180Meraviglie n. 45
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è stato uno dei protagonisti della Riforma Psichiatrica Italiana, partendo dall’essere un seguace
dai primi mesi del 1998. Nello stesso anno divenne Direttore Generale dell'Azienda Sanitaria
di Trieste e lo fu per 10 anni.
risposta di Rotelli su “Quale Psichiatria?” (tra l’altro titolo del suo ultimo libro) e poi con lo
scritto “La rosa che (ancora) non c'è”.
QUALE PSICHIATRIA?
di Franco Rotelli
Il libro intitolato “Quale psichiatria?”, per sua risposta,
non ce n’è neanche una che ci stia bene. Ci sta bene
però, un’opera di grande ingegneria sociale, un’opera
di grande mobilizzazione di risorse, di energie, di
intelligenze, di professionalità e di relazionalità che
l’hanno mitizzato, se vogliamo ,appunto, parlare di
politiche e di pratiche di salute mentale e oggi, non
parlare di politiche e di pratiche di salute mentale è
allontanarci il più possibile dalla psichiatria. Questo,
purtroppo, si fa poco in giro per l’Italia, si regredisce
ai piccoli campi propri delle psichiatrie, ai recinti delle
psichiatrie e di sguardi assolutamente limitativi. Noi invece proponiamo di rompere questi sguardi limitativi,
proponiamo di avvicinarsi all’altro mobilizzando un campo di forze molto più ampie in questo avvicinamento.
Il manicomio era l’esempio più estremo della deprivazione dei rapporti, della deprivazione dei diritti, della
deprivazione dei rapporti, era la miseria istituzionalizzata dei rapporti, della vita quotidiana, la miseria degli
oggetti, la deprivazione. Noi dobbiamo fare il contrario, dobbiamo arricchire continuamente ciò che sta attorno
alla vita delle persone, impedirne l’impoverimento, combattere questo impoverimento che provoca lo
star male e ne è provocato e quindi ricreare tutti quei laboratori di senso, quei laboratori di vita, laboratori di
bellezza e, quelle risposte ai bisogni che possono aiutare davvero le persone a farcela a sopportare alcune cose
e a immaginare che è possibile anche avere dei disturbi, come si vuol dire, ma potersela cavare, poterci convivere,
poter andare oltre e poter avvicinarsi a una vera normalità, se, per normalità intendiamo la ricchezza
delle diversità possibili.
DA "QUALE PSICHIATRIA?", LA ROSA CHE (ANCORA) NON C'È
“Mancano cinquemila rose, perché tante ne abbiamo messe, ma altrettanto ne avevamo, in
inserito nel libro “Quale Psichiatria?”. Egli si propose di farne piantare diecimila nel Parco
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fatto dopo la chiusura dei manicomi, in primo luogo a Trieste, ma anche altrove e che quelle
da piantare, rappresenterebbero, ciò che ancora c’è da fare nel campo psichiatrico, perché non
pochi ostacoli culturali, burocratici ed istituzionali sono in agguato, non permettendo le buone
pratiche dettate e motivate da vero e profondo ascolto e dal prendersi cura della persona, così
come un giardiniere fa con le sue rose.
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