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Il GRIDO di Guerra - NOVEMBRE 2023

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Rinnovamento<br />

Profondo<br />

L’aquila reale è un rapace straor<strong>di</strong>nario.<br />

Possente al punto da sembrare persino<br />

inadatto a spiccare il volo.<br />

Ma poi, quando spiega le sue ali<br />

così ampie, il suo corpo acquista una leggerezza<br />

inaspettata e può librarsi nell’aria con una<br />

tranquillità che stupisce e genera ammirazione.<br />

Come vorremmo anche noi, in certi momenti<br />

della nostra vita, quando ci sentiamo appesantiti,<br />

essere come l’aquila. Avere la capacità, in<br />

un batter d’ali, <strong>di</strong> percepire nuovamente la<br />

leggerezza dei nostri corpi e delle nostre anime.<br />

Mi sono chiesto se non sia anche per questo che<br />

gli angeli ce li siamo immaginati con un corpo<br />

umano ma alati, capaci <strong>di</strong> orizzonti lontani, per<br />

guardare oltre se stessi e scorgere scenari e<br />

panorami ine<strong>di</strong>ti. Perché ciò che intristisce la<br />

vita è anche la gabbia, quel senso <strong>di</strong> cupezza<br />

che impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> vedere i giorni che abbiamo<br />

davanti.<br />

Mi viene in aiuto, a questo proposito,<br />

una leggenda che Domenico De Masi riporta<br />

alla fine del suo libro Mappa Mun<strong>di</strong>, che è una<br />

carrellata storica <strong>di</strong> modelli sociali <strong>di</strong> varie parti<br />

del mondo ed epoche <strong>di</strong>verse. Lui le ripercorre<br />

per in<strong>di</strong>care le risposte collettive, pur con tutti i<br />

limiti che ciascuno ha manifestato. Per giungere<br />

alla constatazione che noi siamo in una fase<br />

<strong>di</strong> transizione, <strong>di</strong> smarrimento, proprio per la<br />

mancanza <strong>di</strong> una “mappa del mondo” che possa<br />

aiutarci a dare orientamento al nostro cammino.<br />

Così egli riporta la leggenda brasiliana dell’aquila<br />

reale.<br />

La storia racconta che l’aquila vive sino a<br />

70 anni, ma perché possa arrivarci, a 40 anni circa,<br />

deve prendere una <strong>di</strong>fficile decisione. Infatti a<br />

questa età i suoi artigli si sono consumati a motivo<br />

dei tanti anni <strong>di</strong> predazione e non riescono più<br />

ad ghermire; il suo becco si è incurvato al punto<br />

da <strong>di</strong>venire quasi inservibile e, inoltre, le sue ali<br />

sono appesantite da penne troppo ingrossate<br />

e quin<strong>di</strong> il volo si è fatto faticoso e più breve.<br />

L’aquila ha due alternative, lasciarsi morire,<br />

incapace come è <strong>di</strong>venuta a procurarsi del cibo,<br />

oppure, con un atto <strong>di</strong> coraggio, intraprendere<br />

un’azione lunga, <strong>di</strong>fficile e dolorosa. Ella, per un<br />

periodo <strong>di</strong> 150 giorni, dovrà ritirarsi su una parete<br />

rocciosa e sfregare il suo becco sulla roccia fino<br />

a consumarlo del tutto. Quin<strong>di</strong> deve aspettare<br />

che ricresca, sottoponendosi ad un forzato<br />

<strong>di</strong>giuno. Poi, però, col nuovo becco appuntito<br />

deve <strong>di</strong>struggere, uno per uno, i suoi artigli. E<br />

nuovamente aspettare che ricrescano. E infine,<br />

coi nuovi artigli, deve strapparsi, una ad una e<br />

con inevitabile sofferenza, le penne ingrossate.<br />

In questa fase sarà quasi impossibile volare. Ma<br />

quando saranno ricresciute, passati i 150 giorni,<br />

col becco appuntito, nuovi artigli affilati e penne<br />

leggere potrà riprendere a vivere per i restanti<br />

30 anni.<br />

Trovo che sia una straor<strong>di</strong>naria leggenda<br />

per <strong>di</strong>re il nostro bisogno <strong>di</strong> rinnovamento sia<br />

in<strong>di</strong>viduale che collettivo. Per farlo, bisogna<br />

smettere <strong>di</strong> gloriarci del passato e anche<br />

smettere <strong>di</strong> applicare ai problemi sempre le<br />

stesse vecchie soluzioni. Ci vuole coraggio per<br />

<strong>di</strong>re <strong>di</strong> sì alla vita e non temere anche il sacrificio<br />

e il dolore che questo, inevitabilmente, richiede.<br />

Nel Vangelo <strong>di</strong> Matteo 16, viene riportata<br />

questa parola <strong>di</strong> Gesù: “Se uno vuol venire <strong>di</strong>etro<br />

a me rinunci se stesso, prenda la sua croce e<br />

mi segua. Chi avrà voluto salvare la sua vita la<br />

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