Num. 37 - Febbraio 2010 - Infodiabetes.it
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DIABETES CARE, AUGUST 2009<br />
ferenza significativa (riduzione del rischio<br />
relativo del 35%; P = 0.003). Tale effetto<br />
benefico veniva attenuato ma era<br />
ancora significativo dopo che i dati venivano<br />
aggiustati per durata del diabete,<br />
HbA1c e pressione sistolica (riduzione di<br />
rischio relativo del 26%; P = 0.046) (11).<br />
Nel DIRECT-Protect 1, si riscontrava<br />
un’identica evoluzione della retinopatia<br />
diabetica nel gruppo placebo e nel gruppo<br />
trattato con candesartan, il che indicherebbe<br />
che il candesartan non avrebbe<br />
efficacia nel prevenire l’evoluzione della<br />
retinopatia diabetica (11). Il DIRECT-Protect<br />
2 mostrava una riduzione non significativa<br />
nell’evoluzione della retinopatia<br />
diabetica (rischio relativo del 13%; P =<br />
0.20). Si osservava tuttavia un significativo<br />
aumento della regressione della retinopatia<br />
diabetica (34%, P = 0.009) e tale<br />
effetto era maggiormente evidente nei<br />
pazienti con retinopatia lieve (12). Sebbene<br />
l’end point primario predeterminato<br />
nel programma DIRECT non sia stato<br />
raggiunto, le analisi dei dati indicano un<br />
complessivo effetto benefico del candesartan<br />
nella retinopatia diabetica.<br />
I risultati del DIRECT andrebbero<br />
confrontati con quelli dello studio Action<br />
in Diabetes and Vascular Disease (AD-<br />
VANCE), che comprendeva 11.140 pazienti<br />
con diabete di tipo 2 (51). In questo<br />
studio, pazienti randomizzati a un controllo<br />
glicemico intensivo con glicazide<br />
(a rilascio modificato), oltre ad altri farmaci<br />
necessari per raggiungere livelli di<br />
HbA1c ≤6.5% e un ACE inib<strong>it</strong>ore associato<br />
a un diuretico (perindopril-indapamide),<br />
presentavano la stessa incidenza o<br />
evoluzione della retinopatia diabetica rispetto<br />
al gruppo placebo nell’arco di 4<br />
anni. Questi risultati indicherebbero che<br />
il candesartan, ma non gli ACE inib<strong>it</strong>ori,<br />
può avere effetti benefici sulla retinopatia<br />
diabetica. Andrebbe tuttavia precisato<br />
che a differenza del DIRECT, l’ADVAN-<br />
CE non utilizzava fotografie retiniche<br />
standardizzate e vi era una minore evoluzione<br />
della retinopatia diabetica, lim<strong>it</strong>ando<br />
in tal modo la capac<strong>it</strong>à dello studio<br />
di individuare qualsiasi effetto moderato<br />
sulla malattia oculare microvascolare.<br />
AGENTI ANTI-VEGF PER VIA<br />
INTRAVITREALE<br />
È stato appurato il ruolo fondamentale<br />
del VEGF nella genesi della retinopatia<br />
diabetica e i suoi livelli sono aumentati<br />
negli animali con diabete indotto e nell’umor<br />
v<strong>it</strong>reo di pazienti con retinopatia<br />
diabetica. La somministrazione di VEGF<br />
per via intrav<strong>it</strong>reale in animali in laboratorio<br />
riproduce molte caratteristiche della<br />
retinopatia diabetica. Dunque, i farmaci<br />
che attenuano l’azione del VEGF sono<br />
70<br />
molto interessanti, poiché sono in grado<br />
di ridurre permeabil<strong>it</strong>à e neovascolarizzazione,<br />
caratteri distintivi rispettivamente<br />
di DME e PDR (4,52).<br />
In generale, i farmaci somministrati<br />
in maniera sistemica raggiungono il tessuto<br />
retinocoroidale atraverso la circolazione<br />
del sangue. Poiché, tuttavia, la BRB<br />
lim<strong>it</strong>a il flusso di farmaci nella retina, è<br />
necessario somministrare ingenti quant<strong>it</strong>à<br />
di farmaci per ottenere concentrazioni<br />
terapeutiche t. Per quanto concerne gli<br />
agenti anti-VEGF, ciò porterebbe ad una<br />
sistemica inibizione dell’angiogenesi che<br />
comprometterebbe la risposta vascolare,<br />
cruciale negli eventi ischemici di pazienti<br />
diabetici con malattia cardiovascolare,<br />
cerebrovascolare o vascolare periferica.<br />
Inoltre, ipertensione e proteinuria (due<br />
marker surrogati dell’inibizione sistemica<br />
del VEGF), oltre ad una compromessa<br />
guarigione della lesione, cost<strong>it</strong>uiscono altre<br />
potenziali conseguenze del blocco del<br />
VEGF e cost<strong>it</strong>uirebbero motivo di particolare<br />
preoccupazione per la popolazione<br />
diabetica (14). D’altra parte, la somministrazione<br />
locale di agenti anti-VEGF<br />
nell’occhio mediante iniezioni per via intrav<strong>it</strong>reale<br />
ev<strong>it</strong>erebbe effetti indesiderati<br />
sistemici. Tale procedura è tuttavia invasiva,<br />
ed è necessario l’intervento di uno<br />
specialista di comprovata abil<strong>it</strong>à. Per potere,<br />
inoltre, mantenere livelli di efficacia,<br />
sono necessarie iniezioni ripetute frequentemente,<br />
aumentando così l’insorgere<br />
di complicanze locali come endoftalm<strong>it</strong>e,<br />
emorragia v<strong>it</strong>reale, distacco della<br />
retina e cataratta traumatica. E ancora,<br />
sebbene il sistema oculare sia considerato<br />
chiuso e delim<strong>it</strong>ato, i farmaci anti-<br />
VEGF iniettati nella cav<strong>it</strong>à v<strong>it</strong>reale passano<br />
nella circolazione sistemica a livelli<br />
che possono variare e potrebbero potenzialmente<br />
causare gli effetti indesiderati<br />
sistemici sopra menzionati (14,52). Attualmente<br />
vi sono quattro anti-VEGF disponibili:<br />
pegaptamib sodio (Macugen;<br />
Pfizer), ranibizumab (Lucentis; Genentech/Novartis),<br />
bevacizumab (Avastin; Genentech)<br />
e aflibercept (Regeneron Pharmaceuticals/Sanofi-Aventis).<br />
Il Pegaptanib è un aptamero RNA peghilato<br />
(vale a dire, coniugato con polietilene<br />
glicolico) neutralizzante, con un’altissima<br />
affin<strong>it</strong>à verso l’isoforma 165 del<br />
VEGF (VEGF 165 ), che partecipa alla neovascolarizzazione<br />
patologica ma non fisiologica<br />
(53). Gli aptameri sono nucleotidi<br />
modificati composti da acidi nucleici<br />
con un singolo filamento, che adottano<br />
una specifica conformazione tridimensionale,<br />
che ne permette il legame ad alta<br />
specific<strong>it</strong>à e affin<strong>it</strong>à a target molecolari,<br />
in maniera simile agli anticorpi monoclonali.<br />
Un’importante caratteristica degli<br />
aptameri è il fatto che essi non mostrano<br />
immunogenic<strong>it</strong>à. Il pegaptamib è stato<br />
approvato dalla U.S. Food and Drug Administration<br />
(FDA) per il trattamento<br />
della degenerazione essudativa (umida o<br />
neovascolare) correlata all’età (AMD) nel<br />
dicembre 2004.<br />
Il ranibimizumab è un anticorpo monoclonale<br />
completo, antagonista del<br />
VEGF. A differenza del pegaptamib, il ranimizumab<br />
inibisce l’attiv<strong>it</strong>à biologica di<br />
tutte le isoforme del VEGF umano e potrebbe<br />
essere immunogenico. La FDA ha<br />
aprovato il ranibizumab per la AMD<br />
umida a giugno del 2006.<br />
Il bevacizumab è un agente anti-<br />
VEGF simile al ranibizumab ed è stato<br />
approvato dalla FDA a febbraio del 2004<br />
per il trattamento del cancro disseminato<br />
colorettale, ma non per l’adozione a livello<br />
intraoculare. Ciononostante, la terapia<br />
iniettiva per via intrav<strong>it</strong>reale con bevacizumab<br />
è un trattamento di routine<br />
effettuato dagli oftalmologi per la AMD<br />
neovascolare, perché pur avendo la stessa<br />
efficacia di pegaptamib o ranimizumab,<br />
ha un costo notevolmente inferiore.<br />
L’aflibercept, anche noto come “Trap-<br />
Eye” del VEGF per via della sua capac<strong>it</strong>à<br />
di bloccare tutte e sei le proteine del<br />
VEGF (dalla VEGF-A alla VEGF-E, oltre<br />
al fattore di cresc<strong>it</strong>a placentare), è una<br />
proteina di fusione comprendente segmenti<br />
dei domini extracellulari dei recettori<br />
umani VEGF 1 (VEGFR1) e 2 (VEG-<br />
FR2), fusi alla regione costante (Fc) dell’IgG<br />
umano. L’afilbercept è attualmente<br />
utilizzato in trial clinici sia per AMD che<br />
DME umide. L’aflibercept ha una maggiore<br />
affin<strong>it</strong>à di legame rispetto ad altri<br />
agenti anti-VEGF. Questa maggiore affin<strong>it</strong>à<br />
di legami si traduce in una maggiore<br />
attiv<strong>it</strong>à a livelli biologici più bassi e, di<br />
conseguenza, in una maggiore durata<br />
d’azione.<br />
I risultati dei trial clinici prospettici<br />
che hanno utilizzato pegaptanib e ranibizumab<br />
in i pazienti con AMD sono stati<br />
davvero notevoli e hanno portato alla<br />
progettazione di trial specifici per DME e<br />
PDR. Attualmente soltanto un trial prospettico,<br />
multicentrico, in doppio cieco,<br />
con range di dosaggio controllato, è stato<br />
effettuato su pazienti diabetici (54). In<br />
questo studio erano inclusi 172 pazienti<br />
con DME, i pazienti randomizzati per ricevere<br />
ripetute iniezioni di pegaptamib<br />
via intrav<strong>it</strong>reale avevano risultati visivi<br />
migliori (P = 0.03), maggiori probabil<strong>it</strong>à<br />
di riduzione dello spessore retinico (P =<br />
0.02), con minore necess<strong>it</strong>à di ulteriori intervento<br />
col laser focale (P = 0.04) al follow-up<br />
(36 weeks) rispetto ai soggetti<br />
che ricevevano iniezioni di placebo per<br />
via intrav<strong>it</strong>reale. L’analisi retrospettiva<br />
dei dati oftalmici di 16 pazienti con PDR<br />
mostrava anche una regressione della<br />
neovascolarizzazione (55).<br />
DIABETES CARE ED. ITALIANA - NUMERO <strong>37</strong> - GENNAIO <strong>2010</strong>