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ROSALBA ANTONINI<br />
porta IL contenuto essenziale per la revisione giuridico-istituzionale attuata dalla TV (§§ 1.1.1.,<br />
1.1.2.), come insegnano testi comparabili (sotto).<br />
L’etimologia di ‘pio’ (vel. piho-, lat. pio-) e dell’azione fattitiva che ne deriva (‘espiare’) rimane<br />
del tutto incerta 81 , ma la valenza d’uso dell’italico si può comparare con quella del latino arcaico,<br />
dove pio- attiene alla sfera semantica ‘(giusta) vendetta’, ‘restauro (di un equilibrio)’, ‘rimedio’,<br />
‘purificazione’ 82 e correlata semantica. Richiamo «et piamenta, quibus utitur in expiando, alii purgamenta»<br />
(FESTO, p. 234, 1 L 2 ), «mors morte pianda est» (OVIDIO, met., VIII 483); l’attributo ‘pius’ di<br />
Aeneas sottende ‘il compimento dei doveri (verso dei e uomini)’, al pari di pes in apertura della<br />
‘laudatio’ di C. Anaes (Pg 10) ecc.<br />
Il piaculo è atto di riparazione di un’azione ‘empia’; la sequenza è automatica, sine scelere sine<br />
piaculo, impone la lex furfensis (10). Il piaculo consiste nel sacrificio cruento che è la pertinenza<br />
(bovid: Spoleto, Trevi, bim : Velletri; nella cerimonia piaculare di Gubbio «le vittime sono qualificate<br />
come PIHACLO» 83 ), tanto che TFu neppure ne esplica l’esecuzione e, in assenza di scelus (sine<br />
scelere), si limita a ordinare (10) sine piaculo che nella traduzione fattuale corrisponde al veliterno<br />
ferre pihom (§ 0.0.3.1.).<br />
Il sacrilegio comporta piaculo salvo eccezione, di norma prescritta in particolari condizioni<br />
debitamente puntualizzate (§ 1.1.3.). La normativa della TV non innova, dunque, nel regolamentare<br />
abusi e concessioni in materia sacra; cito CSp (1-10), honce loucum ne qus violatod neque<br />
exvehito neque exferto quod louci siet neque cedito nesei quo die res deina anua fiet; eod die quod rei dinai<br />
cau[s]a [f]iat sine dolo cedre [licetod]. In questa lex, dopo i divieti iniziali (ne … neque … neque), ovvii<br />
(tutela della ‘sacralità’ di un luco), si trova la clausola, eod die quod rei dinai cau[s]a [f]iat, che annulla<br />
neque cedito 84 e concede sine dolo cedre [licetod] - confronta sinossi al § 0.0.3.1.<br />
1.2.7. Ma cosa significa atahom (atahus) che, compiuto toticu couehriu sepu, è sottratto all’esaristro<br />
(ferom pihom)?<br />
Per indagare il significato di atahus, hapax di senso oscuro 85 , soccorre unicamente l’ambito in<br />
cui si attesta. atahus di lin. 1 (e lin. 3) concerne statom, e questo esclude d’intendere statom ‘cosa<br />
stabilita’, ‘legge’ 86 sulle orme di Rapino (1, totai maroucai lixs), ma non «perché altrimenti il divieto<br />
di ‘toccare’ mancherebbe di un riferimento chiaro» 87 . Di norma il testo si pone come HIC ed<br />
elabora l’oggetto del messaggio compresente, quindi senza menzione – cfr. lo stereotipo ‘(donum)<br />
dedit’, con ‘(donum)’ = l’oggetto non nominato (‘nome’), in quanto situato nella condizione del<br />
testo (HIC). Inoltre, la lingua giuridica si avvale volentieri di enunciati ellittici, con eventuali brachilogie<br />
integrabili dall’ambito situazionale («Si nox furtum factum sit, si im occisit, iure caesus esto»,<br />
predica una norma decemvirale, tab. VIII, 12, p. 482 W).<br />
Stando alla lettera del Bronzo veliterno e ammesso statom neutro (ma cfr. § 0.2.), deue declune<br />
statom rispetto alla lex successiva (B; § 0.0.3.1.) funziona come prescritto autonomo: nei tre<br />
punti incisi dopo statom il pendant (epi)grafico che isola visivamente la sezione di testo in incipit<br />
(cfr. Fig. 1a). Nondimeno, la marcatezza del segmento iniziale, mentre lo focalizza come ‘titolo’,<br />
non preclude di recuperarvi il termine che porta l’oggetto di atahus, statom (allora testualizzato<br />
come accusativo, neutro o no che sia stato-; § 0.2.). Diversamente da quanto accade altrove, per<br />
es., in hoce loucarid (Luceria), [h]once loucom (Trevi), aedem, ad eam aedem (Furfo), segonw aizniw