La capacità negativa dello psicoterapista di gruppo
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è la semplice attenzione alla “non-violazione” delle<br />
norme deontologiche mentre l’Etica “attiva” implica<br />
un impegno volto a “contribuire al bene”, qualunque<br />
sia il proprio quadro <strong>di</strong> riferimento teorico. L’etica<br />
quin<strong>di</strong>, in tale concezione, non si defi nisce più soltanto<br />
come un “non-fare” cose contrarie alle norme o<br />
ai principi deontologici, ma «si trasforma in attività,<br />
fatta <strong>di</strong> azioni e parole», fi nalizzate alla promozione e<br />
al conseguimento del benessere in<strong>di</strong>viduale e collettivo.<br />
L’etica cosiddetta “attiva”, per potersi esprimere,<br />
ha bisogno della presenza <strong>di</strong> almeno tre con<strong>di</strong>zioni<br />
o principi fondamentali: la tutela dell’utente e del<br />
committente, la tutela del <strong>gruppo</strong> professionale, la<br />
tutela del singolo professionista. Parmentola (2000)<br />
sostiene che «occorre molta tecnica, per essere etico».<br />
Infatti, «come spesso accade, un rigore tecnicoprofessionale<br />
può già costituire anche una forma <strong>di</strong><br />
salvaguar<strong>di</strong>a deontologica. Un dottore tecnicamente<br />
bravo è, per ricaduta, un dottore corretto. Un dottore<br />
deontologicamente scorretto non potrà, per ricaduta,<br />
che fornire prestazioni tecnicamente scadenti».<br />
È proprio per questo che, nella professione <strong>di</strong> psicologo,<br />
i concetti <strong>di</strong> “deontologia” e <strong>di</strong> “qualità” non<br />
possono in alcun modo essere <strong>di</strong>sgiunti ed, anzi, un<br />
adeguato approfon<strong>di</strong>mento della materia deontologica<br />
può e probabilmente deve essere anche, per lo psicologo,<br />
una via pressoché obbligata per migliorare i<br />
livelli qualitativi del suo concreto agire professionale<br />
quoti<strong>di</strong>ano (Frati, 2002).<br />
In quanto insieme <strong>di</strong> principi, <strong>di</strong> insegnamenti<br />
e <strong>di</strong> orientamenti il Co<strong>di</strong>ce deontologico è, perciò,<br />
«uno strumento da adottare non solo per essere corretti,<br />
ma anche per essere bravi nell’esercizio della<br />
pratica professionale» (Madonna, 2002, p. 51). Per<br />
questo stu<strong>di</strong>are il Co<strong>di</strong>ce deontologico e la deontologia<br />
in generale, e rifl ettere su <strong>di</strong> essi, rappresenta<br />
«una pratica formativa professionale, una strada ulteriore<br />
e non secondaria per imparare ad essere bravi<br />
professionisti», tenendo sempre presente che l’etica<br />
professionale non si esaurisce nel rispetto del co<strong>di</strong>ce<br />
deontologico bensì corrisponde ad un’attitu<strong>di</strong>ne<br />
mentale e relazionale che informa ogni scelta e<br />
condotta sia nell’esercizio della professione sia nella<br />
partecipazione alla vita della società civile. Nell’attuale<br />
contesto <strong>di</strong> mutamenti strutturali e culturali che<br />
riguardano la professione <strong>dello</strong> psicologo l’adozione<br />
<strong>di</strong> regole deontologiche vincolanti costituisce un<br />
criterio <strong>di</strong> legittimazione e <strong>di</strong> consenso sociale della<br />
psicologia, in quanto contribuisce a fornire e a salvaguardare<br />
una determinata immagine pubblica <strong>dello</strong><br />
psicologo, una sorta <strong>di</strong> mo<strong>dello</strong> <strong>di</strong> “professionista<br />
ideale”, competente e responsabile (Calvi, 2002).<br />
Aspetti deontologici della professione<br />
6. <strong>La</strong> responsabilità <strong>dello</strong> psicologo<br />
Nella visione tra<strong>di</strong>zionale, la responsabilità viene<br />
intesa come facoltà o obbligo del soggetto <strong>di</strong> rispondere<br />
delle azioni fatte o delle azioni non fatte. E’ su<br />
questa concezione che si regge l’impianto deontologico,<br />
che ha lo scopo <strong>di</strong> prescrivere, o vietare, determinate<br />
azioni.<br />
Esiste però un piano che non può essere esaurientemente<br />
abbracciato da questa categoria della responsabilità,<br />
perché le questioni <strong>di</strong> valore e <strong>di</strong> senso del<br />
nostro agire interpellano la coscienza del soggetto<br />
e la consapevolezza <strong>di</strong> sé, aspetti che non possono<br />
essere “sorvegliati” da normative e <strong>di</strong>spositivi esterni,<br />
semplicemente perché non si può prescrivere un<br />
modo della coscienza e del pensiero.<br />
Jonas (1977) ha spiegato che la responsabilità è<br />
una <strong>di</strong>sposizione intrinseca all’uomo che lo stimola a<br />
farsi carico <strong>di</strong> ciò a cui si sente emotivamente legato<br />
e ad investire in senso psicologico su ciò cui si sente<br />
emotivamente legato.<br />
Più che una facoltà razionale, la responsabilità<br />
andrebbe pensata, pertanto, come un “sentimento”,<br />
un “interesse”, una “preoccupazione” personalmente<br />
avvertita per qualcosa che sentiamo riguardarci<br />
<strong>di</strong>rettamente. Non ci sentiamo responsabili perché<br />
qualcuno, o la società stessa, ce lo chiede ma perché<br />
farsi carico, prendersi cura, è un’esperienza che facciamo<br />
spontaneamente all’interno <strong>di</strong> una relazione<br />
con qualcuno a cui assegniamo un valore, qualcuno<br />
che ha valore per noi.<br />
In quest’ottica, rendersi responsabili dell’applicazione<br />
dei valori signifi ca riconoscersi nell’importanza<br />
che quei valori hanno per noi. E riconoscersi<br />
nell’importanza che quei valori hanno per noi signifi<br />
ca preoccuparci <strong>di</strong> salvaguardarli, <strong>di</strong> tenerli vivi e<br />
<strong>di</strong> agire coerentemente con questi. Va dato atto, però,<br />
che i valori che appartengono all’identità professionale<br />
<strong>dello</strong> psicologo sono ancora troppo poco oggetto<br />
<strong>di</strong> una rifl essione all’interno della comunità professionale.<br />
Nella storia più recente della professione psicologica<br />
si è fatto molto sul piano della responsabilità<br />
deontologica, cioè sul rapporto tra il professionista e<br />
la norma. E’ questa la responsabilità giuri<strong>di</strong>ca, da intendere<br />
come obbligo a rispondere delle proprie azioni,<br />
in nome <strong>di</strong> un mandato esterno. Ma si perderebbe<br />
un’importante occasione <strong>di</strong> sviluppo e <strong>di</strong> crescita<br />
professionale se si rinunciasse a trovare uno spazio<br />
per con<strong>di</strong>videre - anziché rimetterla esclusivamente<br />
alla coscienza del singolo - anche la rifl essione sulla<br />
responsabilità etica, cioè sul rapporto tra il professionista<br />
e i valori. Dal punto <strong>di</strong> vista etico, infatti,