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180Meraviglie n. 45

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Editoriale

RINUNCIARE ALLA FUGA

di Serena Corrao

(conduttrice del laboratorio di Scrittura Creativa nel biennio 2008-09)

C'era una volta Alice, che di tanto in tanto fuggiva dal reparto psichiatrico, co-

racconto dell'avventura del Centro Marco Cavallo - che allora avviava i suoi primi

passi - consegnata a un "giornalino" di cui ricorre la sua quarantacinquesima uscita.

I passi del Marco Cavallo, però, volevano andare in una direzione contraria a quella

di Alice. E sì, perché narrare e narrarsi è rinunciare alla fuga, è sostare preziosamente

nella propria condizione, per chiarirla a noi stessi, esplorarla, abbracciarla e,

da questo 'interno', trovare le chiavi per uscire ‘sanamente’, come soggetti capaci

progetto. Insomma: una corsa senza ali. Al contrario, decidere di restare, comprendere,

narrare il proprio mondo, trovando parole che esprimono contenuti dolorosi,

a volte indicibili, consente di costruire aquiloni e deltaplani per andare lontano,

insieme. 45 numeri per costruire parole, un senso e un viaggio, dunque. 45 'pam-

lontana, visionaria legge n. 180 del 1978, ma che socialmente e politicamente deve

ancora essere incarnata nelle persone e nelle istituzioni. Noi, attori di un passaggio

da pazienti nel ‘regime psichiatrico’ a soggetti della salute mentale di comunità.

Noi protagonisti della nostra storia, quella che guarda a “una guarigione sempre

43 di questo giornalino, ricordano gli anni di formazione accanto a Basaglia, in cui

assorbiva la vision di una “strada senza dissociazioni”… Noi manovratori dello

scambio tra il binario che scandaglia ossessivamente la patogenesi, e il binario che

immagina le possibili, multiformi pratiche della “salutogenesi”. Noi, insomma,

generatori di salute. Ma come si genera la salute? Esprimendo con autenticità e

coraggio le emozioni che scorrono dentro, creando una cultura della comunicazione-nella-relazione,

costruendo comunità (dalla dualità, ai piccoli gruppi, alle

grandi collettività) in cui tutti si guardano reciprocamente come soggetti paritetici

e hanno cura del legame; in cui ognuno riconosce, dunque, “se’ come l’altro” (P.

Ricoeur) e si sente parte di un "noi" più grande, un organismo solidale che pulsa

sorse,

pescando a piene mani dalla cultura della non-violenza, con i suoi stringenti

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