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ROSALBA ANTONINI<br />
1.2.1. esaristrom in coppia con ferom (§§ 0.0.3.2., 1.1.) trova un puntuale corrispettivo a<br />
Spoleto dove la lex luci contiene una premessa consueta in questa classe testuale, anch’essa analoga<br />
rispetto a quella del Bronzo veliterno (eventuale violazione di res sacra; § 1.2.7.), seiquis scies<br />
uiolasit dolo malo : sepis atahus pis uelestrom façia; segue piaclum datod (CSp 12-15). L’esaristro, dunque,<br />
nel contesto extralinguistico si configura come sacrificio (cfr. esono delle TI 42 ), tecnicamente<br />
‘piaculo’, da mettere in atto (se) per riparare sepis atahus pis uelestrom façia.<br />
bim asif uesclis uinu denota l’insieme degli oggetti arpatitu, con funzione esplicativa riguardo a<br />
esaristrom (se) che precede (protasi : apodosi). La forma esaristro- non è chiara 43 ; la semantica del<br />
temine è quella che si può arguire da contesto specifico (TV), dove alla bisogna rimane unicamente<br />
il parallelo antitetico piho- (pihom, ba1'). In aggiunta, riscontri esterni; la koiné testuale<br />
dell’Italia antica, in cui s’inserisce a pieno titolo la TV, offre segmenti corrispettivi che campiono<br />
da leges in latino, concernenti divieti di profanare o simili, con obbligo delle relative riparazioni.<br />
Il cippo spoletino (10-16), sei quis violasit iove bovid piaclum datod seiquis scies violasit dolo malo<br />
iovei bovid piaclum datod et a(sses) CCC moltai suntod; analogo contenuto nel CTr (12-20) e cfr. il<br />
frammento da Amiternum (LAm 4-6), sei quis [- - -he]ic rerum fecer(it) [- - -]is piaclu[m - - -].<br />
La violazione di pertinenze sacre comporta ‘piaculo’ (salvo esplicite circostanziate eccezioni;<br />
§§ 1.1.3., 1.2.6.); questa ‘coppia legata’ si riconosce anche nella TV, non lascia dubbi sul campo<br />
semantico cui rapportare esaristro- e collegato atahom (§ 1.2.7.).<br />
1.2.2. La consistenza dell’esaristro è accuratamente elencata nella TV, in quanto attiene a<br />
modalità di espletare il rituale e, non di meno, alla ‘comunità’ (§ 1.1.2.) da cui emana la lex.<br />
L’imposizione delle ‘offerte’ procede dalla vittima alle sue parti (secondo specificità decrescente,<br />
organizzata da ottica arcaica 44 ) e finisce con l’aggiunta di vino: bim (‘buem’), asif (sotto), uesclis,<br />
uinu (sotto e § 1.2.3.).<br />
Fra le discordi proposte per asif, RIX 1992 (pp. 43-44, § 5.1.), offre ‘asses’ (acc.) e, da un’idea<br />
di VETTER 1953 (appresso), aggira l’ostacolo della mancata quantificazione della multa intendendo<br />
asif plurale distributivo; pertanto, a lin. 2 della Lamina interpreta il segmento asif uesclis uinu,<br />
«un asse per i vasi (colla polte) e (un altro) per il vino».<br />
Sembra difficile che questi ‘assi’ possano servire uesclis, uinu 45 . PAOLO FESTO, p. 287, 11-13 L 2 ,<br />
parla di offerte rappresentate da prodotti agricoli (non proprio da farina lavorata), «Pecunia sacrificium<br />
fieri dicebatur, cum fruges fructusque offerebantur, quia ex his rebus constat quam nunc pecuniam<br />
dicimus». Questo cenno eziologico non contempla il vino, che è pensabile apparisse tardi nell’esecuzione<br />
dei riti romani (qui in testo, § 1.2.3.) dove, comunque, l’offerta di vino è separata da ‘fertum’,<br />
‘struem’ (CATONE, a.c., 134, 3) e valutata con diverso specifico parametro (: misura di capacità).<br />
Cfr. (ibidem, 132, 2) «Daps Iovi: assaria pecunia, urna vini», da cui si evince che il vino non è<br />
incluso nell’«assaria pecunia»; a riprova (ibidem, 132, 1), «Dapem hoc modo fieri oportet. Iovi dapali<br />
culignam vini quantam vis polluceto».<br />
Ad ogni modo, secondo la proposta RIX 1992, «i vasi» 46 e «il vino» danno, in sostanza, dei<br />
complementi al pasto di carne fornita dalla vittima (bim) 47 ; gli attrezzi ‘uesclo’ funzionano come<br />
strumenti (anche) per il sacrifico, di cui fanno parte solo in quanto accessori (contenitori). In<br />
conseguenza, le offerte ‘uesclo’, ‘vino’ (da procurare ‘con assi’) non entrerebbero nell’esaristro