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La macchina - Il laboratorio di Galileo Galilei

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fu incluso 22 nel secondo volume delle Opere, stampato dal Dozzaa Bologna nel 1665, ma fu pubblicata nella seconda e<strong>di</strong>zione delleOpere, quella <strong>di</strong> Firenze del 1718. Non escludo, però, che alcunidegli esperimenti <strong>di</strong>scussi nella “sesta giornata” siano stati realizzatiad Arcetri tra il 1637 e il 1639. Esaminerò questo aspetto più avanti,nella presentazione degli esperimenti.Se <strong>Galileo</strong> avesse utilizzato la sua <strong>macchina</strong> per lo stu<strong>di</strong>o del moto,insieme con l’orologio ad acqua, avrebbe avuto a <strong>di</strong>sposizione unostrumento superiore al piano inclinato, dove il rallentamento èdovuto ad una <strong>di</strong>minuzione statica della gravità. Qui, invece, unapiccola forza, data dall’eccesso <strong>di</strong> peso <strong>di</strong> uno dei due corpi, agiscesulla grande massa del sistema, mettendo in evidenza il rapportotra inerzia e forza. Peccato che né lui, né i suoi allievi hanno portatoavanti questi stu<strong>di</strong>.22Opere <strong>di</strong> <strong>Galileo</strong> <strong>Galilei</strong>, In Firenze, MDCCXVIII. Nella Stamp. Di S.A.R. PerGio. Gaetano Tartini e Santi Franchi, Tomo II, pp. 693-710. L’e<strong>di</strong>tore LodovicoElzeviro, non avendo ancora ricevuto il 1 gennaio 1638 il trattato della percossae dell’uso della catenella, aveva chiuso e stampato il libro, arrestandosialla quarta giornata. Vincenzio Viviani (1622-1703) l’ultimo <strong>di</strong>scepolo<strong>di</strong> <strong>Galileo</strong>, racconta nel suo Quinto libro degli Elementi <strong>di</strong> Euclide (Firenze1674), <strong>di</strong> aver veduto tra le mani del figlio Vincenzio, poco dopo la morte<strong>di</strong> <strong>Galileo</strong>, oltre alle bozze originali delle opere già stampate, tra altri scritti,il principio <strong>di</strong> un nuovo congresso detto ultimo, nel quale erano introdottiper interlocutori il Salviati e il Segredo, escludendo Simplicio e ponendoviper terzo Paolo Aproino, stato già suo scolaro in Padova: erano in esso spiegatealcune esperienze fatte da <strong>Galileo</strong> al tempo in cui egli era colà lettore,allorquando andava investigando la forza della percossa. <strong>Il</strong> Viviani ebbe daVincenzio il permesso <strong>di</strong> prenderne copia. Più tar<strong>di</strong> con l’aiuto del nipote Cosimo,poté <strong>di</strong> nuovo riscontrare sull’originale la propria copia. Egli però nonfece <strong>di</strong> pubblica ragione questa scrittura, la quale vide per la prima volta laluce nella sopra citata e<strong>di</strong>zione fiorentina delle Opere, per la quale si ignorase gli e<strong>di</strong>tori si servirono dell’originale o della copia del Viviani, oggi purtroppoda ritenersi ambedue perduti. (Notizie ricavate da varie pubblicazioni <strong>di</strong>Antonio Favaro).17

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