Bombeiros
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Salgo in macchina e torno in quella tabaccheria. Il mio
culo è ancora lì, nell’espostiore sul bancone. È circondato
da altre arrapanti anatomie di ragazze probabilmente inconsapevoli
quanto me di essere commercializzate da due soci
di Ascoli Piceno. Vedo il prezzo: un euro. Compro un pacchetto
di sigarette. Cinquantamila euro è il valore del mio
culo. In Italia, per lo meno. Ma di certo, paesi musulmani a
parte, sono praticamente in tutto il mondo. Non io, giusto le
mie chiappe e il mio smalto. Rido, tornando a casa. Forse è
isteria. Sono un oggetto riprodotto. Sono un elemento in
una catena di montaggio. Sono un oggetto doganale. Ho il
culo venduto in chissà quante valute. Le mie belle natiche
sono state comprate dai cinesi. E forse sfruttano il lavoro
minorile.
Leonardo rientra che sono passate le otto. La cena è
pronta. Dopo il caffè tiro fuori l’accendino, che nel frattempo
ho conservato, ovviamente, come una reliquia.
«L’ho ritrovato. Cosa pensi, di questo culo?»
Teme una scenata di gelosia. Insisto.Tace. Insisto. Ha paura.
Si scusa. Insisto.
«Si, non è male... ma non volevo comprarlo! Che palle...»,
sbotta, stremato.
«Ti piace di più questo o il mio?»
«Il tuo, perché è vero» risponde sicuro, di getto.
Sorrido. Lo abbraccio. Lo bacio. Non gli spiego tutta la
storia. Se è andata così, mi dico, ho proprio un bel culo.
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