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in Copertina<br />
Una volta Milano era «da bere»: oggi è da nutrire. Di idee, risorse, uomini e donne<br />
disposti a credere in questa grande città e a indirizzarne un futuro pieno di opportunità.<br />
Vista dall’alto, ma anche attraversata nei suoi flussi caotici e frenetici, Milano<br />
offre una fotografia paradossale: ha molte eccellenze già riconosciute – dalla moda al<br />
design, dalle università al <strong>mondo</strong> della comunicazione – ma sembra abbia smarrito<br />
qualcosa che si trova nel profondo del suo Dna, cioè la sua vocazione manifatturiera.<br />
Scomparse le grandi fabbriche, il testimone dello sviluppo industriale è stato preso e<br />
portato avanti nell’ultimo trentennio da una miriade di piccole e medie imprese, che<br />
hanno cambiato la fisionomia produttiva dell’economia milanese. Non ci riferiamo<br />
alla proliferazione del terziario, che pure si è articolato anche in diverse tipologie<br />
di imprese al servizio di altre imprese, ma alla natura stessa del manufatto «made in<br />
Milan»: Settori come la meccanica, l’automazione e l’assemblaggio industriale, le nanotecnologie,<br />
il biomedicale, l’aerospaziale, le telecomunicazioni, l’eco-innovazione<br />
in campo impiantistico, hanno via via preso corpo e vigore nell’economia milanese<br />
indebolita dalla crisi di comparti prima trainanti come l’industria automobilistica, la<br />
siderurgia, la gomma. Oggi, le istituzioni devono chiedere anche alla generazione di<br />
piccoli e medi imprenditori rappresentati da <strong>Apimilano</strong> quale possa essere il disegno<br />
complessivo di sviluppo urbanistico della città, quali ne saranno i flussi economici<br />
e commerciali, quali le coordinate infrastrutturali, quali le localizzazioni industriali.<br />
Nell’indagine condotta da <strong>Apimilano</strong> risaltano tre ampie e diffuse richieste: privilegiare<br />
le aree nord-orientali, occidentali (verso l’abbiatense e il magentino) e meridionali<br />
(verso il pavese e il lodigiano) per creare nuovi insediamenti produttivi; creare servizi<br />
distrettuali o di tipo consortile tra più aziende, possibilmente in network con le università<br />
e i poli tecnologici; potenziare il sistema delle piattaforme logistiche e degli<br />
interporti di scambio, per ottimizzare i tempi e la gestione del trasporto merci. Se nella<br />
grande partita dell’Expo – peraltro ancora poco «giocata» e molto discussa – si pongono<br />
in primo piano le grandi opere, i grattacieli e le immagini avveniristiche di una<br />
Milano tutta da riprogettare, forse è il caso di prestare attenzione anche a chi, come<br />
le migliaia di piccole e medie aziende milanesi, dà sostanza produttiva, economica e<br />
occupazionale a questa città.<br />
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