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La capacità negativa dello psicoterapista di gruppo

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Ricerca clinica<br />

Un intervento psicoeducazionale<br />

<strong>di</strong> <strong>gruppo</strong> per pazienti psicotici<br />

Dott. Maria Assunta Carati, Ernesto Nuzzo Psicologi Psicoterapeuti presso Strutture Residenziali <strong>di</strong><br />

Riabilitazione Psichiatrica, Tutors Project APC Lecce<br />

Gian Luigi Dell’Erba Psicologo Psicoterapeuta Servizio <strong>di</strong> Psicologia Clinica ASL Lecce, Didatta APC Lecce<br />

Viviana Armenise, Lorenza Bracci, Annapaola Buquicchio, Francesca Paola Cafarella, Clara Calia,<br />

Cosima Camposeo, Giada Caricato, Rossana Cervone, Tania De Iaco, Eleonora De Leo, Rosa Denora,<br />

Daria Di liso, Andrea Elia, Fabrizio <strong>La</strong>mpugnano, Giovanni Mancini, Grazia Moro, Rosa Caterina<br />

Mosca, Riccardo Pagliara, Emanuela Pino, Brigida Ruggieri, Rosa Scaringella<br />

Psicologi specializzan<strong>di</strong> APC Lecce<br />

INTRODUZIONE<br />

Negli ultimi vent’anni è andato ra<strong>di</strong>calmente<br />

mutando l’orizzonte teorico e applicativo riguardante<br />

i <strong>di</strong>sturbi <strong>dello</strong> spettro schizofrenico.<br />

Nuovi contributi provenienti dalle neuroscienze<br />

e dalla ricerca <strong>di</strong> base sui rapporti tra attaccamento e<br />

sviluppo <strong>di</strong> specifi che funzioni, quali quella <strong>di</strong> mentalizzazione<br />

e quella della teoria della mente, hanno<br />

consentito <strong>di</strong> superare molte delle empasse teoriche<br />

a proposito dell’eziopatogenesi <strong>di</strong> tali <strong>di</strong>sturbi.<br />

Attualmente, il nuovo mo<strong>dello</strong> <strong>di</strong> sintesi, chiamato<br />

“vulnerabilità-stress-coping”, unitamente al concetto<br />

<strong>di</strong> defi cit delle funzioni meta-cognitive, consentono<br />

al clinico una gamma <strong>di</strong> scelte terapeutiche mai<br />

avute in precedenza.<br />

Nel campo della psicoterapia, il mo<strong>dello</strong> cognitivo-comportamentale<br />

si afferma come mo<strong>dello</strong> elettivo,<br />

sia nella sua versione standard riadattata (Fowler<br />

et al., 1995; Birchwood, 1997), sia nelle recenti<br />

applicazioni mutuate dall’approccio meta-cognitivo<br />

(Frith, 1994; Semerari, 1999).<br />

Elemento critico fondamentale (e prioritario)<br />

per ogni intervento risulta essere la possibilità <strong>di</strong><br />

inscrivere qualunque trattamento all’interno <strong>di</strong> una<br />

relazione terapeutica sostenibile, in grado <strong>di</strong> superare<br />

le eventuali e frequenti rotture della compliance<br />

ma anche <strong>di</strong> consentire lo svolgersi del processo<br />

terapeutico pur in presenza <strong>di</strong> schemi interpersonali<br />

fortemente <strong>di</strong>sturbati e <strong>di</strong> emozioni intense e poco<br />

modulabili. A tale scopo le recenti formulazioni in<br />

ambito cognitivo-comportamentale sulla regolazione<br />

della relazione terapeutica con i pazienti gravi<br />

(Semerari 1999; Safran e Muran, 2000), rappresentano<br />

una risorsa imprescin<strong>di</strong>bile per chiunque operi<br />

a contatto con tali pazienti tanto in setting terapeutici<br />

quanto in quelli riabilitativi.<br />

<strong>La</strong> specifi cità ma allo stesso tempo la fl essibilità<br />

degli strumenti operativi <strong>di</strong> matrice cognitivo-comportamentale<br />

applicati alla schizofrenia (role play,<br />

problem solving, superamento dei cicli interpersonali<br />

patogeni, tecniche per la gestione dei sintomi<br />

positivi, etc.), rappresenta un know-how in<strong>di</strong>spensabile<br />

per qualunque clinico che si trovi ad approcciare<br />

non soltanto i pazienti schizofrenici, ma in generale<br />

tutti i pazienti “<strong>di</strong>ffi cili” (Perris e McGorry, 2000).<br />

Con questo termine ci si riferisce a pazienti particolarmente<br />

problematici in virtù del tipo <strong>di</strong> patologia<br />

che li caratterizza e soprattutto per la loro parziale e<br />

poco collaborativa <strong>di</strong>sponibilità alle cure. Questi pazienti,<br />

spesso, presentano qualche alterazione a carico<br />

delle funzioni metacognitive, dalle quali <strong>di</strong>pendono<br />

altre <strong>di</strong>ffi coltà che concorrono a determinare la<br />

loro complessiva gravità. In risposta alle esigenze <strong>di</strong><br />

questa categoria <strong>di</strong> pazienti si realizzano, pertanto,<br />

in campo me<strong>di</strong>co <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> intervento.<br />

<strong>La</strong> riabilitazione, contemporaneamente o al termine<br />

della terapia, si propone l’obiettivo <strong>di</strong> superare<br />

nel migliore dei mo<strong>di</strong> possibili gli impe<strong>di</strong>menti fi sici<br />

che ostacolano il pieno recupero delle potenzialità<br />

dell’in<strong>di</strong>viduo. Attraverso questo processo, abilità<br />

perdute possono essere riacquistate oppure possono<br />

essere sviluppate delle nuove strategie <strong>di</strong> adattamento<br />

in modo che il soggetto possa raggiungere<br />

il migliore grado <strong>di</strong> funzionamento (Hume, 1994).<br />

I programmi riabilitativi, complessivamente, sono<br />

quin<strong>di</strong> fi nalizzati al miglioramento della qualità della<br />

vita della persona svantaggiata, dove con il costrutto<br />

“qualità della vita” si intende il maggior livello<br />

<strong>di</strong> autonomia del paziente nello svolgimento delle<br />

attività della vita quoti<strong>di</strong>ana e la conquista <strong>di</strong> un<br />

reinserimento sociale e lavorativo <strong>di</strong>gnitoso e sod<strong>di</strong>sfacente.<br />

Tuttavia, questo non sempre è possibile;<br />

così, in relazione alle caratteristiche del soggetto e<br />

alle sue risorse, alla gravità clinica della malattia,

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