Bombeiros
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Dio la mandava, al Tone gli era venuta la malinconia; per
mandarla via, Pippo gli aveva chiesto:
«Te cosa fai se vinci mettiamo due miliardi al Totocalcio?»
Loro, di euro, nemmeno volevano sentir parlare.
«Pota, la casa ce l’ho già; la macchina, ce n’abbiamo due;
a cena fuori c’andiamo quando ci pare e piace; le ferie, non
c’abbiamo l’abitudine in famiglia; l’orologio d’oro me l’hanno
regalato per i cinquant’anni...»
Era rimasto lì un po’ a pensarci su, poi gli era venuto il
mal di testa. Non era nato per fare il milionario, e neanche
gli altri tre. Ecco perché non vincevano mai.
A un certo punto l’Achille, il padrone del bar osteria Maià
e bif, tirò lì un sacramentone che anche quelli della Tivù
fecero gli occhi così.
«Porcapelanda, ecco perché entra più nessuno... ha messo
giù un metro di neve!»
I quattro, imperterriti, finirono la partita, poi andarono a
controllare. Aperta la porta, si trovarono davanti una muraglia
bianca e gelida: il vento aveva schiaffato lì un paio di
metri di neve, non c’era verso di uscire.
«Pota, tocca che ci dai la cena!» rise il Tone.
La Margherita, moglie dell’Achille, ci mise niente a scaldargli
il minestrone e un pollastrello nostrano con le patatine
arrosto. Il Maià e bif era già un buco di suo; con quella
siberia c’erano solo loro quattro insieme ai proprietari e alla
figlia, la Luisona: mica tanto sveglia, ma faceva il caffè che
venivano anche dai paesi vicini a berlo. Sarà che c’aveva
due tette che quando ci buttavi dentro l’occhio, prima di tirarlo
fuori avevi bevuto tanto di quel caffè che potevi vincere
i campionati mondiali di nervoso.
Alle nove di sera aveva messo giù un altro metro e mezzo
di neve, non si usciva neanche dalle finestre. Dopo la scopa
erano passati alla briscola; l’Achille c’aveva dato dentro col
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