Num. 37 - Febbraio 2010 - Infodiabetes.it
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DIABETES CARE, JULY 2009<br />
diagnosi del diabete. La commissione<br />
esaminò i dati di tre studi epidemiologici<br />
trasversali che includevano popolazioni<br />
di Egiziani (n = 1018), Indiani Pima (n =<br />
960), e la popolazione Americana del National<br />
Health and Nutr<strong>it</strong>ion Examination<br />
Survey (NHANES) (n = 2821). La retinopatia<br />
era valutata in ciascuno dei suddetti<br />
studi tram<strong>it</strong>e fotografia del fundus od<br />
oftalmoscopia diretta e i livelli glicemici<br />
misurati come FPG, 2HPG e HbA1c.<br />
Questi studi dimostrarono che esistevano<br />
valori glicemici al di sotto dei quali vi<br />
era una scarsa prevalenza di retinopatia<br />
e al di sopra dei quali la prevalenza aumentava<br />
in maniera apparentemente lineare<br />
(Fig. 1). Quando gli indici di prevalenza<br />
della retinopatia erano espressi in<br />
decili di glicemia per ognuna delle tre<br />
misurazioni, i livelli glicemici in cui la retinopatia<br />
iniziava ad aumentare risultarono<br />
gli stessi per ciascuna misura all’interno<br />
di ogni popolazione. Inoltre, i valori<br />
della glicemia al di sopra dei quali la<br />
retinopatia aumentava erano analoghi<br />
tra le popolazioni. Questi dati mostravano<br />
una chiara relazione tra glicemia e rischio<br />
di retinopatia, destinata a soppiantare<br />
il precedente concetto di rischio di<br />
progressione verso un diabete palese e<br />
sintomatico come base per la diagnosi.<br />
Confrontando la relazione tra valori<br />
di FPG e 2HPG e la retinopatia, appariva<br />
evidente che il precedente cut point di<br />
FPG ≥ 140 mg/dl (7,8 mmol/l) era sostanzialmente<br />
al di sopra dei livelli glicemici<br />
in cui si verificava l’aumento della<br />
prevalenza di retinopatia. Di conseguenza,<br />
la commissione decise che il cut point<br />
di FPG dovesse essere abbassato a ≥ 126<br />
mg/dl (7,0 mmol/l), in modo da rappresentare<br />
un livello di iperglicemia “simile”<br />
al valore di 2HPG, e in modo che la<br />
diagnosi basata sull’una o sull’altra misurazione<br />
desse come risultato una simile<br />
prevalenza di diabete nella popolazione.<br />
La relazione della commissione del<br />
1997 riconobbe che, anche ad un più basso<br />
cut point della FPG, i livelli di questa<br />
e dell’OGTT (2HPG) non coincidevano<br />
perfettamente. Un soggetto poteva dunque<br />
risultare diabetico sulla base di un<br />
test ma non dell’altro. Questa discrepanza<br />
è stata confermata in numerose successive<br />
pubblicazioni e può essere dovuta,<br />
in parte, al fatto che, sebbene entrambi<br />
i test effettuino misurazioni della glicemia,<br />
essi riflettono misurazioni fisiologiche<br />
differenti del metabolismo del glucosio<br />
(18). Il dibatt<strong>it</strong>o in mer<strong>it</strong>o ai ruoli<br />
rispettivamente giocati da FPG e 2HPG<br />
nella diagnosi del diabete in adulti non<br />
in gravidanza è continuato (19-21).<br />
La relazione del 1997 raccomandava<br />
inoltre che il livello di FPG, anziché quello<br />
2HPG, fosse il test da preferire per la<br />
diagnosi del diabete in quanto più prati-<br />
42<br />
Figura 1 – Prevalenza di retinopatia espressa in decili della distribuzione di FPG, 2HPG e<br />
HbA1c nelle popolazioni di indiani Pima (A), Egiziani(B) e individui tra i 40 e i 74 anni di età<br />
inclusi nel NHANES III (C). Adattato con l’autorizzazione del ref. 17.<br />
co per i pazienti, più rapido e meno costoso<br />
e con una riproducibil<strong>it</strong>à superiore<br />
(17). Inoltre, la commissione introdusse<br />
la definizione di “alterata glicemia a digiuno”<br />
(IFG) per differenziare lo stato<br />
metabolico tra normal<strong>it</strong>à (FPG