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Invito a<br />
Teatro<br />
Il Padre di August Strindberg in una memorabile<br />
interpretazione di Gabriele <strong>La</strong>via al Teatro della<br />
Pergola di Firenze<br />
di Luigi Del Fante / foto courtesy Teatro della Pergola<br />
Maestosi drappi di velluto<br />
rosso con le loro “canne”<br />
assolutamente verticali discendono<br />
dall’alto, quasi perdendosi<br />
nell’oscurità del palcoscenico...<br />
tutta la scena è permeata del medesimo<br />
velluto che trascorre da una parte<br />
all’altra, come un fiume di sangue<br />
che passa da sotto le porte, enormi,<br />
scure, posizionate in cima a gradini,<br />
che esaltano questo “fluire”, quasi<br />
un magma incandescente pronto<br />
ad appiccare un incendio di sentimenti,<br />
di ricordi, di passioni, di rimorsi<br />
che affiorano dal profondo dell’anima.<br />
«Quelle quattro tende rosse mi<br />
fanno pensare a dei sipari dietro cui<br />
si provino dei drammi direi di sangue»<br />
(tratta dal Temporale di August Strindberg).<br />
Come non ricordare, inoltre,<br />
l’ambientazione rossa degli interni del<br />
capolavoro di Ingmar Bergman Sussurri<br />
e grida (1972). L’impianto scenico<br />
di Alessandro Camera genera nello<br />
spettatore un’attesa, predisponendolo<br />
a partecipare alle vicende dei personaggi.<br />
Nel controluce del finestrone<br />
verticale, nel chiarore della neve che<br />
scende nella notte, le figure umane appaiono<br />
minuscole, “schiacciate” dal gigantismo<br />
di uno spazio che accresce la<br />
vertigine, il disorientamento di un’anima.<br />
Lo stesso pavimento pare sprofondare<br />
in una sorta di bradisisma, dove<br />
la mobilia s’inclina, s’affossa, in un’atmosfera<br />
surrealista, come un incubo,<br />
un sogno o un’allucinazione, che trascolora<br />
nella follia. Dirà il protagonista,<br />
il Capitano: «<strong>La</strong> casa sprofonda». Una<br />
pendola, anch’essa inclinata, scandisce<br />
imperterrita il fluire delle ore della notte<br />
inesorabile del dubbio, sottolineando<br />
le tre unità aristoteliche d’azione, di<br />
tempo e di luogo, che sono l’essenza<br />
stessa del dramma. Il luogo è la stanza,<br />
immensa, dove tutto avviene nel dipanarsi<br />
della stessa notte, carica di tragedia,<br />
sullo sfondo silenzioso di una<br />
neve “innocente” che cade senza far<br />
rumore nel suo biancore luminescente.<br />
Il Padre dirà: «Nel silenzio si ascoltano<br />
i pensieri (…) e i pensieri non mentono».<br />
In apparenza la stanza, ovattata<br />
dai tendaggi ampi e pesanti, parrebbe<br />
garantire al protagonista una sorta<br />
di salvezza, protezione, il quale invece<br />
più volte dirà: «Fa freddo…freddo».<br />
Il tema della stanza, quest’idea<br />
di sempre, di qualcosa che ritorna, del<br />
dubbio, del rimorso; c’è qualcosa nel<br />
passato che riaffiora. Ci sono un padre,<br />
una madre, marito e moglie, con<br />
una figlia. Ad un certo punto s’insinua<br />
il sospetto che questa figlia non<br />
sia figlia sua ma di un tradimento della<br />
moglie. Da questo momento quello<br />
che viene chiamato il “padre” entra in<br />
una forma di incertezza di essere padre;<br />
incertezza che, tuttavia, diviene<br />
simbolicamente rappresentativa della<br />
“incertezza dell’essere”. Questo il tema<br />
fondamentale. Il protagonista di<br />
questa tragedia moderna appare “titanico”,<br />
paradossalmente, in contrasto<br />
all’annientamento ad opera della moglie.<br />
<strong>La</strong> sua figura attraversa l’immenso<br />
vuoto della scena, trasmigrando da<br />
una parte all’altra, come un leone in<br />
gabbia, che non si rassegna al forzato<br />
isolamento dalla vita al di là delle<br />
sbarre. C’è un climax, sapientemen-<br />
Visione d’insieme della scenografia al Teatro della Pergola<br />
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