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syndicom rivista N.22

Da molto tempo ci impegniamo per i diritti dei lavoratori della logistica, delle telecomunicazioni e dei media. Le buone condizioni di lavoro sono, e sono sempre state, il risultato di successi raggiunti insieme. Entra anche tu nel nostro movimento e crea il tuo futuro insieme a noi. L''unione fa la forza!

Da molto tempo ci impegniamo per i diritti dei lavoratori della logistica, delle telecomunicazioni e dei media. Le buone condizioni di lavoro sono, e sono sempre state, il risultato di successi raggiunti insieme. Entra anche tu nel nostro movimento e crea il tuo futuro insieme a noi. L''unione fa la forza!

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12 Dossier<br />

Se tutte e tutti lavorassimo meno...<br />

La riduzione dell’orario di lavoro è una richiesta<br />

sindacale di vecchia data, tornata d’attualità<br />

nel dibattito sulla parità. Anche se può sembrare<br />

un’utopia sociale, rivela un evidente<br />

vantaggio economico. Per tutte e tutti.<br />

Testo: Muriel Raemy<br />

In Svizzera è praticamente impossibile conciliare lavoro e<br />

famiglia. Questo tema scottante riguarda il mercato del lavoro,<br />

ma anche la politica sociale e familiare, l’uguaglianza<br />

di genere o la sfera privata, ovvero la possibilità di decidere<br />

e organizzare la propria vita come si vuole. Sul fronte<br />

economico, le soluzioni convergono verso una richiesta<br />

sindacale al crocevia di queste numerose sfide sociali: una<br />

riduzione del lavoro retribuito per tutte e tutti.<br />

Lavorare meno potrebbe davvero avere conseguenze<br />

molto promettenti. «Nel corso della vita le esigenze cambiano.<br />

Ad esempio, i giovani genitori potrebbero occuparsi<br />

insieme dei loro figli e i salariati più anziani dei loro genitori<br />

in età avanzata», afferma Patrizia Mordini, responsabile<br />

delle pari opportunità presso <strong>syndicom</strong>. In effetti, l’accesso<br />

delle donne al mercato del lavoro non ha portato a<br />

un coinvolgimento proporzionato degli uomini nelle mansioni<br />

familiari o domestiche. La riduzione dell’orario di lavoro<br />

permetterebbe loro, anche se lavorassero a tempo pieno,<br />

di investire in ciò che ancora ricade sulle spalle delle<br />

donne: il «care», termine inglese che designa tutte le attività<br />

di assistenza e cura che le donne svolgono gratuitamente<br />

all’interno della loro coppia o famiglia, o in cambio<br />

di un salario troppo basso quando questa è la loro professione.<br />

Nel 2020, l’economista femminista Mascha Madörin<br />

ha calcolato che su 8,7 miliardi di ore di lavoro non<br />

retribuito – cucinare, pulire, educare, formare, curare,<br />

ascoltare, fare giardinaggio, fare la spesa, lavare, fare volontariato,<br />

pagare le bollette ecc. – 5,6 miliardi sono state<br />

eseguite dalle donne. «Si stima che questa distribuzione<br />

ineguale rappresenti una perdita di 80 miliardi di franchi<br />

svizzeri per le donne!». Ma l’ingiustizia non finisce qui. Le<br />

cifre dell’inchiesta svizzera sulla popolazione attiva (ESPA<br />

2018) rivelano infatti che il 61% delle donne attive, contro<br />

il 14% degli uomini attivi, ha ammesso di aver ridotto il<br />

proprio orario di lavoro per assumersi i compiti di cura dei<br />

bambini sotto i 15 anni. Le conseguenze dirette? Diminuzioni<br />

di reddito e un enorme buco nei contributi AVS delle<br />

donne. Inoltre, dopo la nascita dei figli, le donne spesso<br />

optano per attività professionali che comportano meno responsabilità<br />

e preferiscono occuparsi da sole dei bambini,<br />

a scapito della loro indipendenza finanziaria.<br />

Da che parte sta l’utopia?<br />

La rivendicazione è quindi semplice: occorrono orari di<br />

lavoro più brevi. «Per non peggiorare la già difficile situazione<br />

economica delle donne, ci stiamo battendo per un<br />

ridimensionamento dell’orario di lavoro senza una riduzione<br />

del salario», dichiara Patrizia Mordini. A rischio di<br />

scivolare verso l’utopia? «Per me, utopia significa non<br />

mettere in discussione le leggi non scritte, secondo cui<br />

una donna non accede a lavori che corrispondono alle sue<br />

competenze, guadagna meno per la stessa posizione e,<br />

peggio ancora, che certe mansioni essenziali, che si suppone<br />

siano tradizionalmente femminili, non vengono<br />

semplicemente valorizzate. Dal momento in cui la cura<br />

della vita umana è riconosciuta in tutte le sue forme e ben<br />

retribuita, sono sicura che gli uomini saranno interessati<br />

e investiranno in questi lavori!».<br />

Eppure <strong>syndicom</strong> non menziona un numero di ore lavorative.<br />

«Rivendichiamo piuttosto un cambio di prospettiva:<br />

orari più brevi, prevedibili e affidabili, congedi parentali<br />

retribuiti più lunghi, così come l’assistenza<br />

extrafamiliare il più possibile ampia e flessibile, che si possa<br />

adattare a un’attività lavorativa, senza che la flessibilizzazione<br />

e la digitalizzazione diventino una nuova minaccia<br />

per l’equilibrio tra vita privata e professionale». In sintesi,<br />

quello che chiede Patrizia Mordini è un nuovo sistema, un<br />

progetto di società in cui lo Stato promuova un’economia<br />

vicina alle esigenze della vita reale. In questo senso, <strong>syndicom</strong><br />

s’impegna a implementare presso le aziende modelli<br />

di orari adeguati al periodo della vita. L’8 marzo è stato il<br />

100° anniversario in cui sono stati ufficialmente celebrati<br />

i diritti delle donne. Ma non c’è da esultare.

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