadri scelti<br />

con estrema cura rivelano la grande<br />

attenzione e l’accurata documentazione<br />

dell’artista. In un mondo ovattato<br />

dove il design la fa da padrone,<br />

le opere della Giarrè dialogano soddisfatte<br />

con i tavoli e le poltrone di Mario<br />

Ceroli, i totem e i vasi di Ettore<br />

Sottsass, le sfere luminose di Gaetano<br />

Pesce sapientemente attaccate al<br />

muro ad illuminare le sale, lo scrittoio<br />

Amanuense e la consolle Manutengolo<br />

di Adolfo Natalini, il divano Consuetudine<br />

con le gambe strutturate<br />

ad omini di Roberto Barni, le lampade<br />

Afrodite in ferro e vetro di Murano<br />

dell’eclettico Roberto Fallani, le accoglienti<br />

sculture in velluto e seta colorate<br />

di Carla Tolomeo, le stravaganti<br />

“antisculture” in legno di Urano Palma,<br />

le magnifiche e raffinate poltrone<br />

Elica in pelle e bronzo, usabili in<br />

qualsiasi ambiente. Argomenti tutti di<br />

esuberante creatività, sempre in bilico<br />

tra l’arte e il sogno, tra la rivisitazione<br />

e la concretezza dell’oggetto<br />

d’uso, tra la materialità e l’effimero,<br />

spesso presenti in musei e collezioni<br />

private che ne documentano il grande<br />

pregio. Per questo sono convinta del<br />

successo di questa esposizione, che<br />

come Mirabili, luogo in cui la mostra<br />

verrà ufficialmente inaugurata il 2 dicembre,<br />

vuole stupire, sorprendere,<br />

meravigliare, accendere l’attenzione<br />

di un pubblico colto e raffinato che<br />

ama circondarsi solo di cose belle e<br />

di qualità. La Giarrè in questa mostra<br />

ha voluto mettere alla prova tutta se<br />

stessa uscendo dagli archetipi delle<br />

sue figure e nello stesso tempo mantenendone<br />

la fedeltà, rinnovando con<br />

garbo ed inserendo particolari a volta<br />

azzardati ma sempre rispondenti alla<br />

nobile famiglia fiorentina creando<br />

nell’osservatore una profonda emozione<br />

e un curioso interesse. Sarà un<br />

eccezionale trionfo al quale sono felice<br />

di aver in piccolissima parte contribuito.<br />

Uno scorcio della galleria Mirabili dove il 2 dicembre verrà inaugurata la mostra di Monica Giarrè dedicata ai Medici


Eventi in<br />

Toscana<br />

Ambrogio Lorenzetti e la grande<br />

mostra nel complesso museale<br />

di Santa Maria della Scala a Siena<br />

di Barbara Santoro / foto courtesy Finestre sull’Arte<br />

Con cinquanta opere prestate dai<br />

musei più importanti d’Italia e<br />

del mondo e affreschi restaurati,<br />

Siena celebra uno dei più grandi<br />

artisti del Trecento, Ambrogio Lorenzetti<br />

(1285-1348). La mostra, ospitata<br />

nel complesso museale di Santa Maria<br />

della Scala dal 22 ottobre al 21 gennaio<br />

2018, si avvale di prestiti provenienti<br />

dal Louvre, dalla National Gallery,<br />

dagli Uffizi, dai Musei Vaticani, dallo<br />

Städel Museum di Francoforte e dalla<br />

Yale University Art Gallery. L’intento<br />

è reintegrare pressoché interamente<br />

la vicenda artistica di Ambrogio Lorenzetti,<br />

facendo nuovamente convergere<br />

a Siena quei dipinti che in larghissima<br />

parte furono prodotti proprio per i cittadini<br />

senesi e per le chiese della città.<br />

Promossa e finanziata dal Comune di<br />

Siena, con l’Alto Patronato del Presidente<br />

della Repubblica, che ha presenziato<br />

alla cerimonia d’inaugurazione<br />

il 20 ottobre, e il patrocinio del Ministero<br />

dei Beni e delle Attività Culturali<br />

e del Turismo e della Regione Toscana,<br />

la mostra promette di essere uno<br />

degli eventi espositivi più importanti<br />

dell’anno non solo a Siena ma anche<br />

in Italia. Un progetto scandito in<br />

più tappe e oggi giunto al culmine dopo<br />

l’avvio nel 2015 con l’iniziativa Dentro<br />

il restauro mirata ad una profonda<br />

conoscenza dell’attività dell’artista, ad<br />

una migliore conservazione delle sue<br />

opere e a favorirne l’avvicinamento da<br />

parte del pubblico. Così grazie al contributo<br />

del MIBACT per Siena Capitale<br />

Italiana della Cultura 2015, sono state<br />

trasferite al Santa Maria della Scala<br />

alcune importanti opere dell’artista<br />

che necessitavano di indagini conoscitive,<br />

interventi conservativi o veri e<br />

propri restauri, come il ciclo di affreschi<br />

staccati della chiesa di San Galgano<br />

a Montesiepi, il polittico della<br />

chiesa di San Pietro in Castelvecchio a<br />

Siena (ricomposto e riunito con l’originaria<br />

cimasa raffigurante il Redentore<br />

benedicente), gli affreschi dell’antica<br />

sala capitolare e del chiostro della Basilica<br />

di San Francesco e il ciclo nella<br />

chiesa di Sant’Agostino, nel cui capitolo<br />

Ambrogio Lorenzetti dipinse le Storie<br />

di Santa Caterina e gli articoli del<br />

Credo. Nell’esposizione e nel catalogo<br />

torneranno così a vivere idealmente gli<br />

Ambrogio Lorenzetti<br />

22 ottobre 2017 - 21 gennaio 2018<br />

A cura di Alessandro Bagnoli,<br />

Roberto Bartalini, Max Seidel<br />

Complesso museale Santa<br />

Maria della Scala<br />

Piazza del Duomo, 1, Siena<br />

Per informazioni:<br />

www.santamariadellascala.com<br />

Uno scorcio della mostra con gli affreschi dell’eremo di Montesiepi<br />

10<br />

AMBROGIO LORENZETTI


La Maestà di Massa Marittima, dettaglio della<br />

figura della Carità, Museo Diocesano<br />

Crocifissione, quattro Santi, Natività e Annuncio<br />

ai pastori, tempera e oro su tavola, Francoforte,<br />

Städel Museum<br />

Madonna che allatta il Bambino, 1325, Museo<br />

Diocesano, Siena<br />

affreschi che tra l’altro contenevano la<br />

prima rappresentazione di una tempesta<br />

nella storia della pittura occidentale<br />

(nella quale spiccava la grandine folta<br />

in su e’ palvesi, come scrisse Lorenzo<br />

Ghiberti). Sarà possibile vedere in mostra<br />

una parte dei dipinti che formava<br />

un insieme davvero unico, privo di<br />

paralleli in tutta Europa: la serie delle<br />

pale d’altare dei santi patroni allestite<br />

nella cattedrale di Siena tra il 1330 e il<br />

1350 circa e commissionate a Simone<br />

Martini, a Bartolomeo Bulgarini, a Pietro<br />

e ad Ambrogio Lorenzetti. Quest’ultimo,<br />

nonostante sia considerato uno<br />

degli artisti più importanti dell’Europa<br />

trecentesca, è ancora poco conosciuto<br />

dal grande pubblico. Gli studi - spesso<br />

di livello altissimo - si sono concentrati,<br />

infatti, quasi esclusivamente sugli<br />

affreschi del Palazzo Pubblico di Siena,<br />

raffiguranti le allegorie e gli effetti<br />

del buono e del cattivo governo sulla<br />

città e il suo contado. Proprio la densità<br />

concettuale di questo ciclo di affreschi<br />

ha messo in ombra il resto delle<br />

sue opere pittoriche, tant’è che ancora<br />

oggi non esiste una moderna e affidabile<br />

monografia scientifica che ne<br />

ricostruisca interamente l’attività. Eppure<br />

è stato uno dei più grandi pittori<br />

del secolo XIV, uno straordinario narratore<br />

di storie sacre e un innovatore<br />

di molte tradizioni iconografiche e della<br />

concezione stessa dei dipinti d’altare,<br />

senza dimenticare il suo contributo<br />

alla reinvezione del paesaggio e della<br />

pittura d’ambiente. La mostra, preceduta<br />

da un’intensa attività di ricerca e<br />

da importanti campagne di restauro,<br />

rappresenta dunque l’occasione per<br />

fare luce sulla sua imponente attività.<br />

Il percorso espositivo sarà arricchito<br />

inoltre dalla presenza di un’audioguida<br />

in cinque lingue distribuita al pubblico<br />

e da alcuni interventi videofilmati sia di<br />

taglio informativo che di taglio suggestivo/narrativo.<br />

La mostra è curata da<br />

Alessandro Bagnoli, Roberto Bartalini<br />

e Max Seidel, autori anche del corposo<br />

volume che accompagna l’esposizione,<br />

mentre gli allestimenti sono stati realizzati<br />

dallo Studio Guicciardini&Magni<br />

che si è dimostrato di altissima qualità<br />

anche in altre realizzazioni come il rinnovato<br />

Museo dell’Opera del Duomo di<br />

Firenze.<br />

Un’altra sezione della mostra<br />

11


Firenze<br />

Mostre<br />

Ieri ed oggi<br />

A distanza di quasi un anno dalla prima mostra insieme, Giuliana e Nicola<br />

Signorini, madre e figlio, tornano ad esporre al Gruppo Donatello con un<br />

percorso tra disegno, pittura e fotografia<br />

di Fabrizio Borghini / foto courtesy degli artisti<br />

Nata a Pistoia, Giuliana Signorini<br />

vive a Firenze da sessant’anni.<br />

Ha esplorato l’arte in tutte le sue<br />

forme: pittura, scultura, grafica, oreficeria,<br />

mosaico e domani chissà…. Fa parte<br />

da molti anni dei due maggiori gruppi<br />

artistici fiorentini, il Gruppo Donatello e<br />

l’Antica Compagnia del Paiolo. Ha curato<br />

mostre e cataloghi sia in America che in<br />

Germania, con la partecipazione di molti<br />

artisti di entambi i gruppi. E’ stata per<br />

dodici anni vice presidente del Grup-<br />

po Donatello. Molte le sue mostre personali<br />

sia in Italia che all’estero. Anche<br />

quest’anno esporrà insieme al figlio Nicola,<br />

architetto e fotografo, presentando<br />

disegni inediti degli anni Settanta e Ottanta<br />

nei quali la figura, uomo o donna, è<br />

sempre il risultato di uno studio del modello<br />

dal vero all’Accademia di Belle Arti<br />

di Firenze. Aggiungerà, inoltre, alcuni<br />

quadri eseguiti negli ultimi anni.<br />

giulianasignorini@virgilio.it<br />

Giuliana Signorini<br />

La posa, pastello, cm 100x70, 1980<br />

Omaggio a Firenze, olio su tela, cm 90x70, 2012<br />

12 GIULIANA E NICO<strong>LA</strong> SIGNORINI


Nicola Signorini<br />

Da sempre dedito alla fotografia,<br />

con particolare attenzione<br />

alla figura umana, alla natura<br />

e agli scorci architettonici, Nicola Signorini<br />

ha scattato la sua prima foto<br />

da piccolo per ritrarre la madre Giuliana<br />

nelle campagne senesi. Gli studi lo<br />

hanno portato ad interessarsi all’interior<br />

design, al restauro di edifici storici<br />

e alla prevenzione sismica e diagnostica<br />

strutturale. La formazione tecnica<br />

e la sua innata curiosità lo spingono<br />

sempre alla ricerca di nuove forme<br />

espressive fino a sperimentare antiche<br />

tecniche di stampa come quella al platino-palladio<br />

e tecniche di ripresa particolari<br />

quali il foro stenopeico. Non ha<br />

mai smesso di coltivare la passione<br />

per la fotografia, con cui riesce a soddisfare<br />

la curiosità per tutto quello che<br />

lo circonda. In questa mostra espone<br />

alcune foto del passato assieme all’ultima<br />

ricerca sul light painting.<br />

Light painting, stampa digitale, cm 75x50, 2017<br />

signorininicola@hotmail.com<br />

Giuliana e Nicola Signorini<br />

IERI E OGGI<br />

11 - 23 novembre 2017<br />

Feriali: 17,00 - 19,30<br />

Festivi: 16,00 - 19,30<br />

Gruppo Donatello, via degli Artisti, 2r<br />

50132 Firenze<br />

Mille finestre, stampa digitale, cm 50x75, 2010<br />

GIULIANA E NICO<strong>LA</strong> SIGNORINI<br />

13


Firenze<br />

Mostre<br />

I volti della Riforma<br />

Lutero e Cranach nelle collezioni medicee<br />

In corso fino al 7 gennaio alla Galleria degli Uffizi<br />

di Barbara Santoro / foto Ansa<br />

La Galleria degli Uffizi ospita fino<br />

al 7 gennaio 2018 la mostra I<br />

volti della Riforma. Lutero e Cranach<br />

nelle collezioni medicee, allestita<br />

nella Sala Detti del Gabinetto Disegni e<br />

Stampe. Il 31 ottobre 1517 furono affisse<br />

alla porta della Cattedrale di Wittemberg<br />

le Novantacinque tesi di Martin<br />

Lutero contro la prassi della vendita<br />

delle indulgenze e l’autorità del papa,<br />

evento che aprì la strada alla Riforma<br />

protestante. Per celebrare la ricorrenza<br />

del cinquecentenario, gli Uffizi presentano<br />

un prezioso nucleo di dipinti<br />

di soggetto luterano appartenenti alle<br />

collezioni granducali. Saranno esposte,<br />

infatti, le icone della nuova Chiesa<br />

riformata: i ritratti di Martin Lutero e<br />

di Filippo Melantone, i due teologi promotori<br />

del movimento riformatore; di<br />

Lutero, già monaco agostiniano, e della<br />

moglie Caterina von Bora, monaca<br />

cistercense; dei fratelli Federico III° il<br />

Saggio e Giovanni, Elettori di Sassonia<br />

e sostenitori politici della Riforma.<br />

Tutti questi pregevoli dipinti sono accomunati<br />

dall’essere usciti dalla bottega<br />

di Lucas Cranach il Vecchio, pittore<br />

ufficiale della nuova corrente religiosa.<br />

A questi si affianca una copia antica di<br />

un ritratto di Lutero, il dittico di Adamo<br />

ed Eva e una Madonna col Bambino<br />

e il San Giovannino, prove della padronanza<br />

del pittore tedesco nell’interpretare<br />

temi sacri sia attinenti alla nuova<br />

spiritualità riformata sia a quella cattolica.<br />

Lucas Cranach il Vecchio (1472-<br />

1553), amico personale di Lutero e<br />

pittore di corte, creò opere bellissime<br />

da far circolare come veri manifesti<br />

della nuova ideologia. L’artista, sostenitore<br />

di Lutero e del suo programma,<br />

formulò così l’iconografia ufficiale della<br />

ritrattistica dei capi del movimento,<br />

improntandola alla massima semplicità:<br />

nel frattempo elaborava anche incisioni<br />

di immagini a corredo dei testi<br />

sacri riformati che in parte pubblicò lui<br />

Lucas Cranach il Vecchio, Ritratto di Martin<br />

Lutero, olio su tavola,cm 39x25, 1528<br />

stesso come editore. In mostra sono<br />

visibili per la prima volta tre serie di incisioni<br />

di altissima qualità che illustrano<br />

argomenti sacri come la Passione<br />

di Cristo, gli Apostoli, i Martirii degli<br />

Apostoli ed altre stampe singole. Nel<br />

campo dell’incisione a Cranach si contrappose<br />

Albrecht Dürer (Norimberga<br />

1471 - 1528). In mostra sono esposti<br />

alcuni significativi esempi di questo<br />

fruttuoso confronto fra i due maestri<br />

sul tema della penitenza di San Giovanni<br />

Crisostomo e del peccato originale.<br />

Sono visibili, inoltre, i ritratti di personalità<br />

di ambito fiorentino che furono<br />

inquisite per aver manifestato il loro<br />

interesse verso le nuove teorie religiose,<br />

come Pietro Carnesecchi (dipinto<br />

da Domenico Ubaldini detto il Puligo<br />

1492-1527) e Bartolomeo Panciatichi<br />

di Agnolo Bronzino (1503-1572). A Firenze,<br />

negli anni Quaranta del Cinquecento,<br />

mentre i rapporti fra Cosimo I° e<br />

la chiesa di Paolo III° Farnese erano al<br />

massimo della tensione, le nuove dottrine<br />

si stavano propagando nei circoli<br />

intellettuali di letterati, artisti, funzionari<br />

di corte, vescovi e nell’Accademia<br />

Fiorentina. Cosimo si spese in una difesa<br />

ad oltranza di queste personalità,<br />

ma non sempre con successo, come<br />

nel caso del Carnesecchi, che fu giustiziato<br />

senza pietà mediante decapitazione<br />

e rogo il 1° ottobre 1567. Per<br />

tornare ai dipinti di Cranach il Vecchio,<br />

le effigi dei coniugi Lutero sono citate<br />

nell’inventario delle collezioni medicee<br />

per la prima volta nel 1561; gli Elettori<br />

Palatini provengono invece dall’eredità<br />

urbinate di Vittoria della Rovere (moglie<br />

di Ferdinando II°), a riprova della<br />

diffusione dei volti della Riforma nelle<br />

corti di tutta Europa. Collocati in posizioni<br />

defilate, i ritratti di Lutero e Melantone<br />

ebbero un momento di grande<br />

visibilità nella Sala dei Pittori dell’appartamento<br />

del Cardinal Leopoldo, che<br />

li separò per inserirli in ricche cornici<br />

barocche. Questi ritratti rimasero dunque<br />

parte inalterata delle collezioni,<br />

nonostante l’immagine pubblica della<br />

dinastia nel corso del tempo sia stata<br />

sempre più fortemente connotata<br />

da una strettissima ortodossia cattoli-<br />

Lucas Cranach il Vecchio, Ritratto di Caterina<br />

von Bora, olio su tavola, cm 37x23, 1529<br />

14<br />

LUTERO E CRANACH NELLE COLLEZIONI MEDICEE


Eike Schmidt, direttore della Galleria degli Uffizi<br />

ca. «La mostra ora agli Uffizi - afferma<br />

il direttore della Galleria Eike Schmidt<br />

- offre una testimonianza della grande<br />

apertura mentale dei Medici anche verso<br />

le nuove tendenze teologiche, al fine<br />

di documentare la varietà culturale<br />

dell’Europa. L’esposizione è stata occasione<br />

per un’importante campagna<br />

di restauri che ha incluso due straordinarie<br />

cornici seicentesche attribuite<br />

a Vittorio Crosten. Le incisioni di Cranach<br />

sono state restaurate da Maurizio<br />

Boni e Luciano Mori, restauratori<br />

del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe<br />

degli Uffizi». La mostra, documentata<br />

da un catalogo edito da Sillabe, è<br />

a cura di Francesca de Luca e Giovanni<br />

Maria Fara ed è promossa dal Ministero<br />

dei Beni e delle Attività Culturali e<br />

del Turismo con le Gallerie degli Uffizi<br />

e la Firenze Musei. L’allestimento, abilmente<br />

curato dall’architetto fiorentino<br />

Antonio Godoli, rende fruibili le grandi<br />

tele appoggiate su supporti di vetro e<br />

strutture mobili che permettono la piena<br />

visibilità spaziale in un ambiente luminosissimo.<br />

I volti della Riforma.<br />

Lutero e Cranach nelle collezioni medicee.<br />

31 ottobre 2017 - 7 gennaio 2018<br />

A cura di Francesca de Luca e Giovanni<br />

Maria Fara<br />

Firenze, Gallerie degli Uffizi - Gabinetto<br />

dei Disegni e delle Stampe (Sala Detti)<br />

Per informazioni:<br />

www.uffizi.it<br />

Uno scorcio della mostra nell’allestimento ideato dell’architetto Antonio Godoli.<br />

Al centro, il Ritratto di Pietro Carnesecchi dipinto da Domenico Puligo nel 1527<br />

15


16


A cura di<br />

Elisabetta Mereu<br />

Speciale<br />

Valdisieve<br />

Il mondo dietro l’obbiettivo<br />

di Geo Bruschi<br />

Foto Geo Bruschi<br />

Intervistare Geo Bruschi in poco più di<br />

un’ora è come fare il giro del mondo<br />

in…80 minuti! Non c’è un continente<br />

che questo affabile 87enne, affermato<br />

imprenditore fiorentino, non abbia visitato,<br />

esplorato e sopratutto fotografato nel<br />

corso della sua vita e dei suoi viaggi. Più<br />

di tutti senza dubbio l’India, dove nell’arco<br />

di 50 anni è tornato per ben 33 volte.<br />

Incalcolabile la documentazione fotografica<br />

che possiede solo su questa nazione<br />

e dalla quale ha scelto circa 80 immagini,<br />

esposte, dall’11 novembre al 14 gennaio<br />

2018, a Pontassieve, nel museo inaugurato<br />

3 anni fa che porta il suo stesso nome.<br />

Geo Bruschi ha infatti donato al comune<br />

importanti e rari reperti archeologici, maschere<br />

e foto dal mondo da lui collezionati<br />

in tanti decenni. A differenza dell’altra mostra<br />

(inaugurata al Liceo Petrocchi di Pistoia<br />

all’inizio di questo mese, con le foto<br />

di Bruschi sul tema dell’abitazione in diverse<br />

parti del mondo ndr.), quella in Valdisieve<br />

è monografica. A fare da corollario<br />

all’esposizione di scatti sull’India tante iniziative<br />

collaterali di carattere culturale, sociale<br />

e anche gastronomico, coordinate<br />

dagli architetti Laura Bati e Guido Spezza,<br />

in collaborazione con il Comune di Pontassieve.<br />

«Questa mostra si chiama 50 anni di<br />

India - mi dice Geo Bruschi - e spero tanto<br />

che all’inaugurazione possa intervenire<br />

anche il mio amico santone di Calcutta!<br />

Come consuetudine organizziamo diverse<br />

iniziative sul tema, fra cui gli incontri con<br />

gli studenti che mi fanno sempre tante domande<br />

e sono curiosi proprio come ero<br />

io alla loro età! L’India è un paese che mi<br />

ha affascinato profondamente anche perché<br />

lì è avvenuto un incontro che mi ha<br />

molto colpito: quello con Madre Teresa.<br />

Avevo accompagnato un gruppo di amici<br />

a visitare Calcutta e alcune delle strutture<br />

create dall’attuale santa e visto che eravamo<br />

quasi alla fine del viaggio ed era rimasto<br />

un bel fondo cassa ho chiesto agli altri<br />

di donare tutto all’opera di carità. La Madre,<br />

che come sappiamo era di poche parole<br />

ma molto carismatica, mi guardò, poi<br />

mi baciò e mi abbracciò, riconoscente per<br />

quel gesto. E il suo abbraccio potente mi<br />

è rimasto nel cuore.». Da grande comunicatore<br />

qual è, Geo Bruschi parla volentieri<br />

del suo lavoro e dei suoi viaggi, legati<br />

a doppio filo con la vita privata e gli affetti<br />

sui quali mi apre le porte del cuore. «In<br />

India ho tanti bei ricordi - continua - anche<br />

perché ci sono stato con mia moglie Iolanda,<br />

che chiamavamo Lalla (scomparsa<br />

quasi 20 anni fa ndr.). Lei è stato il più bel<br />

viaggio della mia vita! Ci siamo conosciuti<br />

al matrimonio di una sorella più grande,<br />

tramite comuni amici. Era bellissima! Durante<br />

il rinfresco trovai l’occasione per avvicinarla<br />

e parlare. Ma, dopo pochi minuti,<br />

stufa della confusione che ci circondava lei<br />

riempì dei piatti e mi portò in un bosco vicino<br />

a mangiare. Da allora non ci siamo<br />

più lasciati e - nonostante le reticenze di<br />

mia suocera che all’epoca mi considerava<br />

troppo scapestrato - nel ’59 ci siamo<br />

sposati a La Verna e poi siamo andati in<br />

viaggio di nozze in Spagna, un altro paese<br />

che amavamo entrambi. Lalla era una<br />

donna ed una viaggiatrice straordinaria ed<br />

aveva un dono singolare: riuscire ad entrare<br />

in relazione con gli animali, anche quelli<br />

selvatici ai quali si avvicinava senza paura.<br />

Una volta, in Argentina, si è messa a parlare<br />

ad un cucciolo di pinguino e lui subito<br />

dopo ha iniziato a seguirla. Un Konrad<br />

Lorenz in gonnella insomma.». Sentendo<br />

i suoi racconti penso che ci sia proprio un<br />

destino in quell’appellativo datogli da uno<br />

dei nipoti che da piccolo non sapeva pronunciare<br />

il vero nome dello zio, all’anagrafe<br />

Eugenio. Dunque, nomen omen! Infatti,<br />

Geo in greco significa Terra. E lui l’ha girata<br />

in lungo e in largo, testimoniando questo<br />

suo peregrinare in migliaia di scatti,<br />

www.geobruschi.it<br />

prima con la Leika e la Minolta, poi con<br />

l’inseparabile Nikon D7200. Questo cittadino<br />

dell’universo circa 10 anni fa è stato<br />

addirittura nominato dalla Fondazione<br />

Carlo Collodi Ambasciatore di Pinocchio<br />

nel mondo perché, portandosi dietro il famoso<br />

burattino, aveva riscontrato che veniva<br />

riconosciuto da bambini e adulti a cui<br />

regalava gioia. Come un fil rouge che unisce<br />

popoli e paesi. Le sue straordinarie<br />

foto colpiscono per l’esplosione di colori,<br />

per l’originalità dell’inquadratura, per la<br />

forza emotiva che suscitano in chi le osserva<br />

e ne ammira la peculiarità. Geo Bruschi<br />

ha conosciuto e fotografato decine di<br />

persone importanti nella sua vita, capi di<br />

Stato, artisti internazionali, donne e uomini<br />

di cultura. Come Ernest Hemingway che<br />

incontrò durante una delle sue partecipazioni<br />

all’Encierro, la tradizionale corsa dei<br />

tori per le strade di Pamplona, dove una<br />

volta ha rischiato di morire perché gli passò<br />

letteralmente sopra il branco di bestie.<br />

«Lui era lì per scrivere degli articoli per la<br />

rivista Life (dai quali sono scaturiti libri come<br />

Un’estate pericolosa e Morte nel pomeriggio<br />

- ndr.) e mi chiese se avessi avuto<br />

paura. Gli risposi che non ne avevo avuto<br />

il tempo. E questa mia frase fu riportata<br />

dallo scrittore proprio in uno di quegli<br />

articoli.». Ma ciò che caratterizza le straordinarie<br />

immagini di quest’uomo instancabile<br />

ancora oggi, a dispetto dell’età,<br />

curioso della vita ed appassionato di avventure,<br />

sono sopratutto i volti di persone<br />

sconosciute, spesso le più umili a cui<br />

ha dato valore ed importanza. Ne ha immortalate<br />

a milioni nei 130 paesi visitati,<br />

riuscendo a coglierne le espressioni più<br />

naturali ed autentiche, nei momenti di vita<br />

quotidiana, di lavoro, di fatica, ma anche<br />

di gioia o di festa. Momenti che Bruschi<br />

ha condiviso personalmente con moltissime<br />

popolazioni ed etnìe, affrontando<br />

spesso disagi, pericoli, difficoltà linguisti-<br />

18<br />

GEO BRUSCHI


Speciale<br />

Valdisieve<br />

Lalla, moglie di Geo, in Argentina nel 1987<br />

India, Benares. Bagno nel Gange<br />

che, talvolta sfidando temperature polari<br />

o torride, supportato però da un fisico<br />

forte e temprato dagli sport. Nonostante<br />

le decine di sigarette giornaliere che tuttora<br />

fuma, da quando gliele regalarono gli<br />

americani durante la Liberazione all’età di<br />

13 anni. Ha praticato moltissime attività<br />

sportive: tennis, fioretto, alpinismo, attività<br />

subacquea, ma sopratutto ciclismo. Si<br />

allenava con Bartali, pur non riuscendo<br />

mai ad eguagliarlo perché secondo Ginettaccio<br />

si impegnava di più a correre dietro<br />

alle donne che in bici. E a conferma di ciò<br />

mi racconta un altro episodio. «Nell’Anno<br />

Santo del 1950 Papa Pacelli disse che<br />

avrebbe concesso ospitalità gratis presso<br />

le strutture del clero per 10 giorni a coloro<br />

che fossero andati a Roma da pellegrini<br />

con mezzi di fortuna. Io arrivai nella capitale<br />

in bici, in sole 11 ore, ma poi conobbi<br />

un’americana bellissima e ricchissima e<br />

il mio viaggio prese tutt’altra piega!» . Insomma<br />

dalla sua prima uscita dalla Toscana,<br />

dopo il diploma in ragioneria nel ’49<br />

quando andò ad Amburgo con una Vespa,<br />

o in seguito a Capo Nord in auto, la sua vita<br />

è stata tutta un saliscendi in giro per il<br />

pianeta. Come la famosa lampada da cucina<br />

tanto in voga verso la fine degli Anni<br />

60 che - grazie ad un’abile operazione di<br />

marketing - rappresentò il suo asso nella<br />

manica e fece la fortuna della sua azienda<br />

che sbaragliò la concorrenza anche internazionale.<br />

«Viaggiare vuol dire conoscere,<br />

non solo culture diverse ma anche se<br />

stessi - aggiunge - perché nelle situazioni<br />

più disparate vediamo come sappiamo reagire<br />

e dunque impariamo anche a scoprire<br />

le nostre peculiarità e risorse nascoste.<br />

Parallelamente, fotografare non è soltanto<br />

fermare un’immagine in un determinato<br />

momento ma mettere in luce ciò che<br />

quella visione ti suscita dentro!». A giudicare<br />

dall’esposizione fotografica al museo<br />

di Pontassieve le emozioni per Geo Bruschi<br />

in oltre 50 anni di attività devono essere<br />

state davvero infinite, forti, bellissime<br />

e contrastanti allo stesso tempo. Come i<br />

sentimenti che ancora oggi prova ogni<br />

volta che si pone dietro all’obbiettivo per<br />

regalarci immagini davvero uniche.<br />

India del sud. Viaggiando sul lago Periar<br />

19


India, Benares. Mendicanti<br />

India, Rajastan. Ritratto femminile<br />

India Benares. Preghiera del mattino<br />

20


Speciale<br />

Valdisieve<br />

India, Benares. Sulla porta del tempio<br />

Questa foto e quella accanto: India, Allahabad,<br />

Kumbh Mela<br />

GEO BRUSCHI<br />

21


Speciale<br />

Valdisieve<br />

Carlo Ciucchi ci apre le porte della<br />

sua officina artistica e anche quelle<br />

del suo cuore con tanti ricordi di<br />

famiglia<br />

Foto Adriano Buccoliero<br />

Ha impiegato un anno e mezzo<br />

a realizzare quello che<br />

gli frullava nella testa fin da<br />

quando, allievo dell’Istituto d’Arte di<br />

Firenze, marinava la scuola per andare<br />

a vedere i musei e monumenti in<br />

città e rimase folgorato dalla chiesa<br />

di San Miniato al Monte. E così Carlo<br />

Ciucchi, detto Picchio, di Dicomano<br />

ispirandosi a quegli affreschi e decorazioni<br />

di Spinello Aretino, con l’ aiuto<br />

dell’amico decoratore e pittore Mauro<br />

Murri e delle figlie Francesca e Federica,<br />

li ha riprodotti e personalizzati<br />

come omaggio non solo alla pittura<br />

del Trecento ed ai personaggi illustri<br />

suoi conterranei, come Giotto e Beato<br />

Angelico, ma anche ai nostri contemporanei<br />

Papa Woytila e Padre Pio.<br />

La capacità pittorica di questo artista<br />

è tale che c’è una grande affinità fra<br />

i due ambienti, l’officina artistica e il<br />

suo cuore. L’officina di circa 40 mq. è<br />

a base quadrata con soffitti a padiglione<br />

e dipinti dai caratteristici e molteplici<br />

colori che ne abbelliscono ogni<br />

angolo. «Questo posto rispecchia il<br />

mio spirito di Paiolante - spiega Picchio<br />

(appellativo scelto come nome<br />

d’arte da quando, a 13 anni, durante<br />

la recita della commedia in vernacolo<br />

fiorentino Lo zio d’America cascò e<br />

battè un picchio ndr.) - perché vi si respira<br />

arte, ma vuole essere anche un<br />

luogo di aggregazione, come è nello<br />

spirito della Antica Compagnia del Paiolo<br />

(associazione fiorentina nata nel<br />

1512 di cui è segretario nella sezione<br />

Arti Visive ndr.)». Uno spirito artistico<br />

a tutto tondo il suo che dopo<br />

essere passato da diversi stili pittorici,<br />

da oltre 20 anni si cimenta anche<br />

nella scultura, con bassorilievi in<br />

pietra serena e opere altrettanto suggestive<br />

quanto quelle riprodotte su<br />

tela. «Nella vita - prosegue l’artista -<br />

mi ispiro alle tre A: Arte, Amicizia e<br />

Amore. Credo che questa vena creativa<br />

mi derivi dall’ambiente familiare.<br />

Mio padre Armando era appassionato<br />

di teatro e opera, mio nonno materno<br />

Vittorio Massai cantava di poesia<br />

in ottavine nelle varie sagre e feste<br />

di paese e mia madre Marsilia, oggi<br />

97enne, è stata un soprano lirico e fino<br />

a pochi anni fa cantava in chiesa.<br />

Si esibì per la prima volta a 9 anni a<br />

Il pittore Carlo Ciucchi all’opera nella sua officina artistica<br />

22<br />

CARLO CIUCCHI


Speciale<br />

Valdisieve<br />

San Godenzo, nella chiesa di San Babila,<br />

dove cantò l’Ave Maria di Schubert<br />

e mi ha sempre raccontato che<br />

il priore tremava perché aveva paura<br />

che lei così giovane, non ce l’avrebbe<br />

fatta. Invece fu bravissima. Povera<br />

mamma, quanto l’ho fatta arrabbiare<br />

quando ero bambino! Mi diceva<br />

che ero nato col pennello in mano e<br />

in casa mi rincorreva continuamente<br />

per impedirmi di dipingere muri, porte<br />

e scuretti delle finestre.». Ma dato<br />

che il buon dì si vede dal mattino, a 6<br />

anni Picchio vinse un concorso scolastico<br />

con un disegno a matita che<br />

rappresentava un calesse con cavallo<br />

e cocchiere. Stesso risultato in quinta<br />

elementare con una china su carta<br />

dal titolo Tempesta sul fiume e in terza<br />

media con Tramonto, una tempera<br />

su carta. Da allora non si è più fermato<br />

e la sua carriera pittorica è andata<br />

sempre in crescendo, riscuotendo<br />

successo anche all’estero. Dopo tanti<br />

aneddoti familiari, alla domanda su<br />

quale sia il ricordo più bello della sua<br />

vita, risponde sorridendo: «Se potessi<br />

fermare il tempo il mio momento migliore<br />

è… sicuramente domani, perché<br />

sono un ottimista!».<br />

In questa e nelle altre foto, le pareti affrescate nello studio di Carlo Ciucchi<br />

Carlo Ciucchi esegue affreschi,<br />

tempere murali e decorazioni.<br />

Per info:<br />

Carlo Ciucchi Picchio<br />

+39 338 5253569<br />

23


Speciale<br />

Valdisieve<br />

Frantoio San Leolino di Londa<br />

Produce l’oro verde da quasi 500 anni<br />

www.fattoriasanleolino.com<br />

I<br />

pellegrini che nel tardo Medioevo si recavano<br />

dalla Val di Sieve in Casentino,<br />

a piedi o a cavallo, attraverso il passo<br />

di Croce a Mori, passando per Londa<br />

si fermavano presso un edificio, originariamente<br />

appartenente alla Compagnia<br />

del Bigallo (associazione religiosa di laici<br />

fondata a Firenze nel 1244 con finalità caritative<br />

ndr.), destinato ad accogliere e dare<br />

riparo ai viandanti. In tempi successivi<br />

questa antica struttura iniziò ad essere utilizzata<br />

come frantoio e nel 1645 la Fattoria<br />

di San Leolino ed altri possedimenti, insieme<br />

al titolo di marchesa, fu donata da<br />

Ferdinando II° de’ Medici Granduca di Toscana,<br />

ad Ortensia Guadagni in segno di<br />

riconoscenza per essere stata l’eccellente<br />

educatrice dei suoi figli. Da allora, attraverso<br />

i diversi legami matrimoniali, la proprietà<br />

è in mano alla famiglia Dufour Berte.<br />

«Noi siamo gli eredi diretti per discendenza»,<br />

mi dice Nicola Venturi, 36 anni, pronipote<br />

di quella che a Londa tutti conoscono<br />

come la marchesina.«Lei era zia Maria<br />

Luisa, ma noi la chiamiamo affettuosamente<br />

zia Misa, che si è occupata della<br />

fattoria e del frantoio ininterrottamente dal<br />

1953, col beneplacito e la gratitudine delle<br />

sorelle Cecilia e Maria Antonietta, nonna<br />

materna mia e di mio fratello più grande<br />

Tommaso, che però si dedica principalmente<br />

all’attività nell’agriturismo di famiglia<br />

e al settore vinicolo». Questo frantoio<br />

non solo è uno dei più antichi d’Italia (nel<br />

2014 ha anche ricevuto dall’Unione delle<br />

Camere di Commercio un riconoscimento<br />

come Impresa Storica ndr.), ma è l’unico<br />

tuttora operativo nella provincia di<br />

Firenze, in cui viene effettuata la frangitura<br />

a freddo, con grosse macine in pietra, secondo<br />

il metodo più tradizionale. Le olive<br />

defogliate e lavate vengono scaricate dentro<br />

la vasca per essere macinate. La pasta<br />

ottenuta viene poi distribuita su dei dischi<br />

impilati in un apposito macchinario e successivamente<br />

sottoposti ad una pressione<br />

che raggiunge le 400 atmosfere. Il tutto a<br />

temperatura ambiente non superiore ai 18<br />

gradi, così da ottenere solo per estrazione<br />

un prodotto di altissima qualità, dalle straordinarie<br />

caratteristiche organolettiche,<br />

ricco di antiossidanti e di sostanze benefiche,<br />

preziose alleate della nostra salute.<br />

Un procedimento affascinante da vedere,<br />

soprattutto in quanto diventato davvero<br />

raro. Ecco perché in attesa di poter trovare<br />

il momento propizio per fare un restyling<br />

della struttura senza alterarne le peculiarità,<br />

da qualche anno l’azienda ha deciso di<br />

aprire le porte alle scolaresche e mostrare<br />

quanta fatica c’è dietro ad una buona fettunta.<br />

«Questo è un lavoro che puoi fare<br />

solo se hai la passione» continua Nicola,<br />

che ha iniziato da ragazzo, pur proseguendo<br />

gli studi alla facoltà di Agraria, e da circa<br />

3 anni sostituisce egregiamente nella<br />

gestione del frantoio la zia Misa di 97 anni,<br />

che purtroppo è venuta a mancare proprio<br />

alla fine di ottobre, ma fino allo scorso<br />

anno prendeva nota telefonicamente delle<br />

prenotazioni per la frangitura. «Prenotazioni<br />

che - aggiunge Nicola - continuano<br />

ad essere numerose, anche se quest’anno<br />

la produzione, seppure di ottima qualità,<br />

è sicuramente inferiore, a causa della<br />

forte siccità. Ci sono stati anni in cui lavoravamo<br />

giorno e notte, senza interruzione,<br />

talvolta fino a Natale! Ma nonostante i<br />

momenti di superlavoro, zia Misa seguiva<br />

tutto in prima persona, facendo i conti<br />

sempre a penna e senza calcolatrice.».<br />

Dischi con pasta d’olive<br />

Olio nuovo<br />

Tommaso e Nicola Venturi con la zia Misa, recentemente scomparsa<br />

24<br />

FRANTOIO SAN LEONINO


Stefano Frassineti<br />

Pellegrino del gusto<br />

www.toscanidasempre.it<br />

Speciale<br />

Valdisieve<br />

E’ uno degli chef che a Firenze ha cucinato<br />

per l’Amatriciana day, ideatore<br />

di Cookstock, fiera dello street<br />

food a Pontassieve, cuoco dell’Alleanza<br />

Slow Food e fra poco giudice nell’annuale<br />

Palio del Bardiccio, la manifestazione della<br />

Rufina in cui una trentina di concorrenti si<br />

sfida in ricette a base del tipico salume della<br />

zona davanti ad esperti, giornalisti ed enograstronomi.<br />

Stefano Frassineti è un vero e<br />

proprio esploratore o per meglio dire pellegrino<br />

del gusto. Prima di tutto in omaggio al<br />

nome dell’Artusi, famoso letterato e gastronomo,<br />

autore del libro La scienza in cucina e<br />

l’arte di mangiar bene, del 1891, a cui si ispira<br />

in quanto anche lui ama tramandare le ricette<br />

della tradizione personalizzandole e riproponendole<br />

nel ristorante, nonché locanda<br />

con 5 stanze, Toscani da sempre nel cuore<br />

di Pontassieve, che gestisce da quasi 10 anni.<br />

Ma l’appellativo di “pellegrino”, riportato<br />

persino nel suo profilo Facebook, viene anche<br />

dal fatto che a 20 anni, animato da una<br />

tradizione familiare per la cucina toscana,<br />

ha iniziato per hobby a fare esperienze con<br />

gruppi di catering a Firenze, per poi volare<br />

a Londra. E non gli ci è voluto molto a capire<br />

che quello era il mestiere che gli piaceva<br />

fare, decidendo così di lasciare il lavoro di<br />

rappresentante di oro e argento per gestire<br />

la ristorazione in vari posti prima in Romagna<br />

per 4 anni e poi a La Casellina, sempre<br />

in Val di Sieve, per 10 anni. Fino ad approdare<br />

in questo locale con delizioso giardino<br />

interno, subito sotto la Porta Fiorentina a<br />

Pontassieve, in cui oltre alle tante squisitezze<br />

culinarie di ogni giorno propone periodicamente<br />

serate a tema come Bruciore, con<br />

piatti al peperoncino dall’antipasto al dolce<br />

e quelle dedicate ogni due mesi a I Goderecci,<br />

cioè tutti coloro che amano godere<br />

del piacere della tavola e della compagnia<br />

senza guardare l’orologio. Ma sono molti<br />

anche gli eventi culturali a cui apre le porte<br />

e - da uomo sensibile qual è - anche il cuore,<br />

che siano mostre di pittori e fotografi<br />

o serate di solidarietà. «Mi piace l’integrazione<br />

fra i popoli e lo scambio fra musica,<br />

poesia e letteratura di culture diverse, meno<br />

che in cucina però! Nel mio ambito mi<br />

piace la conoscenza senza la contaminazione<br />

culinaria», mi dice facendomi assaggiare<br />

Impressioni di settembre, uno dei suoi<br />

speciali risotti con zucca gialla, noci e pesto<br />

toscano, un mix di pepolino, alloro e rosmarino,<br />

inventato da lui per accompagnare<br />

questo tipico piatto di inizio autunno. Stagionale,<br />

come tutte le sue pietanze derivanti<br />

da prodotti locali e ingredienti del territorio<br />

(preparati sempre con un occhio di riguardo<br />

anche per celiaci e vegetariani ndr.),<br />

annaffiati all’80 per cento da vini Chianti Rufina,<br />

bio o comunque biodinamici. «Il mio<br />

obiettivo è riuscire entro 5 anni a far diventare<br />

tutto il menù bio. Già da quest’anno per<br />

quanto riguarda il grano e dunque la pasta<br />

saremo completamente autonomi, in quanto<br />

lo facciamo coltivare per noi nella fattoria<br />

Monte Sante Marie ad Asciano, nelle Crete<br />

Senesi poi macinare dal Molino Paciscopi di<br />

Montespertoli e produrre dal Pastificio Fabbri<br />

di Strada in Chianti, con una essiccazione<br />

mai al di sopra dei 36 gradi. Questo è il<br />

nostro nuovo corso - conclude lo chef - perché<br />

credo sia sempre più importante garantire<br />

cibi genuini<br />

preservando la salute<br />

delle persone<br />

e per fare questo<br />

dobbiamo essere<br />

assolutamente sicuri<br />

dell’origine delle<br />

nostre materie<br />

prime che rappresentano<br />

un patrimonio<br />

apprezzato<br />

anche all’estero, di<br />

cui noi toscani andiamo<br />

orgogliosi.<br />

Da sempre!».<br />

Stefano con la sorella Isella<br />

Il libro di Pellegrino Artusi del 1891<br />

Stefano Frassineti con il padre<br />

Spalla di capretto porchettata con polenta<br />

d’Orsigna e scalogno brasato<br />

STEFANO FRASSINETI<br />

25


Speciale<br />

Valdisieve<br />

La passione per il proprio lavoro<br />

scorre su una sfoglia di pasta fresca<br />

Ci sono tradizioni familiari che<br />

fanno parte della storia italiana,<br />

come quella della famiglia<br />

Parrini tramandata di padre in figlio, in<br />

una vera e propria staffetta generazionale<br />

che collega passato e presente. «In<br />

azienda collaborano tutti e quattro i nostri<br />

figli, con diverse mansioni nell’ambito<br />

della filiera produttiva» - esordisce<br />

Paolo Parrini, titolare del pastificio La<br />

Fiorita, con sede a Contea. In questo<br />

settore formare i giovani significa trasmettere<br />

e divulgare i valori, la passione<br />

e il sapere legati al mondo della<br />

pasta. Dunque conservare e valorizzare<br />

una delle eccellenze del nostro straordinario<br />

patrimonio gastronomico, non<br />

solo nazionale ma anche regionale. «Io<br />

ho iniziato molti anni fa gestendo alcuni<br />

negozi di alimentari qui in zona; poi un<br />

mio fornitore di pasta fresca a San Piero<br />

a Sieve nel Mugello mi propose di rilevare<br />

l’azienda e il marchio, perché lui<br />

e sua moglie erano troppo anziani. Così<br />

abbiamo spostato la produzione qui in<br />

Valdisieve ed iniziato ad occuparci in<br />

pieno di quest’attività, che ci impegna<br />

tutti 24 ore su 24, anche all’estero!». Da<br />

allora Paolo, la moglie Giuliana e i figli<br />

Elisa, Gabriele, Erica e Adamo ne hanno<br />

impastato di uova e farina. Nel 2018<br />

il pastificio festeggia 30 anni di attività e<br />

grazie ad un’operazione di ampliamento<br />

e acquisto - nel 2007 - di nuovi macchinari<br />

per rendere la varietà dei prodotti<br />

ancora più vasta, oggi è in grado di produrre<br />

un centinaio di specialità di pasta<br />

fresca corta, lunga e ripiena. Compreso<br />

ovviamente il tortello di patate tipico<br />

di queste zone che viene realizzato in<br />

gran parte anche a mano. Ciò che caratterizza<br />

il successo del lavoro artigianale<br />

de La Fiorita è l’uso di prodotti di alta<br />

qualità, dalle uova, ingrediente principe<br />

per la pasta fresca, alle verdure fresche<br />

e rigorosamente di stagione. Ma sopratutto<br />

l’assenza di coloranti artificiali o<br />

conservanti aggiunti. La trafilatura al<br />

bronzo permette inoltre di ottenere una<br />

pasta non liscia, bensì rugosa, capace<br />

di trattenere più condimento e sapore.<br />

La famiglia Parrini con in primo piano Erica<br />

di 25 anni<br />

La famiglia Parrini nel punto vendita del pastificio a Contea<br />

26 PASTIFICIO <strong>LA</strong> FIORITA


«Con l’inizio dell’autunno - continua il<br />

titolare - abbiamo ripreso ad usare le<br />

castagne per i nostri preparati, sia come<br />

ripieno che nella composizione della<br />

sfoglia. Un altro prodotto di questo<br />

periodo è la zucca gialla, molto apprezzata<br />

oltre che dalle nostre parti anche<br />

in Germania dove abbiamo iniziato ad<br />

esportare 4 anni fa. Ai tedeschi piacciono<br />

molto tutti i gusti non classici per<br />

così dire, ma invece un po’ particolari.».<br />

E allora via libera a ravioli e conchiglioni<br />

proposti nelle altre varianti con i ripieni<br />

in base alla stagionalità: asparagi, funghi,<br />

tartufo, nero di seppia e granchio<br />

oppure radicchio e speck, per riempire<br />

quelli fatti con la barbabietola che dà<br />

una invitante colorazione rossa all’impasto.<br />

Ovviamente con questa mole di<br />

lavoro restare aderenti alla tradizione e<br />

alla qualità dei gustosi manufatti vuol<br />

dire anche agire con una chiave imprenditoriale<br />

innovativa che garantisca<br />

contemporaneamente efficenza e puntualità<br />

nel servizio. «Siamo operativi<br />

dalla mattina presto - mi dice la signora<br />

Giuliana, il cui unico svago è andare<br />

qualche volta a fare una passeggiata<br />

a cavallo - e la sera non abbiamo orari.<br />

Chiudiamo quando abbiamo finito il<br />

lavoro!». Infatti per garantire un assortimento<br />

freschissimo questo pastificio<br />

non ha il minimo stoccaggio dei prodotti,<br />

perché la continua filiera produttiva<br />

esaurisce tutti i manufatti nell’arco<br />

della giornata e anche le consegne, fatte<br />

personalmente da Gabriele e Adamo,<br />

avvengono entro 24 ore dalla produzione.<br />

Dunque, pensando già alle prossime<br />

festività, ai pranzi in famiglia e al<br />

cenone di Capodanno è un piacere sapere<br />

di potersi affidare a mani esperte<br />

che garantiscano la qualità del prodotto<br />

e il gusto delle antiche ricette come<br />

quelle di una volta, fatte in casa, dalle<br />

nonne o dalle mamme.<br />

www.pastificiolafiorita.it<br />

27


Speciale<br />

Valdisieve<br />

Claudio Falaschi: il Patch Adams dei cicciai<br />

Claudio Falaschi con il naso da clown<br />

za media la professoressa di francese mi<br />

chiese la poesia Sur le pont d’Avignon che<br />

oggi ricordo ancora ma allora non la sapevo<br />

proprio. E così le risposi candidamente<br />

che per andare ad ammazzare i maiali non<br />

mi serviva sapere la poesia. Lei ovviamente<br />

si arrabbiò tantissimo e mi disse che mi<br />

dava zero per la risposta - infatti, mi bocciò<br />

- ma 10 e lode per la battuta!». Senza<br />

neanche darmi il tempo di fargli un’altra<br />

domanda aggiunge: «Quando avevo circa<br />

24 anni andai a fare l’esame per ottenere<br />

il REC (Registro Esercenti Commeril<br />

pane per l’intera comunità!». Ma tornando<br />

alla tradizione del bardiccio, Falaschi<br />

stesso ha iniziato a farlo dall’età di 14 anni<br />

in questa bottega del padre, dove - fino<br />

al 1998 - hanno avuto anche il macello privato.«Ricordo<br />

che mi mandava da solo o<br />

con il garzone della macelleria a lavare le<br />

budella del maiale nel torrente Moscia, che<br />

scorre proprio qui sotto. E quell’odore di<br />

m… non ce lo levavamo più di dosso per<br />

tutto il giorno!», aggiunge Claudio ridendo<br />

e continuando a raccontare altri aneddoti<br />

della sua lunga attività. «All’esame di ter-<br />

Quanta storia dietro alla vetrina della<br />

sua macelleria! Una storia strettamente<br />

collegata anche alla tradizione<br />

del bardiccio, una particolare salsiccia<br />

nata proprio in Val di Sieve. Claudio Falaschi,<br />

infatti, è uno dei macellai, o cicciai<br />

come vengono chiamati in zona, menzionati<br />

nel libro di Alessandro Sarti uscito lo<br />

scorso anno, dal titolo Il bardiccio, non fatevi<br />

infinocchiare, cui ha fatto seguito il film,<br />

ambientato in gran parte in questo fazzoletto<br />

di terra. «Questo nostro salume tipico<br />

- racconta Falaschi - veniva venduto qui<br />

già dal 1925 dalla famiglia Ciucchi di Sandetole,<br />

una delle prime ad avere il banco<br />

al Mercato Centrale di Firenze. In quell’anno<br />

costruirono casa e negozio proprio sul<br />

ponte, al crocevia fra la strada principale<br />

che collega tutti i paesi della Val di Sieve<br />

e il bivio per Londa, a pochi passi dal<br />

Convento di San Giovanni Battista (edificato<br />

nei primi del Settecento dai Francescani<br />

sui resti di San Ditale, un’antica chiesa<br />

precedente al Mille, da cui il nome della località<br />

Sandetole ndr.). Circa dieci anni dopo<br />

- continua - comprò questo posto mio<br />

babbo Venio che ci lavorò aiutato da mia<br />

mamma, Lara Menicucci, riconfermando<br />

così la tradizione delle famiglie di bottegai<br />

che si sposavano fra loro, come già avevano<br />

fatto suo padre Nello con mia nonna<br />

Pia Sarti, che dai primi del ‘900 avevano i<br />

negozi di alimentari. La famiglia di mia madre<br />

invece aveva una tradizione come panificatori<br />

dal 1747. Pensate che la loro casa,<br />

che si trova qui vicino, in località Pizzicotto,<br />

era stata progettata intorno al forno,<br />

grande come una stanza, dove ci si poteva<br />

cuocere ben 60 filoni di pane, rimasto<br />

operativo fino al ’66. Proprio un mese prima<br />

dell’alluvione, infatti, l’allora sindaco di<br />

Rufina chiese ai nonni di continuare a fare<br />

La macelleria Falaschi sul ponte e a sinistra in alto il convento di Sandetole a Contea<br />

Bardiccio: re dei salumi della Val<br />

di Sieve<br />

Inserito fra le eccellenze agroalimentari italiane<br />

il bardiccio, la cui storia risale all’Ottocento,<br />

è un prodotto che fa parte della<br />

tradizione contadina, maestra nel riciclo<br />

alimentare! Questa salsiccia viene preparata<br />

con gli scarti di lavorazione delle carni<br />

del maiale macinate grossolanamente<br />

(cuore, polmoni, fegato, un po’ di carne<br />

bovina per alleggerire il gusto e altre interiora<br />

o frattaglie), speziata con aglio,<br />

sale, pepe, ma sopratutto semi di finocchio<br />

selvatico e poi insaccata in un budello<br />

dell’animale di circa 30 centimetri. Del<br />

bardiccio non esiste una ricetta codificata,<br />

poiché ogni piccolo produttore miscela i<br />

vari ingredienti sulla base di una propria<br />

tradizione. Ma resta comunque una testimonianza<br />

della cultura contadina e della<br />

cucina povera e proprio recentemente è<br />

stata rivalutata grazie a numerose iniziative.<br />

Nel 2016 è stato istituito, infatti, l’anno<br />

internazionale del bardiccio ideato e promosso<br />

dallo chef Stefano Frassineti (vedi<br />

articolo in questo Speciale) che ha dato<br />

vita anche alla 1^ edizione del Palio del<br />

Bardiccio, una sfida gastronomica con ricette<br />

dall’antipasto al dolce, a base del tipico<br />

salume della zona.<br />

28<br />

MACELLERIA FA<strong>LA</strong>SCHI


Speciale<br />

Valdisieve<br />

Falaschi con il padre e la madre al banco della macelleria nel 1975; nella foto sotto, lo vediamo<br />

ancora giovanissimo apprendere i segreti del mestiere al seguito dei genitori<br />

cio). Allo scrutinio finale mi fecero varie<br />

domande di contabilità e lì feci un po’ lo<br />

sbruffone perché avevo già 10 anni di lavoro<br />

alle spalle. Uno degli esaminatori era<br />

il più importante macellaio di Firenze di<br />

quei tempi che non credeva che io sapessi<br />

macellare animali di grossa pezzatura, ma<br />

solo quelli piccoli da cortile, come galline<br />

o conigli. Così per mettermi alla prova mi<br />

chiese i termini tecnici specifici di quando<br />

si inizia a lavorare su un vitello ed aprirgli<br />

la pancia per estrarre l’intestino, il fegato<br />

e le altre interiora. Facile, dissi io, assettare<br />

(cioè l’inizio della lavorazione con la<br />

scuoiatura) e sparare (cioè dividere l’animale<br />

in due). Lui pensava di avermi messo<br />

in difficoltà e invece restò basito e mi<br />

promosse a pieni voti. E ancora, quando<br />

ci fu la vicenda della mucca pazza misi un<br />

cartello sul marciapiede fuori dalla bottega<br />

con scritto: Qui mucca sana, ma macellaio<br />

pazzo!». Si potrebbe stare ad ascoltarlo<br />

per delle ore perché ha un’energia ed<br />

una simpatia irrefrenabili che trasmette a<br />

chiunque si fermi nel suo negozio decisamente<br />

fuori dagli schemi convenzionali.<br />

All’ingresso staziona sempre un cartello<br />

giallo con su scritto a mano Dal 1925 i’<br />

bardiccio è qui e entrando vi si può trovare<br />

dalla valigia dei sogni ad una banconota<br />

da 5 euro, dimenticata da qualcuno, appese<br />

vicino a delle foto e articoli di giornale<br />

che parlano di lui o della storia della sua<br />

famiglia. Oppure una sedia girevole vicino<br />

alla porta con su scritto per chi ha furia,<br />

accanto ad un’altra con una seduta piuttosto<br />

larga per chi ha - uso un eufemismo<br />

- un lato B grosso! E ancora, davanti al<br />

bancone delle carni sventola una singolare<br />

bandiera della pace (come si vede nella<br />

prima foto) fatta negli Anni 50 dalle donne<br />

partigiane della zona che hanno ricamato<br />

i propri nomi su delle striscioline di<br />

stoffa colorata ritagliate da quei pochi vestiti<br />

che avevano, mentre sul lato opposto<br />

campeggia un altro patchwork che rappresenta<br />

la caratteristica colomba bianca<br />

con il ramoscello d’olivo nel becco. «Il<br />

prossimo anno festeggio 50 anni di attività<br />

- dice Claudio - ma continuo a lavorare<br />

con soddisfazione perché in questi paesi<br />

la gente è ancora abituata ad andare nelle<br />

piccole botteghe a fare la chiacchierata<br />

e magari permettersi anche il lusso di<br />

lasciare il conto da pagare! La porta del<br />

mio negozio è comunque sempre aperta<br />

per tutti». E a tutti riserva una battuta, una<br />

risata, una frase di incoraggiamento perché,<br />

in realtà, dietro alla sua leggerezza e<br />

a quell’atteggiamento sempre scanzonato<br />

si nasconde una grande sensibilità. La<br />

buona salute è una questione di risate,<br />

disse Hunter Doherty Adams, conosciuto<br />

come Patch Adams, il medico inventore<br />

della clownterapia. E a lui si ispira sicuramente<br />

Claudio che ha iniziato a frequentare<br />

la scuola del maestro Davide Bianchi<br />

di Londa, perché anche se le iniziali sono<br />

le stesse di Salsiccia, Lombata e Arista il<br />

cicciaio di Sandetole sa bene che S.L.A.<br />

significa anche Sindrome Laterale Amiotrofica,<br />

una terribile patologia al momento<br />

inguaribile, nonostante la ricerca scientifica.<br />

«A seguito della malattia di un carissimo<br />

amico della zona - dice - 10 anni fa ho<br />

iniziato ad occuparmi di questi malati insieme<br />

ad un altro vasto movimento di volontariato<br />

che si è creato a livello provinciale, in<br />

parallelo con l’evoluzione della malattia davvero<br />

devastante. Il numero di casi è infatti<br />

quasi quintuplicato nel frattempo, nella sola<br />

provincia di Firenze. La S<strong>LA</strong>, a piccoli morsi,<br />

ogni giorno ti mangia un pezzo di vita. La<br />

mente resta vigile ma prigioniera in un corpo<br />

che diventa via via immobile. E allora noi<br />

cerchiamo di portare un sorriso nelle giornate<br />

di queste persone e dei loro familiari perché<br />

come dice Patch Adams: fare il ‘clown’ è<br />

un’occasione per tirare fuori l’amore in ogni<br />

situazione e non devono esserci regole che<br />

impediscano agli altri di portare gioia negli<br />

ospedali o nelle case. E per farlo non è necessario<br />

avere un diploma!».<br />

I numeri della S<strong>LA</strong><br />

La Sclerosi Laterale Amiotrofica è una malattia<br />

neurodegenerativa progressiva che<br />

colpisce i motoneuroni, cioè le cellule nervose<br />

cerebrali e del midollo spinale. Nella<br />

maggior parte dei casi, oltre il 90 %, la<br />

malattia è sporadica. Nel 5 -10 % dei casi<br />

è invece di S<strong>LA</strong> familiare.<br />

200 mila persone nel mondo<br />

60-65 anni età media di esordio in<br />

entrambi i sessi<br />

3/5 anni aspettativa media di vita<br />

6.000 malati in Italia<br />

1-3 casi ogni 100.000 abitanti/anno<br />

1.000 nuovi casi ogni anno in Italia<br />

600 malati in Toscana<br />

130 nella provincia di Firenze<br />

MACELLERIA FA<strong>LA</strong>SCHI<br />

29


Speciale<br />

Valdisieve<br />

Centro Ippico La Speranza<br />

Quando la passione per gli animali è<br />

infinita il lavoro diventa fantastico in ogni<br />

stagione. Barbara Barcucci, Moreno e<br />

Andrea Ricci ci accolgono nel loro Centro<br />

Ippico inaugurato lo scorso anno<br />

Trasferirsi qui per noi è stato<br />

come realizzare un sogno!<br />

« Siamo accomunati dall’amore<br />

per gli animali e riuscire a trasformare<br />

questa nostra passione in un<br />

lavoro vuol dire aver raggiunto un obiettivo<br />

che ci rende felici.». Esordisce così<br />

Barbara Barcucci, presidente del Centro<br />

Ippico La Speranza, alle porte di Rufina,<br />

che in appena due anni di attività conta<br />

già 160 tesserati. Anche se sono tutti<br />

impegnati in maneggio e un po’ in fibrillazione<br />

perché stanno per nascere due<br />

puledrini che andranno ad aggiungersi<br />

agli altri 20 esemplari, fra cavalli e pony,<br />

Barbara mi mostra tutto l’ambiente dove<br />

insieme al compagno Moreno Ricci,<br />

al figlio Andrea e alla fidanzata di lui Silvia<br />

Lumelli, entrambi 20enni e già istruttori,<br />

svolgono l’attività equestre. Questa<br />

è articolata in scuola di equitazione di<br />

base, messa in sella per i bimbi a partire<br />

dai 4 anni, lavoro in piano, preparazione<br />

ai pony games e gare di Ranch<br />

Sorting, una prova a tempo di sbrancamento<br />

vitelli, fino all’organizzazione di<br />

passeggiate anche di qualche giorno.<br />

«Lo scorso week end - aggiunge Moreno,<br />

che fino al 1990 cavalcava solo moto<br />

da cross - abbiamo fatto un percorso<br />

di 3 giorni con tappa di pernottamento,<br />

da qui fino all’Alto Mugello. Quando<br />

il tempo è bello non c’è niente di meglio<br />

che andare a cavallo. Infatti abbiamo<br />

avuto tantissimi gruppi di bambini e<br />

ragazzi per i campi estivi. Ma anche nella<br />

stagione invernale contiamo di organizzare<br />

dei trekking di uno o più giorni,<br />

appoggiandoci per le merende e le soste<br />

agli agriturismi lungo i percorsi». In<br />

questo centro ippico, diventato il punto<br />

di riferimento nella Val di Sieve per<br />

la sua posizione strategica lungo la via<br />

Forlivese, l’ambiente in piano (perfetto<br />

in vista di un’ipotesi di progetto di attività<br />

per persone disabili ndr.) favorisce<br />

lo sport equestre ma anche il contatto<br />

con tutti gli altri animali presenti, capre,<br />

conigli, galline, fagiani, papere. Mentre<br />

camminiamo ci viene incontro anche la<br />

pecora Molly, che gira libera come fosse<br />

un altro dei cani dell’allevamento di<br />

bellissimi Pastori Australiani e Border<br />

Collie, che ha già prodotto 24 cuccioli,<br />

carini e morbidi come peluche. Ma certamente<br />

la passione più grande che non<br />

fa mai osservare un giorno di chiusura<br />

o riposo a questi “Magnifici 4” è quella<br />

per i cavalli. Andrea si è persino fatto tatuare<br />

su un braccio l’immagine del suo<br />

amato Spirit, un bell’esemplare sauro<br />

di 8 anni, che all’inizio ha dato del filo<br />

da torcere in famiglia, perché prima<br />

che il padre Moreno lo acquistasse, 4<br />

anni fa, viveva praticamente brado con<br />

la propria mamma. «Il babbo non riusciva<br />

a mettersi in sintonia con lui - racconta<br />

Andrea, che si sta preparando per<br />

partecipare alla gara nazionale di Assoluti<br />

a Galeata - allora ho iniziato a montarlo<br />

io e adesso è praticamente la mia<br />

ombra!». Infatti, quando alla fine dell’allenamento<br />

scende da cavallo, lo riporta<br />

nel suo box senza la longhina, tanto<br />

Spirit gli cammina dietro come uno scolaretto<br />

diligente. Perché con gli animali<br />

è una …questione di feeling. E loro<br />

quattro ne hanno da vendere.<br />

La presidente Barbara Barcucci e alle sue spalle in sella Moreno e Andrea Ricci e Silvia Lumelli<br />

(ph. Mereu)<br />

Puledro e fattrice<br />

30 CENTRO IPPICO <strong>LA</strong> SPERANZA


Amaranto srl, a pochi passi dal<br />

Duomo fiorentino creatività e<br />

passione al servizio del tuo evento.<br />

Organizzare un evento significa essere in linea<br />

con la realtà che cambia.<br />

Nel mercato attuale chi vuole dare impulso alla<br />

sua attività deve puntare sull’organizzazione di<br />

manifestazioni uniche per creare legami duraturi<br />

con i clienti.<br />

Amaranto srl è una società, nata a Firenze, che<br />

si occupa di organizzare eventi non solo nella<br />

sua città natale ma in tutta Italia.<br />

Amaranto infatti arriva ovunque la richiesta del<br />

cliente giunga e, con un lavoro fatto di professionalità,<br />

gioco di squadra, rispetto ed esperienza,<br />

riesce a strutturare l’attività più in linea<br />

con le esigenze di ognuno<br />

L’attenzione e la capacità di ascolto sono ciò<br />

che rende Amaranto un’agenzia unica. Il punto<br />

di partenza di ogni progetto è proprio la fase del<br />

colloquio iniziale quando, ponendosi in ascolto<br />

delle idee e dei bisogni del cliente, la chiave del<br />

successo diventa a portata di mano.<br />

I clienti sanno esattamente cosa vogliono e per<br />

questo occorre essere pronti a rispondere a<br />

tutte le loro necessità.<br />

Amaranto progetta, organizza e gestisce l’evento<br />

in ogni suo aspetto: dalla logistica agli<br />

allestimenti, dalla grafica alla scelta del catering<br />

o degli artisti.<br />

Mostre d’arte, eventi Private, incentive aziendali,<br />

team building, festival, cene di gala, manifestazioni<br />

benefiche.<br />

Per Amaranto, l’evento è strategia di marketing<br />

e l’emozione è lo strumento tramite cui imperniare<br />

tutta la comunicazione.<br />

Scegliere Amaranto vuol dire aderire a una<br />

filosofia lavorativa che ha nel suo DNA creatività,<br />

passione e coesione e che a queste caratteristiche<br />

affianca la continua formazione delle<br />

sue risorse.<br />

Sede operativa:<br />

via dello Studio, 8<br />

50122 Firenze<br />

Sede legale:<br />

via San Zanobi, 20<br />

50129 Firenze<br />

tel +39 0552608621<br />

fax + 39 0552646790<br />

info@amarantosrl.it<br />

www.amarantosrl.it


Ritratti<br />

d’artista<br />

Franco Carletti<br />

Dopo l’importante mostra personale nel Palazzo Comunale di<br />

Spoleto, il prossimo dicembre l’artista senese esporrà a Bruxelles<br />

nell’ambito della manifestazione SpoletoMeetingArt<br />

di Lucia Raveggi / foto courtesy dell’artista<br />

Lo scorso settembre nella Sala Orafi<br />

del Palazzo Comunale di Spoleto<br />

si è tenuta l’antologica di Franco<br />

Carletti intitolata Qui batte un cuore. Quaranta<br />

opere, tra giovanili e recenti, che<br />

testimoniano il crescente divenire di un<br />

appassionato interprete dell’arte contemporanea.<br />

Inserita nella manifestazione<br />

Arte in the city, è stata presentata dal professor<br />

Luca Filipponi, presidente di Spoleto<br />

Festival Art, con il contributo della<br />

direttrice artistica Paola Biadetti e l’intervento<br />

del critico e collezionista<br />

Daniele Taddeo. L’evento, patrocinato<br />

tra gli altri da Comunità<br />

Europea, Spoleto Festival Art<br />

e Regione Umbria, è stato documentato<br />

dal giornalista Fabrizio<br />

Borghini per la rubrica Incontri<br />

con l’Arte di Toscana TV. Un traguardo<br />

che l’artista si è imposto<br />

come momento di riflessione<br />

per mettere un ordine logico alle<br />

proprie opere. Già narratore<br />

garbato della sua terra e del suo<br />

mare, Franco Carletti diventa oggi<br />

interprete del quotidiano e degli<br />

eventi che segnano i nostri<br />

tempi, non trascurando l’aspetto<br />

estetico e la vena romantica<br />

che lo caratterizza. Un processo<br />

evolutivo che procede a passi<br />

meditati, quindi, senza sprecare tempo<br />

e risorse. La voglia di conoscere e dialogare<br />

lo ha spinto a partecipare a numerose<br />

mostre ed eventi in molte città italiane<br />

(Milano, Venezia, Palermo, Spoleto, Capri)<br />

e capitali estere (Londra, New York,<br />

Miami, Barcellona, Parigi), dove si è potuto<br />

confrontare con l’operato di grandi artisti<br />

e incontrare il giudizio di noti critici<br />

e giornalisti. Presente in diverse mostre<br />

curate da Vittorio Sgarbi, recentemente<br />

è stato selezionato per il progetto Infinity<br />

dal professor Giammarco Puntelli, che lo<br />

ha recensito nei volumi Le scelte di Puntelli<br />

(Editoriale Mondadori) e Profili d’artista<br />

(Editoriale ArteIn), quest’ultimo presentato<br />

di recente ad Arte Padova. Ha ricevuto<br />

il premio Spoleto Festivalart 2017, il<br />

premio Levi 2017 e il premio alla carriera<br />

nell’ambito del Premio Arte Milano a cura<br />

di Sandro Serradifalco. Il prossimo dicembre<br />

esporrà a Bruxelles nell’ambito<br />

della manifestazione SpoletoMeetingArt,<br />

che si terrà presso la rappresentanza della<br />

Regione Abruzzo, nella sede dell’associazione<br />

Regions d’Europe. Dal 13 novembre<br />

L’inaugurazione della mostra personale di Franco Carletti a Spoleto<br />

al 9 dicembre sarà presente alla mostra<br />

di arte contemporanea promossa dall’associazione<br />

Toscana Cultura e curata da<br />

Lucia Raveggi nella sede dell’Auditorium<br />

al Duomo di Firenze. È presente anche a<br />

Siena presso la rinomata Enoteca i Terzi,<br />

divenuta ancor più nota per aver ospitato<br />

il presidente Obama in occasione della visita<br />

alla città.<br />

francocarletti54@gmail.com<br />

www.francocarletti.it<br />

Progetto in Val d’Orcia, sui resti della vecchia fornace, acrilico su tela, cm 70x50, 2016<br />

32<br />

FRANCO CARLETTI


Forza e amore, acrilico su tela, cm 100x70, 2017<br />

Livina, vestita di lettere d’amore, acrilico su tela, cm 100x150, 2017<br />

FRANCO CARLETTI 33


Eccellenze toscane<br />

in Cina<br />

A cura di<br />

Michele Taccetti<br />

Un brand giovane dal gusto classico lanciato con<br />

successo sul mercato cinese<br />

L’esperienza e la competenza maturate<br />

attraverso la lavorazione di<br />

materiali pregiati per famose griffe<br />

hanno consentito a questo nuovo marchio<br />

di proporre prodotti di altissima<br />

qualità con uno stile classico che piace<br />

anche ai giovani. La cura dei dettagli<br />

e della lavorazione sono i punti di forza<br />

di questo nuovo brand che seleziona<br />

le pelli e gli accessori con la meticolosità<br />

e la cura proprie delle grandi firme<br />

dalle quali ha ereditato, oltre al metodo<br />

di lavoro, il severo controllo di qualità.<br />

Un elemento caratterizzante della<br />

linea MFVP è senza dubbio il colore dei<br />

modelli di punta. Questi rappresentano<br />

il vero biglietto da visita della linea, determinandone<br />

il carattere e l’originalità.<br />

Uno dei soci, affermato pittore conosciuto<br />

anche all’estero per l’uso del colore,<br />

ha dato lo spunto per la creazione<br />

di questi modelli di immediato impatto.<br />

Altro elemento di rilievo di questo giovane<br />

brand è la linea di profumi, composti<br />

solo da elementi naturali, privi di<br />

alcool e sostanze chimiche. Raffinati nel<br />

gusto e nella proposta commerciale, i<br />

profumi MFVP regalano a chi li indossa<br />

un’esperienza unica e salutare. Anche il<br />

packaging è curato nei materiali e nel<br />

Alcune delle borse disegnate e prodotte dalla MFVP<br />

Claudio Barbugli, il socio pittore della MFVP,<br />

con due suoi dipinti presentati di recente in<br />

occasione di una collettiva nel Salone Donatello<br />

della Basilica di San Lorenzo a Firenze<br />

34<br />

ECCELLENZE TOSCANE


Un particolare della linea di profumi<br />

design e risente della proposta artistica<br />

del socio “pittore”. MFVP guarda da<br />

subito ai mercati emergenti e più attenti<br />

ai valori del vivere sano e della natura.<br />

Così la Cina è per MFVP il mercato estero<br />

di punta e Shanghai, dove a fine mese<br />

verrà aperto uno showroom, diventa<br />

la vetrina internazionale per rivolgersi<br />

al mondo. La collezione interpreta pienamente<br />

l’eccellenza del Made in Italy,<br />

ragione per cui ha già incontrato i consensi<br />

dei consumatori del grande paese<br />

asiatico da quando a luglio il brand<br />

ha iniziato l’esplorazione del mercato cinese.<br />

Un investitore di Shanghai ha già<br />

manifestato l’interesse a promuovere il<br />

marchio MFVP unitamente ai quadri del<br />

socio artista, anche grazie al successo<br />

della sua mostra a Pechino lo scorso<br />

agosto. La linea di profumi 100% naturali<br />

s’inserisce in un mercato, quello<br />

della cosmesi, che in Cina è forse fra i<br />

più importanti, con altissimi volumi di<br />

vendita, ma anche fortemente concorrenziale<br />

e dominato dai grandi brand e<br />

dalle multinazionali. Tuttavia la proposta<br />

MFVP vuole essere diversa dalle altre<br />

e fare forza sul fattore salutistico/<br />

biologico che la rende unica. MFVP, un<br />

brand giovane dal gusto classico.<br />

Via Vittorio Veneto, 190<br />

50062 Dicomano (FI)<br />

+39 335 8165448<br />

+39 333 7145431<br />

www.mfvp.eu<br />

Michele<br />

Taccetti<br />

Laureato in Scienze Politiche con una tesi sugli scambi economici tra Italia<br />

e Cina ed erede della propria famiglia, operante con il grande paese<br />

asiatico fin dal 1946, assiste da oltre un ventennio le aziende italiane interessate<br />

ad aprire il mercato cinese in vari settori merceologici e, in particolare,<br />

alla promozione del Made in Toscana in Cina. Svolge attività di formazione in materia<br />

di Marketing ed Internazionalizzazione ed è consulente per il Ministero dello<br />

Sviluppo Economico.<br />

Per info:<br />

michele.taccetti@china2000.it<br />

China 2000 srl<br />

@Michele Taccetti<br />

taccetti_dr_michele<br />

Michele Taccetti<br />

ECCELLENZE TOSCANE<br />

35


Eventi in<br />

Toscana<br />

Enoteca Marconcini<br />

Sessant’anni di attività all’interno del Mercato Centrale di Firenze.<br />

Un traguardo festeggiato lo scorso 14 ottobre con la consegna di una<br />

targa da parte del sindaco Dario Nardella<br />

di Fabrizio Borghini / foto courtesy Enoteca Marconcini<br />

Da sessant’anni l’azienda Marconcini<br />

è presente all’interno del<br />

Mercato Centrale di San Lorenzo.<br />

Un traguardo importante festeggiato<br />

lo scorso 14 ottobre alla presenza di Dario<br />

Nardella, sindaco di Firenze, che ha consegnato<br />

ai titolari Michele e Marco Marconcini<br />

una targa quale riconoscimento<br />

del lavoro portato avanti in questi anni con<br />

impegno, serietà e dedizione. Una storia<br />

iniziata nel 1957, quando Alessandro, capostipite<br />

della “dinastia”, decide di aprire<br />

un negozio di generi alimentari. Dopo una<br />

prima conversione dell’attività in bottiglieria,<br />

nel 2009 nasce l’Enoteca Marconcini,<br />

divenuta ormai un punto di riferimento per<br />

chi desidera il meglio nelle proprie cantine<br />

e a tavola. A gestirla è la seconda generazione,<br />

quella dei figli Marco e Michele,<br />

affiancati dal giovane Lorenzo e Alessandro,<br />

ai quali spetterà in futuro il timone<br />

dell’azienda. Originaria di Montespertoli,<br />

dove tuttora risiede, la famiglia Marconcini<br />

coltiva da sempre un profondo legame<br />

con il territorio toscano e<br />

con le sue eccellenze enogastronomiche.<br />

Da qui la scelta<br />

di proporre ai clienti solo prodotti<br />

di qualità provenienti dalle<br />

migliori zone di produzione<br />

sia toscane che di altre regioni<br />

italiane. E’ il caso sia dei vini,<br />

di cui offrono un’ampia scelta<br />

tra grandi aziende toscane<br />

e nazionali e piccoli produttori<br />

locali della zona del Chianti,<br />

sia dei pregiati oli extravergine<br />

di oliva anche questi toscani.<br />

Sempre dal Chianti vengono<br />

il vin santo e i cantuccini,<br />

e ad arricchire la scelta un vasto<br />

assortimento di spumanti,<br />

champagne, limoncello di<br />

Sorrento, liquori, prodotti al<br />

tartufo, caffè, aceto balsamico<br />

di Modena, prodotti tipici delle<br />

Cinque Terre. Una qualità che il cliente può<br />

testare grazie alle degustazioni gratuite, e<br />

per i più esigenti o per coloro che vengono<br />

da lontano la merce viene spedita ovunque,<br />

anche per via aerea.<br />

L’Enoteca Marconcini all’interno del Mercato Centrale di Firenze<br />

www.enotecamarconcini.it<br />

info@enotecamarconcini.it<br />

+39 055 284771<br />

Dario Nardella, sindaco di Firenze, e Cecilia Del Re, assessore allo Sviluppo Economico, durante la<br />

consegna della targa a Michele, Marco e al giovane Lorenzo Marconcini, quale riconoscimento per<br />

i sessant’anni di attività<br />

36 ENOTECA MARCONCINI


A cura di<br />

Anita Norcini Tosi<br />

Dimensione<br />

Salute<br />

C’era una volta la guerra al cancro<br />

Il volume dell’oncologo Michele Maio,<br />

Il corpo anti cancro, è un validissimo<br />

messaggio di speranza per ogni individuo,<br />

che trova nella sofferenza fisica<br />

motivo di angoscia e di ansia per la vita.<br />

Questo libro vuole essere un’arma segreta<br />

e al tempo stesso una nuova speranza:<br />

nel nostro paese il cancro colpisce<br />

mille persone al giorno e la parola che alcuni<br />

faticano persino a pronunciare è di<br />

fatto quella malattia contro cui combattono<br />

da lungo tempo. Forse l’arma segreta<br />

è già in ogni persona, si chiama<br />

sistema immunitario, il più complesso<br />

ed efficiente apparato di difesa che la natura<br />

abbia mai creato. Bisogna però scoprirne<br />

tutte le potenzialità, capire come<br />

attivarle ed imparare ad usarle. In questa<br />

direzione si è mosso il dottor Maio<br />

adottando questo nuovo trattamento terapeutico<br />

che realizza un vero e proprio<br />

sblocco del sistema immunitario, del super<br />

organismo disperso in mille agenti<br />

attivi e presenti ovunque.La medicina<br />

sta acquisendo lo status di nuova fede<br />

per l’umanità, che vive un’esistenza così<br />

dinamica ed in continua trasformazione<br />

ma che trova nella scienza uno strumento<br />

rassicurante per combattere la malattia.<br />

Ecco allora come le nuove frontiere<br />

della scienza in campo medico riescono<br />

ad attivare le energie intime dell’individuo<br />

e a lui oramai remote, aiutandolo<br />

a ritrovare fiducia in se stesso e a vincere<br />

contro il male. Michele Maio è uno<br />

dei maggiori oncologi mondiali, che di<br />

questo nuovo approccio è pioniere e capofila,<br />

“ai trionfalismi preferisce i fatti<br />

concreti”.<br />

DIMENSIONE SALUTE<br />

37


Ritratti<br />

d’artista<br />

Salvatore Sardisco<br />

La pittura come percorso di conoscenza<br />

di Daniela Pronestì / foto courtesy dell’artista<br />

Un percorso verso la conoscenza<br />

di sé: così Salvatore Sardisco<br />

definisce la pittura. Un pensiero<br />

che lo accompagna da sempre, tanto<br />

da porsi quale elemento fondante<br />

della sua cifra espressiva. Nello spazio<br />

breve della superficie dipinta si condensano<br />

memorie, esperienze vissute<br />

e speranze che la trasposizione artistica<br />

consegna alla sensibilità dell’osservatore.<br />

«Vorrei - scrive l’artista toscano<br />

- che le mie opere fossero motivo di riflessione<br />

ed introspezione per quanti<br />

come me cercano risposte alle proprie<br />

domande». Una ricerca di senso della<br />

vita e delle azioni umane che accomuna<br />

tanto i ritratti quanto le opere con<br />

tema sacro: soggetti diversi protagonisti<br />

entrambi di un cammino verso la<br />

verità che parte dall’uomo per arrivare<br />

a Dio. Amore, comprensione, umiltà,<br />

fratellanza: di questi valori - sostiene<br />

Sardisco - deve nutrirsi la rappresentazione<br />

pittorica, cercando nella figura<br />

umana, nell’altro da sé, lo specchio<br />

di una condizione universale. E’ quanto<br />

accade nei ritratti, dove tra volti familiari<br />

e bellezze sconosciute l’artista<br />

scopre nuove sfaccettature di se stesso:<br />

lo vediamo soffermarsi con animo<br />

colmo di commozione sull’espressione<br />

innocente di un bambino, sullo sguardo<br />

luminoso della donna amata, sulla<br />

promessa di felicità nascosta in un sorriso.<br />

Un realismo attento ai particolari<br />

eppure mai freddo, nonostante siano<br />

immagini spesso desunte da un referente<br />

fotografico. Disegno e colore diventano<br />

complici, infatti, di una tecnica<br />

che non prevarica il significato ma lo fa<br />

emergere con forza. Lo stesso si può<br />

dire delle opere “lineariste”, così definite<br />

per via dello sviluppo continuo del<br />

segno sulla superficie bianca del foglio.<br />

Come già nel disegno automatico surrealista,<br />

anche in questo caso la penna<br />

biro diventa tramite di un flusso interiore<br />

che si manifesta dall’inizio alla fine<br />

senza mai interrompersi. L’immaginario<br />

evocato spazia dal trascendente all’onirico,<br />

dal concreto all’astratto, in un processo<br />

creativo costantemente sospeso<br />

tra controllo e casualità. Una scrittura<br />

intima mediante la quale si materializzano<br />

visioni radicate nel profondo, chiamando<br />

il colore a completare il sentiero<br />

tracciato in precedenza dal disegno.<br />

Non vanno dimenticate le tante opere<br />

dove s’intrecciano richiami alla mistica<br />

e all’esoterismo, in una sintesi sincretista<br />

che pone al centro l’essere umano<br />

e il rapporto con il divino. Una conferma<br />

del bisogno d’intendere l’arte come<br />

manifestazione esistenziale, trovando<br />

nell’aspirazione al bello la via per giungere<br />

ad una rinnovata consapevolezza.<br />

Nato nel 1959, manifesta fin da bambino<br />

una naturale predisposizione<br />

al disegno. Ancora giovanissimo,<br />

incontra Pietro Annigoni che lo invita a frequentare<br />

la sua bottega per perfezionare<br />

lo studio del disegno e delle tecniche pittoriche.<br />

Tra il 1970 e il 1980 prende parte<br />

a diverse mostre collettive con il gruppo di<br />

cooperazione artistica di Montecatini Terme.<br />

La prima personale nel 2014 a Monsummano<br />

Terme. Tra gli altri eventi espositivi si ricordano<br />

quelli del 2017 a Pistoia (Atrio del<br />

Tribunale) e Firenze (Auditorium al Duomo).<br />

Sempre a Firenze prenderà parte nel mese<br />

di novembre alla collettiva Arte in San Lorenzo<br />

(Salone Donatello) promossa dall’associazione<br />

Toscana Cultura.<br />

www.sardiscostylus.com<br />

+39 335 5394664<br />

38<br />

SALVATORE SARDISCO<br />

La felicità, olio su tela, cm 50x70, 2017


39


Eventi in<br />

Toscana<br />

Case del mondo nelle foto di<br />

Geo Bruschi<br />

di Elisabetta Mereu / foto Geo Bruschi<br />

Se è vero che la casa è il posto dove<br />

sta il cuore, il fotografo fiorentino<br />

Geo Bruschi ne ha lasciato un pezzetto<br />

in ognuno dei 130 paesi che ha visitato<br />

ed immortalato nel corso della sua<br />

vita. Prima con la storica Leika e poi con<br />

l’inseparabile Nikon. Migliaia di immagini<br />

che hanno dato vita a decine di mostre<br />

in diverse parti d’Italia e non solo. Quella<br />

inaugurata il 3 di novembre a Pistoia è<br />

solo l’ultima in ordine di tempo. Si intitola<br />

Abitare nel mondo ed è visibile fino alla fine<br />

di questo mese presso il Liceo Artistico<br />

Statale Policarpo Petrocchi, nella piazzetta<br />

San Pietro. Attraverso i suoi scatti Bruschi,<br />

ex imprenditore oggi 87enne, vuole<br />

sottolineare i molteplici aspetti dell’abitare<br />

in vari paesi del mondo. Circa 60 immagini<br />

per illustrare forme, materiali, tipologie<br />

Geo Bruschi nello studio della sua casa di Bagno<br />

a Ripoli<br />

Islanda<br />

di costruzione, varietà cromatiche e diverse<br />

caratteristiche architettoniche su ciò che<br />

rappresenta l’abitazione a varie latitudini.<br />

Un’esposizione che diventa un racconto<br />

figurato anche su come si è modificato<br />

il bisogno di casa. «Le più brutte in assoluto<br />

che ho visto – mi dice, rispondendo<br />

alla domanda su quali siano le abitazioni<br />

che l’hanno colpito di più – sono nella zona<br />

centrale di Pechino! Mentre quelle che<br />

mi hanno meravigliato maggiormente sono<br />

le case islandesi perché sono senza finestre.<br />

Hanno il tetto di muschio, alto circa<br />

1 metro e pareti di terracotta. Mentre le fotografavo<br />

ho pensato che lì non avrei mai<br />

potuto abitarci!». Come consuetudine, parallelamente<br />

alle sue mostre, vengono organizzati<br />

incontri con l’autore. E anche al<br />

liceo pistoiese, uno dei più grandi d’Europa,<br />

Geo parlerà agli studenti. Come spiega<br />

la dirigente scolastica, Elisabetta Pastacaldi,<br />

che racconta anche come ha conosciuto<br />

questo straordinario “reporter” col quale<br />

ha già collaborato proprio recentemente.<br />

«Ho conosciuto Geo Bruschi casualmente<br />

grazie ad una comune amica – dice. Lei<br />

mi parlò di un grande fotografo, ottuagenario,<br />

che aveva girato tutto il mondo facendo<br />

degli stupendi reportage fotografici.<br />

Incuriosita ho voluto conoscerlo perché ritenevo<br />

che la sua esperienza avrebbe potuto<br />

essere molto utile agli studenti della<br />

sezione Audiovisivi e Multimedia del li-<br />

Elisabetta Pastacaldi dirigente scolastica Liceo<br />

Artistico Statale Policarpo Petrocchi<br />

ceo artistico che dirigo. Quindi ci siamo incontrati<br />

nella sua bellissima casa vicino a<br />

Firenze, dove ho potuto vedere lo straordinario<br />

patrimonio fotografico di cui dispone.<br />

Non solo: ogni foto era corredata da un<br />

aneddoto e da un racconto che Geo con la<br />

sua voce tranquilla esponeva lentamente,<br />

con gli occhi brillanti, accesi dalla soddisfazione<br />

di aver potuto vivere e registrare<br />

quell’esperienza. Lo scorso maggio abbiamo<br />

organizzato la prima mostra sul tema<br />

Le culture nel mondo con una serie di immagini<br />

di uomini e donne di paesi e continenti<br />

diversi. Geo ha parlato ai ragazzi della<br />

sua esperienza di fotografo, li ha incuriositi<br />

ed incoraggiati. E’ rimasto talmente soddisfatto<br />

che quando gli ho proposto di partecipare<br />

alle nostre Conversazioni con l’arte<br />

- incontri tra esperti di vari settori e gli studenti,<br />

a seconda degli indirizzi di studio -<br />

ha immediatamente accettato. Lui sarà<br />

infatti il primo relatore che parlerà agli studenti<br />

di Grafica e di Audiovisivi. Per l’occasione<br />

- conclude la direttrice - abbiamo<br />

anche indetto un concorso fra i nostri allievi<br />

sul tema della casa come frutto della<br />

civiltà in cui viviamo. E sarà lui stesso che -<br />

alla fine dell’anno - premierà con una borsa<br />

di studio, la foto di maggior impatto tra<br />

quelle scattate dai nostri alunni».<br />

LICEO<br />

ARTISTICO<br />

PETROCCHI<br />

40<br />

GEO BRUSCHI


YEMEN-Al, Hayat, rock house<br />

U.S.A-Wayoming, Casper, Museo militare<br />

U.S.A. New York, Manhattan<br />

41


Ritratti<br />

d’artista<br />

Franco Giomini in arte<br />

“Il Giomo”<br />

Vincitore di concorsi internazionali, coltiva<br />

fin da giovane la passione per la fotografia,<br />

immortalando soprattutto la natura<br />

di Paolo Pisani / foto courtesy dell’artista<br />

Nato a Casteldelpiano in provincia<br />

di Grosseto nel 1954,<br />

Franco Giomini si avvicina alla<br />

fotografia all’età di venticinque anni.<br />

Tutto nasce da una macchinetta regalatagli<br />

in occasione di un compleanno.<br />

Inizialmente furono i tramonti a fare da<br />

filo conduttore a questo suo hobby e,<br />

man mano, la natura s’impose con le<br />

sue bellezze. Di grande importanza, per<br />

la sua formazione professionale, il lungo<br />

periodo di collaborazione con l’Agenzia<br />

Fotografica BF ed in particolare<br />

con Tonino Ferrari. Alla collaborazione<br />

con Aulo Guidi si devono, invece, i<br />

calendari pubblicati nel 2000 e dati in<br />

omaggio a varie associazioni impegnate<br />

nel sociale per supportarne l’attività con<br />

il ricavato delle vendite. Al suo estro naturale,<br />

“Il Giomo” - come ama farsi chiamare<br />

- ha progressivamente aggiunto<br />

una sempre più sviluppata capacità di<br />

‘scoperta’, diventando nel tempo, ancora<br />

più originale ed inconfondibile.<br />

Amante dei viaggi, ha realizzato reportage<br />

e curato vari book fotografici.<br />

Un genere, che lo ha anche portato<br />

in TV importanti, come Canale 5 nella<br />

trasmissione L’Arca di Noè. Da oltre<br />

dieci anni, lavora su volti e corpi di<br />

modelle, realizzando foto nelle quali con<br />

eleganza e sfumature romantiche, mette<br />

in risalto tutta la bellezza femminile.<br />

Non manca nel suo corollario fotografico<br />

la ricerca dell’allegoria e dell’ironia,<br />

rivolte ad esempio ai cibi o agli<br />

oggetti d’uso comune, di cui il volume<br />

Una fame bestiale ne è pregievole testimonianza<br />

editoriale. Un Franco Giomini<br />

dunque che, seppure vincitore di<br />

numerosi premi e invitato a prestigiosi<br />

concorsi, tra cui quello di fama inter-<br />

42


nazionale all’History<br />

Museum in Inghilterra,<br />

continua con<br />

semplicità ad avere<br />

successo e a regalare<br />

i suoi preziosi e<br />

inconfondibili scatti!<br />

Un’ultima cosa: potrà<br />

sembrare strano<br />

ma primavera, autunno<br />

e inverno sono<br />

per lui le stagioni<br />

fotograficamente<br />

più…prolifiche. Sottovoce,<br />

vi dico però<br />

che d’estate non sta<br />

affatto con le mani in<br />

mano!<br />

ilgiomo@gmail.com<br />

+ 39 366 1310846<br />

43


Obbiettivo<br />

Fotografia<br />

A cura di<br />

Maria Grazia Dainelli<br />

Il GAT<br />

E’ il Gruppo Audiovisivi Toscana della Federazione<br />

Italiana Associazioni Fotografiche<br />

Fin dalla fine degli anni 70 in Toscana c’è stato un<br />

ristretto gruppo di appassionati che realizzava delle<br />

proiezioni utilizzando diapositive e musiche<br />

appropriate. Con l’avvento della fotografia digitale<br />

quella tecnica alquanto elaborata è stata sostituita<br />

da programmi specifici di montaggio, permettendo<br />

di realizzare opere sempre più complesse ed artistiche.<br />

Recentemente nel 2015 alcuni fotografi appassionati<br />

di audiovisivi si sono aggregati in un gruppo informale,<br />

indipendente dai circoli fotografici e associazioni<br />

del territorio, nell’intento di produrre e divulgare questo<br />

particolare strumento di espressione artistica che<br />

sintetizza in pochi minuti un racconto avvalendosi della<br />

fotografia, dei video, dei suoni, di letture e di musiche.<br />

L’attività prevede corsi, seminari, workshop, per<br />

la formazione e la crescita personale dei partecipanti.<br />

Organizza manifestazioni e proiezioni a livello regionale.<br />

Quest’anno sei membri del GAT hanno partecipato<br />

all’11° circuito nazionale di audiovisivi della federazione<br />

fotografica nazionale con eccellenti risultati.<br />

Per informazioni:<br />

Eroica è la vita, audiovisivo realizzato dal Triangolo Magico<br />

(gruppo di autori facenti parte del GAT) vincitore dell’11˚ circuito<br />

AUDIOVISIVO Fiaf/Diaf 2017<br />

GAT Gruppo Audiovisivi Toscana<br />

gruppoAVToscanagmail.com / emy.lan@alice.it<br />

www.youtube.com/watch?v=DoSjGo_AfBI<br />

44<br />

GAT


Obbiettivo<br />

Fotografia<br />

Enrico Carretti<br />

Dona dignità agli oggetti semplici<br />

attraverso un equilibrio estetico<br />

compositivo di forma e luce<br />

La fotografia è “comunicazione<br />

visiva”, e quindi ogni mezzo è<br />

buono per “comunicare” le proprie<br />

emozioni, il proprio stato d’animo,<br />

quindi non è disdegnato l’uso delle varie<br />

tecniche di elaborazione dell’immagine<br />

(post-produzione, all’attualità) in qualche<br />

modo peraltro figlia dei vari modi già<br />

utilizzati nella fotografia “analogica/tradizionale”.<br />

Lo scopo della fotografia del<br />

sottoscritto, è quello di dare, per ogni<br />

serie, pochi essenziali segnali nella speranza<br />

di catturare attraverso l’equilibrio<br />

estetico-compositivo, la forma, la luce,<br />

l’interesse dell’osservatore. La ricerca in<br />

buona parte è mirata a ridare dignità ad<br />

oggetti semplici, spesso quotidiani, magari<br />

appartenenti al passato, il che li rende<br />

inutili e li proietta appunto nel mondo<br />

del dimenticato e dell’inutile, attraverso<br />

un nuovo ruolo nell’immagine. Il tutto in<br />

un percorso tendente a rappresentare e<br />

raccontare, se non con nulla, con meno<br />

possibile. A ciò talvolta si contrappongono<br />

serie di immagini con composizioni<br />

ricche, barocche, cariche di riferimenti<br />

alla peraltro inarrivabile pittura del passato.<br />

Non meno appassionante è la ricerca<br />

sui “pezzetti di muro”, che si alterna<br />

ai “bussolotti” e sempre più rari paesaggi,<br />

urbani e non, ove la figura umana<br />

compare quasi mai, elaborati in postproduzione<br />

per raccontare meglio la sensazione<br />

provata e che si vuol ritrasmettere<br />

allo spettatore.<br />

e.carretti.fi@gmail.com<br />

+39 338 3326862<br />

Nato il 25/12/1955, a Firenze dove<br />

vive e lavora. Libero professionista<br />

(architetto), sposato,<br />

con una figlia musicista. Frequenta il<br />

Liceo Artistico di Firenze e nel 1982 si<br />

laurea in Architettura con 110/110 e lode.<br />

La passione per la fotografia è nata<br />

all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso;<br />

dopo le prime esperienze di ricerca<br />

nei diversi generi, fotografando in particolare<br />

aspetti minuti e personaggi della<br />

vita cittadina, via via l’interesse è andato<br />

sempre più concentrandosi nella ricerca<br />

di composizioni astratte ricavate<br />

da muri (i pezzetti di muro) e nella “natura<br />

morta” (i bussolotti). Fa parte da<br />

molti anni del club Ideafotografica; ha<br />

partecipato a diversi eventi, con mostre<br />

-per lo più personali- e collettive.<br />

Notturni, 2016<br />

ENRICO CARRETTI 45


Eventi in<br />

Toscana<br />

L’ACSIT: il meglio della<br />

Sardegna a Firenze<br />

L’Associazione Culturale Sardi in Toscana festeggia 35<br />

anni di attività: una lunga storia fatta di passione e di<br />

amore per la propria isola<br />

Non è semplice riassumere quanto<br />

l’ACSIT, l’Associazione Culturale<br />

Sardi in Toscana, ha realizzato<br />

e costruito in trentacinque anni di attività.<br />

Non è semplice perché le attività e le iniziative<br />

sono innumerevoli e anche solo<br />

cercare di stilare un elenco, diventa un’operazione<br />

immane. Sta di fatto che l’ACSIT,<br />

sin dal 1982, anno della sua fondazione,<br />

ha cercato di creare e organizzare eventi e<br />

manifestazioni di qualità, in grado di esaltare<br />

al massimo lo spirito creativo, artistico,<br />

culturale ed imprenditoriale che la Sardegna<br />

era ed è in grado di esprimere. Questo<br />

era lo spirito che nel 1982 spinse un gruppo<br />

di sardi residenti a Firenze ad unirsi per<br />

costituire un circolo, e questo è lo spirito<br />

che ancora oggi anima i soci e caratterizza<br />

le attività dell’Acsit. «Le iniziative proposte<br />

dall’ACSIT – come sottolinea il presidente<br />

Angelino Mereu – puntano alla valorizzazione<br />

di una Sardegna diversa, fuori dagli<br />

stereotipi. Una Sardegna poco conosciuta<br />

che cerca di emergere con proposte di<br />

qualità. Il lavoro che sviluppiamo in tal senso<br />

come ACSIT ci impegna, quindi, sia in<br />

un’opera progettuale su lavori originali, ma<br />

anche in azioni di supporto organizzativo<br />

e di mediazione con le istituzioni fiorentine<br />

e toscane». Bisogna sottolineare, infatti,<br />

che l’Acsit, sin dalla sua fondazione, ha<br />

sempre cercato di creare un dialogo e una<br />

collaborazione con le istituzioni locali, proprio<br />

per favorire condizioni di massima integrazione<br />

per quei sardi che hanno scelto<br />

di vivere in Toscana. Il tutto senza mai interrompere<br />

il forte vincolo che lega i sardi<br />

alla loro terra d’origine. In tal senso può<br />

essere inteso il Servizio di bigliettazione<br />

per la Sardegna, svolto in collaborazione<br />

con Eurotarget presso la sede ACSIT<br />

in piazza Santa Croce 19. Tale servizio, da<br />

e per la Sardegna, è riservato ai soci AC-<br />

SIT (sardi e non) e prevede convenzioni<br />

con tutte le compagnie di navigazione, con<br />

notevoli risparmi per chi vuole raggiungere<br />

l’isola. Partendo dai presupposti sopra<br />

enunciati, l’ACSIT sta lavorando per una<br />

serie di eventi da realizzare entro l’anno e<br />

nel 2018. «Nel 2017 – spiega Mereu – abbiamo<br />

avuto un’attività frenetica che ci ha<br />

visto organizzare la rassegna cinematografica<br />

Made in Sardegna in collaborazione<br />

con il Teatro della Compagnia. Abbiamo,<br />

poi, avuto ospiti i 40 componenti del coro<br />

polifonico di Atzara che si sono esibiti, con<br />

il coro fiorentino della Martinella, presso il<br />

Teatro Goldoni, per poi essere protagonisti,<br />

la domenica mattina, presso la Basilica<br />

di Santa Maria Novella dove hanno accompagnato<br />

la messa con l’esecuzione di canti<br />

tradizionali sardi. Le nostre iniziative hanno<br />

coinvolto i produttori sardi con una serie<br />

di incontri (molto partecipati) sulle produzioni<br />

vinicole tipiche della Sardegna il cui<br />

ultimo incontro è previsto per dicembre».<br />

Ma le attività non si esauriscono qui. L’Acsit,<br />

infatti, ha appena organizzato una giornata<br />

dedicata allo scrittore Giuseppe Dessì<br />

nel quarantennale della sua morte. L’incontro,<br />

che si è svolto il 26 ottobre al Teatro<br />

della Compagnia, ha visto la partecipazione<br />

di Anna Dolfi dell’Università di Firenze,<br />

di Paolo Lusci, presidente della Fondazione<br />

Dessì e del critico cinematografico Gianni<br />

Olla, oltre all’intervento di Francesco Dessì,<br />

figlio dello scrittore. Per la fine di novembre<br />

(mercoledì 29 presso il Teatro della<br />

Compagnia) è in programma un importante<br />

appuntamento con il geologo Mario<br />

Tozzi e il jazzista Enzo Favata che presenteranno<br />

il loro spettacolo Mediterraneo.<br />

Le radici di un Mito, basato sulle teorie<br />

che identificano la mitica Atlantide con la<br />

Sardegna. A dicembre, prima delle festività<br />

natalizie, ci sarà il consueto appuntamento<br />

con la cena sociale ACSIT che, come tutti<br />

gli anni, permetterà di assaporare piatti<br />

e prelibatezze tipiche della Sardegna. Nel<br />

frattempo continuano le attività di promozione<br />

della cultura isolana con la presentazione<br />

di libri, mostre d’arte, esibizioni<br />

musicali e rappresentazioni teatrali. Continua<br />

anche la programmazione delle attività<br />

per il 2018 con la ripetizione della rassegna<br />

cinematografica Made in Sardegna e con<br />

la predisposizione di una importante iniziativa<br />

dedicata allo scrittore e politico Emilio<br />

Lussu, organizzata in collaborazione con<br />

l’Istituto De Martino di Sesto Fiorentino.<br />

Grandi fermenti e grandi attività, dunque,<br />

tutte all’insegna di una Sardegna fuori dagli<br />

schemi: una Sardegna da scoprire, far<br />

conoscere e valorizzare.<br />

A.C.S.I.T. Associazione Culturale Sardi in Toscana<br />

Piazza Santa Croce, 19 - 50122 FIRENZE - Casella Postale 1446 FI7<br />

Tel. 055 240549 - Fax: 055 242006<br />

info@acsitfirenze.it - www.acsitfirenze.net<br />

46 ACSIT


Eventi in<br />

Toscana<br />

Mario Tozzi & Enzo Favata<br />

Spettacolo per voce narrante e musica<br />

Mercoledì 29 novembre a Firenze<br />

Nell’ambito degli eventi previsti<br />

per celebrare i 35 anni della<br />

fondazione dell’ACSIT, per<br />

mercoledì 26 novembre, è in programma,<br />

presso il Cinema La Compagnia,<br />

lo spettacolo Sardegna le<br />

radici della storia con Mario Tozzi ed<br />

Enzo Favata. Lo spettacolo, già presentato<br />

con successo in Sardegna,<br />

rappresenta il felice connubio tra uno<br />

scienziato della terra e un musicista<br />

che della musica della sua terra<br />

ha fatto una inconfondibile cifra stilistica.<br />

Mario Tozzi, il geologo noto al<br />

grande pubblico per le sue trasmissioni<br />

televisive, e Enzo Favata, sassofonista<br />

jazz apprezzato sulla scena<br />

internazionale, insieme raccontano<br />

l’isola della Sardegna attraverso il<br />

particolare punto di vista della geologia,<br />

scienza tanto affascinante quanto<br />

trascurata, e la musica al confine tra<br />

passato e futuro. Da questo incontro<br />

scaturisce un affresco inedito della<br />

Sardegna, un film senza immagini<br />

raccontato con le parole e i suoni,<br />

nel quale prendono forma paesaggi<br />

arcaici, miti dimenticati e ricerca<br />

scientifica, rivelando allo spettatore<br />

una geografia antica, sepolta nella<br />

stratificazione delle ere geologiche<br />

e preistoriche. Per quanto riguarda<br />

gli aspetti tecnici, lo spettacolo è essenziale<br />

e non ha grandi esigenze in<br />

quanto prevede la presenza contemporanea<br />

dei due autori sul palco, le<br />

normali dotazioni audio e la proiezione<br />

di slides illustrative. Mario Tozzi,<br />

scienziato, primo ricercatore presso<br />

il CNR, ha condotto studi sull’evoluzione<br />

geologica del Mediterraneo<br />

centro-orientale. E’ autore di oltre<br />

50 pubblicazioni scientifiche su riviste<br />

italiane e internazionali. Il suo ultimo<br />

libro Paure fuori luogo: perché<br />

temiamo le catastrofi sbagliate è stato<br />

pubblicato da Einaudi nel 2017,<br />

preceduto da altri titoli come Pianeta<br />

Terra. Ultimo Atto edito da Rizzoli,<br />

Il grande libro della Terra e Italia segreta.<br />

Viaggio nel sottosuolo da Torino<br />

a Palermo. E’ noto al grande pubblico<br />

anche per una serie di fortunate trasmissioni<br />

televisive di divulgazione<br />

scientifica: Gaia, il pianeta che vive, Atlantide,<br />

Allarme Italia, La Gaia Scienza.<br />

Da molti anni visita la Sardegna per i<br />

suoi studi, in particolare ha seguito<br />

il giornalista Sergio Frau nella ricerca<br />

di dati scientifici a supporto della<br />

teoria dell’identificazione tra la Sardegna<br />

e la mitica Atlantide. Oggi unisce<br />

la sua competenza scientifica e le<br />

doti di comunicatore per dedicarsi ad<br />

una intensa attività di educazione delle<br />

giovani generazioni alla conoscenza<br />

delle tematiche legate all’ambiente<br />

e alla salvaguardia dei territori. Enzo<br />

Favata, musicista apprezzato sulla<br />

scena del jazz internazionale come<br />

sassofonista, è anche compositore e<br />

autore di musiche originali per cinema,<br />

radio, teatro, documentaristica. I<br />

suoi progetti, caratterizzati da un originale<br />

intreccio tra musiche popolari<br />

e avanguardia, sono stati ospitati<br />

in prestigiosi festival ed innumerevoli<br />

palcoscenici, in tutto il mondo. Favata<br />

ha suonato e registrato dischi con<br />

Dino Saluzzi, Enrico Rava, Miroslav<br />

Vitous, Lester Bowie, Art Ensemble<br />

of Chicago, Metropole Orkest, Dave<br />

Liebman, Guinga, Omar Sosa, Django<br />

Bates Tenores di Bitti Eivind Aarset,<br />

Jan Bang e tanti altri. Attualmente<br />

ha al suo attivo 16 dischi. Molto abile<br />

con l’elettronica dal vivo, miscelata<br />

con i suoi strumenti a fiato, la utilizza<br />

in questo progetto con un sistema di<br />

filtraggio del suono dei suoi sassofoni,<br />

clarinetti e strumenti etnici, creando<br />

magiche atmosfere sonore sulle quali<br />

scorre la narrazione e il racconto di Mario<br />

Tozzi.<br />

Gli acquerelli di Angelino<br />

Mereu in mostra a Firenze<br />

Una mostra monotematica quella di Angelino<br />

Mereu che presenta cinquanta<br />

acquerelli sull’isola di Tavolara.<br />

Tavolara: l’isola che c’è, questo il titolo<br />

della mostra che avrà un’anteprima,<br />

presso il Cinema La Compagnia, mercoledì<br />

29 novembre, per poi proseguire,<br />

sino al 10 dicembre, presso la sede<br />

ACSIT in piazza Santa Croce 19 a Firenze.<br />

Il catalogo (64 pagine), edito da Nardini,<br />

ha la prefazione di Mario Tozzi e,<br />

oltre agli acquerelli in mostra, raccoglie<br />

citazioni e brani dedicati all’isola di Tavolara.<br />

ACSIT 47


Firenze<br />

Mostre<br />

L’arte del modellare la creta<br />

Le allieve di Amalia Ciardi Duprè in mostra al<br />

Circolo degli Artisti Casa di Dante a Firenze<br />

di Silvia Ranzi<br />

Dall’11 al 24 novembre, nei locali<br />

della prestigiosa Società di Belle<br />

Arti - Circolo degli Artisti Casa<br />

di Dante a Firenze, si potranno ammirare<br />

le opere del simposio al femminile che vede<br />

protagoniste le produzioni artistiche di<br />

alcune allieve della rinomata scultrice fiorentina<br />

Amalia Ciardi Duprè, pronipote<br />

dell’insigne Giovanni Duprè, la cui feconda<br />

e suggestiva attività su temi sociali, etici<br />

e sacri ha conosciuto committenze e riconoscimenti<br />

sul piano nazionale ed internazionale,<br />

collaborando con vari architetti per<br />

decorazioni scultoree di chiese, piazze e<br />

giardini, di cui ricordiamo nei pressi di Fiesole<br />

la mistica abside in terracotta di San<br />

Lorenzo a Vincigliata e gli arredi liturgici a<br />

San Bernardino in Borgunto. L’iniziativa ha<br />

il patrocinio della Fondazione Amalia Ciardi<br />

Duprè e del Museo CAD, dove da anni<br />

si svolgono significativi corsi di discepolato<br />

per padroneggiare la modellazione della<br />

creta e favorire un personale imprinting.<br />

Le artiste in collettiva, che hanno origini diverse<br />

e multiformi percorsi professionali<br />

alle spalle, sono accomunate dalla passione<br />

per la lavorazione della creta con le sue<br />

peculiarità di leggerezza e solidità, nel perseguimento<br />

di ideazioni scultoree legate<br />

alla verosimiglianza figurativa che, sotto<br />

l’azione intimista dell’ispirazione, si carica<br />

di valenze ideali. Nei soggetti tridimensionali<br />

esposti un accordo privilegiato è tributato<br />

alle sembianze di volti di donna, alle<br />

archetipiche nudità per elevare le movenze<br />

corporee nell’aura del mito o rapportarle<br />

nelle dinamiche relazionali affettive; studiato<br />

è il simbolismo figurativo di denuncia<br />

etico-sociale per spaziare infine su metaforiche<br />

istanze spirituali tra utopia e terapia<br />

per l’anima. I pani di argilla vengono plasmati<br />

dal sentimento tattile delle mani, coadiuvate<br />

da altri strumenti con gestualità<br />

additive o sottrattive, per ottenere creazioni<br />

originali - a tutto tondo, a mezzo busto,<br />

a basso o alto rilievo - rispondenti ai processi<br />

emozionali e cognitivi dell’espressione<br />

plastica. La terracotta artistica - dal<br />

neolitico al periodo etrusco e greco-romano<br />

per balzare al primato conseguito dal<br />

Quattrocento Toscano - con il suo colore<br />

biscottato, rosato o rossastro, impreziosito<br />

da patinature e cromie - fornisce alle<br />

opere una resa di calda tonalità primigenia,<br />

raggiungendo nelle fatture morbide,<br />

corrugate o levigate, a seconda degli stili<br />

messi in opera, una compostezza e classicità<br />

di visione con accenti neoromantici, in<br />

cui il vero viene trasfigurato dall’azione lirica<br />

dell’introspezione nella versatilità dei<br />

temi proposti, trovando un’eco precipua<br />

nelle parole del filosofo estetico Luigi Pareyson:<br />

«L’opera d’arte è insieme materia<br />

e spirito, fisicità e personalità, oggetto ed<br />

interiorità».<br />

Martina Buzio, In volo<br />

Daniela Rosai, Bagnanti<br />

Mimma Di Stefano, Dominio e prepotenza<br />

Elisabetta Collini, L’apparenza<br />

Patrizia Rensi, Carolina<br />

Maria Pia Gonnelli, Abbraccio di<br />

amore e psiche<br />

Marina Pasqua Perotti, Meraviglioso<br />

48 L’ARTE DEL MODEL<strong>LA</strong>RE <strong>LA</strong> CRETA


A cura di<br />

Paolo Bini, relatore Associazione Italiana Sommelier<br />

Arte del<br />

Vino<br />

WineArt: spirali di energia nel bicchiere<br />

Foto courtesy Cantine Bellini<br />

Rimaniamo anche per questo mese<br />

nell’area del Chianti andando<br />

stavolta a scoprirne la versione<br />

considerata da molti la più elegante.<br />

Il Chianti Rufina è prodotto in zone che<br />

possono arrivare oltre i 400 metri di altitudine<br />

e rappresenta, come testimoniato<br />

dal bando del 1716 di Cosimo III°<br />

de’ Medici, una fra le più tradizionali e<br />

preziose aree toscane in cui fare vino.<br />

Cantine Bellini è una storica azienda del<br />

rufinese, fondata nella seconda metà del<br />

XIX° secolo, che sviluppa il suo mercato<br />

in Italia e oltre oceano dove riscuote<br />

un ottimo successo soprattutto in Giappone<br />

e negli Stati Uniti. L’evoluzione del<br />

mercato italiano e internazionale, dovuta<br />

principalmente all’avvicinamento della<br />

generazione “millennials” al mondo<br />

del vino, ha spostato l’interesse di molte<br />

aziende vinicole verso la produzione<br />

di vini semplici, da degustare e da comprendere,<br />

che possano essere bevuti anche<br />

fuori pasto o durante un aperitivo.<br />

Andrea Masi, attuale proprietario e quinta<br />

generazione della famiglia Bellini, consapevole<br />

che la sola realizzazione di un<br />

ottimo prodotto non sia più sufficiente<br />

a renderlo commerciabile, ha ritenuto<br />

necessario uno studio di marketing<br />

che seguisse le tendenze del consumo e<br />

la veste grafica delle nuove bottiglie per<br />

renderle immediatamente riconoscibili<br />

ed appetibili. Ho senza dubbio valutato<br />

stimolante per i lettori de La Toscana,<br />

così particolarmente sensibili alle forme<br />

artistiche, raccontare l’ultima idea di<br />

Andrea: la sua intuizione è stata, infatti,<br />

quella di legare il gusto del suo vino alle<br />

opere di Maurizio Baccili, noto pittore<br />

italiano. Le tipiche spirali quantistiche<br />

dell’artista, opere nelle quali egli dipinge<br />

l’energia e il movimento che percepisce<br />

all’interno della materia, sono risultate<br />

perfette per rappresentare lo spirito del<br />

progetto e l’anima di questa nuova linea<br />

di prodotti chiamata poi MAMB-O, acronimo<br />

di Masi Andrea e Maurizio Baccili.<br />

La scelta enologica, fatta in collaborazione<br />

con Stefano Chioccioli, ha permesso<br />

di creare quattro IGT toscani: un bianco<br />

e rosso a tutto pasto, un Sangiovese in<br />

purezza e un vino di maggiore complessità<br />

invecchiato in barrique, chiamato<br />

Dominante. Vista la riuscita del progetto<br />

è stato da poco inserito un quinto prodotto,<br />

un Chianti, anch’esso pensato per<br />

essere apprezzato da un pubblico giovane<br />

e per questo vinificato con una piccola<br />

parte di uve bianche, tanto da renderlo<br />

più rotondo e profumato.<br />

Proprio dal MAMB-O Chianti DOCG parte<br />

la nostra degustazione che incontra un<br />

vino con nuance decisamente purpurea,<br />

dai profumi di ciliegia, rosa e glicine freschi<br />

con soffi di erbe e caramella gelée;<br />

la vibrante sensazione di agrumi in bocca<br />

garantisce reale piacevolezza e invita<br />

subito a un nuovo sorso; la moderata<br />

tannicità e il corpo snello lo rendono ideale<br />

per primi piatti, dai semplici spaghetti<br />

al pomodoro e basilico ai più aromatici<br />

pici all’aglione.<br />

Il Toscana rosso IGT Dominante, punta di<br />

diamante del progetto WineArt, ha invece<br />

un ventaglio aromatico più complesso<br />

dove staccano i profumi di amarena,<br />

viola e tabacco biondo con intriganti note<br />

a corredo di noce moscata, cioccolato<br />

e foglia di tè essiccata. Buona freschezza<br />

gustativa, struttura solida e sapori fruttati<br />

uniti a tannini ben dosati e alcol moderato,<br />

appagano il palato con seducente<br />

persistenza dal finale speziato. Certamente<br />

perfetto per tagliata di manzo o<br />

carne suina alla brace.<br />

Lasciamo a voi la curiosità di scoprire le<br />

altre suggestive etichette della gamma<br />

WineArt e magari farvi conquistare da<br />

nuove spirali di energia gustativa!<br />

Info e consulenza: wine@bini.eu<br />

I vini di Cantine Bellini con le etichette rimovibili dipinte a mano da Maurizio Baccili<br />

MAMB-O Chianti DOCG e DominanteToscana IGT<br />

ARTE DEL VINO<br />

49


A cura di<br />

Elena Maria Petrini<br />

Un museo per il vino Falerno, amato già<br />

nell’antichità dagli imperatori romani<br />

foto Maurizio Mattei ed Elena Maria Petrini<br />

Nasce a Falciano del Massico, nel<br />

casertano, il museo archeologico<br />

del vino curato dall’archeologo<br />

Ugo Zannini. Quattro sale allestite nei locali<br />

del comune con la ricostruzione di un<br />

termopolio, la statua di Bacco, le riproduzioni<br />

di iscrizioni riguardanti il vino Falerno<br />

e la cartografia con i confini dell’ager Falernus,<br />

pannelli esplicativi della cultura ausone/aurunca,<br />

oltre alla ricostruzione della<br />

prua di una nave romana e di un’altra per<br />

il trasporto delle anfore “dressel 1” e la ricostruzione<br />

in scala di un torchio romano.<br />

Tutt’uno con il museo è il centro studi sui<br />

vini d’epoca romana. Bacco sotto mentite<br />

spoglie sarebbe stato ospite con grande<br />

generosità del vecchio Falerno ed in segno<br />

di gratitudine avrebbe fatto nascere sulle<br />

pendici del Monte Massico viti lussureggianti,<br />

le migliori del mondo antico. Del vino<br />

Falerno testimoniano i grandi scrittori<br />

classici già dai tempi di Giulio Cesare, che<br />

lo gustava con Cleopatra, passando per<br />

Orazio, Marziale, Cicerone, Plinio il Vecchio,<br />

Virgilio, Petronio, Giovenale e più recentemente<br />

Tasso: una DOC ante litteram<br />

divenuta tale il 3 gennaio 1989. Dopo circa<br />

2000 anni di storia, cinque i comuni da cui<br />

viene prodotto attualmente: Carinola, Cellole,<br />

Falciano del Massico, Mondragone e<br />

Sessa Aurunca, tutti a ridosso del vulcano<br />

spento di Roccamonfina. Due grandissime<br />

voci per valorizzare la storia dell’ager<br />

Falernus, una culturale e l’altra istituzionale.<br />

Nel 2010 nasce la Confraternita del<br />

Falerno prima associazione culturale dedicata<br />

al vino Falerno del Massico fondata<br />

da un gruppo di otto amici appassionati<br />

bevitori, nel cuore dell’ager Falernus, con<br />

lo scopo di promuovere e divulgare la cultura<br />

vinicola ed enogastronomica del vino<br />

Falerno del Massico DOC, delle uve che<br />

concorrono alla sua produzione e del suo<br />

territorio d’origine, comunicando attraverso<br />

la storia, la tradizione, il paesaggio<br />

e trasmettendo la passione ai confratelli.<br />

Oggi rappresentata dal priore, Giuseppe<br />

Garozzo Zannini Quirini, il maestro fondatore<br />

Antonio Papa, il maestro tesoriere<br />

Vincenzo Papa, il maestro comunicatore<br />

Franco Santilli, il maestro gastronomo<br />

Giuseppe Orefice, il maestro funzionario<br />

Antonio Zannini ed il maestro negoziatore<br />

Antonio Russo. La seconda voce, invece,<br />

é totalmente istituzionale: anch’essa senza<br />

fini di lucro, può operare solamente se<br />

ne fanno parte almeno il 70 % delle aziende<br />

produttrici di tutta la filiera, e prende il<br />

nome di Consorzio di tutela e valorizzazione<br />

dei vini Doc Aversa Asprinio, Doc Falerno<br />

del Massico, Doc Galluccio, Igp Roccamonfina<br />

e Igp Terre del Volturno. Il presidente<br />

del Consorzio, Salvatore Avallone, ci conferma<br />

l’impegno svolto per la tutela sia<br />

della denominazione d’origine attraverso il<br />

controllo delle aziende che ne fanno parte,<br />

sia per la promozione e sviluppo della<br />

Doc, che oggi, con Decreto del Ministero<br />

dell’Ambiente del 3 luglio 2017, ha esteso<br />

l’incarico delle attività del Consorzio erga<br />

omnes, quindi anche a tutte quelle aziende<br />

non associate. Del Consorzio Viti Casertane<br />

fanno parte anche i due vicepresidenti Arturo<br />

Celentano e Giuseppe Carosone, oltre<br />

ai dodici consiglieri tra cui Maria Ida Avallone.<br />

Ricordiamo, infine, le aziende produttrici<br />

del vino Falerno, che è la Doc più<br />

estesa e rappresentativa: Fattoria Pagano,<br />

Villa Matilde, Masseria Felicia, Trabucco,<br />

Volpara, Bianchini Rossetti, La Masseria<br />

di Sessa, Cantine Papa, Cantine Moio,<br />

Cantina Zannini, Regina Viarum, Viticoltori<br />

Migliozzi e Cantine Nugnes. Un invito alla<br />

degustazione per vivere un’esperienza<br />

sensoriale davvero storica.<br />

L’archeologo Ugo Zannini<br />

Il maestro comunicatore della Confraternita del Falerno, Franco Santilli, con l’ambasciatore<br />

del Cile, Fernando Ayala, durante la nomina di socio onorario<br />

Il presidente del Consorzio Viti Casertane,<br />

Salvatore Avallone, insieme alla presidente<br />

dell’associazione culturale Arkiwine<br />

50 ARKIWINE


Il Gastronomo ARKIWINE racconta...<br />

Olio extravergine, da simbolo di sacralità ad alimento funzionale<br />

di Andrea Russo / foto Elena Maria Petrini<br />

La storia insegna come fin<br />

dall’antichità il confronto tra popoli<br />

di differente cultura abbia<br />

provocato sanguinosi scontri di civiltà<br />

e perdita del patrimonio antropologico<br />

dei vinti. I più forti hanno dominato i<br />

“meno evoluti” obbligandoli a nuovi costumi<br />

e tradizioni religiose. Con esse,<br />

l’imposizione di regole alimentari: ciò<br />

che è permesso mangiare e quello ritenuto<br />

peccato. Se affrontiamo il consumo<br />

di carne, l’Ebraismo vieta quella di<br />

ruminanti con zoccolo intero (cavallo)<br />

o non ruminanti con unghie divaricate<br />

(suino); in India una legge proibisce<br />

l’abbattimento del bovino, poiché l’Induismo<br />

lo ritiene sacro. L’Islam condanna<br />

il consumo di maiale, mentre i<br />

buddisti non uccidono nessun animale.<br />

In contrapposizione a queste rigide regole<br />

c’è un alimento che unisce, invece<br />

che dividere, questo è l’olio d’oliva, garante<br />

della pace religiosa, lo possiamo<br />

definire “ecumenico”, simbolo di sacralità,<br />

farmaco, cosmetico, combustibile<br />

e soprattutto alimento. Per queste proprietà,<br />

le popolazioni dell’antichità diedero<br />

all’olio un’interpretazione magica,<br />

sia nell’aspetto religioso sia in quello<br />

salutistico, considerandolo dono divino<br />

e protettore dell’umanità. Babilonesi<br />

ed Egizi hanno imparato a conoscerlo e<br />

coltivarlo. Tale cultura, i Fenici ed in seguito<br />

gli Arabi, seppero diffonderla alle<br />

popolazioni del Mediterraneo, generando<br />

un fiorente mercato e l’olivicoltura si<br />

propagò “a macchia d’olio”. I Greci lo<br />

elessero ingrediente principale della loro<br />

dieta, mentre per i Romani la filiera<br />

olivicola-olearia rivestiva un ruolo di<br />

particolare importanza nella società. In<br />

cucina è conduttore di calore nella cottura<br />

degli alimenti, mentre a “crudo” arricchisce<br />

le pietanze del suo sapore ed<br />

aroma. La ricerca scientifica ha evidenziato<br />

come alcuni suoi componenti siano<br />

dotati di elevata attività protettiva,<br />

tanto da attribuirgli il riconoscimento<br />

di “alimento funzionale”, ricco di preziosi<br />

nutrienti, completo e sano<br />

Per informazioni scrivi al gastronomo:<br />

andrearusso.gastronomo@gmail.com<br />

L’Olio in pillole<br />

di Andrea Russo<br />

Perché extravergine? Che significato<br />

attribuiamo a questo sinonimo<br />

di purezza. È il metodo<br />

di produzione ad essere preso in esame.<br />

Il legislatore impone che l’olio<br />

sia ottenuto “direttamente dalle olive<br />

e unicamente mediante procedimenti<br />

meccanici”, in altre parole sia frutto<br />

di una mera spremitura dei frutti. Se<br />

interveniamo con solventi per favorire<br />

l’estrazione o coprire difetti, perderà<br />

l’aggettivo vergine e sarà declassato<br />

a “olio di oliva”; in altre parole, un<br />

olio raffinato. Per rispettare il divieto<br />

di apporti chimici durante l’estrazione,<br />

bisogna porre massima attenzione alle<br />

pratiche agronomiche e alle fasi di<br />

frangitura. Adesso, però, i nostri olivicoltori<br />

devono affrontare un’altra sfida:<br />

il cambiamento climatico. L’attuale<br />

campagna olearia continua ad evidenziare<br />

un’inflessione negativa dovuta ad<br />

una condizione climatica sfavorevole.<br />

Gelate primaverili, prolungata siccità<br />

estiva e grandinante di fine luglio<br />

non hanno scoraggiato la Fattoria Paiatici<br />

di Fiesole, condotta da Marcellina<br />

Tussardi Donnini, garantendo all’azienda<br />

Matrix, del notaio Giovanni Donnini,<br />

l’uscita del tanto atteso “Essentia gocce<br />

d’oro”. Questo Toscano Igp Colline<br />

di Firenze bio è frutto di un’accurata selezione<br />

delle cultivar frantoio, moraiolo,<br />

Marcellina Tussardi Donnini, titolare della<br />

Fattoria Paiatici di Fiesole, col notaio Giovanni<br />

Donnini dell’azienda Matrix Srl produttori<br />

di oli extravergini in Fiesole<br />

leccino ed esprime all’olfatto un timbro<br />

erbaceo con netti sentori di oliva<br />

verde e foglia di carciofo. In bocca le<br />

note amare lasciano spazio a rimandi<br />

di rucola selvatica. Sul finale piacevoli<br />

stimolazioni di piccante. Si consiglia<br />

l’abbinamento con ribollita e fagioli<br />

all’uccelletto.<br />

L’olio d’oliva Essentia “Gocce d’oro” vincitore<br />

della medaglia d’oro 2013 e 2016<br />

ARKIWINE<br />

51


Realtà<br />

Toscane<br />

Un Uomo Vitruviano dall’anima green<br />

Tutte le idee di Riciclandia: divertimento ed ecologia con i modellini<br />

da costruire realizzati in legno riciclato<br />

Idee in scatola con un’anima green. Sono<br />

quelle dell’azienda toscana Multi-Tranciati<br />

guidata da Renzo Francini.<br />

Con sede a Rigomagno (Siena) e a Lucignano<br />

(Arezzo) la ditta ha dato vita a una linea<br />

di modellini da costruire con cui i più<br />

piccoli possono mettersi alla prova. Veri e<br />

propri giochi ma anche piccole opere d’arte<br />

e d’ingegno, con un’importante finalità<br />

didattica. Ecco allora le Idee di Leonardo<br />

che riproducono le macchine del Genio di<br />

Vinci, e le magiche Idee di Merlino, tutte<br />

creazioni frutto dell’estro creativo di Beppe<br />

Berretti, un vero e proprio mago nel realizzare<br />

costruzioni in miniatura. Per questo<br />

esistono anche le Idee di Beppe, a cui va il<br />

merito di aver ideato, tra gli altri l’ingegnoso<br />

meccanismo chiappatopo. Scienza e divertimento,<br />

ma anche ecologia. I modellini<br />

infatti sono parte della linea Riciclandia: tutta<br />

Made in Toscana dal progettista alla ditta<br />

che la realizza, è ad impatto ambientale pari<br />

a zero, perché fatta interamente in legno<br />

riciclato. In questo modo ottimizza, salvaguardandola,<br />

una materia prima come il<br />

legno, limitando l’abbattimento di nuovi alberi<br />

e gestendo in maniera ecocompatibile<br />

gli scarti della sua lavorazione. I modelli<br />

di Riciclandia sono presenti in molti musei<br />

d’Italia e d’Europa, e vengono utilizzati anche<br />

come supporto didattico per laboratori<br />

coi più piccoli. I prodotti si identificano<br />

quindi per l’utilizzo di materiali base di basso<br />

valore economico, ma con un’altissima<br />

qualità dal punto di vista dello studio e della<br />

lavorazione. Dal punto di vista delle idee<br />

insomma: non a caso le linee si caratterizzano<br />

con questo termine. La più importante<br />

e dalla quale derivano tutte le altre,<br />

è quella che si basa sugli studi di Leonardo<br />

da Vinci e include carri armati, elicotteri,<br />

aeroplani, robot, ponti mobili: una serie di<br />

modelli didattici racchiusi in una scatola di<br />

montaggio per capire, costruendo le macchine,<br />

i principi della scienza e le basi della<br />

composizione artistica che hanno ispirato<br />

il genio leonardiano.<br />

http://www.ideedileonardo.it<br />

http://www.riciclandia.it<br />

posta@multitranciati.it<br />

0578.837352<br />

Carro armato<br />

Bombarda<br />

Perfecto<br />

Vite aerea<br />

52 RICIC<strong>LA</strong>NDIA


Il Palazzo dei Visacci<br />

Una galleria all’aperto di illustri fiorentini<br />

Firenze<br />

Nascosta<br />

di Amedeo Menci / foto Roberto Menci<br />

Il Palazzo dei Visacci<br />

Il palazzo Altoviti Sangalletti, situato<br />

a Firenze al numero 18 di Borgo<br />

degli Albizi, fu edificato nel 1538 da<br />

Bartolomeo Panciatichi che vi inglobò<br />

tre vecchi edifici comprendenti anche<br />

l’abitazione appartenuta a Rinaldo degli<br />

Albizi. Baccio Valori, la cui famiglia era<br />

subentrata a quella degli Albizi, ne volle<br />

affidare, alcuni anni dopo, l’ampliamento<br />

e il restauro a Giovanni Battista Caccini.<br />

I lavori furono completati alla fine<br />

del Cinquecento quando Baccio Valori<br />

il Giovane, presidente dell’Accademia<br />

delle Arti del Disegno, incaricò lo stesso<br />

Caccini del rifacimento della facciata,<br />

con l’aggiunta di quindici erme da lui<br />

scelte, raffiguranti fiorentini illustri nelle<br />

arti e nelle scienze. Nel 1687, quando si<br />

estinse il ramo fiorentino della famiglia<br />

Valori, la famiglia Guicciardini divenne<br />

proprietaria del palazzo. Successivamente<br />

ereditato dalla famiglia Altoviti,<br />

il palazzo fu arricchito negli interni.<br />

La facciata però non subì variazioni ed<br />

ancora oggi possiamo ammirare le erme.<br />

A livello inferiore si distinguono<br />

Accursio, Pietro Torrigiani Rustichelli,<br />

Marsilio Ficino, Donato Acciaiuoli e<br />

Pier Vettori; nel secondo ordine si trovano<br />

Amerigo Vespucci, Leon Battista<br />

Alberti, Francesco Guicciardini, Marcello<br />

Virgilio Adriani e Vincenzo Borghini;<br />

nel terzo ordine infine Dante, Petrarca,<br />

Boccaccio, Giovanni Della Casa e Luigi<br />

Alamanni. A causa della modesta qualità<br />

della realizzazione scultorea, delle<br />

espressioni corrucciate e severe dei<br />

personaggi, l’edificio fu denominato dai<br />

fiorentini, con la consueta sagacia, palazzo<br />

dei Visacci. Filippo Valori, figlio<br />

di Baccio, scrisse per aiutare a decifrare<br />

le iscrizioni scritte sotto i singoli personaggi,<br />

un libretto intitolato Termini<br />

di mezzo rilievo e di intera dottrina fra<br />

gli archi di Casa Valori. Una particolarità<br />

della facciata è costituita da una piccola<br />

lapide posta da Baccio Valori sotto<br />

una finestra del pianterreno a ricordare<br />

il luogo in cui San Zanobi avrebbe compiuto<br />

il miracolo della resurrezione del<br />

figlioletto di una nobildonna francese<br />

che transitava da Firenze mentre si stava<br />

recando a Roma in pellegrinaggio.<br />

La targa riporta l’iscrizione in greco e<br />

prosegue in latino:<br />

B. Zenobius puerum sibi a matre gallica<br />

Roma eunte Creditum atque interea<br />

mortuum dum sibi urbem Lustranti eadem<br />

reversa hoc loco conquerens Occurrit<br />

signo crucis ad vitam revocat<br />

An. Sal. CCC<br />

Frontespizio del libro di Filippo Valori<br />

Lapide del miracolo di San Zanobi<br />

IL PA<strong>LA</strong>ZZO DEI VISACCI 53


Atelier Scaramuzzo Srl<br />

Via Fra Giovanni Angelico 53/A<br />

Firenze<br />

Tel. 055678424<br />

atelierscaramuzzo@gmail.com<br />

www.scaramuzzo.eu<br />

Prossima apertura<br />

nuovo atelier Scaramuzzo in<br />

Via del Parione 58/r<br />

Firenze<br />

Per Giuseppe Scaramuzzo estro e<br />

raffinatezza sono le parole d’ordine.<br />

Per lui rispettare la bellezza di ogni<br />

donna ha uno stile unico ed esclusivo<br />

come un abito sartoriale che sappia<br />

trasmettere eleganza, benessere<br />

e naturalezza. Oggi come un tempo<br />

le sue creazioni moda rispecchiano<br />

il suo pensiero, senza mai uniformarsi<br />

a schemi fissi, ma cercando<br />

sempre di rielaborare, interpretare<br />

ed esaltare la bellezza della donna.<br />

Oggi Direttore Artistico Barex Italiana<br />

e titolare di Scaramuzzo Atelier<br />

contribuisce con le sue creazioni al<br />

successo dell’azienda, portando il<br />

Made in Italy in tutto il mondo, Scaramuzzo<br />

collabora a stretto contatto<br />

con l’azienda per tutto ciò che riguarda<br />

la progettazione di rituali e servizi<br />

per il salone, ma anche con il lancio<br />

di nuovi tagli e colori moda, una collaborazione<br />

che sta portando grandi<br />

soddisfazioni proponendo eventi<br />

e formazione professionale relativi<br />

al prodotto e seminari tecnici su colore<br />

taglio e acconciature. Il direttore<br />

artistico Giuseppe Scaramuzzo ha<br />

sposato la sua filosofia con l’azienda<br />

Barex creando seminari in 25 paesi<br />

in tutto il mondo per motivare e<br />

stimolare il parrucchiere esplorando<br />

temi come l’arte, la moda e la<br />

pubblicità e creando insieme degli<br />

shoothing ognuno progettato per dare<br />

forma alla bellezza ma con una<br />

continua ricerca del “particolare”.<br />

Scaramuzzo Atelier nasce nel 1990 e<br />

prevede sei strutture collocate in Calabria,<br />

Lazio e Toscana. Le varie attività<br />

sono gestite da Scaramuzzo, Hair Director<br />

Barex Italiana, tutti i suoi saloni<br />

sono a marchio Scaramuzzo. L’Atelier<br />

prevede un’area amministrativa, un team<br />

tecnico e artistico e un’area dedicata<br />

a testare alcune campionature di<br />

prodotti della linea Barex per dar loro<br />

un consiglio pratico sulla texture nell’utilizzo<br />

del prodotto, questi vengono racchiusi<br />

in altri marchi come Opi, Smei,<br />

Benexere, Uniqua, Dermatrophine, oltre<br />

a Barex che ovviamente ha il primato,<br />

per l’utilizzo di materie prime naturali<br />

100% made in Italy.


A cura di<br />

Giorgia Armellini<br />

Sfaccettature<br />

Fiorentine<br />

In memoria di un cavallo morto<br />

Pochi, anche tra i fiorentini doc,<br />

ne conoscono l’esistenza. Ma se<br />

vi capita di passeggiare sul Lungarno<br />

Anna Maria Luisa de’ Medici, vi<br />

consiglio di soffermarvi in prossimità di<br />

piazza dei Giudici e di dare un’occhiata<br />

alla spalletta dell’Arno. Qui sotto un<br />

bel lampione di ferro battuto, troverete<br />

una lapide curiosa che rievoca un episodio<br />

drammatico avvenuto nel 1530,<br />

durante l’assedio degli imperiali in città.<br />

Carlo Cappello era un giovane ambasciatore<br />

della Repubblica Veneta a<br />

Firenze. Fiero alleato dei fiorentini, decise<br />

di restare al loro fianco nel momento<br />

di maggior difficoltà. Infatti, la<br />

città gigliata era completamente circondata<br />

dai nemici e la possibilità di perdere<br />

indipendenza e libertà era assai<br />

vicina. Un giorno il nobile veneto stava<br />

recandosi a cavallo verso Palazzo Vecchio<br />

per conferire con i notabili sul destino<br />

di Firenze, quando dalla “Torre del<br />

Gallo” partì un colpo di mortaio verso il<br />

centro della città; l’aria fu spezzata dal<br />

sibilo del proiettile e in un attimo l’ordigno<br />

esplose proprio sotto<br />

la pancia del povero animale<br />

che rimase dilaniato<br />

ma che, proprio per la sua<br />

potente corporatura, salvò<br />

la vita al cavaliere, che<br />

rimase miracolosamente<br />

incolume. Carlo Cappello,<br />

come atto di riconoscenza,<br />

volle che il suo cavallo<br />

con tutta l’armatura fosse<br />

sepolto lì, esattamente<br />

dove era accaduto il fatto.<br />

Una lapide di pietra ne ricorda<br />

l’episodio. Qui sono<br />

le ossa del cavallo di<br />

Carlo Cappello, legato veneto.<br />

Oh cavallo che non<br />

sarai dimenticato, questo<br />

sepolcro e questo monumento<br />

il tuo padrone, non<br />

ingrato, ti diede per i tuoi<br />

meriti. 13 marzo 1530<br />

mentre la città è assediata.<br />

La chiesa con il “culo” in Arno<br />

In Borgo San Jacopo si affaccia la<br />

chiesa di San Jacopo Sopr’Arno,<br />

edificio di origine romanica che intorno<br />

alla metà del XVI secolo divenne<br />

collegiata dei Monaci Scopetini e che<br />

dal 2006 è divenuta una chiesa greco-ortodossa<br />

assegnata all’Arcidiocesi<br />

Ortodossa d’Italia e di Malta. La caratteristica<br />

architettonica, che ne giustifica<br />

il singolare nome di “Sopr’Arno”, è<br />

rappresentata dal fatto che sia l’abside<br />

della chiesa sia le case attigue poggiano<br />

sui caratteristici “sporti” che permettono<br />

alle costruzioni di sporgere sul fiume.<br />

Ora il fatto che l’abside sporga in<br />

maniera ben più accentuata rispetto alla<br />

linea delle case, ha fatto sorgere un<br />

detto popolare. Nei giorni di piena, ammirando<br />

il retro della chiesa dal Ponte<br />

Santa Trinita, si può assistere ad uno<br />

strano fenomeno. Quando il livello del<br />

fiume aumenta e la corrente comincia<br />

a far scorrere vorticosamente le acque,<br />

queste vanno a lambire ed a “sciacquare”<br />

l’abside di San Jacopo che per<br />

i sarcastici ed irriverenti fiorentini è diventata<br />

la chiesa “con il culo in Arno”!<br />

SFACCETTATURE FIORENTINE 55


Eventi in<br />

Toscana<br />

Designati i vincitori della prima edizione del Premio<br />

Claudio Cavallini - Kevo. La cerimonia di premiazione<br />

si è svolta domenica 22 ottobre al Teatrodante Carlo<br />

Monni di Campi Bisenzio alla presenza delle autorità<br />

di Roberta Fiorini / foto Susanne John<br />

Al Teatrodante Carlo Monni di<br />

Campi Bisenzio si è svolta, domenica<br />

22 ottobre, la cerimonia<br />

di premiazione della prima edizione del<br />

Premio Claudio Cavallini-Kevo, dedicato<br />

all’indimenticabile amico scultore e<br />

rivolto alle arti visive nelle sezioni di Pittura,<br />

Scultura, Grafica e Fotografia, che<br />

ha visto la partecipazione di circa 40 artisti,<br />

italiani e stranieri, operanti non solo<br />

in Toscana. Alla cerimonia, aperta<br />

dal saluto del sindaco di Campi, Emiliano<br />

Fossi, che ha pronuniato un caloroso<br />

ricordo di Kevo, sono intervenuti<br />

Lia Firetto, presidente dell’Associazione<br />

Operarte di Campi che ha promosso<br />

la manifestazione, lo scultore Franco<br />

Berretti che ha realizzato la medaglia<br />

in bronzo destinata ai primi premi delle<br />

diverse sezioni e nella cui iconografia<br />

si affiancano gli stilemi di entrambi<br />

gli amici scultori (il Maestro d’orchestra<br />

di Kevo e l’Albero di Berretti). Presente<br />

la moglie di Kevo, Patrizia Montagni,<br />

che ha consegnato le medaglie ai vincitori,<br />

e i membri della giuria, Eleonora<br />

Ciambellotti, assessore del Comune<br />

di Campi, Simonetta Fontani, maestra<br />

d’arte e Roberta Fiorini storico e critico<br />

d’arte. Sottolineando con sincero<br />

apprezzamento la qualità delle opere<br />

partecipanti, la commissione ha ritenuto<br />

opportuno, data l’esuberanza numerica<br />

della sezione Pittura rispetto alle<br />

altre, di assegnare i primi 3 premi previsti<br />

(mostra personale, mini personale<br />

e collettiva) solo per quella sezione<br />

attribuendo in quelle di Scultura, Grafica<br />

e Fotografia soltanto il primo premio,<br />

mentre ha deciso di attribuire a tutti gli<br />

altri partecipanti nelle rispettive sezioni<br />

il medesimo premio mostra collettiva.<br />

I premi sono stati così attribuiti. Per<br />

la sezione Pittura: primo premio all’opera<br />

di Stefano Marrucci; secondo premio<br />

all’opera di Andrea Bacalini; terzo<br />

premio all’opera di Lorella De Guevara.<br />

Premio mostra collettiva alle opere di<br />

Mauro Baroncini, Filippo Benci, Michele<br />

Berlot, Roberta Bertini, Cristina Falcini,<br />

Elisabetta Fekete, Sonia Fiacchini, Franco<br />

Franchi, Carolina Frasconi, Claudio<br />

Grassi, Susanne John, Susi La Rosa,<br />

Giovanni Murtas, Luca Nencioni, Renata<br />

Ornis, Enrica Pinzani, Carmela Torsiello,<br />

Vania Vettori, Giuseppe Vitaliano<br />

e Rosalba Zingale. Per la sezione Scultura:<br />

primo premio all’opera di Nadia<br />

Cavallini; premio mostra collettiva alle<br />

opere di Claudio Grassi, Susanne John,<br />

Raffaele Manconi e Diana Polo. Per la<br />

sezione Grafica: primo premio all’opera<br />

di Matteo Fiaschi; premio mostra collettiva<br />

alle opere di Stefania Cavallini, Antonio<br />

Cerra, Alessandro Fedeli e Fabiola<br />

Mazzei. Per la sezione Fotografia: primo<br />

premio all’opera di Roberto Celli; premio<br />

mostra collettiva alle opere di Diego<br />

Di Sepio, Alessandro Fedeli, Susanne<br />

John e Andrea Pasqualis. Un concorso<br />

che si è aperto dunque con successo e<br />

viva soddisfazione di tutti, organizzatori<br />

e partecipanti, e che certamente crescerà<br />

nelle sue future edizioni.<br />

Un momento della premiazione: da sinistra, Emiliano Fossi, sindaco del Comune di Campi Bisenzio, Eleonora Ciambellotti, assessore presso<br />

lo stesso Comune, Roberta Fiorini, storica e critica d’arte e Lia Fiaretto, presidente dell’Associazione Operarte<br />

56 PREMIO C<strong>LA</strong>UDIO CAVALLINI - KEVO


Mostra collettiva di arte contemporanea<br />

dal 13 novembre al 9 dicembre<br />

A cura di Lucia Raveggi<br />

Inaugurazione 13 novembre ore 17.00<br />

Franco Carletti<br />

Eliana Chiarugi<br />

Cristina Chiappinelli<br />

Antonio Franceschetti<br />

Chiara Giorgi<br />

Arnaldo Marini<br />

Samuele Massaro<br />

Lucia Pecchia<br />

Lucetta Risaliti<br />

Riprese televisive Toscana TV<br />

per la rubrica Incontri con l’Arte<br />

AUDITORIUM AL DUOMO<br />

Via Cerretani 54, FIRENZE<br />

Per info: + 39 333 97 04 402


La Pragma srl, azienda di Prato,<br />

opera nel settore dell’Outsourcing<br />

Alberghiero e dei Servizi Fiduciari<br />

La Pragma srl, fondata sull’esperienza lavorativa<br />

acquisita dai soci nel corso degli<br />

anni, opera nel settore dell’Outsourcing Alberghiero<br />

e dei Servizi Fiduciari.<br />

Il servizio base che l’azienda ha introdotto<br />

sul mercato è la gestione di appalti all’interno<br />

di Strutture Alberghiere, Centri Commerciali,<br />

Cantieri Edili e Strutture Pubbliche<br />

e Private, attraverso accordi di Partnership<br />

che tengano conto delle potenzialità recettive<br />

del partner prescelto e della volontà<br />

del cliente a voler sviluppare il proprio core<br />

business, concentrandosi su quest’ultimo e<br />

terziarizzando il resto. L’Azienda è ormai una<br />

realtà ben attestata sul territorio della Regione<br />

Toscana, in particolar modo nelle città di<br />

Firenze e Prato.<br />

La lunga esperienza maturata negli anni,<br />

ha dato a PRAGMA l’opportunità di servire<br />

importanti aziende leader nel settore<br />

del turismo, riferendosi soprattutto a strutture<br />

alberghiere a 3 e 4 stelle. La soddisfazione<br />

del Cliente è massima quando riesce<br />

ad ottenere un ottimo servizio; per il raggiungimento<br />

di questo risultato PRAGMA è<br />

orientata a una scrupolosa organizzazione e<br />

gestione dei piani dell’Albergo, per permettere<br />

al Cliente di mantenere sempre alti gli<br />

standard di pulizia e qualità.<br />

I soci Francesco Bellantuono e Marco Vignoli<br />

58<br />

pragma


PRAGMA s.r.l. opera specificamente nel<br />

campo dei servizi di Vigilanza Non Armata,<br />

di Guardianato e Sorveglianza, di Portierato<br />

e Accoglienza Clienti.<br />

Il punto di forza qualitativo di PRAGMA<br />

è nella sua capacità di essere presente in<br />

modo capillare e radicato sul territorio, del<br />

quale sviluppa una conoscenza mirata, unita<br />

all’efficace collaborazione con aziende<br />

che rappresentano la storia e l’eccellenza<br />

della vigilanza in Italia.<br />

Lo scopo di PRAGMA è quello di fornire,<br />

in ogni luogo e situazione in cui c’è bisogno<br />

di ordine, organizzazione e pulizia, un<br />

servizio completo ed efficace mettendo insieme,<br />

procedure, tecnologie e personale<br />

selezionato e affidabile per soluzioni flessibili<br />

e personalizzate.<br />

Gioco della Pallagrossa, Prato<br />

Pragma srl<br />

Via Traversa Fiorentina 6<br />

59100 Prato<br />

tel. 0574-636564<br />

fax 0574-635935<br />

www.pragmasrl.eu<br />

info@pragmasrl.eu<br />

pragma<br />

59


Solidarietà<br />

Pasqua nei campi dei rifugiati della Repubblica saharawi<br />

27 marzo - 03 aprile 2018<br />

Ventisettesimo volo speciale in visita ai campi dei rifugiati della Repubblica saharawi in Algeria e<br />

manifestazione contro il “Muro della vergogna”<br />

Programma: Visita ai vari accampamenti<br />

saharawi, alle scuole, alla scuola<br />

delle donne “27 febbraio”. Incontri con<br />

i responsabili del Fronte Polisario e della<br />

RASD, con le organizzazioni della società<br />

saharawi. Spettacolo di musica e<br />

danza. Manifestazione contro il “Muro<br />

della vergogna”. Accoglienza e pernottamento<br />

presso famiglie saharawi.<br />

Costo: 750 (tutto compreso)<br />

L’importo deve essere versato sul<br />

c/c postale n. 10638500 intestato ad<br />

Associazione Ban Slout Larbi<br />

Piazza della Chiesa 68<br />

50019 Sesto Fiorentino (Fi)<br />

Viaggio ad esaurimento dei posti disponibili in base alle prenotazioni<br />

associazionesostegnorasd@gmail.com<br />

Documenti necessari:<br />

Passaporto valido almeno fino a luglio<br />

2017 e richiesta visto da scaricare dal<br />

sito dell’ambasciata algerina o da richiedere<br />

alla seguente mail:<br />

associazionesostegnorasd@gmail.com<br />

Inviare o recapitare prima possibile<br />

no raccomandata:<br />

Passaporto ORIGINALE, 4 fototessere,<br />

richiesta visto compilata con le<br />

informazioni personali ad<br />

Associazione Ban Slout Larbi<br />

Piazza della Chiesa, 68<br />

50019 Sesto Fiorentino (FI)<br />

Ricordatevi del vero significato del Natale versando un contributo di<br />

aiuto ai rifugiati saharawi:<br />

Associazione Ban Slout Larbi<br />

Cassa Risparmio di Firenze - Agenzia Sesto Fiorentino centro<br />

IBAN<br />

IT 95Y 06160 38100 00000 9750C00<br />

Prenotatevi per il viaggio di Pasqua<br />

60<br />

REPUBBLICA SAHARAWI


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OPERE PARTECIPANTI AL 55.MO PREMIO CARDO D’ARGENTO<br />

Angela Lucarini Carla Fossi Marcello Franceschini Enrico Guerrini<br />

Margherita Oggiana<br />

Ritsuko Asakura<br />

Farnaz Dehghani<br />

Enrico Carlisi<br />

Lorella Consorti Lorena Nannini Mara Faggioli<br />

Luciano Lotti<br />

Miranda Mei<br />

Pier Nicola Ricciardelli<br />

Umberto Betti<br />

Renzo Sbraci<br />

Stefano Zellini<br />

Salvatore Castronovo


David Harlod Hall Andrea Becheroni<br />

Francesco Beccastrini<br />

Giulio Carlo Della Santa Irma Schiavulli Lina Guidarelli<br />

Umberto Muti<br />

Giampaolo Beltrame<br />

Mattia Paoli<br />

Maria Grazia Bambi<br />

Sergio Castiglione<br />

Cinzia Pistolesi<br />

Silvana Cipriani<br />

Maria Teresa Bini<br />

Sergio Lori<br />

Velio Ferretti<br />

Rolando Scatarzi

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