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Bombeiros

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Saranno state le nove della sera, che bussarono alla porta.

Chi vuoi che bussi, con la neve che c’è?, pensarono tutti

e tirarono diritto la partita. Bussarono di nuovo.

«Luisona, vai a vedere chi che c’è» grugnì l’Achille.

Lei smadonnò, che stava leggendo la Cronaca Vera, ma

strisciò le ciabatte fino alla porta. La sua vocina da autista di

caterpillar disse:

«C’è qui un pupazzo di neve che vuole entrare.»

«Luisona, raccontagliela a tua sorella.»

«Ma io ce l’ho mica una sorella!»

«Appunto!» scoppiò il papà.

E giù a ridere, con gli altri che facevano il coro.

Dalla porta entrò una folata di vento ghiacciato che corse

a scaldarsi le mani al fuoco.

«Sera fò la porta!» urlò il papà.

«Lo faccio entrare o mica, il pupazzo?»

L’Achille si girò di scatto per dirgliene quattro ma cadde

dalla sedia.

«Po-pota, gua-guardate là!» balbettò.

Sulla porta stava un pupazzo di neve, con sciarpa e cuffia

di lana; sbarbellava dal freddo.

«Fate entrare, per Allah! Io non uomo di neve, io spaventapasseri

di Etiopia. Niente lavoro. Stronzi uccelli poco mangia,

non vola, non scappa, non spaventa. Muore tutti di fame

e lascia me disoccupato. Trovato questo lavoro, ma non bello.

Durare poco e mangiare carote e freddo. Qui caldo, profumo

minestrone e bella tettona.

«Alà, porsèl!» gli gridò l’Achille «Vieni dentro, dai, che ti

scaldi e con un goccio di rosso buono prendi un po’ di colore.»

Gli mise una sedia sotto il culo; la Margherita gli servì il

minestrone con dentro una bella crosta di parmigiano. Il

rosso no, perché era musulmano. Loro invece erano tutti

cristiani, che il Signore benedicesse le loro mamme.

«E dove l’è la Tiopia?» domandò Pippo.

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