La Progettazione degli Impianti Industriali Meccanici - Ingegneria ...
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UNIVERSITA' DI PADOVA<br />
FACOLTA' DI INGEGNERIA<br />
DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA MECCANICA<br />
LA PROGETTAZIONE DEGLI<br />
IMPIANTI INDUSTRIALI MECCANICI<br />
Vol. 1<br />
1. IL CONTESTO PRODUTTIVO.<br />
A1. APPENDICE AL CAP. 1<br />
Lorenzo Rosa<br />
Anno Accademico 2004-2005
1. Il Contesto Produttivo.<br />
- 1.2 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
1. IL CONTESTO PRODUTTIVO.<br />
Al fine di sviluppare la propria esistenza e funzionalità, l’uomo necessita di beni materiali<br />
e di valori culturali. Le origini di questi beni sono in vari materiali naturali opportunamente<br />
trasformati dal lavoro umano. <strong>La</strong> natura mette a disposizione dell’uomo solo<br />
una piccolissima parte di beni che possono essere impiegati direttamente, perciò l’uomo<br />
deve quasi sempre spendere del lavoro per garantire quella trasformazione qualitativa<br />
che adatti gli oggetti naturali alle proprie necessità.<br />
Le trasformazioni qualitative costituiscono il processo produttivo e nello sviluppo<br />
del processo produttivo, l’uomo individua due obiettivi:<br />
• ottenere il prodotto che soddisfi le sue aspettative,<br />
• spendere il minor lavoro possibile nella sua produzione.<br />
Perciò, ogni prodotto può soddisfare le necessità dell’uomo solamente se la sua qualità<br />
è rispondente all’impiego. Senza questa qualità, il prodotto diventa inutile e sia il<br />
lavoro speso per la produzione, sia l’oggetto stesso saranno stati sprecati.<br />
<strong>La</strong> quantità di lavoro speso è misurata dalla sua intensità e dalla sua durata. Il lavoro<br />
eseguito ad un ritmo eccessivo lede la resistenza dell’operatore: quindi, è ovvio che il<br />
ritmo sia controllato. <strong>La</strong> durata del lavoro ad un ritmo naturale è misurata dal tempo<br />
impiegato per svolgere l’attività. Ogni riduzione di questo tempo comporta un aumento<br />
della produttività, la quale, quindi, permette che le necessità dell’uomo siano meglio<br />
soddisfatte. Dunque, un continuo aumento della produttività del lavoro ad un ritmo<br />
normale è il metodo principale per soddisfare più pienamente le necessità dell’uomo e<br />
per elevare il suo standard di vita.<br />
- 1.1 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1.1.<br />
1.1.1.<br />
IL SISTEMA PRODUTTIVO.<br />
Se dovessimo assegnare un aggettivo ai sistemi produttivi relativi alle applicazioni<br />
meccaniche, certamente esso dovrebbe dar conto della complessità che li contraddistingue.<br />
In effetti, il termine complesso descrive come l’ambiente in cui viviamo, una volta<br />
considerato animato da individui e singoli oggetti, ora è studiato come popolato di sistemi:<br />
di comunicazione, di trasporto, economici, produttivi, urbani, politici, ecc. <strong>La</strong><br />
complessità è penetrata così profondamente nel particolare che ognuno di noi può coglierne<br />
gli indizi nelle cose più elementari, fin nei prodotti che acquistiamo, prodotti<br />
sempre più differenziati per prestazioni, estetica, funzionalità e personalizzazione. 1<br />
Il Prodotto<br />
Consideriamo un prodotto come l’autovettura Tipo della FIAT, inserita in un’ampia<br />
fascia di mercato, quella delle vetture medie del settore automobilistico, con una buona<br />
differenziazione ed un discreto contenuto tecnologico, anche se non eccessivamente<br />
spinto. <strong>La</strong> Tipo si presenta in 12 versioni, con 7 motori, 3 allestimenti, e prevede 18 optional<br />
possibili, 17 colori abbinati a 5 tipi di rivestimenti interni. Considerando i vincoli<br />
di abbinamento imposti tra versioni, motori, optional, colori e rivestimenti, si ottengono<br />
teoricamente 13472 tipi di vetture personalizzate. Le funzioni offerte dalla Tipo, oltre<br />
alle prestazioni tipiche di veicolo di trasporto, comprendono tra le altre: condizionatore<br />
d’aria, tettuccio apribile elettricamente, ABS, air-bag, sedile regolabile in altezza e riscaldato,<br />
econometro, check-control, lunotto termico, strumentazione digitale, alzacristalli<br />
elettrici, impianto di climatizzazione, chiusura centralizzata delle porte, tergifari,<br />
ecc.<br />
Principalmente l’elettronica e l’elettromeccanica hanno permesso di complicare il<br />
prodotto, sia in termini di funzioni extra offerte al cliente, sia in termini di aumento del<br />
numero delle parti, che è direttamente correlato all’introduzione dei nuovi dispositivi. Il<br />
ragionamento fatto per la Tipo può essere esteso ad una quantità enorme di prodotti, soprattutto<br />
quelli di grande diffusione.<br />
Che cosa si intende per complessità del prodotto? <strong>La</strong> sensazione che deriva da<br />
un’osservazione esteriore dell’oggetto, oppure la definizione generata da un più profondo<br />
esame della natura ed origine del prodotto?<br />
Proviamo a dare alla complessità un taglio orientato alla produzione, considerando le<br />
problematiche connesse alla costruzione e realizzazione del prodotto ed alla gestione<br />
dell’iter produttivo. Ad esempio, un livello di complessità è il numero di funzioni offerte<br />
dal prodotto, che ne complica la struttura aumentandone il numero di elementi e sottosistemi<br />
e di interazioni tra le varie parti. A questo si aggiunge la varietà di materiali<br />
utilizzati che richiedono approvvigionamenti differenziati, attrezzature e lavorazioni<br />
specifiche.<br />
Complessità è anche gestire una gamma ampia e diversificata come quella delle quasi<br />
14.000 personalizzazioni della Tipo, dove, pur essendo predeterminate le combinazioni<br />
produttive, rimane elevata la variabilità dei volumi e del mix.<br />
1 R. Castagna, A. Roversi, Sistemi Produttivi, Isedi - Politecnico di Milano, 1995.<br />
- 1.2 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Complesso è anche un prodotto che ha una vita breve nel mercato, subisce modifiche<br />
progettuali frequenti per il rinnovo della gamma o viene ritirato dopo una breve vita per<br />
seguire le esigenze della domanda. Come hanno reagito le unità produttive per rendersi<br />
capaci di seguire i ritmi produttivi e le variabilità dell’offerta?<br />
Se riuscissimo a confrontare i prodotti di 30 anni fa con quelli di oggi sulla base di<br />
un pari numero di funzioni, noteremmo come la standardizzazione abbia semplificato<br />
notevolmente il prodotto riducendo il numero di componenti diversi: da un lato assistiamo<br />
ad una sempre maggiore unificazione dei componenti che non contribuiscono alla<br />
differenziazione del prodotto, e, dall’altro, ad una significativa differenziazione delle<br />
componenti in vista, però attraverso la standardizzazione ed unificazione delle interfacce<br />
per permetterne l’accoppiamento ed il montaggio anche su modelli diversi. Ma il<br />
mercato ha imposto un aumento della gamma e delle funzioni accessorie, che ha portato<br />
ad un’esplosione del numero dei componenti grazie all’introduzione di parti opzionali:<br />
questo ha annullato in parte i benefici della standardizzazione. Dunque, si assiste ad una<br />
semplificazione del prodotto di base e ad un aumento di complessità di termini di funzioni.<br />
Due possono essere le alternative per affrontare il problema:<br />
• gestire all’interno dell’azienda le problematiche connesse alla nuova complessità<br />
del prodotto (make), acquisendo nuove tecnologie, nuovi impianti, nuovo knowhow,<br />
ecc,<br />
• demandare l’onere all’esterno (buy), facendosi carico di problematiche diverse,<br />
individuabili nei rapporti con un maggior numero di fornitori, nella sincronizzazione<br />
della produzione con gli approvvigionamenti, nella dipendenza dalla variabilità<br />
dell’offerta, ecc.<br />
In entrambi i casi, il dato oggettivamente riscontrabile dell’aumento della complessità<br />
deve essere gestito in modo che le conseguenze non investano solamente la funzione<br />
produttiva, ma si estendano all’intera struttura dell’impresa.<br />
1.1.2.<br />
Il Mercato<br />
L’AT&T impiegava due anni per progettare un nuovo telefono: adesso ne impiega<br />
solamente uno; alla Honda il tempo di sviluppo di un nuovo modello di automobile è<br />
passato da 5 a 3 anni; per un suo nuovo autocarro, la Navistar impiega 2 anni e mezzo di<br />
progettazione al posto di 5 e la Hewlett&Packard 22 mesi invece di 4 anni e mezzo, per<br />
una stampante.<br />
1) Si parla di un tempo di sviluppo dimezzato. Per comprendere la portata di questi risultati,<br />
possiamo guardare le conseguenze che questo ha portato sul mercato: la riduzione dei<br />
tempi di reazione all’innovazione da parte dei concorrenti consente il proliferare di prodotti<br />
simili, tutti lanciati quasi simultaneamente. L’innovazione rimane ancora un fattore<br />
competitivo, ma gli intervalli temporali sono ristretti: la novità è immediatamente imitata<br />
dalla concorrenza, che aggiunge al modello originale caratteristiche nuove, differenziando<br />
il proprio prodotto e parcellizzando il mercato. Non è una strategia nuova, ma<br />
la corsa alla riduzione dei tempi di sviluppo da parte dei produttori di tutto il mondo ha<br />
reso possibile la sua attuazione con effetti molto più rilevanti che nel passato, rendendo<br />
la velocità nel lanciare un prodotto innovativo e nel rispondere all’innovazione da parte<br />
dei concorrenti la nuova chiave competitiva.<br />
Il motivo per il quale la velocità di sviluppo ha assunto un posto primario tra gli obiettivi<br />
strategici dei produttori è strettamente legato al ruolo dell’impresa nel mercato<br />
- 1.3 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
concorrenziale: l’innovatore, abbassando i tempi di sviluppo, ha il duplice vantaggio di<br />
ottenere una riduzione dei costi di immobilizzo e di lavorare allo sviluppo di un prodotto<br />
il cui lancio sarà più vicino nel tempo, quindi con minore indeterminazione della domanda<br />
del mercato e con più rapido feedback, determinato dall’esito del lancio. Invece,<br />
l’inseguitore, incrementando la sua rapidità di risposta, aumenta la sua capacità di adeguarsi<br />
alle azioni dell’innovatore.<br />
2) Ma il successo sul mercato non si gioca più solamente sul prodotto, inteso come risultato<br />
del sistema produttivo rispondente alle specifiche: si è sviluppato nel cliente il concetto<br />
di prodotto totale, in cui il prodotto tal quale è solo una parte, anche se la fondamentale,<br />
e denominata prodotto generico. Il prodotto totale si estende oltre il prodotto<br />
generico, includendo il prodotto attesa, che esprime le aspettative del cliente, a prescindere<br />
dal prodotto generico tal quale: termini di consegna, termini di pagamento, assistenza<br />
tecnica, ma anche rispondenza del prodotto alle esigenze del cliente, nel duplice<br />
aspetto di non essere inferiore alle aspettative, ma nemmeno superarle in prestazioni ritenute<br />
eccessive.<br />
<strong>La</strong> differenziazione non consiste unicamente nel fornire al cliente ciò che si aspetta<br />
di ricevere, ma può comprendere l’offerta di vantaggi che non rientrano nelle sue attese,<br />
o che non è abituato a ricevere: è il concetto di prodotto integrato. Gli esempi possono<br />
essere numerosi: dalle offerte di garanzia, di prestiti a tasso agevolato per l’acquisto del<br />
bene, ecc.<br />
Il prodotto potenziale include tutto ciò che è fattibile per attirare e conservare la<br />
clientela, ma, a differenza del prodotto integrato, non investe quanto è già stato realizzato<br />
in azienda, ma ciò che è ancora possibile fare.<br />
Se un tempo era possibile individuare una relazione diretta che facesse corrispondere<br />
il prezzo alla qualità del prodotto, il mercato attuale ha imposto l’imperativo del perseguimento<br />
della qualità indipendentemente dalle condizioni di prezzo, perché è mutato il<br />
significato stesso della parola qualità, che comprende le definizioni passate, ma ne amplia<br />
i termini. Infatti, elevata qualità significa soddisfare il cliente, non solo proteggerlo<br />
dagli inconvenienti. E' possibile individuare sette dimensioni critiche della qualità:<br />
• prestazioni, cioè gli attributi misurabili del prodotto,<br />
• caratteristiche, cioè le prerogative che superano le funzioni base richieste al prodotto,<br />
• conformità, cioè il grado di rispondenza agli standard progettuali,<br />
• durata, cioè il tempo che trascorre prima che intervenga il deterioramento del prodotto,<br />
• livello di servizio, cioè la velocità di consegna, la competenza, la cortesia, la facilità<br />
di riparazione,<br />
• estetica, cioè come il prodotto risponde ai gusti del cliente nella forma, il colore, il<br />
suono, l’odore, ecc.<br />
• qualità percepita, cioè quanto delle precedenti 6 dimensioni della qualità viene effettivamente<br />
percepita dal cliente 2 .<br />
Per avere un dato tangibile di come questi obiettivi vengono perseguiti dai grandi<br />
produttori, si può considerare il mutamento del lead-time (il tempo che intercorre tra il<br />
ricevimento dell’ordine e la consegna del bene): la General-Electric ha ridotto il tempo<br />
2 D. A. Garvin, Competing on the Eight Dimensions of Quality, Harward Businness Review, 6, 1987<br />
- 1.4 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
di fornitura dei suoi interruttori automatici da 3 settimane a 3 giorni, la Motorola ha ridotto<br />
il tempo di consegna dei propri cercapersone da 3 settimane a 2 ore, ecc.<br />
3) Il terzo elemento caratterizzante il mercato <strong>degli</strong> anni '90 riguarda la composizione<br />
sociale del mercato, che è caratterizzata dalla segmentazione sempre più diffusa, frutto<br />
dei cambiamenti sociali <strong>degli</strong> ultimi decenni. Fabris e Mortara 3 descrivono il cambiamento<br />
sociale in Italia ed il processo di differenziazione che ne deriva, individuando 8<br />
tipi nei quali la società italiana va frammentandosi: Arcaici, Conservatori, Integrati,<br />
Puritani, Cipputi, Affluenti, Emergenti e Progressisti. Ognuno di questi tipi mostra diversi<br />
comportamenti e propensioni in merito allo stile di vita, la famiglia, i consumi,<br />
l’alimentazione, l’abbigliamento, l’abitazione, ecc. Se questo è l’ambiente sociale nel<br />
quale viviamo, così vario e frammentato, possiamo comprendere cosa significhi parlare<br />
di prodotto personalizzato e quale impatto possa avere sulla realtà aziendale: da un lato<br />
il prodotto deve essere sempre più mirato al segmento specifico, che non è più individuato<br />
dalle classi basate sul censo, ma assume un aspetto complesso ed articolato e,<br />
dall’altro, è vitale un’espansione della gamma per raggiungere più segmenti di mercato<br />
contemporaneamente, data la parcellizzazione dello stesso, che non consente più di acquisire<br />
quote elevate come in un mercato indifferenziato di massa.<br />
<strong>La</strong> conseguenza è l’evoluzione del mercato verso una complessità sempre crescente,<br />
che costringe le imprese ad una maggiore competitività ed al mutamento delle loro modalità<br />
di intervento.<br />
1.1.3.<br />
I Parametri Strategici della Produzione<br />
<strong>La</strong> struttura di un sistema produttivo è fortemente condizionata da 3 variabili fondamentali:<br />
• l’interazione a monte, con i fornitori,<br />
• l’interazione a valle, con i clienti,<br />
• le caratteristiche del prodotto.<br />
Le prime due generano un mutamento della struttura interna per un migliore interscambio<br />
con l’ambiente. <strong>La</strong> terza rappresenta la specificità dell’oggetto di produzione,<br />
attorno al quale viene costruito il processo produttivo al fine del conseguimento della<br />
conformità del prodotto alle specifiche di progetto. I mutamenti registrati sono individuabili<br />
nel:<br />
• l’incremento della complessità del mercato a valle (parcellizzazione),<br />
• l’incremento della complessità nella gestione dei rapporti coi fornitori,<br />
• l’accresciuta complessità intrinseca del prodotto.<br />
Essi non possono non influire sulle attività dirette della produzione e sulle leve produttive<br />
che generano il vantaggio competitivo. Tali leve, individuate da Hayes e Wheelwright<br />
4 nel 1979, col nome di parametri strategici della produzione, erano variabili interne<br />
sulle quali l’impresa poteva operare per costruire un’azione che generasse<br />
all’esterno un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti. Dalla loro analisi erano<br />
proposti 8 fattori chiave, origine del vantaggio competitivo:<br />
3 G. Fabris, V. Mortara, Le otto Italie, Mondadori, 1986<br />
4 R.H. Hayes, S.C. Wheelwright, Link Manufacturing Process and Product Life Cycles, Harward Business<br />
Review, 1, 1979<br />
- 1.5 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
• capacità produttiva,<br />
• servizi,<br />
• tecnologia,<br />
• integrazione verticale,<br />
• forza lavoro,<br />
• qualità,<br />
• pianificazione della produzione, controllo dei mercati,<br />
• organizzazione<br />
Tuttavia, nel mutamento continuo dello scenario, questi parametri, pur importanti,<br />
non sono più sufficienti per un’efficace strategia della produzione. Infatti, si possono<br />
individuare 3 limiti fondamentali:<br />
• l’accorciamento del ciclo di vita del prodotto non permette che i suoi parametri<br />
rimangano costanti per più anni, come avveniva sino a tempo fa,<br />
• l’ipotesi di ambiente produttivo e commerciale statico con un lento ritmo di progresso<br />
tecnologico e con mercati regionali o nazionali non è più valida,<br />
• i parametri non si rivelano adatti ad una misura quantitativa dell’incremento delle<br />
prestazioni, favorendo il mantenimento dello status quo.<br />
<strong>La</strong> stessa analisi dei mutamenti che si generano nell’ambiente ha suggerito<br />
l’introduzione di nuovi parametri, maggiormente adatti alle nuove condizioni ed alle esigenze<br />
strategiche. Nuove variabili vengono proposte da Gunn 5 e sono:<br />
• tempo di introduzione di nuovi prodotti,<br />
• rotazione delle scorte,<br />
• lead-time di produzione,<br />
• qualità,<br />
• flessibilità,<br />
• livello dei servizi al cliente,<br />
• sprechi,<br />
• ROI (Return-of-Investment), cioè l’indice che consente di misurare il profitto<br />
dell’investimento ed è espresso dal rapporto - calcolato in un tempo definito - tra i<br />
profitti operativi ed il capitale investito.<br />
Perciò, Gunn sostiene che un’azienda non può essere valutata dai servizi che fornisce,<br />
dalla tecnologia che usa, dalle dimensioni della forza lavoro o dal tipo di programmazione<br />
e controllo di produzione, ma solamente in termini di:<br />
• soddisfazione del cliente,<br />
• di prestazioni finanziarie.<br />
<strong>La</strong> prima caratteristica dei nuovi parametri è che essi sono focalizzati su questi ultimi<br />
due aspetti. Fattori quali il lead-time di produzione, la qualità, il livello di servizio al<br />
cliente, la flessibilità, ecc. sono mirati ad una valutazione della soddisfazione del cliente,<br />
mentre il ROI, la rotazione delle scorte, gli sprechi ed il tempo di introduzione di<br />
nuovi prodotti si focalizzano sulle prestazioni finanziarie. Invece, non sono collocabili<br />
in questa classificazione i parametri cosiddetti classici, come la forza lavoro,<br />
l’organizzazione, l’integrazione verticale, la capacità produttiva, la tecnologia impiegata<br />
e la pianificazione della produzione.<br />
<strong>La</strong> loro seconda caratteristica è che essi si propongono come indicatori quantitativi;<br />
infatti, il livello di servizio al cliente può essere misurato più di quanto non possa esserlo<br />
il numero o la varietà dei servizi offerti; la flessibilità in mix di prodotti e volume è<br />
5 T.G. Gunn, Manufacturing for Competitive Advantage, Ballinger Publishing Co, 1987<br />
- 1.6 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
maggiormente quantificabile di quanto non lo sia la tecnologia o l’organizzazione, pur<br />
dipendendo da esse, e la flessibilità in mix ha un considerevole riflesso sulle modalità di<br />
attuazione della strategia produttiva.<br />
L’utilizzo di indicatori quantitativi induce la strategia della produzione a procedere<br />
per piccoli incrementi delle prestazioni, i quali, sommati nel lungo periodo, danno risultati<br />
considerevoli (in confronto alla strategia per obiettivi fissati, i quali la maggior parte<br />
delle volte risultano disattesi).<br />
Il monitoraggio continuo ed i piccoli incrementi delle prestazioni favoriscono la tensione<br />
dell’intera impresa a progredire in modo costante, evitandole di permanere pericolosamente<br />
nello statu quo.<br />
1.1.4.<br />
L’Evoluzione delle Strategie Produttive.<br />
<strong>La</strong> funzione primaria di una strategia della produzione, come suggerito da Hayes e<br />
Wheelwright 4 , è quella di guidare l’attività in modo tale da mettere insieme le capacità<br />
produttive che permetteranno di perseguire nel lungo termine la strategia concorrenziale<br />
scelta. Pertanto, l’esame delle priorità concorrenziali che stanno dandosi i produttori<br />
può fornire gli indizi adatti a capire il modello delle capacità produttive che si sta sviluppando.<br />
Con questa ipotesi, Ferdows, Miller, Nakane e Vollmann hanno analizzato le priorità<br />
competitive e le strategie di mercato delle maggiori industrie di Europa, Stati Uniti e<br />
Giappone negli anni dal 1983 al 1987.<br />
Dall’indagine emerge che la maggior parte delle industrie giapponesi ritengono priorità<br />
competitive primarie da perseguire l’abbattimento dei prezzi ed una rapida evoluzione<br />
progettuale, mentre l’Europa e gli Stati Uniti considerano obiettivi primari<br />
un’elevata qualità del prodotto costante nel tempo e la puntualità nelle consegne (cfr.<br />
tab. 1.I).<br />
Pertanto, esiste una corrispondenza tra i nuovi fattori strategici produttivi proposti da<br />
Gunn e la tendenza delle industrie ad intervenire su variabili quantificabili in termini di<br />
soddisfazione del cliente (puntualità delle consegne, qualità, evoluzione progettuale,<br />
prestazioni finanziarie, ecc.). I risultati relativi alle strategie di mercato perseguite nei<br />
tre raggruppamenti geografici vedono gli Stati Uniti e l’Europa considerare priorità<br />
primarie l’aumento della quota di mercato e l’introduzione di nuovi prodotti sui mercati<br />
esistenti, mentre il Giappone persegue l’obiettivo del lancio di nuovi prodotti sia sui<br />
mercati esistenti, sia su nuovi mercati (tab. 1.II).<br />
Indubbiamente rilevante è l’importanza strategica data all’introduzione di nuovi prodotti<br />
sul mercato, in quanto conferma una tendenza verso l’abbattimento del tempo di<br />
progettazione del prodotto stesso.<br />
L’aumento della quota per gli Stati Uniti e l’Europa è in linea con la ricerca della<br />
qualità, mentre l’espansione del Giappone verso nuovi mercati conferma l’evoluzione<br />
verso un ambiente sempre più complesso. I dati non possono che registrare un avvenuto<br />
cambiamento nella formulazione della missione produttiva, definita come ciò che la<br />
strategia dell’impresa richiede alla funzione produttiva.<br />
L’evoluzione ha trasformato l’obiettivo produttivo dal perseguimento della massima<br />
efficienza e dei minimi costi unitari di produzione al raggiungimento di un insieme di<br />
- 1.7 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
risultati associati a flessibilità dei volumi, qualità e progettazione, rispetto delle specifiche<br />
progettuali, tempi di consegna ed efficienza.<br />
tab. 1.I. Le priorità competitive in Europa, Stati Uniti e Giappone.<br />
livello di<br />
priorità<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
5<br />
6<br />
7<br />
8<br />
EUROPA STATI UNITI GIAPPONE<br />
Qualità Qualità Prezzi bassi<br />
Prodotti di elevate pre- Prodotti di elevate pre- Rapida evoluzione<br />
stazionistazioni<br />
progettuale<br />
Puntualità di consegna Puntualità di consegna Qualità<br />
Rapidità di consegna Prezzi bassi Puntualità di consegna<br />
Prezzi bassi Rapidità di consegna Rapida variazione di<br />
volume<br />
Rapida evoluzione Rapida evoluzione Prodotti di elevate pre-<br />
progettuale<br />
progettuale<br />
stazioni<br />
Servizio al cliente Servizio al cliente Rapidità di consegna<br />
Rapida variazione di<br />
volume<br />
Rapida variazione di<br />
volume<br />
Servizio al cliente<br />
tab. 1.II. Le priorità delle strategie di mercato in Europa, Stati Uniti e Giappone.<br />
Strategie di mercato STATI U-<br />
NITI<br />
GIAPPONE EUROPA<br />
quota/vecchi mercati 1 3 2<br />
nuovi mercati/vecchi prodotti 3 4 3<br />
nuovi prodotti/vecchi mercati 2 1 1<br />
nuovi prodotti/nuovi mercati 4 2 4<br />
Un’importante considerazione è che i bassi costi diretti di produzione non sono più<br />
l’unico fattore determinante del vantaggio competitivo e che paesi produttori a basso<br />
costo del lavoro non saranno in futuro in grado di spiazzare i concorrenti solamente<br />
sull’offerta a prezzo meno elevato.<br />
Con la diminuzione dei cicli di vita dei prodotti, i produttori europei possono migliorare<br />
la loro competitività introducendo un maggior numero di cambiamenti nella moda,<br />
portando alla maturità il prodotto prima che i concorrenti escano sul mercato, e più rapidamente.<br />
- 1.8 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
1.2.<br />
1.2.1.<br />
L’ORGANIZZAZIONE DEL PROCESSO PRODUTTIVO<br />
<strong>La</strong> gestione operativa è la gestione della produzione dei beni e dei servizi, con i quali<br />
ogni giorno entriamo in contatto ed ognuno dei quali è prodotto sotto la supervisione di<br />
responsabili della produzione 6 .<br />
Un esempio di responsabile operativo è il direttore di impianto di un’azienda. Tutti<br />
gli altri responsabili che lavorano in azienda, compresi i responsabili di produzione, di<br />
magazzino, della qualità, gli ispettori di linea produttiva, ecc. sono anch’essi<br />
responsabili operativi. Insieme, essi gestiscono la produzione in azienda. Ad un livello<br />
superiore, tra i responsabili operativi possiamo comprendere in questo gruppo tutti i<br />
responsabili di produzione di un’azienda integrata e considerare un vicepresidente di<br />
produzione ed un gruppo di responsabili operativi di supporto (staff) che sovrintendono<br />
alla qualità, il controllo delle merci e del processo, l’impianto e le attrezzature,<br />
l’amministrazione, ecc.<br />
I responsabili operativi non sono impiegati solamente nelle aziende manifatturiere;<br />
essi lavorano anche nelle aziende di servizio. Ad esempio, in ambito governativo, troveremo<br />
responsabili operativi alle Poste, alla Sanità, ai <strong>La</strong>vori Pubblici, ecc. e, nel settore<br />
privato, incontreremo responsabili operativi anche nella gestione di hotel, linee aeree,<br />
banche, ecc. In ognuno di questi comparti, piuttosto che gestire la produzione di beni<br />
materiali, essi sovrintendono all’aspetto tecnico della fornitura di servizi.<br />
Anche se a prima vista queste attività possono sembrare diverse tra loro, esse hanno<br />
la proprietà comune di svolgersi attraverso processi di trasformazione:<br />
• nell’ambito manifatturiero si può pensare alla trasformazione di grezzi o semilavorati,<br />
di lavoro e di capitali in ingresso, in prodotti finiti in uscita;<br />
• nel terziario, questi stessi elementi in ingresso sono trasformati in servizi.<br />
In questi tempi si osserva un enorme trasferimento economico dalla produzione di<br />
beni a quella dei servizi: circa l’80% della manodopera è impiegata nella produzione di<br />
servizi. Tuttavia, l’importanza della produzione di beni materiali è ancora predominante<br />
per far fronte ai bisogni sociali. Proprio per l’importanza sia della produzione di beni<br />
materiali, sia di quella di servizi, e per la possibilità di considerare entrambe come attività<br />
di trasformazione, non distingueremo nel seguito tra esse, anzi consideriamo che<br />
esse possono essere studiate allo stesso modo.<br />
In questo capitolo esamineremo l’attività decisionale dei responsabili delle diverse<br />
attività dell’azienda, in modo da apprendere i meccanismi aziendali coinvolti, il loro<br />
funzionamento e le reazioni alle decisioni prese per riguardo all’attività produttiva.<br />
Alcuni Cenni Storici.<br />
L’organizzazione produttiva è esistita fin da quando l’uomo ha cominciato a creare<br />
beni e servizi. Anche se l’origine può essere ricondotta a quella della civilizzazione, il<br />
nostro interesse si limita agli ultimi 2 secoli. In maniera non strettamente cronologica,<br />
possiamo pensare ai seguenti eventi principali:<br />
6 R.G. Schroeder, Operations Management, Decision Making in the Operations Functions, Mc Graw<br />
Hill, Int. Ed., 1989.<br />
- 1.9 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1.2.2.<br />
<strong>La</strong> Divisione del <strong>La</strong>voro.<br />
<strong>La</strong> divisione del lavoro è basata su un concetto molto semplice, anche se non sempre<br />
condiviso. In confronto alla situazione in cui un singolo operatore deve svolgere diversi<br />
lavori, la specializzazione ad un singolo lavoro dà luogo ad una maggiore produttività<br />
ed una migliore efficienza. Questo concetto risale a Platone (400 a.C.), tuttavia è stato<br />
precisato in termini economici da A. Smith nel suo Wealth of Nations del 1776, dove ne<br />
indica i seguenti vantaggi:<br />
• viene migliorata la destrezza dell’operatore,<br />
• si eliminano i tempi morti derivanti dal cambio di attività,<br />
• si possono impiegare strumenti e macchine dedicati.<br />
Nel 1832, Babbage scoprì che non solo la produttività migliorava con la specializzazione,<br />
ma rendeva addirittura possibile il pagamento di un salario, giustificato dalla<br />
particolare destrezza richiesta.<br />
1.2.2.1. <strong>La</strong> Standardizzazione dei Prodotti.<br />
Con questo principio viene assicurata la loro intercambiabilità. Le prime notizie della<br />
sua applicazione risalgono alla Repubblica di Venezia, quando si è adottato il concetto<br />
di intercambiabilità ai timoni delle navi, i quali potevano essere sostituiti in caso di danno,<br />
anche in battaglia.<br />
Successivamente, Eli Whitney produsse munizioni intercambiabili per i fucili (prima<br />
dovevano essere scelte sulla base della singola canna). Ma l’introduzione più clamorosa<br />
dell’intercambiabilità avvenne con H. Ford nel 1913, nella sua rivoluzionaria catena di<br />
montaggio a trasferimento, quando essa era associata alla specializzazione del lavoro.<br />
1.2.2.2. <strong>La</strong> Rivoluzione Industriale.<br />
Essa ha avuto luogo con la sostituzione del lavoro umano con quello della macchina.<br />
Il maggiore impulso è stato l’introduzione del motore a vapore di Watt nel 1764, che ha<br />
rappresentato la maggiore sorgente di potenza mobile per l’industria e l’agricoltura. Si è<br />
poi accelerata alla fine dell’800 con lo sviluppo dei motori a combustione interna e<br />
l’elettricità.<br />
All’inizio del 900, si sono consolidati i principi della produzione di massa, in particolare<br />
in occasione delle grandi guerre, quando grandi quantità di materiali erano richiesti<br />
all’industria in tempi brevissimi. <strong>La</strong> conseguente pressione verso la meccanizzazione e<br />
l’automazione per grandi volumi di produzione è continuata, per l’aumento contemporaneo<br />
della richiesta di beni (dovuta alla crescente disponibilità finanziaria dei popoli<br />
industrializzati, a sua volta risultante dalla crescente quantità di beni prodotti<br />
dall’attività industriale). Tuttavia e come abbiamo visto sopra, oggi la società è entrata<br />
in un periodo postindustriale caratterizzato da uno spostamento verso un’economia dei<br />
servizi ed un grande interesse verso le tematiche ambientali.<br />
- 1.10 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
1.2.2.3. Lo Studio Scientifico del <strong>La</strong>voro.<br />
Esso discende dalla considerazione che l’applicazione del metodo scientifico può essere<br />
fatta allo stesso modo nello studio del sistema produttivo come in quello dei sistemi<br />
fisici e naturali. Lo studio si svolge attraverso i seguenti passaggi:<br />
• l’osservazione dei metodi produttivi attuali,<br />
• lo sviluppo di metodi più efficienti, per mezzo di misurazioni ed analisi quantitative,<br />
• l’addestramento <strong>degli</strong> operatori per adottare nuovi metodi,<br />
• un feedback continuo verso la gestione del processo produttivo.<br />
Questi concetti sono stati introdotti all’inizio del 900 da Taylor e Gilbreth. Essi sono<br />
stati combattuti tenacemente dai lavoratori, le loro associazioni e dalle Università, anche<br />
perché il loro utilizzo era non corretto, in quanto prevalentemente indirizzato verso<br />
l’accelerazione della produzione. Ciononostante, i principi della gestione scientifica<br />
hanno preso grande diffusione e sono ancor oggi applicati, ma tenendo conto<br />
dell’interazione tra i sistemi sociali, tecnici ed ambientali.<br />
1.2.2.4. Le Relazioni Umane.<br />
E. Mayo ed altri della Western-Electric hanno messo in evidenza, negli anni ’30,<br />
l’importanza centrale dell’elemento umano e delle sue motivazioni e dell’ambiente produttivo<br />
nella pianificazione del lavoro. Questo ha portato ad uno sviluppo più equilibrato<br />
della pianificazione del lavoro (che precedentemente era rivolta in prevalenza verso<br />
gli aspetti tecnici), valorizzando il grande potenziale derivante dall’umanizzazione del<br />
lavoro, introducendo il concetto di arricchimento personale (anche non solo monetario)<br />
derivante dal lavoro e conseguendo, contemporaneamente, un miglioramento della stessa<br />
produttività.<br />
1.2.2.5. I Modelli Decisionali.<br />
Essi sono impiegati per descrivere in termini matematici il sistema produttivo. Un<br />
modello decisionale è espresso in termini di misure di efficienza, di vincoli, relazioni e<br />
legami e di variabili decisionali. Lo scopo di ogni modello è di trovare i valori ottimali<br />
(o, semplicemente, soddisfacenti) delle variabili decisionali, che consentano di migliorare<br />
le prestazioni del sistema nel rispetto dei vincoli presenti. Uno dei primi impieghi di<br />
questo approccio ha avuto luogo nel 1915 da Harris, con la definizione di una relazione<br />
economica tra ordinativi e quantità di materiali nella gestione del magazzino. Nel 1931<br />
Shewhart ha sviluppato modelli quantitativi decisionali da impiegare nell’attività di<br />
controllo statistico della qualità. Nel 1947, Dantzig ha sviluppato il semplice metodo<br />
della programmazione lineare, che ha permesso l’applicazione di un’intera famiglia di<br />
modelli matematici.<br />
Negli anni ’50, l’introduzione dei modelli di simulazione al computer hanno contribuito<br />
molto allo studio ed all’analisi della produzione. A partire da allora, l’uso di vari<br />
modelli decisionali che utilizzano gli strumenti della Ricerca Operativa è stato largamente<br />
sviluppato, dei quali modelli sarà fatto cenno anche in questo Corso.<br />
- 1.11 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1.2.2.6. <strong>La</strong> Gestione della Produzione.<br />
Come detto sopra accennando allo sbocco della rivoluzione industriale, si è passato<br />
da una funzione sociale dell’industria, dedicata principalmente alla fornitura di beni materiali<br />
per soddisfare le esigenze primarie della popolazione di ogni Paese, alla fase postindustriale<br />
di una grande richiesta di servizi. Negli ultimissimi decenni, l’industria di<br />
produzione di beni materiali si è dunque trovata a dover completamente modificare il<br />
proprio obiettivo, in quanto la richiesta di beni materiali primari si è fortemente contratta.<br />
Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, per far fronte a questi cambiamenti<br />
l’unica strategia seguita dalle grandi organizzazioni industriali è stata quella di cercare<br />
di mantenere il proprio livello produttivo, pur nell’evidente trasformazione di rapporti<br />
tra industria e mercato. Contrariamente a quanto era avvenuto in passato, tale mutamento<br />
di rapporti ribaltava la situazione di vantaggio dell’azienda in confronto al cliente, ed<br />
obbligava ora l’azienda a catturare il cliente in un mercato fortemente concorrenziale,<br />
con la continua introduzione di nuovi e migliori prodotti.<br />
L’interesse verso un nuovo modo di gestire la produzione deriva dal periodo di fondamentalmente<br />
bassa efficienza che ha dovuto trascorrere ogni industria nazionale durante<br />
il cambiamento di obiettivi (in una situazione aggravata dalla concorrenza internazionale<br />
nei settori base, quali l’industria automobilistica, <strong>degli</strong> elettrodomestici,<br />
dell’acciaio, ecc). <strong>La</strong> concorrenza non arrivava solamente dal Giappone, ma anche, e<br />
soprattutto a causa delle politiche protezionistiche messe in atto a scopo di difesa da<br />
Governi nazionali, dagli altri Paesi europei e dagli stessi Stati Uniti. Diminuendo i ricavi,<br />
gli investimenti per ottenere il miglioramento della produttività non potevano essere<br />
elevati e l’industria entrava in crisi. Molti hanno visto la chiave per risolvere la situazione<br />
in una migliore gestione aziendale.<br />
Attualmente, i problemi non sono affatto risolti ed ancora molti discutono sul come<br />
guarire i mali presenti nella nostra economia. Molti economisti continuano ad invocare<br />
maggiori investimenti, i tecnologi richiedono più ricerca e sviluppo, le parti sociali<br />
spingono per un cambiamento di approccio nelle relazioni umane e nei rapporti economici<br />
reciproci. Ma alla fine, tutti questi possibili strumenti influenzano la gestione ed i<br />
responsabili della gestione devono prendere da essi gli aspetti migliori e trasformarli in<br />
azioni di sviluppo.<br />
Come detto, ne deriva un rinnovato interesse verso la gestione aziendale, in particolare<br />
verso le attività di gestione integrate, che tengano contemporaneamente conto <strong>degli</strong><br />
aspetti commerciali, tecnici, industriali e finanziari e della qualità.<br />
Ad esempio, ci si rende conto che non è necessariamente vero che per produrre beni<br />
di migliore qualità si debbano sostenere costi maggiori, anzi, quando si riducono i difetti<br />
del prodotto esso potrà costare meno e possederà un vantaggio competitivo in confronto<br />
ai concorrenti presenti nel mercato.<br />
Un altro grande vantaggio può essere conseguito in azienda con l’incentivazione alla<br />
creazione del lavoro di gruppo, che possa sviluppare progetti collaborativi, con grandi<br />
possibilità di pianificazione innovativa, ecc. Cioè, il personale, più che la tecnologia od<br />
il controllo di processo, può costituire la più importante risorsa dell’organizzazione.<br />
Infine, ma solo per concludere, molta attenzione deve essere dedicata al controllo dei<br />
materiali presenti all’interno dei sistemi di produzione e nel magazzino. Con la possibilità<br />
di gestire al computer il flusso dei materiali, è possibile avere una minore quantità di<br />
merce immobilizzata in magazzino, ma anche di averla a disposizione per le trasforma-<br />
- 1.12 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
zioni o per la consegna al momento giusto, secondo il principio del Just-In-Time. I vantaggi<br />
dal punto di vista finanziario effettivamente possono essere enormi e si espandono<br />
a tutto il sistema, con una migliore gestione delle risorse comuni ed un minore impatto<br />
sull’ambiente.<br />
1.2.2.7. <strong>La</strong> Funzione Produttiva.<br />
<strong>La</strong> funzione produttiva è un’area funzionale dell’azienda. <strong>La</strong> fig. 1.1 aiuta ad inquadrare<br />
questa idea mostrando quattro tipi di campi di intervento nella gestione industriale:<br />
• le aree di integrazione,<br />
• le tipologie aziendali,<br />
• le aree funzionali di gestione di ogni azienda,<br />
• le discipline di base.<br />
Le aree funzionali di gestione dell’azienda si riferiscono alla responsabilità ed alla<br />
strategia decisionale nell’organizzazione: la funzione di marketing è tipicamente la sede<br />
responsabile della creazione della domanda e della formazione di ricchezza attraverso le<br />
vendite; la funzione produttiva ha la responsabilità della produzione dei beni e dei servizi<br />
che costituiscono la missione dell’organizzazione; la divisione finanziaria è responsabile<br />
dell’acquisizione e dell’allocazione dei capitali. Le aree di gestione tendono ad<br />
essere strettamente associate ai settori dell’organizzazione, in quanto il lavoro in azienda<br />
è tipicamente organizzato su una base funzionale.<br />
aree di<br />
integrazione<br />
tipologie<br />
industriali<br />
(mostrate solo<br />
in parte)<br />
aree<br />
funzionali<br />
dell'<br />
organizzazione<br />
aree delle<br />
discipline<br />
di base<br />
e dei metodi<br />
sicurezza<br />
marketing<br />
analisi<br />
quantitativa<br />
affari, azienda,<br />
società<br />
amministrazione<br />
leggi del mercato<br />
vendite<br />
organizzazione<br />
operativa<br />
trasporti<br />
sistema<br />
informativo<br />
teoria dei sistemi<br />
principi generali<br />
organizzativi<br />
fig. 1.1. Discipline di studio nella gestione industriale.<br />
- 1.13 -<br />
finanza<br />
azienda<br />
tecniche<br />
strategie<br />
banche e finanza<br />
produzione<br />
personale<br />
logistica<br />
tecniche<br />
organizzative<br />
economia
1. Il Contesto Produttivo.<br />
<strong>La</strong> fig. 1.1 mostra anche le aree delle discipline di base. Per esempio, l’area<br />
dell’analisi quantitativa è quella ove sono impiegati i modelli matematici di supporto alle<br />
decisioni, l’area dei sistemi studia l’organizzazione come sistema globale e l’area delle<br />
relazioni studia le reazioni umane nell’organizzazione. Le aree dei metodi sviluppano<br />
gli strumenti concettuali di base che possono essere impiegati in ogni area funzionale.<br />
L’area delle tipologie industriali distingue i campi funzionali e le metodologie per<br />
individuare quelli che sono adatti al raggiungimento della missione dell’azienda.<br />
Infine, esistono due aree di integrazione. L’area che mette in relazione gli affari con<br />
la società tratta dei rapporti della missione dell’azienda con l’ambiente sociale, governativo<br />
ed economico in cui essa opera. Invece, l’area di integrazione interna all’azienda<br />
governa i rapporti della dirigenza con le aree funzionali, provvedendo alla formulazione<br />
ed allo sviluppo della strategia.<br />
Questa immagine della gestione industriale illustra chiaramente la relazione tra le aree<br />
dei metodi e delle funzioni. In generale, ogni area funzionale utilizza un insieme di<br />
metodi utili alla soluzione dei propri problemi per prendere le opportune decisioni.<br />
Per la gestione dell’impresa, il manager non utilizza direttamente la scienza del comportamento,<br />
né la teoria dei sistemi, od i metodi quantitativi. Così, in generale, non è<br />
necessario che il medico pratichi la metodologia biologica per arrivare ad una diagnosi<br />
ed una cura; anche se egli conosce tale metodologia biologica, questa non rappresenta<br />
l’essenza della pratica medica.<br />
1.2.3.<br />
Il Sistema Produttivo, in quanto Sede delle Trasformazioni.<br />
Abbiamo già definito la gestione industriale come insieme delle attività di controllo e<br />
di coordinamento dei sistemi che trasformano gli input in beni e servizi.<br />
Come è rappresentato in fig. 1.2, gli input sono convertiti in beni e servizi dal processo<br />
tecnologico, che è il particolare metodo usato per eseguire la trasformazione. <strong>La</strong><br />
sostituzione della tecnologia corrente cambia il modo in cui il prodotto è ottenuto, ma<br />
può far cambiare anche il prodotto stesso.<br />
Le attività compiute nell’industria dei servizi usano un mix di input in qualche modo<br />
diverso da quello necessario per l’industria manifatturiera. Per esempio, una linea aerea<br />
richiede capitali per gli aerei e per i servizi a terra, manodopera molto qualificata (per il<br />
pilotaggio, la manutenzione, ecc.), ma anche manodopera di bassa o bassissima qualifica<br />
per il facchinaggio, ed un grande impiego di risorse energetiche. Perciò, si usa una<br />
piccolissima quantità di materiali, in confronto a quanto richiesto da un’industria metalmeccanica.<br />
<strong>La</strong> fig. 1.2 mette in evidenza l’informazione di feedback usata per controllare la tecnologia<br />
del processo e gli input. Come si vedrà diffusamente in seguito, questo feedback<br />
è essenziale per il controllo della qualità del processo produttivo, cioè della rispondenza<br />
alle richieste da parte delle proprietà del prodotto. E’ responsabilità della gestione della<br />
produzione utilizzare queste informazioni per eseguire un continuo aggiustamento <strong>degli</strong><br />
input e del processo tecnologico per compiere la missione dell’organizzazione. Le conseguenti<br />
decisioni sono complesse e richiedono l’applicazione di una costante attenzione.<br />
- 1.14 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Inputs<br />
Energia<br />
Materiali<br />
Manodopera<br />
Capitali<br />
Informazione<br />
Gestione<br />
Processo di<br />
Trasformazione<br />
Feedback<br />
Prodotti<br />
Beni e servizi<br />
AMBIENTE<br />
fig. 1.2. Una rappresentazione schematica del sistema produttivo.<br />
Il sistema produttivo è in costante interazione con l’ambiente nel quale opera. Esistono<br />
due tipi di ambienti da considerare:<br />
• l’alta dirigenza, all’interno del sistema ma al di fuori delle attività produttive, la<br />
quale può cambiare le strategie, le risorse, le previsioni, gli obiettivi od i vincoli.<br />
Ne risulta che il sistema produttivo deve potersi adattare alle variazioni<br />
dell’ambiente interno;<br />
• l’ambiente esterno all’organizzazione, il quale può cambiare in termini di vincoli<br />
legali, politici, sociali, di situazione economica generale, quindi determinando una<br />
corrispondente modifica <strong>degli</strong> input, <strong>degli</strong> output od, addirittura, del sistema produttivo<br />
stesso.<br />
tab. 1.III. Esempi di sistemi produttivi.<br />
tipologie industriali<br />
banche<br />
ristorazione<br />
ospedali<br />
università<br />
impianto manifatturiero<br />
linee aeree<br />
input output<br />
cassieri, dirigenti, attrezzature informatiche,<br />
attrezzature, energia,<br />
ecc.<br />
cucine, cuochi camerieri, cibi, attrezzature,<br />
arredamento, energia,<br />
ecc.<br />
medici, infermieri, dirigenti, attrezzature,<br />
macchine, laboratori, ener-<br />
gia, ecc.<br />
facoltà, dirigenza, macchine, attrezzature,<br />
laboratori, energia, cono-<br />
scenza, ecc.<br />
dirigenza, amministrazione,<br />
attrezzature, macchine, lavoro,<br />
energia, materie prime, ecc.<br />
aerei, attrezzature, officine, piloti,<br />
assistenti di volo, operai manutentori,<br />
lavoro, energia, ecc.<br />
- 1.15 -<br />
servizi finanziari: mutui, prestiti,<br />
depositi, assicurazioni, ecc.<br />
pasti, intrattenimento, clienti soddisfatti,<br />
ecc.<br />
servizi sanitari, pazienti guariti, ecc.<br />
studenti competenti, ricerca, servizi<br />
pubblici, ecc.<br />
prodotti finiti<br />
trasporto da punto a punto.
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Così, la gestione esercita il monitoraggio continuo del sistema e dell’ambiente al fine<br />
di programmare, controllare e migliorare il sistema produttivo. Per esempio, il cambiamento<br />
delle condizioni dell’economia può imporre alla dirigenza di rivedere le previsioni<br />
sulla domanda e, conseguentemente, l’assunzione di personale e l’aumento della<br />
capacità produttiva. Oppure, la constatazione di un peggioramento della qualità del prodotto<br />
può spingere i manager ad imporre la revisione delle procedure di garanzia della<br />
qualità seguite all’interno del processo produttivo per riportare il sistema ai livelli imposti.<br />
<strong>La</strong> tab. 1.III fornisce altri esempi di sistemi produttivi nella società. Studiando i sistemi<br />
produttivi, si può capire come migliorare la gestione delle attività e la qualità delle<br />
decisioni operative.<br />
1.2.4.<br />
Il Quadro delle Decisioni Operative.<br />
Poiché la gestione delle attività consiste nella presa delle decisioni inerenti il sistema<br />
produttivo e la funzione operativa, è opportuno stendere un quadro nel quale esse siano<br />
ordinate e definite. Tra i molti possibili schemi, scegliamo quello funzionale di raggruppamento<br />
delle decisioni.<br />
Il quadro delle decisioni proposto ricopia abbastanza strettamente le responsabilità<br />
della dirigenza all’interno dell’organizzazione produttiva, anche se le funzioni della dirigenza<br />
variano molto da una produzione all’altra in base alle preferenze locali. In questo<br />
quadro, la funzione operativa ha responsabilità su cinque aree principali:<br />
• il processo. In questo ambito, le decisioni determinano il processo fisico e le attrezzature<br />
impiegate per ottenere il prodotto od il servizio. Perciò, esse comprendono<br />
il tipo di impianto, la sua tecnologia ed il lay-out, i flussi dei materiali, ecc.<br />
Molte delle decisioni per loro natura sono di lungo periodo e non possono essere<br />
facilmente rovesciate, in particolare quando coinvolgono grandi investimenti. Perciò,<br />
è importante che il processo sia programmato con una strategia di lungo periodo;<br />
• la capacità produttiva. Le decisioni inerenti la scelta della capacità produttiva<br />
sono indirizzate all’approntamento delle risorse necessarie nella giusta quantità,<br />
nel posto giusto, al momento giusto. Nel breve periodo, essa deve essere resa disponibile<br />
dai responsabili dello scheduling, <strong>degli</strong> approvvigionamenti,<br />
dell’impianto, delle attrezzature, ecc. <strong>La</strong> capacità produttiva di lungo periodo è<br />
determinata dalla dimensione dell’impianto fisico costruito. Nel breve periodo, la<br />
capacità produttiva spesso può essere aumentata con contratti di subfornitura, locazione<br />
di spazi, aumento dei turni, ecc. Il calcolo della capacità produttiva non<br />
determina solo la grandezza <strong>degli</strong> impianti, ma anche la giusta quantità di manodopera<br />
operativa. Così, i responsabili delle aree commerciali sono scelti in funzione<br />
della domanda e l’esigenza di mantenere stabile la forza lavoro nei reparti<br />
produttivi;<br />
• la gestione dei materiali. Le decisioni riguardanti questo settore determinano cosa,<br />
quanto e quando ordinare i materiali da utilizzare. Il controllo del flusso dei<br />
materiali è impiegato per il coordinamento delle trasformazioni da apportare<br />
dall’arrivo dei grezzi fino all’ottenimento del prodotto finito ed il suo immagazzinamento.<br />
I responsabili della gestione dei materiali decidono quanto spendere in<br />
materiali e dove allocarli;<br />
- 1.16 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
• la forza lavoro. <strong>La</strong> gestione del personale è la più importante area di decisioni<br />
operative poiché praticamente nulla si ottiene senza la manodopera che crea il<br />
prodotto od il servizio. Le decisioni riguardanti il personale comprendono la sua<br />
selezione, le assunzioni, i licenziamenti, l’addestramento, la supervisione e la distribuzione.<br />
Queste decisioni sono prese dai responsabili operativi di linea, con<br />
l’assistenza dell’ufficio personale. <strong>La</strong> gestione del personale in modo umano e<br />
produttivo è un obiettivo chiave dell’organizzazione;<br />
• la qualità. Tale funzione operativa è la responsabile tipica della qualità dei beni e<br />
servizi prodotti. <strong>La</strong> qualità è un’importante responsabilità operativa, la quale richiede<br />
il supporto dell’intera organizzazione. Le decisioni in materia di qualità<br />
devono garantire che la qualità sia prodotta ad ogni livello delle trasformazioni: le<br />
norme devono essere rispettate, l’impianto deve essere correttamente progettato, il<br />
personale addestrato ed il prodotto, od il servizio, deve essere controllato.<br />
Un’attenzione speciale a tutte le cinque aree di decisione è decisiva per il successo<br />
delle attività produttive. Di più, una funzione operativa ben gestita può essere giudicata<br />
in termini di quadro delle decisioni, nel senso che, se ognuna delle cinque aree di decisione<br />
funziona correttamente ed è ben integrata con le altre aree, la funzione operativa<br />
può considerarsi ben gestita.<br />
In molti casi, lo studente sente la gestione della produzione come una mescolanza<br />
scivolosa di tecniche e metodi, il ché non corrisponde alla realtà: il quadro delle decisioni<br />
descritto qui è stato steso proprio per superare questo problema.<br />
Esempio.<br />
Per illustrare l’uso del quadro delle decisioni, si descrive un’organizzazione produttiva nazionale<br />
in termini delle cinque categorie elencate sopra. L’esempio è la rappresentazione semplificata<br />
della Benetton, che produce e vende beni a livello internazionale. <strong>La</strong> sua struttura commerciale<br />
consiste di un certo numero di negozi di cui è proprietaria e, per la restante parte, di negozi in<br />
franchising. <strong>La</strong> funzione operativa della gestione è fatta su due piani: livello di Gruppo e livello<br />
di Negozio.<br />
Il processo. Poiché è essenziale l’uniformità della qualità del prodotto proposto dai diversi negozi,<br />
la maggior parte delle decisioni di processo sono prese a livello di Gruppo. I manager di<br />
produzione hanno sviluppato un semplice schema di esposizione del prodotto, che è calibrato<br />
per soddisfare ogni singolo negozio. Lo schema è standardizzato sul numero limitato di prodotti<br />
che hanno un elevato regime di rotazione. Mano a mano che i prodotti sono pronti, i clienti li<br />
possono vedere esposti in vetrina; questo consente che i clienti siano trattenuti dai prodotti per il<br />
tempo in cui devono attendere il contatto col personale. Poiché questo viene considerato un servizio,<br />
una particolare attenzione è dedicata perché la vetrina abbia un lay-out attraente ed efficace<br />
per il cliente. <strong>La</strong> locazione del negozio è basata su un modello matematico che ne analizza<br />
costi e ricavi, cioè ogni potenziale negozio deve essere valutato per garantire un adeguato ritorno<br />
dell’investimento, prima che l’attività abbia inizio.<br />
<strong>La</strong> capacità produttiva. <strong>La</strong> Benetton prende una serie di decisioni orientate alla massima vendita.<br />
Quando quelle riguardanti il processo commerciale e la locazione del negozio sono state<br />
prese, a livello di Gruppo viene stabilita la capacità produttiva del negozio. Solo allora il responsabile<br />
del negozio può tener conto delle fluttuazioni di domanda nell’anno, nel mese e nella<br />
settimana e dei limiti fisici della disponibilità. Durante i periodi di punta, potrà utilizzare personale<br />
part-time, e promuoverà azioni pubblicitarie per tentare di alzare la domanda nei periodi di<br />
stanca del mercato. Nel breve periodo, potrà pianificare l’impiego del personale in turni per far<br />
fronte alla domanda nell’arco della giornata.<br />
- 1.17 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
<strong>La</strong> gestione dei materiali. I responsabili di Gruppo acquistano il mix opportuno di materiali per<br />
ottenere i prodotti progettati. Decidono sui fornitori, sulle quantità da ordinare e sulle date di<br />
evasione <strong>degli</strong> ordinativi. A livello locale, i responsabili di negozio devono prendere decisioni<br />
integrate, in modo che gli ordinativi siano ottimizzati con l’obiettivo di controllare il flusso dei<br />
prodotti in relazione alla capacità produttiva.<br />
<strong>La</strong> forza lavoro. Le più importanti ed anche le più complesse decisioni in materia di manodopera<br />
sono quelle che devono essere prese a livello di negozio. Il responsabile di negozio deve<br />
provvedere alle assunzioni, l’addestramento, la supervisione ed il licenziamento <strong>degli</strong> operatori.<br />
Perciò, deve stabilirne le responsabilità, il numero necessario alla conduzione e, di conseguenza,<br />
provvedere a selezionare ed assumere il personale. Inoltre, egli deve essere in grado di verificare<br />
la bontà delle decisioni prese valutando le prestazioni di ogni operatore. <strong>La</strong> gestione del personale<br />
rappresenta la più importante responsabilità del direttore di negozio.<br />
<strong>La</strong> qualità. A livello di Gruppo, la dirigenza ha stabilito un insieme di regole che devono essere<br />
rispettate in ogni negozio. Le regole includono tutte le procedure che devono essere seguite per<br />
mantenere il livello di qualità del servizio e per garantire la qualità dei prodotti. Mentre la qualità<br />
del servizio è un pò difficile da misurare, la qualità dei prodotti può essere più facilmente garantita<br />
dal rispetto dei limiti di temperatura, umidità, soleggiamento, tempo di permanenza nel<br />
negozio, a cui i prodotti possono essere esposti.<br />
Sommariamente vengono ora descritti i ruoli dei manager in termini più generali, descrivendone<br />
le responsabilità in base alle decisioni che essi devono prendere. <strong>La</strong> descrizione<br />
è volutamente semplificata, ma è utile per pensare alla sua applicazione, praticamente<br />
ad ogni situazione operativa:<br />
responsabile operativo. Nelle organizzazioni produttive, i ruoli comprendono il vice<br />
presidente di produzione, il responsabile di produzione ed il responsabile di impianto.<br />
Nelle industrie dei servizi, essi comprendono il vice presidente operativo, il responsabile<br />
di magazzino ed il responsabile dell’amministrazione. Questi ruoli riguardano<br />
il necessario coordinamento generale e la direzione delle funzioni operative. Le<br />
specifiche responsabilità comprendono la pianificazione strategica, la definizione<br />
delle politiche, la distribuzione del budget, la gestione dei manager di più basso livello<br />
ed il controllo operativo;<br />
responsabile dei materiali. Questo ruolo riguarda la gestione e l’integrazione dei flussi<br />
dei materiali dallo stato di grezzo fino a quello di prodotto finito. Esso coordina i responsabili<br />
<strong>degli</strong> acquisti, del magazzino e della produzione, che sono ad un livello<br />
subordinato e prendono decisioni di breve periodo:<br />
responsabile <strong>degli</strong> acquisti. Egli deve garantire un adeguato flusso di materiali allo stato<br />
di grezzo o di semilavorato. I responsabili <strong>degli</strong> acquisti sono strettamente coordinati<br />
ai responsabili commerciali ed ai responsabili dei reparti produttivi, negoziano i<br />
prezzi, eseguono la selezione dei venditori e ne valutano la prestazione,<br />
responsabile <strong>degli</strong> approvvigionamenti. Assicura l’ordinazione della giusta quantità di<br />
materiale al momento giusto. Spesso dispone di sistemi informatici che lo aiutano a<br />
fornire il migliore servizio al sistema produttivo al minor costo di immobilizzo possibile,<br />
responsabile della pianificazione e del controllo della produzione. Il responsabile<br />
della produzione sviluppa il piano di produzione ed assicura il miglior uso delle risorse<br />
necessarie allo sviluppo di quel piano. Il responsabile del controllo della produzione<br />
programma la sequenza delle operazioni (scheduling), garantisce il bilancia-<br />
- 1.18 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
mento del carico di lavoro tra le macchine e gli impianti, in modo che il prodotto sia<br />
consegnato entro i termini stabiliti dagli ordinativi;<br />
responsabile della qualità. Egli opera principalmente per garantire la qualità del prodotto.<br />
Le sue responsabilità riguardano la definizione ed il rispetto delle norme di<br />
qualità, lo sviluppo delle regole aziendali di controllo della qualità, la scelta dei sistemi<br />
di controllo e l’assistenza e l’addestramento <strong>degli</strong> operatori per la produzione<br />
in qualità. I responsabili della qualità eseguono il monitoraggio della qualità del prodotto,<br />
se necessario ad ogni stadio della produzione;<br />
responsabile di reparto. Egli sovrintende al progetto ed al controllo dell’impianto, delle<br />
macchine e delle attrezzature e del processi. Le sue attività comprendono l’analisi<br />
del flusso del lavoro, la gestione della tecnologia, la scelta dell’impianto, della sua<br />
distribuzione nello stabilimento e <strong>degli</strong> strumenti. Egli coordina i responsabili delle<br />
decisioni di breve periodo:<br />
responsabile di linea. Gestisce la manodopera e le unità operative. Questo ruolo comprende<br />
quello di supervisore di linea, di responsabile della produzione o di responsabile<br />
di unità. Il suo ruolo riguarda la verifica delle prestazioni del personale, delle<br />
macchine, dell’organizzazione produttiva e dei sistemi di premi di produzione;<br />
analista pianificatore delle operazioni. Egli realizza la programmazione generale, la<br />
ripartizione dei budget ed il controllo di ogni operazione. Egli ricopre il ruolo di supporto<br />
al responsabile di reparto e sviluppa modelli e sistemi informativi di supporto<br />
alla programmazione ed alle decisioni.<br />
Questa lista indica che esiste una grande varietà di figure di manager operativi. Queste<br />
vanno dal primo livello di supervisione fino ai livelli più elevati della dirigenza e<br />
della responsabilità. Molte di esse hanno una funzione operativa trasversale e si applicano<br />
sia alla produzione manifatturiera sia a quella di servizi. Inoltre, alcune figure riguardano<br />
di più le decisioni del giorno per giorno (di breve e brevissimo periodo) e sono<br />
rappresentate dai supervisori e dai dirigenti di basso e medio livello, mentre altre sono<br />
coinvolte nelle decisioni di medio e lungo periodo (relative alla strategia ed alla pianificazione)<br />
e sono quelle ricoperte dallo staff e dai dirigenti di più alto grado.<br />
1.2.5.<br />
Un Altro Modo di Vedere le Decisioni Operative.<br />
Le decisioni operative possono essere classificate come:<br />
• quelle che operano sul progetto e le funzioni produttive,<br />
• quelle che si riferiscono allo svolgimento delle funzioni produttive già definite a<br />
livello più elevato.<br />
Mentre le decisioni sul progetto tendono ad essere strategiche, di lungo periodo e<br />
praticamente irreversibili nel breve e medio periodo, quelle sullo svolgimento sono tattiche,<br />
di breve periodo ed orientate alla immediata utilizzazione. Riprendendo l’esempio<br />
della Benetton, l’organizzazione riserva al Gruppo ogni decisione per il progetto dei<br />
prodotti, mentre lascia ai responsabili di negozio le decisioni sullo svolgimento. <strong>La</strong> tab.<br />
1.IV mostra una matrice nella quale le cinque categorie di decisione sono correlate al<br />
progetto ed all’utilizzazione. Ogni categoria di decisioni contiene decisioni di entrambi i<br />
tipi. Per esempio, quella <strong>degli</strong> approvvigionamenti comporta considerazioni sia di lungo<br />
periodo (collegate al progetto), sia di breve periodo (ad esempio collegate al sistema e-<br />
- 1.19 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
sistente di trasporto). Così, le categorie delle decisioni funzionali non corrispondono né<br />
al breve, né al lungo periodo, essendo presenti in entrambi.<br />
tab. 1.IV. Decisioni operative di progetto e di utilizzazione.<br />
categoria di<br />
decisione<br />
processo<br />
capacità produttiva<br />
materiali<br />
personale<br />
decisioni di progetto (strategiche) decisioni di utilizzazione (tattiche)<br />
selezionare il processo, scegliere analizzare il flusso del processo,<br />
l’impianto, ecc.<br />
programmare la manutenzione<br />
dell’impianto, ecc<br />
determinare la grandezza<br />
decidere lo straordinario, decidere il<br />
dell’impianto, delle macchine, delle lavoro a terzi, determinare lo sche-<br />
attrezzature, disegnare il lay-out, deduling, ecc.<br />
finire il livello di qualifica della manodopera,<br />
ecc.<br />
stabilire il livello di approvvigiona- decidere quanto ordinare e quando<br />
mento, progettare il sistema di con- lanciare gli ordinativi<br />
trollo <strong>degli</strong> approvvigionamenti,<br />
progettare i depositi dei materiali,<br />
ecc.<br />
stabilire i ruoli, prevedere sistemi di fare la supervisione, definire gli<br />
compensazione e sostituzione, defi- standard di lavoro, verificare le prenire<br />
le regole, ecc.<br />
stazioni, ecc.<br />
In pratica, nel prendere le decisioni non è richiesto di seguire una particolare sequenza,<br />
tuttavia si osserva l’ovvia tendenza, per le decisioni riguardanti il processo e la determinazione<br />
della capacità produttiva, di farle precedere a quelle relative alla gestione<br />
dei materiali, della manodopera e della qualità. In ogni caso non si può trascurare che le<br />
decisioni sono spesso interconnesse e che sia difficile definire una linea decisionale logica,<br />
specialmente nelle fasi di avviamento dell’attività operativa.<br />
1.2.6.<br />
Produttori di Beni e Servizi.<br />
Prima di procedere alla distinzione tra beni e servizi, conviene dare qualche definizione.<br />
Il bene è una entità tangibile: poiché esso è per natura fisico, i beni possono essere<br />
immagazzinati, trasformati e trasportati. Invece, il servizio è per natura intangibile e<br />
può essere definito come qualcosa che può essere prodotto e consumato praticamente in<br />
modo simultaneo: esso non può essere né immagazzinato, né trasportato. A causa<br />
dell’intangibilità del servizio, i produttori di servizi differiscono da quelli di beni per<br />
aspetti importanti delle loro attività. Le principali differenze sono relative a tutte le categorie<br />
delle decisioni e sono qui descritte:<br />
capacità produttiva ed approvvigionamento dei materiali. Il servizio può essere visto<br />
come prodotto estremamente deperibile: non può essere approvvigionato per un<br />
uso successivo. Ne deriva che la fornitura di servizi presenta un particolare problema<br />
di programmazione <strong>degli</strong> approvvigionamenti e della capacità produttiva. Il produttore<br />
di servizi ha la necessità di prevederne la quantità in anticipo sulla domanda, ma<br />
- 1.20 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
quando il personale è stato già assunto, l’impianto è stato fatto e le attrezzature<br />
installate. Se la domanda non si materializza, la capacità produttiva è sprecata, con<br />
possibili grandi danni (costi) per l’organizzazione. Invece, il fornitore di beni ha<br />
l’opportunità di usare la sua capacità produttiva per produrre una quantità di beni per<br />
il consumo in periodi successivi;<br />
qualità. Data l’intangibilità del servizio, la sua qualità non può essere facilmente<br />
stabilita dai potenziali acquirenti prima che il servizio sia fornito. Nel campo dei<br />
servizi, la reputazione è cruciale poiché molto dell’immagine di qualità è trasferita al<br />
pubblico dagli acquirenti stessi ed il futuro cliente non può osservare la qualità, né<br />
valutarla per convincersene senza aver prima acquistato il servizio;<br />
dispersione. Le produzioni di servizi sono spesso disperse geograficamente, in dipendenza<br />
del fatto che il servizio, non essendo immagazzinabile e trasportabile deve essere<br />
prodotto nel punto di consumo, altrimenti è l’acquirente che dovrebbe essere trasferito<br />
presso l’origine del servizio. Gli esempi sono innumerevoli, andando dal negozio<br />
di barbiere al servizio di affitto delle auto, agli ospedali, ecc. Invece, il produttore<br />
di beni può centralizzare la produzione, in relazione alle circostanze dette;<br />
marketing ed attività. Per i produttori di servizi, la produzione, il marketing e le vendite<br />
tendono ad essere strettamente legate dal fatto che i servizi devono essere prodotti<br />
allo stesso tempo e nello stesso luogo in cui sono proposti. Perciò, le organizzazioni<br />
di servizio sono allo stesso tempo entità di marketing e di produzione. Al contrario,<br />
nelle organizzazioni di produzione di beni il marketing e la produzione sono funzioni<br />
operative separate, anzi il coordinamento tra esse è uno dei più grossi problemi da risolvere.<br />
<strong>La</strong> distinzione tra produttori di beni e produttori di servizi è fatta in maniera più precisa<br />
in tab. 1.V, la quale presenta una classificazione delle industrie in termini di aziende<br />
che producono prevalentemente beni oppure servizi. Tuttavia, tale classificazione è<br />
necessariamente schematica, in quanto molte industrie producono beni e servizi contemporaneamente<br />
ed in realtà le industrie coprono una scala continua che va dalla pura<br />
produzione di beni alla pura produzione di servizi.<br />
Industrie di pura produzione di beni possono essere rappresentate dall’industria manifatturiera,<br />
le miniere, l’agricoltura ed in esse hanno uno scarso od, addirittura nessuno,<br />
contatto col cliente e non offrono servizi quale parte del loro pacchetto di marketing.<br />
Nelle industrie di pura fornitura di servizi ogni bene tangibile fornito col servizio è<br />
accessorio. Per esempio, il dentista vende il materiale per l’otturazione, ma tale materiale<br />
è accessorio al servizio principale offerto, che è di cura. Altri esempi di fornitori puri<br />
di servizio sono le società di engineering, le agenzie governative, gli ospedali, le banche,<br />
le istituzioni di istruzione, gli uffici di collocamento, ecc.<br />
In una posizione intermedia stanno le molte industrie che forniscono sia beni, sia<br />
servizi. Ad esempio, l’industria automobilistica, oltre a costruire materialmente il veicolo<br />
che vende, fornisce il servizio dopo vendita sotto forma di garanzia, riparazione, contratti<br />
finanziari, assicurazione, ecc. Ma anche il McDonald rientra in tale categoria.<br />
Per distinguere tra i diversi casi, si può ricorrere al tempo dedicato in ogni organizzazione<br />
al contatto con i clienti, mentre il prodotto viene costruito. I produttori puri di beni<br />
approssimano il valore zero, mentre quelli puri di servizi approssimano il 100% di tempo<br />
di contatto. In questo modo si può misurare l’efficienza raggiungibile dalla singola<br />
azienda, considerando che le aziende che operano per essere puri produttori di beni possono<br />
raggiungere un miglior grado di efficienza, in quanto il cliente è sempre meno<br />
- 1.21 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
coinvolto nel processo produttivo, il controllo economico riguarda principalmente il<br />
processo e può essere molto più efficace. Per contro, le aziende che hanno un forte contatto<br />
col cliente possono rispondere meglio alla domanda in termini di lead-time e di<br />
qualità, anche se, per questo, soffrono una certa perdita di efficienza operativa. Questo<br />
spiega perché le aziende di servizio cercano di standardizzare i prodotti e di limitare<br />
l’interazione col cliente per ridurre i costi.<br />
tab. 1.V. Produttori di beni e di servizi.<br />
produttori di beni produttori di servizi<br />
Agricoltura, forestale, pesca.<br />
raccolti, bestiame, servizi agricoli, forestale,<br />
pesca, caccia, ecc.<br />
Mineraria.<br />
Estrazione di metalli, carbone, olio e gas, mi-<br />
nerali non metallici, ecc.<br />
Costruzioni.<br />
edifici civili, grandi opere, costruzioni speciali,<br />
ecc.<br />
Produzione.<br />
Alimentari, tabacco, tessili, attrezzature, elettrodomestici,<br />
recupero materiali, carta, stampa,<br />
chimica, prodotti petroliferi, carbone, olio,<br />
gomma, plastica, cuoio, pietra, vetro, argilla,<br />
metalli, prodotti metallici, macchine, dispositivi<br />
elettrici ed elettronici, mezzi di trasporto,<br />
strumenti di misura, ecc.<br />
1.2.7. <strong>La</strong> Strategia Operativa.<br />
Trasporto ed aziende pubbliche.<br />
ferrovie, trasporto locale, autotrasporti, magazzini,<br />
servizio postale, acquedotti, linee aeree,<br />
gasdotti, oleodotti, comunicazioni, elettricità,<br />
gas, sanità, ecc.<br />
Commercio all’ingrosso.<br />
beni durevoli e deperibili.<br />
Commercio al dettaglio.<br />
Materiali da costruzione, negozi generici, negozi<br />
di alimentari, venditori di auto e stazioni<br />
di servizio, negozi di elettrodomestici, articoli<br />
da regalo, abbigliamento, ecc.<br />
Finanza, assicurazioni, proprietà.<br />
Banche, agenzie di credito, agenti assicurativi,<br />
agenti mobiliari, agenti della sicurezza, agenti<br />
della qualità, agenti immobiliari, ecc.<br />
Servizi.<br />
Hotel, agenzie del personale, servizi di affari,<br />
riparazione auto, cinema, intrattenimento, sanità,<br />
assistenza legale, educazione ed istruzione,<br />
servizi sociali, musei, parchi, organizzazioni<br />
private, ecc.<br />
Amministrazione pubblica.<br />
E’ ormai chiaro che ogni attività deve contribuire affinché l’organizzazione raggiunga<br />
e conservi una posizione competitiva sul mercato. <strong>La</strong> produzione non è solamente il<br />
luogo dove fare un prodotto od un servizio, ma una delle sue responsabilità è di favorire<br />
lo sforzo per il raggiungimento del profitto. Come detto, questo obiettivo è meglio raggiunto<br />
mediante il miglioramento della competitività, della produttività ed il soddisfacimento<br />
della domanda di qualità. Perciò, la funzione operativa è chiamata a dare una<br />
risposta strategica per guadagnare un vantaggio competitivo innanzitutto mediante il<br />
miglioramento dell’efficienza produttiva. Poiché la produzione è di per sé neutra (può<br />
- 1.22 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
essere una forza competitiva, ma anche un obiettivo della strategia della dirigenza), è<br />
ovvio che le decisioni operative sulla produzione devono essere in linea con la strategia<br />
generale e tendere anch’esse al risultato perseguito.<br />
Questo non è un percorso universalmente condiviso, in quanto si possono individuare<br />
economie (ad esempio gli Stati Uniti), dove le funzioni finanziarie e del marketing sono<br />
state e sono fortemente privilegiate, favorendo una grande attività di fusione ed acquisizione<br />
tra le aziende ed i gruppi di aziende, a scapito spesso della gestione delle attività<br />
produttive, che, invece, sono quelle che propriamente creano valore per l’acquirente.<br />
Dunque, il ruolo strategico delle attività produttive dovrebbe essere salvaguardato e<br />
la dimostrazione della validità di questo concetto sta nel successo delle industrie giapponesi,<br />
dove l’attività produttiva è chiamata a supporto di quella commerciale, a livello<br />
mondiale. Producendo beni di migliore qualità, e spesso di minor costo, esse hanno raggiunto<br />
quote di mercato molto alte, e questo è stato possibile spingendo l’efficienza della<br />
produzione. E’ chiaro che molto è dovuto alla cultura nazionale di quel Paese, ma<br />
fondamentale è la loro ricerca di eccellenza nell’attività produttiva.<br />
In definitiva, la strategia operativa è la visione della funzione produttiva che individua<br />
la direzione comune del processo decisionale. Questa visione deve essere integrata<br />
con la strategia del profitto e, spesso ma non sempre, è stesa anche in maniera formale.<br />
Quindi, la strategia operativa deve rappresentare il quadro consistente entro il quale le<br />
decisioni operative devono essere prese, con l’obiettivo di raggiungere il vantaggio<br />
competitivo dell’azienda. Se questo schema non è rispettato, le decisioni operative diventano<br />
inconsistenti e per loro natura di breve periodo, compromettendo l’intera struttura<br />
decisionale dell’organizzazione. Così, la strategia operativa deve essere sviluppata<br />
a partire dalla strategia generale, la quale individua quelle attività produttive che devono<br />
essere fatte meglio per ottenere più rapidamente gli obiettivi dell’organizzazione e definisce<br />
la serie di politiche operative utili per guidare l’attività decisionale.<br />
1.2.7.1. Un Modello di Strategia Operativa.<br />
Come osservato, la strategia operativa è una strategia funzionale, che deve essere<br />
guidata dalla strategia del profitto e deve realizzare un quadro consistente di decisioni.<br />
<strong>La</strong> fig. 1.3 mostra i quattro elementi cardine della strategia operativa: la missione, la<br />
competenza distintiva, gli obiettivi e le politiche. Gli altri elementi, al di fuori del quadro<br />
tratteggiato, sono gli input e gli output del processo di sviluppo della strategia operativa.<br />
1.2.7.1.1.<br />
<strong>La</strong> Strategia Generale dell’Organizzazione.<br />
Essa definisce in quale ambiente <strong>degli</strong> affari si trova l’organizzazione. Può essere<br />
uno slogan, come quello della Walt-Disney: making people happy. Perciò, la Walt-<br />
Disney non gestisce solamente parchi di divertimento, ma produce cartoni animati, documentari,<br />
giocattoli, navi da crociera, ecc., sempre nell’ambito dell’industria<br />
dell’intrattenimento, ma orientata al profitto.<br />
- 1.23 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
analisi<br />
esterna<br />
strategia generale<br />
dell'<br />
organizzazione<br />
STRATEGIA OPERATIVA<br />
missione<br />
competenza<br />
distintiva<br />
obiettivi<br />
politiche<br />
decisioni<br />
tattiche<br />
risultati<br />
fig. 1.3. Modello della strategia operativa.<br />
analisi<br />
interna<br />
<strong>La</strong> strategia generale definisce come gestire competitivamente gli affari. Perciò molte<br />
organizzazioni sono costituite da un Gruppo di aziende di affari correlate, ognuna delle<br />
quali è un’unità, od una divisione, identificata con la sua strategia: ogni divisione trova<br />
la propria base competitiva, in dipendenza del particolare segmento di mercato e del<br />
prodotto che decide di proporre, di basso costo, a differenziazione di prodotto, per segmento<br />
di mercato, ecc.<br />
1.2.7.1.2.<br />
Analisi Interna ed Esterna.<br />
Per formulare una strategia operativa, è necessario svolgere un’analisi dell’ambiente<br />
interno e di quello esterno.<br />
- 1.24 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
In generale, l’analisi esterna riguarda lo sviluppo competitivo, lo studio dei potenziali<br />
acquirenti, l’economia, la tecnologia e le condizioni sociali. Infatti, l’ambiente esterno<br />
può avere un’influenza decisiva sulle attività produttive e può condizionare la strategia<br />
operativa oltre a quella generale dell’organizzazione. Esempi di influenze esterne, come<br />
le variazioni del prezzo del grezzo, le variazioni dei tassi di interesse bancario, le variazioni<br />
della domanda di manodopera ed esse determinano la necessità di modificare le<br />
decisioni in parte strategiche di breve e medio periodo, soprattutto quando si considerino<br />
i grandi mercati mondiali.<br />
Allo stesso modo, l’analisi dell’ambiente interno può influenzare la strategia operativa<br />
attraverso lo studio della disponibilità delle risorse, della cultura organizzativa presente,<br />
della qualifica ed abilità della manodopera, la disposizione e l’età <strong>degli</strong> impianti<br />
esistenti, i tipi di controllo in uso, ecc. Normalmente, l’analisi interna consente di individuare<br />
i vincoli e le debolezze della struttura operativa e permette di scoprire i metodi<br />
più diretti per superare le difficoltà della situazione.<br />
1.2.7.1.3.<br />
<strong>La</strong> Missione Operativa.<br />
Essa è il primo <strong>degli</strong> elementi della strategia operativa, definisce lo scopo della funzione<br />
operativa in relazione alla strategia generale dell’organizzazione e stabilisce le<br />
priorità tra gli obiettivi di costo, qualità, consegna e flessibilità.<br />
In particolare, la definizione della missione deve essere curata in un’organizzazione<br />
che punta sulla strategia di differenziazione del prodotto, con l’introduzione di nuove<br />
proposte e corrispondenti piani finanziari. Invece, questo non è così importante per<br />
l’organizzazione che privilegia i costi e la strategia dei bassi prezzi.<br />
1.2.7.1.4.<br />
<strong>La</strong> Competenza Distintiva.<br />
<strong>La</strong> competenza distintiva rappresenta quelle attività che eccellono relativamente alla<br />
competitività e deve essere inquadrata dalla missione operativa. Ad esempio, la missione<br />
operativa richiama la necessità che le attività produttive siano a livelli di eccellenza<br />
nel caso dell’introduzione di un nuovo prodotto, quindi che le attività produttive sviluppino<br />
una competenza distintiva in quella particolare area. Così, la competenza distintiva<br />
porta un vantaggio competitivo ed è, quindi, il cuore della strategia operativa, al punto<br />
che molte organizzazioni sono particolarmente abili nel produrre una propria competenza<br />
distintiva e lavorano duro per proteggerla.<br />
Essa può assumere diverse forme: minor costo, migliore qualità, pronta consegna,<br />
maggiore flessibilità, ecc. Ma anche le attività produttive possono essere distintive con<br />
l’impiego di proprie risorse: miglior addestramento <strong>degli</strong> operatori, impiego di grezzi di<br />
propria produzione, miglior tecnologia, ecc. Tuttavia, la competenza distintiva nelle risorse<br />
deve trasferirsi in risultati in grado di essere valutati dal cliente (prezzo e qualità)<br />
e correlati alla strategia dell’organizzazione (costi e qualità).<br />
1.2.7.1.5.<br />
Gli Obiettivi Operativi.<br />
Il terzo elemento della strategia operativa è rappresentato dagli obiettivi. Come è stato<br />
detto sopra, sono possibili quattro obiettivi produttivi principali: costi, qualità, tempi<br />
- 1.25 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
di consegna e flessibilità. Essi devono essere stabiliti specificatamente in termini quantitativi<br />
e misurabili e sono il risultato che ci si aspetta di ottenere dalla produzione sia nel<br />
breve, sia nel lungo periodo. Infatti, essi possono essere pensati come il raffinamento<br />
della definizione della missione, la quale, così, risulta essere espressa in termini quantitativi<br />
e misurabili. Un esempio di tale definizione è riportato in tab. 1.VI.<br />
tab. 1.VI. Tipici obiettivi operativi.<br />
COSTI<br />
costo di produzione: percentuale delle<br />
vendite<br />
rotazione delle scorte<br />
QUALITA’<br />
soddisfazione del cliente: percentuale di<br />
soddisfatti del prodotto<br />
percentuale di scarti e riprese<br />
costi di garanzia, percentuale delle vendite<br />
TEMPI DI CONSEGNA<br />
percentuale ordini coperti dal magazzino<br />
lead-time per coprire il magazzino<br />
FLESSIBILITA’<br />
lead-time di introduzione di nuovo prodotto<br />
tempo di aumento capacità produttiva del<br />
20%.<br />
anno corrente obiettivo:<br />
prossimi 5 anni<br />
55%<br />
4.1<br />
75%<br />
15%<br />
1%<br />
90%<br />
3w<br />
10mo<br />
3mo<br />
48%<br />
5.2<br />
85%<br />
5%<br />
0.5%<br />
95%<br />
1w<br />
6mo<br />
3mo<br />
costi correnti:<br />
concorrente di<br />
classe mondiale<br />
50%<br />
5.0<br />
75%<br />
10%<br />
1%<br />
95%<br />
3w<br />
Il costo di produzione comprende il costo della manodopera, del materiale e le spese<br />
generali e quello della ricostituzione delle scorte; quindi, ogni costo che si affronta<br />
nell’uso delle risorse. In un’azienda manifatturiera esso rappresenta il costo dei prodotti<br />
venduti ed è normalmente espresso come percentuale dei ricavi. Il costo di produzione<br />
non deve essere guardato solamente per le sue variazioni (ad esempio annuali), ma deve<br />
essere confrontato con quello della concorrenza, soprattutto se l’organizzazione segue<br />
una strategia di basso costo.<br />
Come sappiamo, l’obiettivo qualità è rappresentato dalla percezione che il cliente ha<br />
della qualità del prodotto o del servizio e la qualità è il valore del prodotto, il suo prestigio,<br />
la sua utilità e l’attitudine all’uso percepiti. Ricordiamo che la qualità è misurabile<br />
ed è il risultato sia della conformità alle specifiche di progetto, sia del livello qualitativo<br />
del progetto stesso (il livello qualitativo del progetto è diverso per una Seicento ed una<br />
Ferrari). Misure tipiche della qualità comprendono la soddisfazione del cliente (misurata<br />
con controlli e test sui clienti), l’utilizzo della garanzia, i ritorni di venduto<br />
- 1.26 -<br />
8mo<br />
3mo
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
all’organizzazione da parte del cliente. Infine, tali misure possono essere fatte in relazione<br />
alla concorrenza e possono mostrare importanti punti di differenziazione.<br />
I tempi di consegna si riferiscono alla capacità operativa di consegnare il prodotto od<br />
il servizio quando il cliente lo vuole. Essi possono essere misurati in molti modi, tra gli<br />
altri:<br />
• quando la produzione è fatta per il magazzino (made to stock), i tempi di consegna<br />
possono riferirsi alla percentuale di ordini evasi coi prodotti a magazzino ed il<br />
tempo (lead-time) richiesto per ripristinare lo stock;<br />
• quando il prodotto è costruito su ordinazione (made to order), i tempi di consegna<br />
possono essere definiti dal tempo richiesto dall’evasione dell’ordine a partire<br />
dall’arrivo dell’ordine fino al completamento del prodotto, oppure dalla percentuale<br />
di ordini evasi entro la scadenza promessa. Frequentemente, i tempi di consegna<br />
sono misurati per mezzo della capacità di produrre e completare rapidamente<br />
il prodotto quando è richiesto (throughput-time, tempo di attraversamento).<br />
<strong>La</strong> quarta misura <strong>degli</strong> obiettivi produttivi è la flessibilità, sia come capacità di creare<br />
nuovi prodotti, sia come tempo necessario a cambiare la capacità produttiva del processo<br />
produttivo. Ad esempio, i costruttori di auto tipicamente impiegano 3 o 4 anni per introdurre<br />
un modello nuovo e la capacità produttiva è difficile da modificare, per il fatto<br />
che i sistemi produttivi sono ancora abbastanza rigidi. Tuttavia come sappiamo, la vita<br />
del prodotto veicolo è sempre più breve e la concorrenza obbliga a proporre nuovi modelli<br />
sempre più velocemente. Da questo punto di vista, la flessibilità è un vantaggio<br />
competitivo che l’organizzazione può creare quando essa vuole competere sulla base<br />
dell’innovazione o della pronta risposta alla domanda del mercato. Le controindicazioni<br />
alla produzione flessibile possono essere rappresentate dalla necessità di maggiori investimenti<br />
e maggiori costi di esercizio, i primi a causa dei costi di trasformazione <strong>degli</strong><br />
impianti e di sviluppo dei nuovi progetti, i secondi a causa della maggiore frequenza di<br />
modifica delle macchine e delle attrezzature, necessaria per la costruzione dei prodotti<br />
nuovi (più spesso evoluzioni di precedenti modelli). Perciò, una buona misura della<br />
flessibilità deve essere pesata confrontandola coi costi aggiuntivi.<br />
1.2.7.1.6.<br />
Le Politiche Produttive.<br />
Le politiche produttive definiscono le modalità con cui le attività raggiungono gli obiettivi.<br />
Esse devono essere sviluppate per ognuna delle categorie di decisione: processo,<br />
capacità produttiva, materiali, manodopera e qualità. Per esempio, una politica può<br />
essere di sviluppare una nuova tecnologia di processo, oppure di adottare un migliore<br />
controllo dei materiali che fluiscono in produzione, oppure di avere una sovrabbondante<br />
manodopera.<br />
Come si vede esiste una grande varietà di politiche da considerare e la loro scelta è<br />
spesso incerta od, addirittura, conflittuale. Ad esempio la scelta di avere disponibile una<br />
sovrabbondante manodopera può risultare costosa, tuttavia aumenta la flessibilità richiesta<br />
per poter proporre una grande varietà di prodotti. Proprio per questo, le politiche<br />
devono discendere il più direttamente possibile dagli obiettivi che sono stati individuati.<br />
Alcune delle più importanti politiche operative sono riportate in tab. 1.VII. Le scelte riportate<br />
sono fatte dalla dirigenza di più elevato livello, in quanto determinano opzioni<br />
strategiche.<br />
- 1.27 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
tab. 1.VII. Esempi di importanti politiche operative.<br />
Tipo di politica Area Scelta strategica<br />
PROCESSO<br />
POTENZIALITA’<br />
MATERIALI<br />
MANODOPERA<br />
QUALITA’<br />
Vita del processo<br />
Automazione<br />
Flusso<br />
Impianto<br />
Insediamento<br />
Investimento<br />
Ammontare<br />
Distribuzione<br />
Sistemi di control-<br />
lo<br />
Specializzazione<br />
Supervisione<br />
Salario<br />
Staff<br />
Approccio<br />
Addestramento<br />
Fornitori<br />
1.2.7.1.7. Tattica e Risultati.<br />
Make or buy.<br />
<strong>La</strong>vorazione manuale o meccanizzata.<br />
Automazione flessibile o rigida.<br />
Per progetto, a lotti, in linea, continuo.<br />
Unico, oppure sezionato in vari impianti.<br />
Vicino ai mercati, a basso costo, all’estero.<br />
Permanente o temporaneo.<br />
Alti o bassi livelli di magazzino e di materiali inprocess.<br />
Magazzini centralizzati o decentralizzati.<br />
Controllo di grande o piccolo dettaglio.<br />
Alta o bassa specializzazione.<br />
Centralizzata o decentralizzata.<br />
Tipo di incentivi usati.<br />
Paghe alte o basse.<br />
Numeroso o meno.<br />
Prevenzione o valutazione.<br />
Addestramento tecnico o manageriale.<br />
Selezionati per qualità o per costo.<br />
<strong>La</strong> tattica deve seguire la strategia. Le decisioni tattiche sono tipicamente di medio<br />
periodo, su un orizzonte di 1 o 2 anni, e sono sviluppate dalla dirigenza di medio e basso<br />
livello per descrivere la strategia operativa definita dalla dirigenza di alto livello. Esempi<br />
di decisioni tattiche sono la scelta di un fornitore tra quelli candidati, la definizione<br />
della quantità di materiali nel flusso produttivo di un particolare bene, la scelta di<br />
quanta e quale manodopera assumere, la determinazione del livello dei budget, la definizione<br />
<strong>degli</strong> obiettivi intermedi, ecc.<br />
Evidentemente i risultati sono misurati dagli obiettivi raggiunti e sono utilizzati per<br />
determinare come strategia e tattica procedono. I risultati sono valutati in termini di costi,<br />
qualità, lead-time e flessibilità e, se essi non sono soddisfacenti, la dirigenza può<br />
cambiare tattica o strategia, secondo le necessità. <strong>La</strong> misura dei risultati chiude il loop di<br />
controllo e fornisce il feedback sulla bontà delle strategie seguite.<br />
Si deve osservare che, anche se la strategia produttiva è stata presentata come un<br />
processo logico formale, essa è spesso incrementale e disordinata. Essa non è composta<br />
solamente dalla pianificazione formale che si attua attraverso veri e propri progetti, ma<br />
anche da tutte le decisioni che effettivamente sono prese nel corso delle attività produttive.<br />
Cioè si segue un processo decisionale molto fluido, a volte perfino opinabile, anche<br />
se all’interno del quadro delle decisioni stabilito.<br />
1.2.7.2. Tipi di Strategia Produttiva.<br />
<strong>La</strong> più importante considerazione da fare è che la strategia produttiva deve essere legata<br />
alle strategie di profitto, di mercato e finanziarie.<br />
- 1.28 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
tab. 1.VIII. Alternative strategiche.<br />
Strategia di<br />
mercato.<br />
CONDIZIONI<br />
DI MERCATO<br />
MISSIONE O-<br />
PERATIVA.<br />
COMPETENZA<br />
DISTINTIVA.<br />
POLITICHE<br />
OPERATIVE.<br />
STRATEGIE DI<br />
MARKETING.<br />
STRATEGIE<br />
FINANZIARIE.<br />
Strategia A<br />
basso costo<br />
Sensibile al prezzo.<br />
Mercato maturo.<br />
Alti volumi.<br />
Standardizzazione.<br />
Privilegiare i bassi costi, mantenendo<br />
un’accettabile qualità e<br />
giusti tempi di consegna.<br />
Bassi costi per mezzo di alta<br />
tecnologia di processo ed integrazione<br />
verticale.<br />
Processi superiori.<br />
Controllo statistico di processo.<br />
Insediamento centrale.<br />
Economia di scala.<br />
Controllo del flusso delle merci.<br />
Basso impiego di manodopera.<br />
Alta automazione.<br />
Distribuzione di massa.<br />
Vendita all’ingrosso.<br />
Massimizzazione delle opportunità<br />
di vendita.<br />
Forza di vendita nazionale.<br />
Pubblicità di basso costo.<br />
Forti investimenti.<br />
Basso rischio.<br />
Bassi margini di profitto.<br />
Strategia B<br />
innovazione di prodotto<br />
Sensibile alle caratteristiche<br />
del prodotto.<br />
Mercato emergente.<br />
Bassi volumi.<br />
Prodotti personalizzati.<br />
Privilegiare la flessibilità,<br />
mantenendo costi ragionevoli,<br />
qualità e tempi di consegna.<br />
Introduzione rapida di nuovi<br />
prodotti affidabili, con l’uso di<br />
isole di produzione ed automazione<br />
flessibile.<br />
Prodotti superiori.<br />
Automazione flessibile.<br />
Rapida reazione ai cambiamenti.<br />
Economia di scopo.<br />
Uso di isole di produzione.<br />
Alto impiego di manodopera.<br />
Bassa automazione.<br />
Distribuzione selettiva.<br />
Sviluppo di nuovi mercati.<br />
Design del prodotto.<br />
Vendita per agenti.<br />
Pubblicità di alto costo.<br />
Bassi investimenti.<br />
Alto rischio.<br />
Alti margini di profitto.<br />
<strong>La</strong> tab. 1.VIII illustra questa correlazione mostrando due possibili opposte strategie<br />
di mercato e le conseguenti strategie operative. <strong>La</strong> prima strategia è quella del produttore<br />
di articoli di basso costo (caratteristica dei mercati maturi e sensibili al prezzo), il<br />
quale fornisce prodotti standardizzati, la cui missione operativa privilegia il costo come<br />
obiettivo primario e che è spinto ad utilizzare tecnologie di alto livello, basso costo del<br />
personale, bassi livelli di materiali impiegati, un elevato grado di integrazione ed una<br />
garanzia della qualità indirizzata al contenimento dei costi.<br />
Come per la categoria successiva, il marketing e l’azione finanziaria devono essere<br />
coerenti con la strategia di mercato dell’organizzazione, come mostrato in tab. 1.VIII.<br />
<strong>La</strong> seconda strategia mostrata in tab. 1.VIII è quella dell’innovazione di prodotto e<br />
della proposta di nuovi prodotti. Essa è adottata tipicamente nei mercati emergenti, in<br />
cui può essere raggiunto il vantaggio di proporre prodotti superiori con basso lead-time.<br />
Qui il prezzo non è un’arma competitiva importante e si possono ottenere forti profitti,<br />
quindi non è necessario badare troppo ai costi. Invece, molta enfasi deve essere data agli<br />
aspetti che influenzano la flessibilità, la rapidità e l’efficienza nell’introduzione dei<br />
nuovi prodotti, in quanto obiettivi decisivi per il compimento della missione. Le politi-<br />
- 1.29 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
che operative possono comprendere l’impiego di team di introduzione del nuovo prodotto,<br />
l’uso di automazione flessibile in grado di essere adattata al nuovo prodotto, manodopera<br />
abbondante e flessibile e, possibilmente, l’approvvigionamento di materiali<br />
all’esterno per mantenere la flessibilità.<br />
Quanto si può osservare il tab. 1.VIII è che esistono attività completamente differenti<br />
per il supporto delle due strategie di mercato, cioè che non esistono attività che vadano<br />
altrettanto bene per le due situazioni. Ciò significa che, nel valutare le attività, si deve<br />
immediatamente considerare la strategia e la missione dell’organizzazione nella quale<br />
esse si svolgono, come pure gli obiettivi che devono essere raggiunti.<br />
1.2.7.3. Risposta ai Fattori Esterni.<br />
Uno dei migliori risultati dello sviluppo della strategia produttiva è l’adattamento ai<br />
fattori dell’ambiente esterno. Mentre talvolta le attività sono focalizzate sui fattori interni<br />
all’organizzazione (creando così problemi di competitività), il tema centrale della<br />
strategia operativa deve essere lo sviluppo di attività attente all’ambiente esterno, in particolare<br />
alla competitività, l’economia, le condizioni sociali e le domande dei clienti. Infatti,<br />
concentrarsi preferenzialmente sull’ambiente interno significa privilegiare gli aspetti<br />
di miglioramento del processo produttivo, lasciando il controllo operativo meno<br />
sensibile ai cambiamenti del mondo esterno. Invece, sembra oggi essere molto più importante<br />
gestire i seguenti parametri esterni:<br />
• le richieste del mercato, quali sono riflesse dal livello della domanda o dal tipo di<br />
prodotto, sono i fattori esterni che più influiscono le attività produttive. Il livello<br />
della domanda può essere parzialmente gestito in azienda attraverso le politiche di<br />
prezzo, la promozione, od altre strategie di mercato. Tuttavia, alcune variazioni<br />
della domanda possono essere difficilmente controllate, come quelle che derivano<br />
dalla reazione alle condizioni economiche del mercato, alle mutate preferenze dei<br />
clienti o dalla comparsa di nuovi concorrenti. Inoltre, i clienti possono richiedere<br />
nuovi o differenti prodotti da momento a momento: ne risulta che le attività produttive<br />
devono essere pianificate non solo con riferimento alle richieste correnti,<br />
ma, nei limiti del possibile, anche a quelle future;<br />
• la tecnologia disponibile è un altro fattore esterno di notevole impatto sulle attività<br />
produttive. Al cambiare dei prodotti e delle tecnologie di processo, devono variare<br />
anche le tecnologie produttive nell’organizzazione, scegliendo tra tecnologie di<br />
punta, consolidate, od altre. Il ruolo della strategia produttiva è di prevedere le<br />
condizioni tecnologiche future e di sviluppare un’azione corrispondente. Così, nel<br />
periodo attuale si osserva un’evoluzione rapidissima verso la robotica, la progettazione<br />
assistita dal computer (CAD), la produzione integrata ed assistita dal<br />
computer (CIM), l’amministrazione automatizzata, ecc. la sopravvivenza di<br />
un’organizzazione può dipendere dalla posizione assunta proprio nei riguardi delle<br />
nuove tecnologie;<br />
• la disponibilità di materiali in ingresso condiziona anch’essa la formulazione della<br />
strategia operativa. Ad esempio, lo scoppiare di una crisi nel mercato petrolifero,<br />
con corrispondente esplosione dei prezzi, può portare alla conversione del mercato<br />
verso una fuga della domanda da quei prodotti, con conseguenze che, nel campo<br />
energetico, possono arrivare fino alle scelte del cliente finale. Infatti, egli preferirà<br />
la fonte più economica di energia sia direttamente, sia attraverso l’acquisto di<br />
prodotti che sono costruiti a partire dalle fonti energetiche più a buon mercato;<br />
- 1.30 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
• i fattori legali devono essere considerati nella formulazione della strategia produttiva.<br />
<strong>La</strong> deregulation in atto in molti settori ha favorito grandi cambiamenti nelle<br />
organizzazioni. Così nelle banche, le attività hanno assunto una particolare spinta<br />
verso il miglioramento della produttività e della qualità del servizio quali armi<br />
competitive. Altri esempi <strong>degli</strong> effetti dei cambiamenti nella legislazione sono i<br />
più stretti vincoli introdotti per riguardo agli aspetti delle normative di sicurezza,<br />
delle leggi sulle pari opportunità e delle leggi sull’inquinamento dell’ambiente<br />
dovuto all’attività industriale e commerciale;<br />
• i cambiamenti di abitudini sociali e di valori condivisi influenzano le attività della<br />
dirigenza e della manodopera. <strong>La</strong> strategia produttiva deve individuare tali evoluzioni<br />
e sviluppare risposte in termini di gestione del personale. Alcuni risultati sono<br />
già percepibili e riguardano la sempre maggiore diffusione dei lavori di gruppo<br />
ed, in generale, dell’approccio partecipativo, che consente un maggiore coinvolgimento<br />
della manodopera nella decisione e nella distribuzione dell’attività produttiva;<br />
• infine, la competitività è il fattore esterno che presenta la maggiore importanza.<br />
Essa può determinare la decisione di passare a nuovi prodotti, ad una maggiore<br />
pressione sul controllo dei costi, ad un più profondo controllo della qualità, ad un<br />
maggiore impegno sull’espansione della domanda. Nelle industrie mature, (tessile,<br />
calzaturiera, siderurgica, automobilistica, ecc.), la concorrenza dei produttori<br />
stranieri è fortissima anche per il nostro Paese, in quanto spesso è accompagnata<br />
da prodotti meno cari e di migliore qualità. Le ragioni sono spesso riconducibili<br />
ad un’attività produttiva migliore, poiché di rado troviamo una migliore automazione,<br />
piuttosto troviamo all’esterno salari più bassi, anche se i minori salari non<br />
compensano il minor costo. Invece, si riscontra una produttività più elevata, minori<br />
investimenti sia in impianti, sia in materiali in-process, sia in aziende, che sono<br />
di minori dimensioni, a parità di produzione annua, e questi devono essere gli obiettivi<br />
della strategia operativa dell’organizzazione, cioè la strategia dell’utilizzo<br />
ottimizzato delle risorse.<br />
1.2.7.4. I Mercati Internazionali.<br />
<strong>La</strong> tendenza naturale dei mercati è di diventare spontaneamente globali, grazie<br />
all’espansione mondiale dei sistemi informativi e dei mezzi di comunicazione e trasporto,<br />
con la conseguenza che la domanda diventa sempre più omogenea su base internazionale.<br />
Così, molti prodotti sono già globali, dalle bevande gassate alle auto, le moto,<br />
gli elettrodomestici, le macchine agricole, le macchine utensili, ecc, anche se esistono<br />
nicchie di prodotti che hanno carattere nazionale, peraltro destinate a ridursi sempre più.<br />
Il risultato di tale tendenza è che l’organizzazione, e quindi le attività produttive, diventano<br />
internazionalizzate, anche se, per ora, la base è prevalentemente multinazionale<br />
piuttosto che globale.<br />
<strong>La</strong> differenza è che l’organizzazione multinazionale gestisce le decisioni in modo<br />
diverso nei vari Paesi in cui opera e vede se stessa come sistema di vendita nei mercati<br />
locali, con forte competizione locale. In questo modo limita le proprie possibilità di import<br />
ed export, in quanto ogni Paese viene ad avere una propria qualità, una propria tecnologia<br />
di processo ed una particolare struttura dei costi. Le fonti di approvvigionamento<br />
sono gestite localmente ed il mercato è soggetto a maggiori fluttuazioni. Inoltre,<br />
l’organizzazione multinazionale è organizzata con divisioni separate per ogni Paese in<br />
- 1.31 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
cui opera. Quando opera in un mercato globale, l’organizzazione multinazionale ha lo<br />
svantaggio competitivo di lavorare su una scala sbagliata e con prodotti non adeguati,<br />
cioè di essere organizzata in modo squilibrato sia nella produzione, sia nella<br />
commercializzazione dei propri prodotti.<br />
Invece, l’organizzazione globale assume la caratteristica di localizzare le proprie<br />
strutture su una base mondiale, non Paese per Paese, ed i prodotti ed i servizi in uscita, e<br />
le materie prime, i componenti ed i servizi in ingresso sono approvvigionati nei vari Paesi<br />
solamente sulla base del rapporto qualità/prezzo (non su base nazionale) obbligando<br />
l’organizzazione ad adottare una tecnologia di processo standardizzata. I prodotti sono<br />
progettati per quanto possibile per soddisfare il mercato globale e, quando si verificano<br />
variazioni delle condizioni commerciali, gli adeguamenti alla mutata domanda vengono<br />
risolti mediante l’introduzione di opzioni, piuttosto che di prodotti separati. Considerare<br />
la domanda su una base globale consente di sviluppare grandemente le economie di scala,<br />
di ridurre i costi e di espellere dal mercato i fabbricanti locali. <strong>La</strong> logistica ed i sistemi<br />
di gestione dei materiali sono anch’essi globali per natura. Questo rende possibile il<br />
coordinamento delle spedizioni dei prodotti e dei componenti su base mondiale. Nel caso<br />
delle attività di servizio, i centri operativi sono interconnessi in un sistema di comunicazione<br />
informatico ed intervengono sulla base del rapporto costi/benefici.<br />
L’organizzazione globale è organizzata in divisioni, le quali hanno anch’esse responsabilità<br />
globale. Esse riguardano il marketing, la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti e<br />
le funzioni operative e non sono frammentate in divisioni locali od internazionali.<br />
Le implicazioni di questa evoluzione della gestione strategica sono profonde, in<br />
quanto la gestione operativa deve essere condotta anch’essa su base globale e deve essere<br />
sviluppata una competenza distintiva globale all’interno del quadro della missione,<br />
<strong>degli</strong> obiettivi e delle politiche. Ne sono influenzate tutte le decisioni operative, dal progetto<br />
del prodotto alla dislocazione dei centri di produzione, alle politiche di gestione<br />
del personale, ecc.<br />
1.2.7.5. L’Attività Produttiva Mirata.<br />
Il primo vantaggio di un approccio strategico all’attività decisionale produttiva è che<br />
essa aiuta a mirare le attività a creare un sistema coordinato di politiche.<br />
Esempio<br />
Per chiarire questo concetto si può citare la storia di un’azienda elettronica che costruisce misuratori<br />
di livello di carburante e componenti del pilota automatico dei velivoli.<br />
Dopo anni di tentativi per rendere profittevole la produzione dei misuratori di carburante, la dirigenza<br />
pensava di venderne l’attività, ma, alla fine decise di isolare quella divisione e di gestirla<br />
separatamente. Per far questo, fu necessario separare il processo produttivo, costituire un<br />
nuovo sistema di gestione dei materiali e del processo, dotare la produzione di un proprio sistema<br />
di qualità ed organizzare in maniera quasi indipendente l’ufficio di gestione del personale.<br />
Dopo soli 4 mesi, la produzione dei misuratori di carburante ha presentato un bilancio attivo,<br />
apparentemente per la decisione di creare una nuova divisione all’interno dell’organizzazione.<br />
Invece, la spiegazione di questo risultato è che la produzione di componenti per piloti automatici<br />
aveva esigenze di qualità sensibilmente maggiori, un tipo diverso di produzione e di controllo<br />
dei materiali e strategie di scelta del personale non appropriate per la produzione confrontabil-<br />
- 1.32 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
mente più semplice dei misuratori di livello del carburante. Ne derivava una produzione di misuratori<br />
di carburante troppo costosa.<br />
Questa storia indica che linee di produzione incompatibili all’interno delle stesso impianto possono<br />
ridurre l’efficienza.<br />
In realtà, uno dei punti salienti della strategia produttiva è sempre stata la ricerca<br />
dell’economia di scala, cioè l’osservazione che l’aggiunta di prodotti in produzione può<br />
spalmare i costi fissi su una maggiore quantità di pezzi e può rendere più efficiente la<br />
produzione. Tuttavia, se questa politica può raggiungere buoni risultati in molti casi,<br />
non lo fa comunque, in quanto l’aggiunta di prodotti aumenta sempre la complessità e<br />
può distogliere l’attività produttiva verso obiettivi in cui si perde in economicità. In particolare,<br />
le economie di scala non si raggiungono quando la dirigenza ha la necessità di<br />
allargare il personale di staff per poter coordinare la complessità risultante dall’avere<br />
più prodotti nello stesso impianto, cioè le economie ottenute sul lavoro diretto risultano<br />
compromesse dalle diseconomie di costo indiretto.<br />
Si può anche arguire che certi impianti sono stati costruiti troppo grandi e complessi,<br />
se sono visti dal punto di vista delle economie di scala e che, probabilmente, essi potrebbero<br />
essere suddivisi in unità più piccole e mirate specificatamente su un prodotto<br />
od una famiglia di prodotti, le quali possono garantire un sistema più congruente con gli<br />
obiettivi. In questo modo, ogni singolo impianto può essere gestito con una particolare e<br />
mirata strategia di costi, qualità, tempi di consegna, flessibilità, ecc, che sia appropriata<br />
agli obiettivi da raggiungere, e, così, può meglio costituire un’arma della strategia<br />
commerciale.<br />
I commerciali capiscono benissimo questi concetti e gli applicano costantemente nel<br />
loro lavoro: la segmentazione del mercato gli spinge ad individuare quelle nicchie in cui<br />
gli affari sono più facili perché il prodotto che trattano è competitivo. Allo stesso modo,<br />
la strategia produttiva definisce quelle politiche che rispettano la strategia di mercato ed<br />
indirizzano gli sforzi della produzione verso quegli obiettivi che possono essere raggiunti<br />
meglio. Questa attività è stata chiamata competenza distintiva e definita come<br />
quell’insieme di attività che dà un vantaggio competitivo all’organizzazione.<br />
Nella pratica si osserva una certa mancanza di attività produttiva mirata e le principali<br />
ragioni di questo sono:<br />
• l’aumento di figure professionali (qualità, amministrazione, engineering, produzione,<br />
gestione delle merci, ecc.), le quali inseguono un proprio sistema di schemi,<br />
mentre dovrebbero essere gestite dall’alta dirigenza verso gli obiettivi operativi<br />
comuni definiti dall’organizzazione integrata,<br />
• l’aumento del numero di prodotti costruiti nello stesso impianto in nome delle<br />
possibili economie di scala. Il tentativo di ridurre i costi distrae l’attività produttiva<br />
dai prodotti più competitivi e rende meno efficiente la produzione,<br />
• l’errore nel definire la competenza distintiva della produzione, che ne provoca lo<br />
sviluppo scoordinato, determinando talvolta l’impossibilità di individuare le incompatibilità<br />
dello scheduling e del lay-out,<br />
• la trasformazione <strong>degli</strong> obiettivi produttivi, mentre la maggior parte dello staff<br />
produttivo segue gli obiettivi determinati precedentemente.<br />
Per eliminare tali problemi, l’attività produttiva deve essere sviluppata come parte<br />
del processo strategico generale. Se si osserva che due o più missioni sono svolte sullo<br />
stesso impianto, questo è il segnale di una possibile necessità di separare la produzione<br />
- 1.33 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
in singole attività meglio focalizzate sul prodotto. In generale, un singolo impianto dovrebbe<br />
svolgere una sola missione operativa. Si possono individuare alcuni tipi di attività<br />
mirate:<br />
• sul prodotto,<br />
• sul tipo di processo: per progetto, a lotti, in linea,<br />
• sulla tecnologia,<br />
• sul volume di vendita,<br />
• sulla produzione per il magazzino o sulla produzione su ordine,<br />
• su nuovi prodotti o su prodotti maturi.<br />
Come vedremo, non sarà sempre utile raggiungere questo risultato in modo completo.<br />
Per esempio, in quanto si possono adottare metodi produttivi diversi per ottenere la<br />
voluta precisione geometrica su uno stesso pezzo e, tra di essi, deve essere scelto quello<br />
che garantisce il migliore rapporto costi/qualità. Perciò, sarà la strategia operativa generale<br />
ad essere rispettata, senza pretendere di spingerla fino a livelli di dettaglio troppo<br />
spinti.<br />
1.2.7.6. <strong>La</strong> Curva dell’Esperienza.<br />
Uno dei principi che sottolineano l’importanza della strategia produttiva e la strategia<br />
di mercato è la curva dell’esperienza (o curva dell’apprendimento), che descrive la relazione<br />
tra i costi ed il volume di produzione e che è basata sull’osservazione che in azienda<br />
esiste un’attività di apprendimento, mano a mano che la produzione di un bene o<br />
di un servizio viene sviluppata nel tempo. Quando l’apprendimento è apprezzabile, la<br />
produzione di un’unità di prodotto aggiuntiva richiede sempre meno tempo in quanto,<br />
almeno, il personale diventa progressivamente più efficiente e meglio indirizzato verso<br />
gli obiettivi produttivi stabiliti. Anche il costo dei materiali impiegati diventa sempre<br />
minore, attraverso l’affinamento delle attività produttive (che consentono l’impiego di<br />
semilavorati sempre meno pregiati) e l’economia di scala che è possibile ottenere sulle<br />
forniture. Questo avviene per un certo numero di ragioni: il processo progressivamente<br />
migliora, il personale arriva sempre più rapidamente a completare il proprio lavoro, il<br />
prodotto viene ridisegnato per essere meglio costruito, vengono individuate fonti di approvvigionamento<br />
più economiche, si sviluppano processi produttivi più efficienti, ecc.<br />
<strong>La</strong> curva dell’esperienza indica la riduzione di costo raggiunta per ogni raddoppio<br />
del volume prodotto. In pratica, i tassi variano tra il 60 ed il 90%, quelli più elevati essendo<br />
riferiti ai processi più complicati da migliorare, al personale meno predisposto<br />
all’apprendimento, alle tecnologie di punta, ecc. Dalla sua definizione, la curva<br />
dell’esperienza è espressa in termini matematici dalla:<br />
dove:<br />
y(x) k x n<br />
= ⋅ (1.1)<br />
y(x) è il costo della x-esima unità di prodotto,<br />
k è il costo della prima unità,<br />
x è il numero totale di unità prodotte,<br />
n=log Φ /log2<br />
Φ è il tasso di esperienza,<br />
1-Φ è il tasso di progresso.<br />
- 1.34 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Esempio<br />
<strong>La</strong> produzione della prima unità di un prodotto costa 100€. Si voglia determinare il costo della<br />
seconda, quinta, centesima, per un tasso di esperienza del 70%.<br />
x 1 2 5 100<br />
y(x) 100 70 43.7 9.3<br />
100<br />
100<br />
60<br />
100<br />
70<br />
100<br />
80<br />
100<br />
90<br />
4,50184851 90 56,81803 70,21037 84,6206<br />
80 36 49 64 81<br />
0,54099314 70 43,68464 59,56373 78,29867<br />
6,70110911 60 39,77262 56,1683 76,15854<br />
3,83371934 50 36,73967 53,44895 74,39478<br />
21,6 34,3 51,2 72,9<br />
40<br />
9,80414521 32,28289 49,29496 71,60646<br />
30<br />
8,32459588 30,57925 47,65099 70,4688<br />
0,9<br />
0,8<br />
7,08163435 20 29,1157 46,21111 69,45525<br />
6,02066546 10 27,84084 44,93464 68,54268<br />
5,10296012 0 26,71743 43,79155 67,7138<br />
4,3002316 25,71777 42,75916 66,95531<br />
3,5913065 24,82076 41,81992 x, numero delle 66,25681 unità di prodotto<br />
0,7<br />
0,6<br />
12,96 24,01 40,96 65,61<br />
fig. 1.4.<br />
39371427 23 27255 40 16834 65 00817<br />
Andamento dei costi di produzione con vari tassi di esperienza.<br />
y, costo della x-esima unità di prodotto<br />
1<br />
6<br />
11<br />
16<br />
21<br />
26<br />
31<br />
36<br />
41<br />
46<br />
51<br />
56<br />
61<br />
66<br />
71<br />
76<br />
81<br />
86<br />
91<br />
96<br />
101<br />
<strong>La</strong> curva corrispondente è rappresentata in fig. 1.4, ed i valori corrispondenti sono dati in tabella.<br />
Le curve dell’esperienza sono utili per la stima dei costi e la misura del progresso che<br />
la produzione presenta nella riduzione dei propri costi. Peraltro, sono utili nello sviluppo<br />
delle strategie, in quanto l’organizzazione che sfrutta a proprio vantaggio le indicazioni<br />
della curva dell’esperienza può produrre a minor costo dei concorrenti che non lo<br />
fanno. Ad esempio, la strategia del produttore a basso costo sarà quella di spostare la<br />
curva dell’esperienza verso il basso, di più di quanto non facciano i concorrenti. Quanto<br />
più inclinata essa sarà, tanto più efficace sarà la strategia e sarà possibile che concorrenti<br />
siano espulsi dal mercato, se questi non cercheranno di ottimizzare altrettanto bene la<br />
relazione tra volume di prodotto, grado di apprendimento e costi.<br />
Come è evidente, la curva dell’esperienza è molto più significativa nella fase iniziale<br />
della vita di un prodotto, quando i prezzi sono fortemente calanti ed è presente una<br />
grande pressione competitiva: in questo caso, la riduzione dei costi è una questione di<br />
sopravvivenza.<br />
Esempio<br />
Tuttavia, una troppo stretta attenzione alla curva dell’esperienza può diventare disastrosa. Un<br />
esempio classico è quello della Ford, col suo celeberrimo Model-T.<br />
- 1.35 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Il prezzo di questo prodotto è calato da 950$ a 290$ nel periodo tra il 1909 ed il 1924, per mezzo<br />
della modernizzazione <strong>degli</strong> impianti, l’integrazione verticale per la riduzione del costo dei<br />
materiali in ingresso, la divisione del lavoro e l’eliminazione dei cambi di modello. In questo<br />
periodo la quota di mercato è salita dal 10 al 55% (ed il mercato è, di per sé, in crescita esplosiva),<br />
e la Ford fa affari d’oro.<br />
Tuttavia questa enfasi verso la riduzione dei costi è già il seme della successiva sconfitta. Mano<br />
a mano che il mercato cresce, la mancanza di nuovi modelli diventa presto la ragione della contrazione<br />
delle vendite a vantaggio della General-Motors, con grandi perdite effettive e di opportunità.<br />
<strong>La</strong> curva dell’esperienza costituisce un ottimo strumento strategico, purché<br />
l’organizzazione si preoccupi di continuare a seguire le progressive richieste della domanda,<br />
e non si focalizzi troppo sul problema pur importante dei costi. Ne deriva che<br />
può essere strategicamente valida anche una scelta operativa che tenda a coprire solamente<br />
nicchie di mercato e, perciò, escludere l’angoscia della concorrenza. Un esempio<br />
attuale può essere quello della Hewlett&Packard, coi suoi calcolatori tascabili, la quale<br />
ha adottato per quel settore una strategia di prodotto rivolta all’alta qualità ed<br />
all’innovazione. In definitiva, la curva dell’esperienza è solamente una delle molte possibilità<br />
che devono essere considerate nella definizione della strategia<br />
dell’organizzazione.<br />
1.2.7.7. I Passi verso L’Efficienza Operativa.<br />
Nel 1985, Wheelwright ed Hayes 7 hanno proposto il cammino verso l’efficienza operativa,<br />
indicando il passaggio attraverso quattro livelli, da quello di grande inefficienza a<br />
quello di massima efficienza, passaggio percorribile con l’uso <strong>degli</strong> strumenti strategici<br />
discussi sopra. <strong>La</strong> descrizione delle quattro situazioni aiuta ad illustrare come la produzione<br />
può essere dinamicamente indirizzata per essere più competitiva nel tempo.<br />
1.2.7.7.1.<br />
1° livello.<br />
<strong>La</strong> situazione di minore efficienza può essere descritta come quella nella quale si<br />
cerca di minimizzare ogni impatto negativo della produzione sulle vendite. Cioè, la dirigenza<br />
pretende che l’attività produttiva resti sotto controllo, rispettando le strategie definite<br />
e raggiungendo gli obiettivi di breve periodo.<br />
A questo scopo, la produzione viene mantenuta flessibile e reattiva, sono presenti efficienti<br />
sistemi di controllo delle prestazioni, anche con l’aiuto di esperti esterni, chiamati<br />
a prendere le decisioni strategiche da seguire. Gran parte dell’attenzione della dirigenza<br />
è focalizzata sulla scelta delle decisioni strutturali (macchine ed impianti) e sugli<br />
aspetti finanziari dei finanziamenti fatti. Peraltro, la dirigenza dedica meno attenzione<br />
alle decisioni di ordine infrastrutturale (qualità, personale, sistemi ed organizzazione) e<br />
tende a non essere coinvolta nella produzione.<br />
L’obiettivo di questo livello è la garanzia contro qualsiasi danno all’organizzazione<br />
possa derivare dalla concorrenza, non quello di far uso della produzione come arma<br />
7 Wheelwright ed Hayes, Competing through Manufacturing, Harvard Business Review, 1, 1985.<br />
- 1.36 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
competitiva. Ne risulta che i responsabili della produzione non partecipano alla strategia<br />
generale, sono chiamati solamente a garantire la continuità della produzione e sono gli<br />
esperti che devono risolvere i problemi e prendere le decisioni del breve periodo.<br />
Spesso a questo livello, la produzione non tenta nemmeno di sviluppare nuove tecnologie<br />
e gli impianti produttivi sono semplicemente acquistati all’esterno. Non ci si assumono<br />
rischi e sono utilizzate tecnologie sicure. <strong>La</strong> produzione è vista come l’insieme<br />
di una serie di decisioni prese una volta per tutte e la dirigenza non ha la nozione che<br />
l’apprendimento continuo può essere la base per l’allargamento della capacità produttiva.<br />
1.2.7.7.2.<br />
2° livello.<br />
Il secondo livello organizzativo minimizza l’effetto sia dei fattori interni visti sopra,<br />
sia di quelli esterni rappresentati dal livello di competitività dei concorrenti. <strong>La</strong> produzione<br />
segue una pratica industriale conformista e usa la tecnologia disponibile ed i parametri<br />
produttivi comuni a tutta l’industria di appartenenza.<br />
<strong>La</strong> dirigenza opera sulla corretta allocazione delle risorse come base della gestione<br />
della produzione, tende ad effettuare gli investimenti solamente quando necessari ed è<br />
normalmente riluttante ad assumere una posizione preminente sul mercato. <strong>La</strong> tecnologia<br />
è acquistata all’esterno sia da laboratori esterni di Ricerca e Sviluppo (R&D), sia da<br />
produttori esterni.<br />
L’organizzazione valuta la dinamica dell’industria nella quale è inserita e del mercato<br />
dove deve competere e la produzione non è vista come arma competitiva. Invece, essa<br />
segue la strategia dei nuovi prodotti o della pubblicità per guadagnare il vantaggio<br />
competitivo. Questo è il livello tipico dell’industria matura, soprattutto dei beni di consumo,<br />
anche se una certa attenzione al miglioramento della produzione comincia a farsi<br />
vedere anche in questo comparto.<br />
1.2.7.7.3.<br />
3° livello.<br />
Il terzo livello è quello dove la produzione diventa un valido supporto alla strategia<br />
di mercato. In questo caso, le decisioni riguardanti la produzione sono prese conformemente<br />
alla strategia generale e la produzione tende ad essere di valido supporto e spinta<br />
alla concorrenza. Per raggiungere il livello 3, l’alta dirigenza ha un ruolo attivo nel gestire<br />
la produzione, attraverso una precisa definizione della strategia produttiva. E’ chiaro<br />
che la produzione ha qui una missione chiara, obiettivi di lungo periodo ben formalizzati,<br />
politiche strategiche e competenza distintiva. Le decisioni sugli investimenti sono<br />
prese valutandone la consistenza e la coerenza con la strategia generale e quella produttiva.<br />
Spesso l’organizzazione arriva a questo livello in conseguenza di un piano strategico<br />
che impegna la produzione ad assumere essa stessa un piano strategico con un orizzonte<br />
di lungo periodo, tale da garantire un continuo supporto alla strategia di mercato. Ne deriva<br />
che le organizzazioni a questo livello presentano il progresso tecnologico come naturale<br />
risposta ai cambiamenti di strategia di mercato e possono sviluppare tecnologie di<br />
processo proprie e diverse da quelle dei concorrenti.<br />
- 1.37 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1.2.7.7.4.<br />
4° livello.<br />
Il livello più alto dell’efficienza produttiva è basato sull’idea che la produzione deve<br />
essere un’arma competitiva dell’intera organizzazione. Questo non significa che la produzione<br />
deve necessariamente prendere il ruolo più importante nell’organizzazione, ma<br />
che le altre funzioni devono formare, insieme ad essa, un sistema coordinato ed integrato.<br />
A questo livello, la produzione anticipa nuove strade e sviluppa modelli propri di gestione,<br />
anzi sviluppa tecnologie di processo innovative, che danno vantaggio competitivo.<br />
Queste particolarità possono essere la base stessa della strategia di mercato. Un esempio<br />
può essere ancora quello della Ford, con le sue innovative linee transfer di montaggio<br />
dei primi del 1900; un altro può essere l’introduzione di innovativi sistemi di<br />
controllo della qualità dell’industria giapponese: questa capacità distintiva ha rivoluzionato<br />
la pratica industriale ed ha fornito la base di un vantaggio competitivo enorme.<br />
Le organizzazioni di 4° livello hanno la funzione organizzativa della dirigenza ben<br />
integrata: marketing, finanza, R&D, personale, produzione insieme concorrono a sviluppare<br />
la strategia generale. Come detto, non è solamente la produzione a sostenere la<br />
strategia di mercato, ma la produzione è parte che partecipa alla sua definizione e rende<br />
possibile l’adozione di nuove strategie. Così, la produzione è coinvolta nelle decisioni<br />
che riguardano il marketing, la finanza, la R&D, ecc.<br />
Queste organizzazioni sono frequentemente proprietarie dei processi e della tecnologia<br />
impiegata, anzi sviluppano il sistema produttivo in modo da essere costantemente al<br />
massimo livello, con un’organizzazione dell’apprendimento, appunto al livello 4.<br />
L’alta dirigenza è impegnata nelle decisioni sulla gestione finanziaria, ma anche nelle<br />
altre. Essa sente la necessità che nell’organizzazione sia sviluppata la capacità produttiva<br />
ottimale quale base della strategia di mercato, oltre a valutare le necessità e le opportunità<br />
del mercato. Il ruolo dell’alta dirigenza è quello di integrare le diverse funzioni<br />
in un team operativo senza difficoltà di dialogo.<br />
Nel tempo, l’organizzazione può gestire il passaggio dai livelli inferiori a quello superiore.<br />
Il percorso è complicato dalla presenza del quadro organizzativo e gestionale<br />
presente ai livelli inferiori, il quale di fatto condiziona lo sviluppo. Tuttavia,<br />
l’organizzazione può mostrare alcuni aspetti positivi dei vari livelli, nel senso che essa<br />
può avere un’area di attività particolarmente avanzata ed un’altra area meno, ma è il<br />
modo di vedere la produzione che è dominante nella determinazione del livello raggiunto<br />
dall’organizzazione in un particolare momento.<br />
- 1.38 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
1.3.<br />
CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI INDUSTRIALI<br />
Per sviluppare ogni processo produttivo, l’uomo ha ideato ed applicato vari mezzi,<br />
tra i quali gli <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> di Produzione giocano un ruolo decisivo. <strong>La</strong> storia dello<br />
sviluppo dell’industria mostra che i perfezionamenti produttivi si sono verificati gradualmente,<br />
ma hanno avuto un andamento sempre positivo, dalla primitiva ascia di pietra<br />
al moderno robot. L’impianto industriale è il complesso di macchine, apparecchiature<br />
e servizi, atti a permettere la trasformazione qualitativa delle materie prime o semilavorati<br />
in prodotti finiti.<br />
<strong>La</strong> scienza che studia le leggi che governano il processo di costruzione delle macchine<br />
e <strong>degli</strong> impianti, ed ha lo scopo di applicare queste leggi per produrli con qualità garantita<br />
ed al minimo costo, è l’ingegneria della produzione.<br />
ENERGIA IDRAULICA<br />
ED EOLICA<br />
ENERGIA<br />
MECCANICA<br />
ENERGIA<br />
ENERGIA<br />
ELETTRICA<br />
ENERGIA<br />
MECCANICA<br />
ed eolici<br />
ELETTRICA<br />
motori idraulici<br />
generatori elettrici<br />
operatrici per la produzione<br />
trasmissione a distanza<br />
motori elettrici<br />
trascinamento di macchine<br />
ENERGIA CHIMICA ENERGIA NUCLEARE<br />
forni elettrici<br />
ENERGIA<br />
TERMICA<br />
combustibili<br />
caldaie<br />
ENERGIA<br />
TERMICA<br />
applicazioni industriali<br />
fissione e fusione<br />
reattori nucleari<br />
IMPIANTI DI PRODUZIONE<br />
DI ENERGIA ELETTRICA<br />
IMPIANTI INDUSTRIALI<br />
fig. 1.5. Schema delle trsformazioni dell’energia e delle sue utilizzazioni<br />
nell’industria di produzione e negli impianti industriali<br />
- 1.39 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Fino alla metà del 18° secolo si è assistito allo sviluppo di attività tecniche di tipo artigianale,<br />
quali la filatura e la tessitura di fibre animali e vegetali, la lavorazione del legno,<br />
la lavorazione della terra per l’ottenimento dei prodotti agricoli, ecc.<br />
Tali attività richiedevano la presenza di due elementi fondamentali: le materie prime<br />
e l’energia meccanica. Le materie prime ed i loro derivati erano in genere originati dal<br />
mondo minerale, animale e vegetale, o da una loro parziale trasformazione. L’energia<br />
meccanica era di origine idraulica od eolica: acque fluenti o venti muovevano pale e<br />
ruote fornendo l’energia necessaria per molini, cartiere, tessiture, segherie, fucine, ecc.<br />
Tuttavia, tale energia risultava disponibile in quantitativi ridotti ed in luoghi ben circoscritti<br />
dalla presenza del fluido motore, con conseguente localizzazione delle attività<br />
tecniche lontano dai centri di consumo. <strong>La</strong> ridotta disponibilità di energia meccanica e<br />
le scarse possibilità di mercato hanno costituito a lungo un limite insuperabile per lo<br />
sviluppo delle attività artigianali.<br />
Invece, le attività tecniche di tipo industriale necessitano, oltre che delle materie<br />
prime e dell’energia, anche di due altri elementi di fondamentale importanza: il capitale<br />
e la forza lavoro. Fattori che sono stati decisivi ai fini dello sviluppo delle attività tecniche<br />
a livello industriale sono i seguenti:<br />
• l’invenzione della motrice a vapore e l’utilizzazione dell’energia termica,<br />
• la reperibilità di nuove materie prime, in particolare il carbone,<br />
• lo sviluppo dell’elettrotecnica e delle sue principali applicazioni.<br />
L’invenzione della motrice a vapore (Watt, 1763) ha aperto la via allo sviluppo<br />
dell’industria, in quanto tale macchina può produrre energia meccanica a partire<br />
dall’energia termica sviluppata dai combustibili, necessita di poca acqua e quindi può<br />
essere impiegata anche lontano dall’acqua fluente, perciò può essere utilizzata in prossimità<br />
dei mercati. <strong>La</strong> disponibilità di grandi quantità di energia meccanica in prossimità<br />
delle aree di mercato rimane condizionata solamente dalla disponibilità di combustibile.<br />
Poi, il trasporto del combustibile risulta sempre più economico di quello dell’acqua,<br />
grazie alle portate richieste, che sono al più nel rapporto 1:30 per i moderni impianti a<br />
vapore.<br />
Uno <strong>degli</strong> indici principali del grado di trasformazione in termini di produttività del<br />
lavoro è il costo del prodotto. Il costo esprime in termini monetari la spesa di lavoro intellettuale<br />
e di lavoro manuale necessaria per la costruzione di ogni impianto produttivo<br />
e l’ottenimento di ogni prodotto. L’industria di costruzione delle macchine e <strong>degli</strong> impianti<br />
è il campo dell’ingegneria più importante di tutti quelli di una nazione. Quindi, è<br />
continua la ricerca di sempre nuovi processi, per tener conto di continui aggiornamenti<br />
tecnici e scientifici. Per poter realizzare questi processi, l’industria produttrice delle<br />
macchine e <strong>degli</strong> impianti sviluppa continui perfezionamenti alla produzione, in quanto<br />
è chiamata a fornire sempre nuove macchine in quantità sufficienti a soddisfare le necessità<br />
del mercato in cui opera. Poi, le macchine devono essere in grado di svolgere le<br />
funzioni richieste al minimo costo possibile.<br />
Infatti e come si è visto in §1.2, l’impianto industriale si inserisce in una struttura o<br />
sistema od organizzazione produttiva più complessa che si chiama Gruppo, Impresa od<br />
Azienda, e che è rivolta al perseguimento di obiettivi economici, tra cui il fondamentale<br />
è quello di ottenere in uscita beni o servizi di valore superiore a quello delle materie<br />
prime o delle merci in ingresso, in modo da produrre un utile, oltre a compensare tutti i<br />
costi di produzione.<br />
- 1.40 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Le trasformazioni sulle materie prime sono di natura tecnica (fisica o chimica) con<br />
variazioni di composizione chimica, dello stato fisico, della forma, delle dimensioni, dei<br />
pesi, dei volumi delle merci in entrata, per ottenere in uscita altre merci o servizi.<br />
Nell’impianto industriale si possono distinguere, oltre ad uno o più impianti di produzione,<br />
o tecnologici, anche più impianti complementari di servizio, volti al soddisfacimento<br />
di una particolare esigenza del processo e delle attività produttive, la fornitura<br />
di acqua, di energia elettrica, di aria compressa, di vapore tecnologico, ecc, senza il quale<br />
l’impianto produttivo non è in grado di produrre nulla.<br />
1.3.1.<br />
Tipologie di Produzione<br />
Dunque, le attività industriali non sono rivolte soltanto alla produzione di beni strumentali<br />
(macchine, utensili, beni ed oggetti vari) e di consumo (tessuti, alimentari, carta,<br />
ecc.) ma anche alla produzione di servizi (trasporti pubblici, mense, magazzini, ospedali,<br />
ecc.), le quali tutte necessitano di impianti meccanici 8.<br />
classificazione secondo il modo<br />
di rispondere alla domanda<br />
produzione per il magazzino<br />
ripetitiva<br />
produzione su commessa<br />
singola<br />
classificazione secondo il modo<br />
di realizzare il prodotto<br />
unitaria<br />
per processo - fabbricazione<br />
per parti fabbricazione<br />
montaggio<br />
fig. 1.6. Classificazione delle produzioni industriali.<br />
classificazione secondo il modo<br />
di realizzare il volume di produzione<br />
produzione<br />
intermittente continua<br />
a lotti<br />
8 A. Pareschi, <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong>, Criteri di scelta, progettazione e realizzazione, Preogetto Leonardo,<br />
1994<br />
- 1.41 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Come rappresentato schematicamente in fig. 1.6, le produzioni industriali possono<br />
essere classificate secondo:<br />
a la natura del prodotto. Essa implica la fabbricazione:<br />
• per parti, che nel caso di produzione di massa (di automobili, elettrodomestici,<br />
ecc.) si svolge su linee o su reparti; nel caso di montaggio, questo può essere<br />
manuale od automatico,<br />
• per processo, quando si tratta di produzioni di cemento, acciaio, prodotti chimici,<br />
ceramici, ecc.<br />
b il volume di produzione:<br />
• unitaria, quando il volume di produzione è molto basso,<br />
• intermittente a lotti, quando il volume di produzione è maggiore,<br />
• continua, con volume di produzione nell’unità di tempo molto elevato.<br />
c le caratteristiche del prodotto, con:<br />
• produzione a magazzino, quando l’attività produttiva viene effettuata prima di<br />
avere ricevuto gli ordini dei clienti e quindi sono necessari magazzini per collocare<br />
i prodotti finiti. In questo caso l’organizzazione è esposta ai rischi del<br />
mercato;<br />
• produzione su commessa, quando l’attività produttiva viene intrapresa sulla base<br />
<strong>degli</strong> ordini dei clienti. In questo caso l’organizzazione è esposta ai rischi di<br />
esercizio. Le commesse possono essere:<br />
- singole, quando le specifiche del prodotto vengono conosciute solamente<br />
all’atto dell’acquisizione dell’ordine,<br />
- ripetitive, quando le specifiche del prodotto sono note in anticipo, rispetto<br />
all’inizio del processo produttivo. Ad esempio, è questo il caso dei subfornitori<br />
di componenti per le industrie di grande serie e dei fornitopri <strong>degli</strong> Enti<br />
di Stato<br />
1.3.2.<br />
<strong>Impianti</strong> di Produzione.<br />
L’impianto tecnologico è quell’insieme più o meno articolato di macchine, apparecchiature,<br />
congegni e dispositivi costituenti un’unità organica e tecnologicamente individuata,<br />
nella quale vengono compiute le operazioni di trasformazione qualitative vere e<br />
proprie delle merci in ingresso nel prodotto finito, in cui, cioè, si realizza il ciclo tecnologico.<br />
Tuttavia, gli impianti tecnologici da soli non consentono di ottenere alcun prodotto:<br />
il loro funzionamento è possibile in virtù <strong>degli</strong> impianti complementari di servizio,<br />
i quali sono inseriti nella struttura operativa.<br />
Gli impianti di servizio sono comuni ai diversi impianti di produzione e si diversificano<br />
solamente dal punto di vista della potenzialità. Invece, gli impianti di produzione<br />
possono essere diversissimi e sono classificabili in base a diversi criteri di analisi, come<br />
la natura delle trasformazioni, del prodotto finito, delle dimensioni, del capitale investito,<br />
del lavoro umano richiesto, del diagramma tecnologico, del processo produttivo, della<br />
continuità del processo produttivo, ecc.<br />
Con riferimento alla natura delle traformazioni e del prodotto finito, si guarda soprattutto<br />
alla parte terminale del processo tecnologico, laddove avvengono le trasformazioni<br />
più vicine al prodotto finito. Allora, gli impianti si distinguono in meccanici, siderurgici,<br />
tessili, ceramici, cementieri, chimici, elettrici, ecc.<br />
- 1.42 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Con riferimento alle dimensioni, si distinguono impianti appartenenti alla grande,<br />
media e piccola industria. I parametri di valutazione delle dimensioni sono vari: numero<br />
di addetti, capitale investito, capacità produttiva, ecc. Muovendoci dalla piccola alla<br />
grande dimensione, spesso si assiste ad una progressiva integrazione del ciclo produttivo,<br />
cioè alla sua estensione verso valle o verso monte, fino a pervenire al cosiddetto ciclo<br />
integrale, in cui hanno luogo tutte le trasformazioni dalla materia prima al prodotto<br />
finito.<br />
CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI DI PRODUZIONE<br />
ceramici<br />
meccanici<br />
tessili<br />
1 impianti chimici<br />
natura delle trasformazioni e<br />
del prodotto finito elettrici<br />
siderurgici<br />
ecc.<br />
grande<br />
2 dimensioni industria media<br />
piccola<br />
3 capitale e lavoro composizione organica del capitale<br />
monolinea<br />
4 processo produttivo sintetico o convergente<br />
analitico o divergente<br />
a ciclo continuo<br />
5 continuità del processo produttivo a ciclo intermittente<br />
fig. 1.7. Classificazione <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> di Produzione<br />
Con riferimento al capitale ed al lavoro, che, unitamente alla materia prima ed<br />
all’energia, costituiscono i fattori necessari per lo svolgimento di ogni attività industriale,<br />
si distinguono impianti ad alta intensità di capitale ed impianti con prevalente contenuto<br />
di lavoro. I primi sono caratterizzati da elevati valori della composizione organica<br />
del capitale R, rapporto tra il capitale fisso, corrispondente al complesso dei mezzi di<br />
produzione, ed il cosiddetto capitale variabile, corrispondente alla forza lavoro. Invece, i<br />
- 1.43 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
secondi sono caratterizzati da bassi valori di R. I valori di R sono fortemente variabili<br />
da settore a settore. Si passa da poche decine di migliaia di Euro di capitale fisso<br />
investito per addetto nel caso di un’officina meccanica, alle molte centinaia di migliaia<br />
di Euro per addetto in tecnologie come la siderurgica e la petrolchimica. <strong>La</strong> tendenza<br />
generale nell’ambito del sistema economico capitalistico e che si verifica in ogni settore<br />
è quella di andare verso valori di R sempre maggiori, sostituendo il lavoro vivo con<br />
nuove macchine, cioè col lavoro pregresso necessario per fabbricare le macchine stesse.<br />
1.3.2.1. <strong>La</strong> Classificazione per Tipo di Flusso.<br />
Come detto, le decisioni riguardanti la selezione del processo determinano il tipo di<br />
processo produttivo da impiegare e le caratteristiche del processo stesso.<br />
Esempio<br />
I dirigenti di un fast-food possono decidere se produrre il cibo strettamente all’ordine del cliente,<br />
oppure per il banco. Essi devono decidere se organizzare il flusso del processo secondo il<br />
modello continuo delle grandi quantità, oppure secondo quello delle piccole quantità (a lotti).<br />
Inoltre, devono decidere se indirizzare l’integrazione verso il mercato, oppure verso i propri<br />
fornitori. Tutte queste decisioni aiutano a definire il tipo di processo da approntare per<br />
l’ottenimento del prodotto.<br />
Esempio<br />
I forni a microonde hanno avuto grande successo, determinando un mercato in forte espansione.<br />
Uno dei leader <strong>degli</strong> U.S.A. è la Radarwave Inc., che ha raggiunto la quota di mercato del 30%<br />
ed ha fatto fronte ad un grande aumento delle vendite e dei profitti. Esaminando tale situazione,<br />
il vicepresidente responsabile della produzione desiderava conoscere fino a che punto la domanda<br />
sarebbe cresciuta ed a quale livello della domanda fosse ragionevole pensare ad un cambio<br />
dell’apparato produttivo.<br />
<strong>La</strong> Radarwave possiede due impianti, uno in Colorado, l’altro in S. Dakota. Essi impiegano una<br />
linea di montaggio parzialmente integrata, i componenti essendo prodotti in un reparto di produzione<br />
del tipo Job-Shop. A causa della rapida crescita della domanda e delle frequenti modifiche<br />
del prodotto, nel reparto di produzione, il flusso del prodotto era un pò irregolare, mentre la<br />
linea di montaggio non era ottimizzata per raggiungere un elevato grado di efficienza. Infatti, la<br />
linea di montaggio era ad alta intensità di manodopera e molti componenti erano acquistati<br />
all’esterno.<br />
Ad un certo punto, l’industria giapponese è entrata sul mercato con prodotti di basso costo,<br />
mentre quella U.S.A. provvedeva a standardizzare i propri prodotti e le maggiori imprese di costruzione<br />
di elettrodomestici introducevano nella gamma anche i forni a microonde.<br />
Anche considerando tale fatto nuovo, il vicepresidente alla produzione decise di analizzare gli<br />
effetti della costruzione di una linea di montaggio meglio organizzata, con un maggiore impiego<br />
dell’automazione ed un’integrazione verticale più accentuata. Per condurre tale analisi, egli<br />
chiama il suo assistente alla progettazione del processo perché lo aiuti ad individuare le opzioni<br />
disponibili e gli prepari un’analisi dell’impatto di ogni opzione sulla produzione. Inoltre, lo invita<br />
a considerare non solo i costi delle varie proposte, ma anche gli effetti sulla qualità della produzione,<br />
sui termini di consegna e sulla flessibilità.<br />
- 1.44 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Poiché sappiamo che la scelta del processo è di grande importanza, è per sua natura<br />
strategica e coinvolge pesantemente costi, qualità, termini di consegna, flessibilità e<br />
produzione, la scelta del processo è fatta dall’alta dirigenza, dando la massima rilevanza<br />
alla descrizione dei diversi processi ed alle condizioni determinate dall’adozione di un<br />
particolare processo, in confronto ad un altro. Tuttavia, prima che una decisione sulla<br />
scelta del processo sia presa, è necessario che la capacità produttiva sia stata definita,<br />
cioè che sia stata fatta una previsione sull’andamento della domanda. Nel seguito si<br />
supporrà che queste attività siano state già fatte.<br />
<strong>La</strong> prima dimensione della classificazione del processo è il flusso dei materiali fino<br />
al prodotto finito (sequenza delle attività produttive). Esistono tre tipi di flusso: in linea,<br />
intermittente e su progetto.<br />
a<br />
b<br />
c<br />
fig. 1.8. Tipi di processi in linea <strong>degli</strong> impianti industriali.<br />
1.3.2.1.1.<br />
Processo in Linea.<br />
processo monolinea<br />
processo sintetico<br />
processo analitico<br />
Il processo in linea è caratterizzato da una sequenza continua delle operazioni, fatte<br />
per ottenere il prodotto od il servizio. In questo tipo di produzione, il prodotto deve essere<br />
ben standardizzato e deve fluire da un’operazione od una stazione di lavoro alla<br />
successiva in una sequenza stabilita. Le singole operazioni sono bene accoppiate e bilanciate,<br />
in modo che ognuna di esse non ritardi la successiva. L’andamento tipico è<br />
quello rappresentato in fig. 1.8b, dove il prodotto è creato sequenzialmente dalla fine di<br />
una linea all’altra. Infatti, sono comuni i flussi su linee parallele, che, alla fine intersecano<br />
la linea principale, con una convergenza regolare nel tempo e nello spazio.<br />
Talvolta, lo schema viene distinto in due tipi di produzione, di massa e continua.<br />
Normalmente, la produzione di massa si riferisce al tipo linea di lavorazione e montaggio,<br />
come quella dell’industria orologiaia, motoristica, ecc.; invece, la produzione<br />
- 1.45 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
continua si riferisce alle industrie di processo, come quelle chimiche, della carta, della<br />
birra, dell’acciaio, ma anche quelle elettriche, telefoniche, ecc. Si tratta di una distinzione<br />
tradizionale, la quale ha individuato nell’industria di processo maggiori possibilità di<br />
automazione <strong>degli</strong> impianti e di standardizzazione del prodotto.<br />
<strong>La</strong> produzione in linea tradizionale è altamente efficiente, ma anche estremamente<br />
rigida. Infatti, l’alta efficienza è dovuta alla sostituzione di parte della manodopera col<br />
capitale, ed alla sostituzione della rimanente manodopera con un lavoro fortemente routinario.<br />
L’elevato livello di efficienza richiede che sia mantenuto un alto livello di produzione,<br />
per poter avere un rapido e sicuro ammortamento del costoso impianto dedicato.<br />
A sua volta, questo richiede una linea di produzione stabilizzata nel tempo. Infatti, a<br />
causa della standardizzazione e dell’organizzazione sequenziale del lavoro, risulta difficile<br />
e costoso modificare il prodotto od il livello produttivo dell’impianto, da cui la rigidità<br />
del sistema produttivo.<br />
Solo recentemente le nuove tecnologie hanno reso possibile un certo aumento della<br />
flessibilità delle linee di produzione. Questo è stato possibile con l’introduzione massiccia<br />
del controllo del processo e dell’impianto mediante il computer, e con la riduzione<br />
dei tempi morti di sostituzione delle attrezzature. Così, è oggi possibile assegnare ad<br />
una linea di produzione flessibile un’intera famiglia di prodotti, differenziati tra loro per<br />
le dimensioni ed un pò per la forma, per produrre lotti di largamente diversa numerosità.<br />
Cioè, una certa flessibilità può essere raggiunta quando è possibile l’impiego della nuova<br />
tecnologia.<br />
Naturalmente, la produzione in linea può essere giustificata solamente in un numero<br />
limitato di situazioni. Le condizioni generali sono di poter contare su un gran volume di<br />
vendite di un prodotto standard od, al limite, di una famiglia di prodotti. Se queste condizioni<br />
sono soddisfatte, sarà la concorrenza a forzare l’impiego della produzione in linea,<br />
che potenzialmente garantisce la massima efficienza. Tuttavia, la dirigenza deve<br />
esaminare con cura l’adozione di questa soluzione: essa non deve basarsi esclusivamente<br />
sull’efficienza. Altri fattori che devono essere considerati sono il rischio di obsolescenza<br />
del prodotto, la disaffezione della manodopera derivante dalla ripetitività del lavoro<br />
ed il rischio della necessità di cambiare la tecnologia di processo.<br />
1.3.2.1.2.<br />
Processo a Flusso Intermittente (Job-Shop).<br />
Il processo produttivo intermittente è caratterizzato da una produzione a lotti (eventualmente<br />
ad intervalli differenziati). In questo caso, l’impianto e la manodopera sono<br />
organizzati in centri di lavoro con macchine ed attrezzature dedicate a lavori simili e<br />
manodopera omogenea di mediamente alta qualifica. Dunque, il prodotto fluisce solamente<br />
verso i centri di lavoro utili alla sua lavorazione e salta i rimanenti. Ne risulta un<br />
processo a salti, come si vede in fig. 1.9.<br />
Essendo le macchine e l’impianto abbastanza universali e la manodopera qualificata,<br />
la produzione è molto flessibile sia per quanto riguarda i cambiamenti di prodotto, sia<br />
per le variazioni di quantità, tuttavia la produzione non è sempre molto efficiente. Infatti,<br />
il flusso a salti e la variabilità del prodotto comportano difficili problemi di controllo<br />
dei materiali, delle sequenze (scheduling) e della qualità.<br />
Se le funzioni operative lavorano vicino alla saturazione, si producono elevati quantitativi<br />
di semilavorati ed il tempo necessario al completamento delle lavorazioni (throughput-time)<br />
ed i tempi di consegna (lead-time) aumentano. Questo è dovuto<br />
- 1.46 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
all’inevitabile interferenza delle operazioni che richiedono lo stesso centro di lavoro o la<br />
stessa manodopera nello stesso momento, interferenza che porta ad una minore utilizzazione<br />
dell’impianto, in confronto alla produzione in linea.<br />
dove:<br />
Da Constable e New 9 abbiamo un parametro TE che misura la perdita di efficienza:<br />
TE TWIT<br />
= ⋅100%<br />
TTO<br />
TWIT è il tempo macchina od il tempo uomo effettivamente spesi per il compimento<br />
della lavorazione. Esso non comprende i tempi morti derivanti<br />
dall’interferenza,<br />
TTO è il tempo totale necessario al completamento della lavorazione, compresi i<br />
tempi morti derivanti dall’interferenza.<br />
Il processo produttivo intermittente ha valori tipici di TE compresi tra il 10 ed il<br />
20%, raramente superiori al 40%, mentre nella produzione in linea si raggiungono facilmente<br />
valori compresi tra il 90 ed il 100%. Maggiori dettagli su quanto detto e le strategie<br />
adottate per superare questo problema sono presentati in Appendice A1.4.<br />
<strong>La</strong> caratteristica del processo intermittente è che centri di lavoro simili e manodopera<br />
con grado di qualifica vicina sono raggruppati insieme, con una disposizione del lay-out<br />
detto di processo. Per contro, il flusso in linea ha un lay-out di prodotto.<br />
fig. 1.9. Modello del flusso nella produzione intermittente.<br />
Se si volesse complicare ulteriormente la terminologia, la produzione intermittente è<br />
chiamata a Job-Shop, ma non sempre, perché questa definizione da alcuni è riservata solamente<br />
alle produzioni su ordine del committente. Per evitare ogni confusione, d’ora in<br />
poi adotteremo solamente il termine produzione intermittente.<br />
9 C.J.Constable, C.C. New, Operations Management: A System Approach through Text and Case,<br />
Wiley-Interscience, 1976<br />
- 1.47 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
<strong>La</strong> produzione intermittente può essere giustificata quando il prodotto manca di standardizzazione<br />
oppure il volume della serie è basso. In questo caso, l’adozione di questo<br />
schema è più economica e comporta il rischio minore. <strong>La</strong> ragione è che si usano macchine<br />
universali, le quali sono per loro natura destinate ad un ampio mercato ed, anche<br />
se dotate di una grande quantità di funzioni, sono di costo minore. Ne risulta che<br />
l’approntamento dell’impianto produttivo è meno costoso (per i costi fissi più bassi),<br />
anche se poi, in generale, la creazione del prodotto con quell’impianto dovrà patire di<br />
una minore efficienza e di un maggiore impiego di manodopera. E’ come dire che il risparmio<br />
ottenuto con il contenimento dei costi fissi verrà in qualche modo assorbito<br />
(spesso superato) dai maggiori costi variabili, in confronto alla produzione in linea: ma<br />
non tutti i prodotti sono richiesti in grande serie: come vedremo, esistono aziende che<br />
producono le grandi turbine idrauliche, i grandi motori marini, i generatori di vapore,<br />
ecc, non possono disporre di un mercato (volume di produzione) adeguato.<br />
Per le organizzazioni che operano secondo questo principio, il problema fondamentale<br />
sarà quello di aumentare la loro efficienza tendendo alla saturazione <strong>degli</strong> impianti,<br />
piuttosto che tentare (anzi si evita) di standardizzare al massimo il prodotto.<br />
1.3.2.1.3.<br />
Processo a Flusso su Progetto.<br />
Il processo produttivo su progetto è usato per produrre pezzi, macchine od impianti<br />
unici, ma riguarda anche la costruzione di opere d’arte, l’edilizia e l’industria<br />
dell’intrattenimento e del tempo libero (cinematografia, concerti, mostre, ecc.). In termini<br />
generali, non esiste un vero e proprio flusso del prodotto, tuttavia si può individuare<br />
una serie di operazioni in sequenza, tutte indirizzate al compimento <strong>degli</strong> obiettivi del<br />
progetto. Dunque, lo schema del flusso è analogo a quello di fig. 1.9, tuttavia applicato<br />
agli obiettivi piuttosto che alle operazioni, ed è rappresentato in fig. 1.10. A questo scopo,<br />
esso indica la precedenza che deve essere assicurata nel raggiungimento dei vari obiettivi.<br />
fig. 1.10. Modello di flusso nella produzione su progetto.<br />
Il problema significativo della gestione del progetto è rappresentato dalla programmazione,<br />
la definizione della sequenza ed il controllo <strong>degli</strong> obiettivi individuali che portano<br />
al completamento dell’intero progetto.<br />
- 1.48 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
E’ difficile automatizzare questo tipo di processo produttivo, poiché esso deve fornire<br />
un unico prodotto, quindi esso impiegherà attrezzature, macchine ed impianti di tipo<br />
universale, e sarà indispensabile il contributo della manodopera al compimento del progetto.<br />
Normalmente, il progetto è caratterizzato da alti costi e difficoltà nella programmazione<br />
e nel controllo, anche perché esso è difficile da definire e preventivare compiutamente<br />
fin dall’inizio e, dunque, è esposto a frequenti modifiche ed innovazioni. Tuttavia,<br />
sappiamo che questo non è certamente accaduto a Michelangelo di fronte alla sua<br />
Cappella Sistina od a Brunelleschi per la sua cupola di Santa Croce. Infatti, dobbiamo<br />
considerare che, non solo i due erano un pò sopra alla media di noi studenti di <strong>Ingegneria</strong><br />
e <strong>degli</strong> ingegneri, ma che la loro abilità era stata proprio quella di aver prima pensato<br />
ad un progetto assolutamente integrato, di aver steso un accuratissimo progetto esecutivo<br />
ed, infine, di aver curato l’approvvigionamento dei materiali e l’esecuzione dei lavori<br />
con un accanimento divenuto leggendario.<br />
tab. 1.IX. Caratteristiche dei processi.<br />
caratteristica in linea intermittente su progetto<br />
PRODOTTO<br />
tipo di ordine continuo<br />
grandi lotti<br />
lotti prodotto unico<br />
flusso di prodotto in sequenza a salti nessuno<br />
varietà di prodotto bassa alta assoluta<br />
tipo di mercato di massa personalizzato unico<br />
volume di produzione alto medio singola unità<br />
MANODOPERA<br />
qualifica bassa alta alta<br />
obiettivo ripetitivo non routinario non routinario<br />
stipendio basso alto alto<br />
CAPITALE<br />
investimento alto medio basso<br />
impiego di materiali basso alto medio<br />
impianto specifico universale universale<br />
OBIETTIVI<br />
flessibilità bassa media alta<br />
costo basso medio alto<br />
qualità costante variabile variabile<br />
tempi di consegna alti medi bassi<br />
PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO<br />
controllo prod. facile difficile difficile<br />
controllo qualità facile difficile difficile<br />
controllo materiali facile difficile difficile<br />
Ma proprio perché ci consideriamo in media un pò inferiori ai due citati, dobbiamo<br />
costruirci <strong>degli</strong> schemi che ci aiutino a dirimere i dubbi iniziali ed a caratterizzare meglio<br />
i processi. Allo scopo, in tab. 1.IX, sono distinte le caratteristiche generali dei tre<br />
modelli studiati.<br />
- 1.49 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Esempio<br />
Molti esempi possono essere tratti dall’industria edile, ed uno di essi può chiarire, se ce ne fosse<br />
la necessità, ancor meglio il problema.<br />
Prima di tutto, supponiamo di parlare della costruzione di una casa personalizzata per il compratore:<br />
il progetto può essere redatto dall’architetto come unico, oppure come rielaborazione di<br />
progetti esistenti. Poiché la costruzione della casa è personalizzata, il progetto, la programmazione<br />
delle attività, la sequenza ed il controllo delle varie attività operative costituiscono la fonte<br />
dei problemi. Il compratore è altamente coinvolto in tutte le fasi della costruzione e, talvolta, il<br />
progetto deve essere modificato in corso d’opera. <strong>La</strong> costruzione è a forte impiego di manodopera,<br />
grande spesa di tempo e, dunque, costosa.<br />
D’altra parte, l’adozione dello schema di produzione intermittente consiste nella costruzione<br />
della casa, inserita in un lotto di abitazioni. In questo caso, il compratore può solamente scegliere<br />
tra i pochi schemi standard, con poche opzioni minori: i colori, gli infissi, i pavimenti, cioè le<br />
finiture. <strong>La</strong> casa è costruita in riferimento ai disegni che sono già serviti per case identiche o<br />
molto simili. Il costruttore può comprare i materiali in lotti più grossi e può adottare una tecnologia<br />
un pò più avanzata per accelerare il lavoro. Poiché il personale è addestrato ed ha familiarità<br />
con i metodi impiegati, la struttura, salvo le finiture, può essere completata in poche settimane.<br />
Ne deriva una forte riduzione dei costi per m 2 , in confronto al caso precedente.<br />
Invece, la produzione in linea di case consiste nella prefabbricazione modulare in fabbrica. Le<br />
case sono standardizzate e prodotte a sezioni, a costo relativamente basso. L’impiego di costose<br />
opere di carpenteria, di idraulica ed elettriche è largamente evitato prevedendo alveoli tecnici<br />
nei quali vengono installati i relativi sistemi completi, già in fabbrica. Uno speciale impianto di<br />
produzione può essere previsto, per tagliare ulteriormente i costi. Dopo che sono state assemblate<br />
in una linea di montaggio, le sezioni della casa sono portate nel sito previsto e la casa può essere<br />
costruita, almeno come scheletro, in un giorno. Queste case prefabbricate sono le più a<br />
buon mercato in assoluto.<br />
Ovviamente, il costruttore deve prendere la decisione più importante: la scelta del processo produttivo<br />
da seguire. Tutti e tre gli approcci descritti possono essere adottati, ma egli deve riservare<br />
una particolare cura nel distinguere le varie attività, in quanto esse richiedono diversi costi di<br />
manodopera, materiali, gestione e capitali a seconda dello schema scelto. Certamente, se egli è<br />
in qualche modo spinto ad offrire tutti e tre i tipi di prodotto, il costruttore terrà in debito conto<br />
l’opportunità di separare l’attività produttiva in tre divisioni, ognuna delle quali seguirà un solo<br />
tipo di processo.<br />
1.3.2.2. <strong>La</strong> Classificazione per Tipo di Ordinativo.<br />
Un’altra decisione critica nella scelta del tipo di processo è se il prodotto deve essere<br />
costruito per essere messo a magazzino, oppure dietro accettazione dell’ordine di un<br />
cliente. Ognuna delle due soluzioni ha pregi e difetti: costruire per il magazzino (maketo-stock)<br />
consente un servizio al cliente veloce e di minor costo, ma gli limita le<br />
possibilità di scelta, in confronto a costruire su ordine (make-to-order).<br />
Essenzialmente, il processo make-to-order risponde alla richiesta del cliente con un<br />
prodotto. Nello stesso momento, in produzione, deve essere possibile identificare il prodotto<br />
relativo a quel particolare ordine ed a quel particolare cliente. Invece, nel processo<br />
make-to-stock, gli ordini non sono assegnati al particolare cliente durante la produzione.<br />
Quindi, si può individuare se il processo appartiene ad una od all’altra categoria, semplicemente<br />
esaminando le modalità di evasione <strong>degli</strong> ordini.<br />
- 1.50 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
1.3.2.2.1.<br />
Processo Make-to-Order.<br />
Anche se il processo è make-to-order, un ampio campo di specifiche dell’ordine può<br />
restare. In alcuni casi, non si fa nulla prima dell’arrivo dell’ordine ed il prodotto è progettato<br />
e costruito sulla base delle specifiche del cliente. In altri casi, alcuni componenti<br />
sono costruiti in anticipo (in assenza di ordine) ed, all’arrivo dell’ordine, semplicemente<br />
si assembla il prodotto per soddisfare le esigenze del cliente. In questo caso, il prodotto<br />
è praticamente standard, ma non viene inviato al magazzino, solamente consegnato.<br />
MAKE-TO-ORDER<br />
spese<br />
di trasporto<br />
acconti<br />
ricevuti<br />
spese<br />
generali<br />
controllo<br />
costi / budget<br />
costi<br />
di vendita<br />
manodopera<br />
costi standard<br />
carichi di<br />
salario operatori<br />
portafoglio<br />
ordini (e preventivi)<br />
controllo<br />
flusso materiali<br />
controllo<br />
della produzione<br />
scheduling<br />
master<br />
scheduling<br />
amministrazione<br />
lista dei<br />
materiali<br />
scheduling<br />
produzione<br />
acquisti<br />
programmazione<br />
del processo<br />
controllo<br />
della qualità<br />
fig. 1.11a. Schema di processo di produzione secondo il principio del make-to-order.<br />
Dunque, nel processo make-to-order le attività di processo sono orientate ai singoli<br />
ordini del cliente ed il ciclo di evasione dell’ordine inizia quando il cliente indica quale<br />
prodotto vuole. Sulla base dell’ordine, il produttore fissa un prezzo ed una scadenza per<br />
la consegna. All’accettazione, il prodotto segue un eventuale ciclo di progettazione ed<br />
un ciclo di produzione, secondo le specifiche ricevute. Può avvenire che le specifiche<br />
del cliente comportino l’impiego di materiali speciali o non disponibili direttamente dal<br />
produttore, nel qual caso essi devono essere indicati nell’ordine, in modo da giustificare<br />
l’inizio del ciclo di produzione solamente dopo l’arrivo dei materiali e se la saturazione<br />
della produzione lo consente. Come detto, alla fine del processo di costruzione, il prodotto<br />
viene direttamente consegnato.<br />
Lo schema dei flussi delle attività operative del modello make-to-order è indicato in<br />
fig. 1.11a.<br />
- 1.51 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
<strong>La</strong> misura chiave delle prestazioni di un processo make-to-order è rappresentata dal<br />
tempo di consegna, che, normalmente, il cliente vuole conoscere in anticipo e che deve<br />
essere compatibile con i flussi presenti o previsti all’interno del processo produttivo. Ne<br />
deriva che i tempi di consegna debbano essere determinati realisticamente e nella piena<br />
collaborazione tra marketing e produzione.<br />
1.3.2.2.2.<br />
Processo Make-to-Stock.<br />
Un’azienda che lavora secondo lo schema del make-to-stock ha problemi completamente<br />
diversi.<br />
MAKE-TO-STOCK<br />
spese<br />
di trasporto<br />
acconti<br />
ricevuti<br />
spese<br />
generali<br />
controllo<br />
costi / budget<br />
costi<br />
di vendita<br />
manodopera<br />
costi standard<br />
carichi di<br />
salario operatori<br />
portafoglio<br />
ordini<br />
per il magazzino<br />
controllo<br />
flusso materiali<br />
controllo<br />
della produzione<br />
scheduling<br />
master<br />
lista dei<br />
materiali<br />
scheduling<br />
produzione<br />
acquisti<br />
programmazione<br />
del processo<br />
controllo<br />
della qualità<br />
fig. 1.11b. Schema di processo di produzione secondo il principio del make-to-stock.<br />
Prima di tutto, essa ha una linea di prodotto standardizzata. L’obiettivo della disponibilità<br />
del prodotto è di fornire al cliente i prodotti standard che sono a magazzino, con<br />
un livello di servizio soddisfacente, ad esempio il 95% <strong>degli</strong> ordini siano evasi prendendo<br />
il prodotto dal magazzino. Per arrivare a questo risultato, l’azienda deve produrre in<br />
anticipo sulla domanda, quindi il magazzino deve far fronte all’incertezza della doman-<br />
- 1.52 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
da, ma, anche e possibilmente, regolarizzare il flusso in produzione. Perciò, la previsione<br />
della domanda, la gestione del magazzino e la pianificazione della produzione diventano<br />
essenziali per un’organizzazione che lavori secondo il principio del make-to-stock.<br />
In produzione, pochissime attività sono orientate agli ordinativi dei clienti, piuttosto<br />
l’obiettivo è la giusta gestione del magazzino. Ad eccezione dei ritorni di prodotto, in<br />
teoria sarebbe impossibile identificare il legame tra prodotto e cliente. In realtà questa<br />
identificazione è richiesta proprio dalle regole della gestione e della garanzia della<br />
qualità, anzi, come vedremo, saranno le norme internazionali sul commercio ad imporre<br />
la garanzia dei livelli della qualità.<br />
Il ciclo di produzione secondo lo schema make-to-stock inizia quando il produttore,<br />
non il cliente, specifica il prodotto da costruire. Il cliente prenderà il prodotto dal magazzino<br />
se il prezzo è accettabile, la qualità è buona ed il prodotto è pronto, altrimenti<br />
l’ordine viene ritirato. In maniera ragionevolmente indipendente dal flusso reale <strong>degli</strong><br />
ordini, il processo produttivo tende a saturare il magazzino. In qualche particolare momento<br />
si potrà verificare una certa correlazione tra ordinativi e produzione, ma, in generale<br />
la produzione lavora per gli ordini futuri, non per quelli correnti. <strong>La</strong> separazione tra<br />
il ciclo <strong>degli</strong> ordini e quello della produzione è rappresentato in fig. 1.11b. Invece, in<br />
fig. 1.11a si osserva che un tale fenomeno non si verifica nel processo make-to-order,<br />
poiché, in quel caso, il ciclo produttivo parte quando si riceve l’ordine.<br />
Nella situazione make-to-stock, le misure chiave della prestazione del processo produttivo<br />
sono i parametri di produzione (flusso dei materiali e quantità prodotta) ed il<br />
servizio al cliente. Esse comprendono la rotazione dei materiali, il grado di utilizzazione<br />
della capacità produttiva, l’impiego di straordinari e la frazione di ordini evasi direttamente<br />
da magazzino. L’obiettivo della produzione è di raggiungere il voluto servizio al<br />
cliente al minimo costo.<br />
tab. 1.X. Confronto tra processo make-to-stock e make-to-order.<br />
Caratteristiche make-to-stock make-to-order<br />
PRODOTTO<br />
specificato dal costruttore specificato dal cliente<br />
bassa gamma alta varietà<br />
non costoso costoso<br />
OBIETTIVI<br />
bilanciamento del magazzino tempi di consegna<br />
quantità prodotta/capacità<br />
produttiva<br />
capacità produttiva<br />
PRINCIPALI PROBLEMI previsione ordinativi tempi di consegna pro-<br />
PRODUZIONE<br />
messi<br />
programmazione della produzione<br />
controllo del magazzino<br />
tempi di consegna reali<br />
1.3.2.2.3. Confronto tra Make-to-Order e Make-to-Stock.<br />
In definitiva, il processo make-to-order è orientato ad ottimizzare i tempi di consegna<br />
ed il flusso <strong>degli</strong> ordinativi, cioè il processo produttivo deve essere flessibile in modo da<br />
soddisfare gli ordini del cliente. Invece, il processo make-to-stock tende alla saturazione<br />
del magazzino e massimizza l’efficienza della produzione attraverso la costruzione di<br />
- 1.53 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
soli prodotti standard. <strong>La</strong> differenza tra le due situazioni è meglio rappresentata in tab.<br />
1.X.<br />
Esempio<br />
Esempi classici di make-to-stock e di make-to-order sono la catena di fast-food McDonald e<br />
quella Burger-King.<br />
Gli hamburger della McDonald sono, in molti casi, prodotti secondo il make-to-stock, cioè,<br />
quando la domanda è stabile, la McDonald produce per la vetrina i vari tipi di hamburger. In<br />
questo modo, il processo produttivo tende a prevedere la domanda ed a produrre per il magazzino<br />
(vetrina).<br />
Invece, per la Burger-King lo slogan è ordinalo come lo vuoi. I clienti possono specificare gli<br />
ingredienti con i quali vogliono sia fatto l’hamburger e quelli che non vogliono. In questo caso,<br />
l’ordinativo non può essere esattamente previsto e messo nello stock e la misura della prestazione<br />
del servizio si sposta sul tempo di attesa del cliente: la Burger-King lavora secondo lo schema<br />
make-to-order.<br />
1.3.3.<br />
<strong>Impianti</strong> di Servizio.<br />
Come detto, si tratta <strong>degli</strong> impianti complementari inseriti negli impianti industriali,<br />
ma non direttamente partecipanti alla produzione, invece finalizzati ad uno dei seguenti<br />
scopi:<br />
• alimentazione di energia termica ed elettrica agli impianti tecnologici;<br />
• alimentazione e scarico di materiali solidi e di fluidi vari;<br />
• realizzazione di condizioni ambientali idonee alla produzione o conservazione dei<br />
beni e ad assicurare il benessere fisiologico dei lavoratori;<br />
• realizzazione di condizioni di igiene e sicurezza, sia all’interno dell’impianto, sia<br />
nei confronti dell’ambiente esterno.<br />
Gli impianti di servizio sono presenti in tutti gli ambienti industriali e la loro concezione<br />
e struttura sono del tutto generali ed indipendenti dalla particolare tecnologia produttiva<br />
presente. Come mostrato in fig. 1.12, essi possono essere classificati sotto tre<br />
aspetti:<br />
• l’entità servita, in quanto si distinguono gli impianti di servizio per i mezzi produttivi,<br />
da quelli destinati alle persone;<br />
• il tipo di servizio, in quanto si possono distinguere gli impianti di servizio di alimentazione<br />
o centrifughi da quelli di scarico o centripeti: nei primi il servizio<br />
prodotto da un’unità centrale viene distribuito ai punti di utilizzazione (ad esempio<br />
l’energia elettrica, l’acqua industriale, il vapore, ecc.); nei secondi l’oggetto<br />
del servizio viene raccolto dalle utenze e convogliato ad un centro di raccolta (ad<br />
esempio gli effluenti liquidi);<br />
• la funzione svolta, in quanto gli impianti di servizio possono essere distinti in:<br />
- servizi per la produzione e la distribuzione dell’energia (elettrica, pneumatica,<br />
termica, ecc.),<br />
- servizi di controllo delle condizioni ambientali di lavoro (riscaldamento, condizionamento,<br />
illuminazione, ecc.),<br />
- servizio di trasporto di materiali solidi e fluidi,<br />
- 1.54 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
- servizi di interazione impianto – ambiente esterno (trattamento di effluenti, approvvigionamento<br />
e trattamento di acqua industriale, ecc.)<br />
CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI DI<br />
SERVIZIO<br />
a entità servita mezzi produttivi<br />
persone addette<br />
b tipo di servizio di alimentazione o centrifugo<br />
di scarico o centripeto<br />
produzione e distribuzione di energia<br />
c funzione svolta controllo condizioni ambiente di lavoro<br />
fig. 1.12. Classificazione <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> di Servizio<br />
trasporto di materiali solidi e liquidi<br />
interazione impianto - ambiente esterno<br />
- 1.55 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1.4.<br />
LO STUDIO DI FATTIBILITA’<br />
<strong>La</strong> pianificazione <strong>degli</strong> impianti industriali si articola nelle seguenti parti (fig. 1.13):<br />
• adozione dei criteri di scelta dell’impianto (studio di fattibilità). Lo studio di fattibilità,<br />
cioè la scelta di una nuova unità operativa, si compone delle seguenti fasi:<br />
a) scelta (tramite ricerca di mercato) e studio del prodotto P (product design);<br />
b) scelta del ciclo produttivo C e definizione qualitativa del diagramma di lavorazione<br />
(process design);<br />
c) definizione dei servizi S (impianti ausiliari) necessari al funzionamento<br />
dell’impianto di produzione;<br />
d) scelta della potenzialità produttiva Q ottimale sulla base del confronto costi previsti<br />
di produzione/prezzi di vendita e valutazione della redditività economica<br />
dell’investimento impiantistico in oggetto.<br />
In genere, la fase a) è affidata da un lato ad un gruppo di economisti esperti di ricerche<br />
di mercato e dall’altro ad un gruppo di tecnici progettisti. <strong>La</strong> fase b) è affidata<br />
ad uno o più esperti di tecnologie industriali. Invece, le fasi c) e d) sono più<br />
propriamente di competenza <strong>degli</strong> esperti impiantisti, cui è affidato il progetto<br />
dell’intero impianto di produzione.<br />
P, Pv<br />
P, C<br />
P, Pv,<br />
C, S<br />
a)<br />
b)<br />
c)<br />
d)<br />
STUDIO DI FATTIBILITA'<br />
STUDIO DEL PRODOTTO<br />
STUDIO DEL PROCESSO<br />
STUDIO DEI SERVIZI<br />
STUDIO ECONOMICO<br />
DELL'INIZIATIVA<br />
S<br />
ANALISI<br />
DI MERCATO<br />
P, Pv<br />
TIPO DI PRODOTTO<br />
PREZZO DI VENDITA<br />
C<br />
Q<br />
CICLO DI LAVORAZIONE<br />
COMPLESSO DEI SERVIZI<br />
NECESSARI ALLA PRODUZIONE<br />
POTENZIALITA' PRODUTTIVA<br />
DEL NUOVO IMPIANTO<br />
PROGETTAZIONE COMPLETA<br />
REALIZZAZIONE DEL PROGETTO<br />
fig. 1.13. Schema della realizzazione di un impianto di produzione ed esplosione della<br />
fase dello Studio di Fattibilità.<br />
• progettazione completa dell’impianto. Noti P, C, S e Q dallo studio di fattibilità<br />
ed avuta una risposta positiva sulla validità economica dell’iniziativa, si passa alla<br />
progettazione ed alla realizzazione della nuova unità produttiva, che si articola<br />
nelle seguenti fasi:<br />
- 1.56 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
a) scelta dell’ubicazione;<br />
b) studio della disposizione planimetrica dell’impianto, cioè del layout generale,<br />
che a sua volta comprende:<br />
• la definizione del ciclo di lavorazione, con la stesura dei diagrammi tecnologici<br />
quantitativi e dei diagrammi di flusso dei materiali;<br />
• l’analisi dei rapporti tra le attività di servizio e relativo diagramma;<br />
• scelta del tipo e numero delle macchine, attrezzature ed apparecchiature<br />
di produzione;<br />
• definizione delle esigenze di spazio e confronto con le disponibilità;<br />
• stesura ed analisi del diagramma delle relazioni tra gli spazi ed utilizzazione<br />
in parallelo di modelli analitici e numerici per la simulazione del<br />
layout;<br />
• considerazioni di modifica e considerazioni pratiche;<br />
• formulazione di alternative di layout, anche con l’ausilio di programmi di<br />
calcolo e criteri di scelta del layout ottimale;<br />
c) progetto del layout dettagliato;<br />
d) progettazione esecutiva.<br />
• realizzazione del progetto. Essa comprende:<br />
a) tempi e metodi di realizzazione ed installazione dell’impianto, con applicazione<br />
di tecniche reticolari,<br />
b) sviluppo e controllo delle fasi di realizzazione.<br />
1.4.1.<br />
Lo Studio del Mercato.<br />
<strong>La</strong> ricerca di mercato viene eseguita nell’ambito dello studio di fattibilità di una nuova<br />
unità produttiva per ricavare elementi utili ai fini di:<br />
• prevedere, sulla base della valutazione dei fenomeni di mercato, l’entità della domanda<br />
dei beni che l’azienda intenderà produrre e la sua variazione nel tempo (analisi<br />
della domanda di mercato);<br />
• determinare, sulla base delle iniziative che l’azienda può autonomamente assumere,<br />
la quota della domanda di mercato che l’azienda può assicurarsi, cioè il volume<br />
delle vendite aziendali (processo di formazione del prezzo di vendita).<br />
Il mercato è l’insieme dei venditori e dei potenziali acquirenti, il cui comportamento<br />
si riflette sulla domanda del prodotto offerto dall’impresa. <strong>La</strong> definizione di<br />
mercato di un prodotto rappresenta sempre un’operazione arbitraria per le incertezze sia<br />
di natura geografica, sia merceologica. Allargando il territorio in cui operano venditori<br />
ed acquirenti, possono cambiare le caratteristiche del mercato di un certo prodotto. Così,<br />
si possono avere sulla domanda di beni di consumo immediato (ad esempio prodotti tessili)<br />
riflessi di variazione del mercato esercitati dall’offerta di beni di consumo durevoli<br />
(ad esempio elettrodomestici), o anche solo da innovazioni nei sistemi di vendita (ad esempio,<br />
a rate).<br />
1.4.1.1. Rischi Assunti dall’Impresa e Loro Copertura<br />
Per l’impresa, i rischi nascono perché non è possibile negoziare contemporaneamente<br />
la vendita delle merci e l’acquisto di tutti i fattori occorrenti per produrle, compreso<br />
l’impianto. Si hanno rischi di mercato quando si fanno investimenti per l’acquisto di<br />
- 1.57 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
determinati fattori di produzione (o magari dell’intero impianto), si produce un certo<br />
prodotto, ma non esiste la certezza per quanto riguarda la vendita di quel prodotto ed i<br />
ricavi conseguibili. Si hanno rischi di esercizio quando si vende un prodotto non ancora<br />
costruito e non c’è certezza per quanto riguarda la praticabilità dei prezzi di acquisto dei<br />
fattori di produzione occorrenti ed il livello di produttività raggiungibile dall’impresa.<br />
Pertanto, l’investimento in un nuovo impianto comporta sempre rischi di mercato,<br />
ma investimenti in altri fattori di produzione (materie prime, ecc.) comportano rischi di<br />
mercato nel caso di produzione a magazzino, e rischi di esercizio nel caso di produzione<br />
su commessa. Infatti, la produzione a magazzino si ha quando la vendita dei prodotti è<br />
effettuata dopo che i processi di produzione sono giunti a termine, mentre la produzione<br />
su commessa si ha quando la vendita è effettuata prima che sia iniziato il processo produttivo.<br />
Ovviamente, esistono tutti i casi intermedi di produzione in parte per il magazzino<br />
ed in parte su commessa, con corrispondenti rischi di mercato e di esercizio.<br />
Dai rischi di mercato l’azienda può coprirsi ottenendo dalle imprese di distribuzione<br />
l’impegno di assorbire il prodotto a condizioni prefissate. Invece, dai rischi di esercizio<br />
l’azienda può garantirsi con clausole di revisione del prezzo di vendita in modo da proporzionare<br />
il futuro ricavo all’andamento dei costi, oppure con acquisti a consegna differita<br />
e prezzo bloccato dei fattori occorrenti all’esecuzione del processo, ma tale ultima<br />
copertura è difficile da ottenere.<br />
Un’importante forma di copertura dai rischi considerati è costituita dall’esecuzione<br />
di efficienti ricerche di mercato con riferimento sia ai fattori di produzione, sia soprattutto<br />
ai prodotti da collocare sul mercato. L’obiettivo finale delle ricerche di mercato è<br />
comunque quello di fornire la previsione delle vendite dei prodotti.<br />
Tale volume delle vendite aziendali dipende da due elementi principali:<br />
1. fenomeni di mercato (reddito delle comunità e sua distribuzione, livello di occupazione,<br />
preferenze e mode, azione dello Stato, ecc.);<br />
2. iniziative dell’impresa (variazioni di prezzo, pubblicità, variazioni delle condizioni<br />
di vendita, ecc.).<br />
In pratica possiamo distinguere una domanda di mercato del prodotto che, a parità<br />
di condizioni di offerta dell’impresa, varierà in dipendenza dei fenomeni di mercato.<br />
Corrispondentemente, possiamo distinguere un volume delle vendite aziendali che, posto<br />
un certo andamento della domanda, varia in funzione delle scelte e iniziative<br />
dell’azienda. Perciò, la previsione delle vendite aziendali si articola in due fasi distinte:<br />
a) valutazione dei fenomeni di mercato in base a cui ipotizzare il futuro andamento<br />
della domanda, a parità di condizioni a cui l’azienda offre il prodotto (analisi della<br />
domanda);<br />
b) valutazione della quota di tale domanda che l’azienda, in varie ipotesi, può soddisfare,<br />
manovrando gli strumenti di cui dispone (processo di formazione del prezzo).<br />
Tale seconda fase consiste nella valutazione comparata <strong>degli</strong> effetti economici<br />
prevedibili a partire da diverse iniziative (ad esempio sul prezzo), che possono essere<br />
assunte dall’impresa per collocare le merci prodotte.<br />
Indicando con D la domanda di mercato di un certo prodotto, con V il volume delle<br />
vendite aziendali, con Fi i fenomeni di mercato e con Ik le iniziative dell’impresa, si può<br />
scrivere simbolicamente:<br />
D = f(Fi, Ik) V = φ(Fi, Ik)<br />
Schematicamente si può dire che nella fase a) di analisi della domanda si cerca di conoscere<br />
la funzione D = f(Fi), con Ik costanti. Invece, nella fase b) di formazione del<br />
- 1.58 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
prezzo si cerca di conoscere la funzione V = φ(Ik), con Fi costanti ed assegnato il valore<br />
della domanda.<br />
Le previsioni che si fanno nell’ambito delle ricerche di mercato possono esere di<br />
lungo, medio e breve periodo.<br />
PREVISIONI DELLA<br />
DOMANDA DI MERCATO<br />
A BREVE TERMINE<br />
(DI ESERCIZIO)<br />
qualche mese<br />
A MEDIO TERMINE<br />
da 1 a pochi anni<br />
A LUNGO TERMINE<br />
(DI IMPIANTO)<br />
10 - 15 anni<br />
per<br />
PROGRAMMI DI<br />
PRODUZIONE<br />
DA IMPIANTO FUNZIONANTE<br />
durata mensile, trimestrale, ecc.<br />
LANCIO DI<br />
NUOVI PRODOTTI<br />
DA IMPIANTI ESISTENTI<br />
O MODIFICATI<br />
COSTRUZIONE DI<br />
NUOVI IMPIANTI<br />
analisi di:<br />
componente congiunturale<br />
componente stagionale<br />
componente di trend<br />
componente congiunturale<br />
possibili innovazioni tecnologiche<br />
componente di trend<br />
fig. 1.14. Quadro riepilogativo delle previsioni della domanda di mercato.<br />
Le previsioni di medio e breve periodo, oltre all’analisi della domanda, debbono<br />
comprendere anche la definizione del volume delle vendite aziendali, attraverso il processo<br />
di formazione del prezzo. Ad esempio, per periodi brevi (limitati al tempo necessario<br />
all’esecuzione di un certo programma di produzione ed al collocamento dei prodotti)<br />
ad impianto funzionante è possibile valutare le situazioni di mercato in cui si collocano<br />
le iniziative aziendali nel campo dei prezzi, delle condizioni di vendita, di assistenza<br />
ai clienti, ecc. In questo caso si fanno previsioni per l’esercizio, come mostrato<br />
nel quadro riepilogativo di fig. 1.14. Invece, le previsioni di lungo periodo si limitano<br />
all’analisi della domanda di mercato, come ad esempio in occasione della costruzione di<br />
un nuovo impianto: si conducono previsioni per l’impianto.<br />
1.4.1.2. Individuazione del Prezzo di Vendita e del Volume delle Vendite Aziendali.<br />
Come detto, l’individuazione del prezzo di vendita e del volume delle vendite aziendali<br />
comprende l’analisi delle iniziative che l’azienda od i suoi concorrenti possono assumere<br />
per assicurarsi la quota più ampia e stabile possibile della domanda, individuata<br />
con i metodi del marketing. Le iniziative dell’azienda possono riguardare:<br />
a) l’aspetto economico, attraverso il processo di formazione del prezzo;<br />
b) l’aspetto tecnico, attraverso l’individuazione dei settori di domanda poco coperti<br />
dell’offerta di mercato.<br />
<strong>La</strong> legge della domanda e dell’offerta ha il seguente enunciato: in generale, la domanda<br />
D di un certo bene varia inversamente al suo prezzo P, mentre la sua offerta S<br />
ne varia in ragione diretta, come si vede in fig. 1.15. Infatti, la domanda D cresce al<br />
diminuire del prezzo P del prodotto perché più consumatori sono indotti a comprare per<br />
il basso prezzo del prodotto. Invece, l’offerta S cresce al crescere del prezzo P perché<br />
più produttori sono indotti a produrre quel prodotto, che si vende a prezzo elevato.<br />
- 1.59 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
In sintesi, le curve della domanda esprimono le attitudini dei consumatori, cioè quanto<br />
essi sono disposti a pagare per differenti quantità del bene in questione; invece, le<br />
curve dell’offerta esprimono le possibilità dei produttori, cioè quanto essi possono produrre<br />
con profitto a diversi prezzi. <strong>La</strong> conoscenza delle curve della domanda e<br />
dell’offerta di un certo prodotto permette di determinare il prezzo e la quantità di equilibrio<br />
(punto E).<br />
PREZZO [$/Mg]<br />
45<br />
40<br />
35<br />
30<br />
25<br />
P0<br />
P1<br />
SE = DE<br />
OFFERTA<br />
DOMANDA<br />
20<br />
D0 S1 D1 S0<br />
2500 3000 3500 4000 4500 5000<br />
6<br />
LIVELLO DI CONSUMO, VOLUME DI PRODUZIONE[10<br />
Mg/y]<br />
5500<br />
fig. 1.15. Curve della Domanda e dell’Offerta del mercato concorrenziale del Carbone<br />
nel mondo (2002).<br />
A commento della fig. 1.15, si può dire che il prezzo P0 non può rappresentare un<br />
prezzo di equilibrio, poiché si troverà sempre un produttore disposto ad abbassare il<br />
prezzo pur di liberarsi della produzione in eccesso, in altre parole, in presenza di un eccesso<br />
di offerta pari ad (S0 – D0), il prezzo tende a diminuire. Anche il prezzo P1 non<br />
può essere considerato di equilibrio, poiché ci sarà sempre un produttore che, in presenza<br />
di un eccesso di domanda (D1 – S1), alzerà il prezzo per aumentare i propri guadagni<br />
e conseguentemente il prezzo del prodotto sul mercato tenderà a salire.<br />
1.4.1.2.1.<br />
Variazioni delle Condizioni dell’Offerta<br />
Con l’analisi precedente si è spiegato come si determina il prezzo di equilibrio di un<br />
bene, tuttavia, bisogna distinguere tra:<br />
• prezzo attuale,<br />
• prezzo di equilibrio di breve periodo,<br />
• prezzo di equilibrio di lungo periodo, o prezzo stabilizzato 10.<br />
Il prezzo attuale è sempre un prezzo di transizione tra il valore storico di ieri verso<br />
l’equilibrio di oggi. Se le condizioni di offerta e di domanda di un bene non subissero<br />
mutamenti per un certo periodo di tempo, ciò significherebbe che il prezzo ha raggiunto<br />
il valore di equilibrio. Ma è un dato di fatto che tali condizioni variano continuamente e<br />
10 R. Dorfman, Prezzi e Mercati, Il Mulino, 1968<br />
- 1.60 -<br />
E<br />
PE
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
che, perciò, anche i prezzi e le quantità di equilibrio sono soggette a continue variazioni.<br />
Poiché le condizioni di offerta sono tutte le circostanze che influenzano l’offerta del bene,<br />
ad eccezione del suo prezzo, ogni volta si verifica un mutamento in una o più di<br />
queste circostanze, anche la curva di offerta si muove verso un’altra posizione.<br />
Sono molti i fattori che variano l’offerta. Ad esempio, l’offerta di un bene manufatto<br />
si sposta ogniqualvolta i costi dei fattori produttivi, un’invenzione od i progressi tecnologici,<br />
fanno variare il suo costo di produzione. Tuttavia, sono i prezzi delle materie<br />
prime, della manodopera e di tutti i fattori di produzione di quel bene ad influenzare più<br />
spesso la posizione della curva di offerta. Perciò, ad esempio al variare del salario dei<br />
minatori, varia anche il costo di produzione dei prodotti che hanno il carbone tra i propri<br />
fattori produttivi. Così, a ciascun prezzo del carbone, varia la quantità che risulta conveniente<br />
produrre dei beni che utilizzano carbone, cioè la curva dell’offerta si sposta di<br />
conseguenza, come mostrato in fig. 1.16a.<br />
Esempio<br />
Supponiamo che i salari nelle miniere di carbone aumentino di 3.0€/h e che ogni minatore ne<br />
estragga in media 2Mg/h. In seguito a questa variazione salariale, il costo di produzione aumenterà<br />
di 1.5€/Mg. L’effetto sulla curva di offerta è mostrato in fig. 1.16a.<br />
Al prezzo di 28.5€/Mg, era conveniente, prima che i salari aumentassero, tenere aperte le miniere<br />
capaci di produrre complessivamente 4000·10 6 Mg/y. Dopo la variazione salariale,<br />
l’estrazione di ogni Mg costa 1.5€ in più. Perciò, la produzione di quelle stesse miniere sarà<br />
conveniente solo se il prezzo del carbone sale a 30.0€, od oltre, in modo che, sulla nuova curva<br />
dell’offerta, al prezzo di 30.0€/Mg, corrisponda ancora una produzione annua di 4000·10 6 Mg/y.<br />
Dopo l’aumento salariale, a ciascun prezzo del carbone corrisponde un volume di produzione<br />
pari a quello corrispondente, prima dell’aumento, ma ad un prezzo di 1.5€/Mg superiore, come è<br />
mostrato in fig. 1.16a, dove la nuova curva dell’offerta è tracciata insieme alla vecchia.<br />
Come conseguenza di nuovi costi, si ha una nuova curva dell’offerta ed un nuovo prezzo di equilibrio,<br />
anche se il processo di adattamento alle nuove condizioni richiede tempo. Al nuovo<br />
punto di equilibrio, situato in alto ed a sinistra del vecchio, corrisponde il prezzo di 29.1€/Mg ed<br />
una produzione di 3900·10 6 Mg/y. Infatti, la reazione dell’industria del carbone nel suo complesso<br />
al nuovo livello salariale può essere varia, anche se tutte le reazioni conducono alla fine alla<br />
stessa posizione di equilibrio. Supponiamo che gli industriali del settore carbonifero cerchino di<br />
trasferire al mercato l’intero aumento dei costi di produzione.<br />
Se l’industria, prima dell’aumento dei salari, era in equilibrio al prezzo di 28.5€/Mg, al nuovo<br />
prezzo imposto di 30.0€/Mg, l’offerta è di 4000·10 6 Mg/y, ma la curva della domanda non è<br />
cambiata e perciò, a quel prezzo, si chiedono solamente 3750·10 6 Mg/y. Dato che la produzione<br />
eccede la domanda, alcune imprese del settore sono disposte a vendere, ancora con profitto, ad<br />
un prezzo inferiore a 30.0€/Mg. Quindi, il prezzo scende fino a quando, a 29.1€/Mg, la quantità<br />
richiesta aumenta, portandosi a 3900·10 6 Mg/y, e la quantità offerta si riduce, fino ad arrivare allo<br />
stesso punto. Solo a quel prezzo, la quantità che i produttori offrono è uguale alla quantità che<br />
i compratori sono disposti ad acquistare.<br />
In definitiva, un aumento di costo di produzione ha un duplice effetto: diminuisce la quantità di<br />
equilibrio per un ammontare di 100·10 6 Mg/y e fa aumentare il prezzo di equilibrio di 0.6€/Mg.<br />
Questo secondo effetto è particolarmente rilevante: l’incremento del costo di produzione è<br />
stato ripartito tra i produttori ed i consumatori. Infatti, il prezzo unitario è aumentato sostanzialmente<br />
meno del costo unitario.<br />
- 1.61 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
PREZZO<br />
45<br />
40<br />
35<br />
30<br />
25<br />
PREZZO<br />
45<br />
40<br />
35<br />
30<br />
[$/Mg]<br />
28.5<br />
OFFERTA<br />
prima dell'aumento dei costi<br />
[$/Mg]<br />
29.1<br />
30.0<br />
3750<br />
3900<br />
OFFERTA<br />
dopo l'aumento dei costi<br />
4000<br />
DOMANDA<br />
20<br />
3000 3500<br />
4000<br />
4500 5000<br />
6<br />
LIVELLO DI CONSUMO, VOLUME DI PRODUZIONE[10<br />
Mg/y]<br />
DOMANDA<br />
in condizioni più favorevoli<br />
25<br />
20<br />
OFFERTA<br />
DOMANDA<br />
in condizioni meno favorevoli<br />
3000 3500 4000 4500 5000<br />
6<br />
LIVELLO DI CONSUMO, VOLUME DI PRODUZIONE[10<br />
Mg/y]<br />
fig. 1.16. Effetto della variazione del prezzo del carbone sulla: a) curva di offerta di<br />
un bene; b) curva della domanda.<br />
1.4.1.2.2.<br />
Variazione delle Condizioni della Domanda.<br />
<strong>La</strong> quantità domandata di un bene da parte dei suoi consumatori dipende da molti altri<br />
fattori, oltre al suo prezzo, tra i quali i gusti, la moda del momento, i prezzi <strong>degli</strong> altri<br />
beni utilizzabili per scopi simili, i prezzi dei prodotti che usano quel bene come materia<br />
prima, il reddito <strong>degli</strong> acquirenti. Tutti questi fattori contribuiscono a formare la curva<br />
della domanda e, quando uno di essi varia, la stessa curva subisce un’alterazione. <strong>La</strong><br />
curva della domanda può spostarsi allo stesso modo di quella dell’offerta e l’analisi<br />
dell’effetto di un tale spostamento sull’equilibrio offerta – domanda di un bene è parallela.<br />
Ad esempio, la quantità di carbone domandata a ciascun prezzo cade se il prezzo di<br />
un bene sostitutivo, ad esempio il gas naturale, diminuisce. L’effetto di una tale variazione<br />
risulta in fig. 1.16b: la somiglianza tra questa e la fig. 1.16a indica che l’analisi<br />
segue esattamente le linee ivi espresse. Possiamo allora concludere che: una diminuzione<br />
della quantità domandata di un bene può essere rappresentata da uno spostamento<br />
- 1.62 -<br />
a<br />
b
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
verso il basso della curva, che provoca una diminuzione sia del prezzo, sia del livello di<br />
equilibrio delle vendite.<br />
Comunque, questa conclusione è soggetta all’importante riserva che la più frequente<br />
e prevalente causa <strong>degli</strong> spostamenti della curva della domanda è costituita dalle variazioni<br />
di reddito dei consumatori e, quando il reddito dei consumatori varia, le loro curve<br />
della domanda si spostano per quasi tutti i beni acquistati. Allora, l’effetto delle variazioni<br />
di reddito sul prezzo e sulle quantità di equilibrio di un singolo bene non può essere<br />
analizzato solo in base alle osservazioni delle curve di offerta e di domanda di quel<br />
bene e bisogna considerare molti altri elementi. Inoltre, un’analisi molto più estesa ed<br />
elaborata di quella qui rappresentata è necessaria per esaminare quelle variazioni che interessano<br />
contemporaneamente più mercati.<br />
Ad un incremento ∆P del prezzo corrisponde un decremento ∆D della domanda ed un<br />
incremento ∆S dell’offerta. Si definisce elasticità della domanda la quantità:<br />
η =<br />
−<br />
∆D<br />
D<br />
∆P<br />
P<br />
e, se di indica con D = f(P) la funzione di domanda e si assume ∆P tendente a zero:<br />
η =<br />
−f<br />
'(<br />
P)<br />
⋅<br />
P<br />
D<br />
Analogamente, si definisce elasticità dell’offerta la:<br />
ε =<br />
∆S<br />
S<br />
∆P<br />
P<br />
e, se di indica con S = φ(P) la funzione di offerta ed, ancora, si assume ∆P tendente a zero:<br />
ε = −ϕ'(<br />
P)<br />
⋅<br />
P<br />
S<br />
<strong>La</strong> spesa globale G della popolazione nell’acquisto di un prodotto di prezzo P e domanda D vale:<br />
G = P ⋅ D<br />
e, per vedere come influisce sul valore della spesa globale G una variazione del prezzo P, si<br />
considera la:<br />
dG<br />
dP<br />
d(<br />
P ⋅ D)<br />
d<br />
= =<br />
dP<br />
[ P ⋅ f ( P)<br />
]<br />
dP<br />
=<br />
f ( P)<br />
+ P ⋅ f '(<br />
P)<br />
=<br />
f ( P)<br />
− D ⋅ η = f ( P)<br />
⋅ ( 1−<br />
η)<br />
= D ⋅ ( 1−<br />
η)<br />
la quale, se η = 1, mostra che la spesa globale è indipendente dalla variazione di prezzo, mentre,<br />
se η > 1, la derivata è negativa, e quindi un aumento del prezzo provoca una caduta della spesa<br />
globale. Invece, se η < 1, il valore della spesa globale aumenta all’aumentare del prezzo.<br />
Specialmente in condizioni di monopolio, la conoscenza di η permette di valutare le ripercussioni<br />
della politica aziendale sul volume delle vendite.<br />
In generale η varia lungo la curva di domanda ed ε lungo quella di offerta, cioè:<br />
η =<br />
η(<br />
D)<br />
ed ε = ε(<br />
S)<br />
- 1.63 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1.4.1.2.3.<br />
<strong>La</strong> Variabile Tempo.<br />
Come è stato detto, gli adattamenti del mercato alle variazioni dei prezzi richiedono<br />
tempo. Nella discussione sul mercato del carbone abbiamo notato che gli industriali del<br />
settore possono variare piuttosto rapidamente la produzione del minerale, mentre per la<br />
maggior parte dei consumatori a livello industriale l’unica scelta è di continuare ad utilizzare<br />
questa materia prima nella quantità abituale, fino al momento di cambiare gli<br />
impianti. Anche in altri mercati la velocità con cui produttori e consumatori possono reagire<br />
a variazioni dei prezzi non è la stessa ed, abbastanza chiaramente, la prontezza<br />
delle reazioni è strettamente legata al comportamento del mercato.<br />
Ad esempio, l’agricoltore non può conoscere al tempo della semina il prezzo ad oggi<br />
del raccolto ed egli basa la sua scelta sul prezzo del raccolto della stagione passata, correndo<br />
in questo modo i già citati rischi di mercato. Così, se le condizioni della domanda<br />
restano stabili, il prezzo di una stagione determina la quantità da produrre nella prossima.<br />
Il diagramma di un tale mercato è rappresentato in fig. 1.17, che si riferisce al cavolfiore<br />
e al mercato nazionale.<br />
600<br />
550<br />
500<br />
450<br />
PREZZO<br />
485<br />
[€/Mg]<br />
565<br />
530<br />
465<br />
di breve periodo<br />
2 3 1<br />
DOMANDA<br />
30 35<br />
40<br />
LIVELLO DI CONSUMO, VOLUME DI PRODUZIONE<br />
E<br />
OFFERTA<br />
di lungo periodo<br />
465<br />
485<br />
3<br />
[10 Mg/y]<br />
fig. 1.17. Andamento dei prezzi di cavolfiore in funzione del tempo, in assenza di fenomeni<br />
perturbatori (2003).<br />
L’interpretazione della curva della domanda è che, al prezzo di 565€/Mg, al mercato<br />
sono consumate 40·10 3 Mg/y. <strong>La</strong> curva dell’offerta implica una differenza tra le reazioni<br />
<strong>degli</strong> agricoltori ai prezzi della stagione presente, in confronto alle reazioni <strong>degli</strong> stessi<br />
alla stagione prossima. Cioè, se il raccolto della stagione presente è offerto a 565€/Mg,<br />
ma quello necessario per ottenere la vendita di tutto il prodotto deve ridursi a 465€/Mg,<br />
gli agricoltori possono decidere di programmare la stagione prossima per 31.5·10 3 Mg,<br />
in quanto nella stagione presente esiste un eccesso di offerta. In pratica si può individuare<br />
la sequenza di decisioni:<br />
anno 1. il prezzo di offerta sia di 565€/Mg, ma quello spuntato è di 465€/Mg, quindi<br />
il raccolto programmato per l’anno 2 è di 31.5·10 3 Mg;<br />
anno 2. Le forze della domanda e dell’offerta sono in atto, tuttavia la curva ordinaria<br />
dell’offerta non può entrare in gioco, in quanto essa rappresenta le reazioni i cui<br />
effetti si fanno sentire solo nell’anno successivo. In quest’anno, l’offerta è fissa e<br />
- 1.64 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
pari a 31.5·10 3 Mg ed il prezzo è tale da spingere i consumatori ad acquistare proprio<br />
la quantità disponibile. Di conseguenza, la curva di offerta effettiva è la verticale<br />
tratteggiata, per la quale il prezzo di equilibrio è 530€/Mg, prezzo al quale<br />
tutta la produzione è acquistata;<br />
anno 3. A questo punto entra in gioco la curva dell’offerta tradizionale. Il prezzo di<br />
530€/Mg induce una semina che, nell’anno 3 dà un raccolto di 38Mg. Nell’anno 3<br />
tale offerta fa abbassare il prezzo a 485€/Mg;<br />
così continuando, si trova che il prezzo e la quantità convergono al punto di incontro<br />
delle curve della domanda e dell’offerta, dove si può immaginare saranno vendute<br />
35.5Mg al prezzo di 500€/Mg.<br />
Ora, l’intersezione delle curve di domanda ed offerta determinano un vero e proprio<br />
equilibrio, che si raggiunge tramite una successione di equilibri temporanei di frequenza<br />
ad esempio annuale come in fig. 1.17, ognuno dei quali risulta dall’intersezione della<br />
curva della domanda e dell’offerta relativa a quell’anno. Infatti, a causa dell’intervento<br />
della variabile tempo, troviamo sempre due curve dell’offerta:<br />
• la curva di offerta di breve periodo, che mostra la quantità di quel bene che a<br />
ciascun prezzo i produttori sono disposti ad offrire, utilizzando gli impianti ed<br />
i macchinari esisatenti. Nel caso di fig. 1.17, l’offerta di mercato è la curva di offerta<br />
di breve periodo, rappresentata dalla verticale poiché l’unica scelta possibi-le<br />
agli agricoltori è quella di offrire la quantità seminata. Invece, nell’industria manifatturiera,<br />
le imprese possono variare la loro quantità prodotta con una certa facilità<br />
e la curva di offerta di breve periodo non è una verticale (almeno in una finestra<br />
temporale sufficientemente larga), bensì un segmento più o meno inclinato verso<br />
destra, la cui pendenza rappresenta la possibile variabilità della produzione senza<br />
dover cambiare gli impianti ed i macchinari presenti in azienda;<br />
• è chiaro che, una volta raggiunto un equilibrio provvisorio, possono prodursi<br />
cambiamenti molto più importanti, quali, ad esempio, l’allargamento <strong>degli</strong> impianti,<br />
o l’ingresso di nuove iniziative imprenditoriali nel mercato, ecc. dovute alla<br />
presenza di profitti particolarmente alti. Di questo tipo di adattamenti tiene conto<br />
la curva di offerta di lungo periodo, la quale mostra la quantità di quel bene<br />
prodotto a ciascun prezzo, allorquando si sono realizzati i seguenti adattamenti:<br />
a) ogni impresa produce a quel prezzo ed, in base alle capacità attuali del suo<br />
impianto, la quantità che ritiene più vantaggiosa,<br />
b) ogni impianto è di dimensioni tali da rendere minimo il costo della produzione<br />
corrente,<br />
c) non c’è nessuna tendenza da parte delle imprese ad entrare o ad uscire da<br />
quel mercato.<br />
<strong>La</strong> curva dell’offerta di lungo periodo è mostrata in fig. 1.17 e la posizione finale di<br />
equilibrio del mercato (in assenza di perturbazioni) è rappresentata dal punto di incontro<br />
E tra le curve di domanda e di offerta.<br />
1.4.2.<br />
Lo Studio del Prodotto.<br />
I processi produttivi trasformano la materia prima in prodotti finiti che vengono messi<br />
a disposizione del mercato. Esiste una differenza di valore economico fra i prodotti e<br />
la materia prima da cui sono stati derivati: da esso dipende, compensati i costi di produzione,<br />
l’utile dell’azienda, che gestisce il sistema produttivo.<br />
- 1.65 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Poiché i prodotti sono l’output principale di ogni organizzazione industriale e costituiscono<br />
normalmente la fonte primaria di profitto, la loro scelta e progetto devono essere<br />
definiti in stretto rapporto con gli obiettivi dell’azienda.<br />
<strong>La</strong> progettazione di nuovi prodotti è cruciale per la sopravvivenza della maggior parte<br />
delle organizzazioni produttive, anche se ne esistono alcune nelle quali, nel tempo,<br />
non si effettuano sensibili modifiche di prodotto. <strong>La</strong> maggior parte delle organizzazioni<br />
rivede continuamente i progetti, anzi, nelle industrie a forte rinnovamento, si seguono<br />
approcci molto sofisticati per procedere all’introduzione di nuove scelte per il cliente.<br />
Raramente la progettazione è l’unica responsabilità tra le funzioni operative, ma la<br />
produzione è grandemente influenzata dall’introduzione di nuovi prodotti e viceversa,<br />
poiché la produzione è la fase terminale del processo di introduzione del nuovo prodotto.<br />
Allo stesso tempo, i nuovi prodotti sono condizionati dal sistema produttivo e dalla<br />
tecnologia esistenti. Perciò, è decisivo comprendere l’interazione con la produzione del<br />
processo di progettazione del nuovo prodotto.<br />
Le decisioni sulle caratteristiche del prodotto interessano tutte e cinque le aree delle<br />
decisioni operative descritte sopra, quindi le decisioni sul prodotto devono essere strettamente<br />
coordinate con la produzione, e la produzione deve essere integrata col marketing,<br />
il mercato, la strategia di prodotto, la strategia di processo, la capacità produttiva,<br />
la gestione dei materiali, la manodopera e la qualità.<br />
<strong>La</strong> definizione del prodotto è il risultato di una strategia di mercato; per esempio, una<br />
strategia di mercato può determinare una linea di produzione a flusso continuo per fornire<br />
una particolare fascia di clienti ed il nuovo prodotto deve saturare la linea di produzione.<br />
Quindi, la definizione del nuovo prodotto entra come input per la strategia produttiva<br />
e le conseguenti decisioni sono aggiustate in modo da coordinarsi con la strategia<br />
di nuovo prodotto. Assumendo un ruolo attivo fin dall’inizio, la produzione può ottenere<br />
il ruolo di supporto alle decisioni strategiche di livello 4, come mostrato<br />
nell’esempio seguente. A volte bisogna modificare o riprogettare i prodotti per conservare<br />
risorse, ridurre i consumi di energia, migliorare la sicurezza od il controllo<br />
dell’inquinamento verso l’esterno dello stabilimento. Il processo produttivo di un certo<br />
prodotto può avere un impatto ambientale sia in ingresso, per quanto riguarda la conservazione<br />
delle risorse naturali, sia in uscita, per quanto riguarda gli scarichi industriali. Il<br />
riciclaggio può ridurre la spinta verso nuovi materiali e l’accumulo di rifiuti solidi dopo<br />
lo smaltimento.<br />
<strong>La</strong> progettazione del prodotto è un prerequisito per la produzione e la previsione della<br />
capacità produttiva, cosicché le decisioni sulla progettazione sono trasmesse alla produzione<br />
sottoforma di specifiche del prodotto, che ne stabiliscano le caratteristiche desiderate<br />
ed, ove rispettate, consentano il regolare procedere del processo produttivo.<br />
Esempio<br />
Nel 1968, N.C. Wyeth (un ingegnere della Dupont-de-Nemours) ha sviluppato una bottiglia di<br />
plastica da 2 litri, costituita da PET (polietilene tetraftalato). Questo sviluppo doveva determinare<br />
una vera rivoluzione presso i clienti, in quanto la bottiglia pesava 11 volte meno della corrispondente<br />
di vetro e consentiva di risparmiare costi di trasporto e di manipolazione dei materiali<br />
attraverso l’intera catena della distribuzione.<br />
Inoltre, aumentava la soddisfazione del cliente, il quale trovava anch’egli più facile il trasporto,<br />
ma, soprattutto, valutava molto più sicura la manipolazione del prodotto per riguardo al pericolo<br />
- 1.66 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
di ferite derivanti dalla rottura o dall’esplosione dei contenitori. Giova ricordare che, in<br />
quell’anno, negli Stati Uniti si erano verificati 20.000 incidenti gravi derivanti dalla rottura delle<br />
bottiglie di vetro. Infine, la bottiglia di plastica era meno costosa di quella di vetro. Tuttavia, il<br />
limite del nuovo prodotto era una minore garanzia di protezione del contenuto nel tempo ed, esteticamente,<br />
un minor feeling da parte del cliente.<br />
Nel 1977, C.K. Sewell e J.T. Pollock convincevano la dirigenza della Dorsey Co. a coinvolgere<br />
la loro Sewell Plastic Division nell’iniziativa di avviare la produzione di bottiglie di plastica<br />
PET da 2 litri. Infatti, durante il periodo precedente, la bottiglia aveva avuto l’approvazione della<br />
FDA (Food and Drug Administration) e la Cincinnati-Milacron aveva costruito un prototipo<br />
di macchina per la produzione di massa della bottiglia. C.K. Sewell decise di acquistare le macchine<br />
Cincinnati, anche se la produzione della bottiglia avveniva in due pezzi, poiché percepiva<br />
che era decisivo muoversi rapidamente per stabilire un vantaggio competitivo nei confronti dei<br />
propri formidabili concorrenti.<br />
Uno dei concorrenti, la Continental-Group, decise di sviluppare una propria tecnologia produttiva,<br />
in grado di produrre la bottiglia in un sol pezzo. <strong>La</strong> progettazione richiese 2 anni, il ché costò<br />
non poco in termini di quota del mercato, l’1.6%, in confronto al 28% della Dorsey.<br />
<strong>La</strong> quota della Dorsey non era stata solamente il risultato di essere entrata per prima nel mercato,<br />
ma era attribuibile anche allo sforzo compiuto per modificare in corso di produzione il progetto<br />
del prodotto, in modo da ridurne il costo unitario senza compromettere la soddisfazione<br />
del cliente. Per esempio, la Dorsey lavorava per accumulare vantaggi riducendo la quantità di<br />
materiale necessario per pezzo, ma anche allargando il numero di aziende che utilizzavano il<br />
prodotto.<br />
In seguito, la Dorsey non ebbe altrettanto successo quando si mosse nel mercato delle bottiglie<br />
da 1 e da ½ litro. Essa entrava in un mercato di 4 M$ di macchine da 1 litro e di 6 M$ di macchine<br />
da ½ litro, prima di aver raggiunto la capacità di produrre ad una qualità sufficiente. Inoltre,<br />
in quel momento, il mercato delle bottiglie da 1 litro era calante ed, in quello delle bevande<br />
in bottiglie da ½ litro, le bottiglie di vetro erano più desiderabili anche economicamente, potendosi<br />
raggiungere con esse risparmi del 10 ÷ 20%, in confronto a quelle di plastica.<br />
1.4.2.1. Ricerca, Sviluppo ed Ingegnerizzazione.<br />
Molte aziende hanno in produzione una varietà di prodotti, cosa necessaria per sopravvivere<br />
nel mercato in un periodo di tempo molto esteso. Avere un mix produttivo<br />
molto ampio protegge dal decadere di brevetti, dalla comparsa sul mercato di prodotti<br />
competitivi e di nuove tecnologie di produzione, dal rischio di mettere tutte le uova in<br />
un unico paniere.<br />
L’attenzione costante al prodotto è dovuta al fatto che esso ha uno specifico ciclo di<br />
vita. <strong>La</strong> concorrenza del mercato si manifesta con la produzione di prodotti di più alta<br />
qualità e di migliori prestazioni, a parità di prezzo di quelli esistenti. Pertanto il progetto<br />
finale di un prodotto non deve essere congelato in azienda, la quale si mantiene sempre<br />
giovane, proprio grazie al continuo sviluppo di nuovi prodotti e servizi.<br />
In tab. 1.XI è riportato lo schema generale dello studio del prodotto.<br />
<strong>La</strong> linea di un prodotto non è fissa, ma sottoposta ad un continuo cambiamento.<br />
L’azienda deve gestire ogni prodotto del proprio mix produttivo in maniera correlata agli<br />
altri prodotti, in modo che questi siano fra loro complementari, in relazione alla produzione<br />
ed alla distribuzione. Sono necessarie accurate indagini di mercato per stabilire<br />
il grado di accettabilità del prodotto da parte dei consumatori, tenendo conto che del<br />
mercato fanno parte anche le aziende concorrenti che producono e vendono prodotti si-<br />
- 1.67 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
mili. Le indagini di mercato permettono anche di mettere a fuoco nuove idee per lo sviluppo<br />
diversificato del prodotto ed in generale costituiscono l’interfaccia tra l’azienda<br />
ed il suo mercato, sia esistente, sia potenziale.<br />
tab. 1.XI. Schema dello studio del prodotto<br />
CICLO DI VITA DEL<br />
PRODOTTO (fig. 1.20)<br />
RICERCA<br />
SVILUPPO<br />
INGEGNERIZZAZIONE<br />
(fig.. 1.18)<br />
STRATEGIE DI PRO-<br />
DOTTO<br />
STUDIO DI FATTIBILI-<br />
TA’ (fig. 1.13)<br />
PROGETTO PRELIMI-<br />
NARE<br />
PROGETTO DETTA-<br />
GLIATO<br />
DISEGNI ESECUTIVI E<br />
SPECIFICHE<br />
CAD<br />
PROGETTO DEI SERVIZI<br />
Progetto funzionale<br />
Progetto della<br />
forma<br />
Progetto del<br />
processo<br />
introduzione<br />
crescita<br />
maturità<br />
declino<br />
prodotto<br />
processo<br />
materiali<br />
mercato<br />
gestione operativa<br />
prodotto<br />
processo<br />
prodotto<br />
processo<br />
impianto<br />
leader del mercato<br />
segui il leader<br />
orientata alle applicazioni<br />
produzione efficiente<br />
livello qualitativo del mercato<br />
selezione dei materiali<br />
affidabilità<br />
manutenibilità<br />
garanzie<br />
brevetti, copyright, marchi di fabbrica<br />
confezionamento<br />
semplificazione del mix produttivo<br />
diversificazione del mix produttivo<br />
standardizzazione<br />
modularità<br />
analisi del valore<br />
- 1.68 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Quindi, lo sviluppo dei nuovi ed il miglioramento dei vecchi prodotti, come pure dei<br />
relativi processi, è vitale per la sopravvivenza di molte organizzazioni industriali.<br />
Solitamente, lo Sviluppo segue una fase di Ricerca e si concentra sulla fattibilità economica<br />
delle applicazioni. Poi, l’Ingegnerizzazione perfeziona il lavoro dei gruppi di<br />
ricerca e sviluppo per conseguire utili commerciali.<br />
Mercato<br />
creazione<br />
dell' idea<br />
selezione<br />
del prodotto<br />
progetto di massima<br />
del prodotto<br />
costruzione<br />
del prototipo<br />
prove<br />
progetto finale<br />
del prodotto<br />
produzione<br />
R&D<br />
Tecnologia<br />
progetto di massima<br />
del processo<br />
progetto finale<br />
del processo<br />
fig. 1.18. Processo di sviluppo di un nuovo prodotto.<br />
Ricerca<br />
Sviluppo<br />
Ingegnerizzazione<br />
L’azione coordinata di Ricerca, Sviluppo ed Ingegnerizzazione è illustrato nel modello<br />
ideale del processo di fig. 1.18. A prescindere dall’approccio organizzativo seguito<br />
per lo sviluppo di un nuovo prodotto, si devono percorrere i seguenti sei passi, comuni a<br />
praticamente ogni situazione:<br />
Creazione dell’idea. Come abbiamo visto sopra, le idee hanno origine nel mercato, dove<br />
sono analizzate le esigenze dei compratori, oppure discendono dalla Ricerca e dalla<br />
Tecnologia disponibile. Di conseguenza, l’identificazione delle esigenze del mercato<br />
può portare allo sviluppo di nuove tecnologie e di prodotti che le possono soddisfare.<br />
D’altra parte, le idee possono nascere dall’utilizzazione della tecnologia disponibile,<br />
la quale è una ricca sorgente di idee per nuovi prodotti: basta pensare<br />
all’invenzione del nylon da parte della Dupont-de-Nemours, che ha portato allo sviluppo<br />
di un mondo di nuovi prodotti. In questa fase, è di fondamentale importanza il<br />
possesso delle conoscenze, quindi dei risultati della Ricerca. <strong>La</strong> Ricerca si occupa di<br />
realizzare scoperte di base e di scoprire nuovi principi. Essa può essere pura (quando<br />
non sono prevedibili applicazioni pratiche dirette) od applicata (quando è diretta alla<br />
soluzione di problemi pratici).<br />
<strong>La</strong> Ricerca Pura ha l’obiettivo di contribuire alla conoscenza dell’uomo sui fenomeni<br />
naturali, senza riguardo alle possibili applicazioni commerciali dei risultati conseguiti.<br />
Per questo, con poche eccezioni, la ricerca di base non viene praticata dalle orga-<br />
- 1.69 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
nizzazioni industriali: le spese sarebbero troppo grandi a fronte dei risultati economici<br />
conseguibili.<br />
Al contrario, la Ricerca Applicata è rivolta quasi interamente alle applicazioni pratiche<br />
ed alla soluzione dei problemi concreti. Il suo obiettivo è di permettere la progettazione<br />
di un prodotto o di un processo che abbia un qualche valore economico.<br />
Quindi, la Ricerca Applicata è più adatta alle imprese industriali e può essere suddivisa<br />
nel seguente modo:<br />
- ricerca sul prodotto: si rivolge ai nuovi prodotti, ai nuovi impieghi dei prodotti esistenti,<br />
all’utilizzazione dei sottoprodotti,<br />
- ricerca sul processo: si rivolge al miglioramento del processo produttivo ed alla<br />
riduzione dei costi,<br />
- ricerca sui materiali: si rivolge alla scoperta ed al miglioramento dei materiali costituenti<br />
il prodotto,<br />
- ricerca di mercato: cerca di prevedere le necessità, i desideri e la propensione<br />
all’acquisto dei potenziali clienti, fornisce il grado di accettabilità dei prodotti da<br />
parte dei clienti e suggerisce nuove idee di sviluppo,<br />
- ricerca sulla gestione operativa: sviluppa le tecniche ed i metodi matematici<br />
quantitativi (di Ricerca Operativa), per la soluzione dei problemi organizzativi e<br />
gestionali dell’azienda industriale.<br />
Il processo di sviluppo del nuovo prodotto descritto qui sopra può essere considerato<br />
come il flusso in un setaccio, nel quale la grande quantità di idee e proposte iniziali<br />
viene via via ridotta alle poche che possono essere effettivamente materializzate in<br />
un prototipo ed all’unica che può entrare come prodotto nel mercato. D. Uman ha<br />
rappresentato questo processo in un diagramma del tipo di fig. 1.19, detto di mortalità<br />
delle idee di nuovo prodotto. Il suo studio ha dimostrato che circa 1 idea su 60 ha<br />
successo, ed in particolare, la più forte contrazione si ha nella prima fase, quella antecedente<br />
al progetto di massima: questo è dovuto al grande peso che giustamente<br />
deve essere dato alla fase di selezione e di analisi iniziale.<br />
numero di idee<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
Curva di Uman<br />
0<br />
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1<br />
tempo progressivo<br />
fig. 1.19. Curva di mortalità delle idee di un nuovo prodotto.<br />
Sviluppo del prodotto. Lo sviluppo del prodotto è un processo di riprogettazioni successive,<br />
di prove e di correzione <strong>degli</strong> errori, che permette di pervenire alla defini-<br />
- 1.70 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
zione delle specifiche definitive del prodotto, avendo via via eliminato tutti i problemi<br />
ed introdotto tutti i possibili miglioramenti. Richiede in genere prove su prototipi,<br />
prove su impianti pilota, esperimenti di laboratorio in scala ridotta, e collaudi, prima<br />
che incominci la produzione. Può suddividersi in:<br />
- Sviluppo del Prodotto, che comprende prove su prototipi per misurare le prestazioni<br />
del prodotto in diverse configurazioni progettuali, con l’obiettivo di pervenire<br />
ad un progetto del prodotto che concilî economicità e prestazioni,<br />
- Sviluppo del Processo, che comprende le prove di produzione su macchine ed impianti<br />
pilota. Generalmente si produce una piccola quantità di prodotto per studiare<br />
il comportamento del processo, scoprire eventuali difetti del prodotto e le corrispondenti<br />
inefficienze del processo (preserie).<br />
Si distinguono:<br />
- Selezione del prodotto. Non tutte le nuove idee possono concludersi in nuovi prodotti,<br />
in quanto essi devono superare almeno tre condizioni, il mercato potenziale,<br />
la fattibilità finanziaria e la compatibilità con la produzione. Lo scopo<br />
dell’analisi selettiva è di identificare le idee migliori, non quella di raggiungere la<br />
decisione conclusiva di produrre e commercializzare il prodotto. Dopo uno sviluppo<br />
iniziale, è richiesta un’analisi più approfondita di quanto non si faccia qui,<br />
attraverso attività rivolte sia al mercato, sia alla produzione di preserie, prima di<br />
poter arrivare alle decisioni finali. Ne deriva che la selezione del prodotto è fondamentalmente<br />
di natura soggettiva e basata su informazioni un pò limitate. Quindi,<br />
i metodi sviluppati a supporto di questa decisione sono un pò grossolani e sono<br />
principalmente del tipo dei check-sheet, cioè metodi che si basano sull’elenco dei<br />
fattori che devono essere garantiti dal prodotto, i quali sono verificati attraverso<br />
un peso corrispondente alla loro importanza. Se la somma dei pesi supera un livello<br />
minimo, l’idea di nuovo prodotto viene selezionata per un ulteriore passo di<br />
sviluppo. Alternativamente, l’idea di nuovo prodotto può essere valutata attraverso<br />
un’analisi convenzionale del ritorno di investimento previsto, mediante la previsione<br />
del cash-flow che deriva dagli investimenti, i costi ed i ricavi che si possono<br />
prevedere dall’andamento futuro delle vendite.<br />
- Progetto di massima del prodotto. Questo stadio del processo di sviluppo del prodotto<br />
riguarda la scelta del modo migliore per mettere in pratica l’idea. Se esso<br />
viene approvato, si passa alla costruzione di uno o più prototipi da sottoporre a<br />
prove ed analisi. In questa fase, viene considerato un gran numero di relazioni tra<br />
disegno, costi, qualità e prestazioni, in modo che sia possibile valutare se il prodotto<br />
sarà competitivo sul mercato e realizzabile in produzione; questi obiettivi<br />
del progetto sono evidentemente i più difficili da raggiungere. Mentre il risultato<br />
della selezione del prodotto è di definirne solamente le idee fondamentali, il progetto<br />
preliminare deve specificare il prodotto in maniera completa.<br />
- Costruzione del prototipo. Essa può assumere diverse caratteristiche: quella considerata<br />
importante è che il prototipo assomigli al prodotto finale, anche se può<br />
essere eseguito semplicemente a mano. Nel campo dei servizi, il prototipo può essere<br />
il singolo sito dove il concetto di nuovo servizio può essere verificato nelle<br />
condizioni di uso reale; così, il servizio può essere modificato per meglio soddisfare<br />
le esigenze del mercato anche nella fase di lancio del prototipo. Infine,<br />
quando il prototipo è stato testato con successo, il progetto finale può essere completato<br />
ed il servizio sviluppato sulla base di mercato prevista.<br />
- Prove. Le prove sul prototipo servono a garantire la congruenza con le esigenze<br />
del mercato e con le prestazioni volute. Un modo per provare la rispondenza alle<br />
richieste del mercato può essere quello di costruire una preserie di prototipi del<br />
- 1.71 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
nuovo prodotto da inviare sul campo. <strong>La</strong> prova può durare da 6 mesi ad 1 anno, è<br />
limitata ad una regione geografica ridotta e deve fornire un numero sufficiente di<br />
dati quantitativi e di gradimento del compratore. I prototipi sono costruiti anche<br />
per fornire dati sulle prestazioni tecniche. Un esempio classico è quello <strong>degli</strong> aerei<br />
militari, i quali richiedono anche 6 evoluzioni di prototipi da provare in modo estensivo,<br />
prima che la dirigenza approvi il progetto finale. In questo caso, ad ogni<br />
campagna di prove su un prototipo, la progettazione esegue i cambiamenti richiesti<br />
e gli introduce nel prototipo successivo. <strong>La</strong> divisione di R&D non solo deve<br />
stendere le specifiche per la produzione, ma deve anche preparare un’informativa<br />
che dimostri che il prodotto sia effettivamente fattibile e che contenga, perciò, i<br />
dettagli necessari della tecnologia del processo, i dati di controllo della qualità, le<br />
procedure di prova delle prestazioni del prodotto, ecc.<br />
Ingegnerizzazione. Anche questa fase può essere distinta ed ulteriormente suddivisa in:<br />
- Ingegnerizzazione del prodotto, durante la quale si sviluppano i disegni e le specifiche<br />
del prodotto, in particolare le specifiche devono contenere le condizioni che,<br />
se soddisfatte, consentono il normale prosieguo della produzione: devono essere<br />
specificate le prescrizioni e le modalità di collaudo,<br />
- Ingegnerizzazione del processo, che consiste nel progetto esecutivo del processo,<br />
compresa la scelta <strong>degli</strong> utensili e delle attrezzature di produzione, dei tempi e dei<br />
metodi di lavorazione, dei sistemi di trasporto e di handling dei materiali, del sistema<br />
di produzione in linea o per reparti, le prescrizioni riguardo alla gestione<br />
della qualità,<br />
- Ingegnerizzazione dell’impianto, che consiste nel progetto esecutivo dell’impianto<br />
di produzione, compresi il layout e l’installazione delle macchine, gli impianti di<br />
servizio (energia elettrica, vapore tecnologico, aria compressa, acqua industriale,<br />
ecc.), la manutenzione e la riparazione di tutte le attrezzature di produzione e di<br />
servizio.<br />
1.4.2.2. Il Ciclo di Vita del Prodotto.<br />
Si deve notare che il progetto di un nuovo prodotto deve svilupparsi con una sistematica<br />
iterazione dei passi precedenti; ad esempio, la prova del prototipo può richiedere la<br />
revisione del progetto di massima o la costruzione di un nuovo prototipo, cioè non è necessario<br />
che lo svolgimento del processo segua sequenzialmente lo schema di fig. 1.18:<br />
qualche passo può essere saltato ed altri possono essere ripetuti molte volte.<br />
Il processo produttivo può essere organizzato in parallelo con lo sviluppo del nuovo<br />
prodotto, anzi la fig. 1.18 mostra la possibilità di sviluppare il progetto di massima e<br />
quello definitivo del processo praticamente nello stesso tempo del corrispondente del<br />
prodotto. Questo implica che il progetto del processo non debba attendere che il progetto<br />
del prodotto sia completato, al contrario il progetto del processo può essere sviluppato<br />
come parte del progetto del prodotto. Se il progetto del processo fosse in cascata a<br />
quello del prodotto, potrebbe verificarsi che il prodotto risultasse troppo costoso od, addirittura,<br />
impossibile da ottenere. Questa è una delle ragioni per cui tutto il personale è<br />
coinvolto nell’attività di progettazione fin dall’inizio, ma è anche una delle ragioni del<br />
grande impulso che si constata nell’attività di parallelizzazione delle attività di progettazione,<br />
mediante l’utilizzo sempre più diffuso di mezzi informatici e di comunicazione.<br />
Se la comunicazione tra le funzioni è efficiente, anche il processo produttivo risulta<br />
programmato in modo efficace, efficiente e sufficientemente flessibile di fronte alle ine-<br />
- 1.72 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
vitabili modifiche future. Inoltre, un buon sistema informatico ed informativo consente<br />
di lanciare più rapidamente il prodotto in produzione (lead-time di lancio), consentendo<br />
di ottenere notevoli risparmi sui carichi finanziari legati al processo di introduzione del<br />
nuovo prodotto.<br />
Così, la tecnologia sta influenzando radicalmente il processo di introduzione del<br />
nuovo prodotto. Il CAD (Computer-Aided-Design) ed il CAM (Computer-Aided-<br />
Manufacturing) sono gli strumenti di base per accelerare in modo decisivo il progetto<br />
del prodotto e per rendere il prodotto più facilmente ottenibile fin dall’inizio. Inoltre, essa<br />
rende la produzione più flessibile, in quanto la progettazione avviene per oggetti,<br />
cioè attraverso l’individuazione di primitive che sono comuni a più prodotti ed a più<br />
famiglie di prodotti, quali le entità geometriche di base, le superfici cilindriche, piane<br />
rettangolari, gli assi ed i punti, ecc. e che possono essere prodotte dalle macchine disponibili<br />
nell’impianto. Ciò rende più facile seguire lo slogan fare poco e vendere poco,<br />
cioè rendere più agevoli e meno costosi i cambiamenti sul prodotto (prima di costruirne<br />
altri), e di utilizzare al massimo la flessibilità del sistema produttivo per soddisfare le<br />
modifiche del gusto dei compratori. Questa tecnologia computerizzata, pur tendendo<br />
(come vedremo) a distribuirsi su tutto il processo decisionale dell’organiz-zazione, non<br />
riesce a superare i sostanziali problemi organizzativi, i quali devono essere risolti e trattati<br />
con una grande cooperazione interfunzionale.<br />
Anche la competizione internazionale condiziona il progetto del prodotto. Precedentemente,<br />
i prodotti erano destinati ai mercati domestici, e successivamente modificati<br />
per l’esportazione. Oggi i prodotti di massa devono agire in un mercato globale fin<br />
dall’inizio: le auto, gli elettrodomestici, i prodotti elettronici, le macchine utensili, ecc.<br />
ed impianti produttivi fabbricano lo stesso prodotto in giro per il mondo, sotto una supervisione<br />
concentrata in un solo sito.<br />
Il ciclo di vita di un prodotto viene misurato attraverso l’evoluzione delle vendite nel<br />
tempo. Come mostrato in fig. 1.20, esso comprende normalmente i seguenti stadi:<br />
• introduzione,<br />
• crescita,<br />
• maturità,<br />
• declino.<br />
Generalmente, la storia commerciale del prodotto presenta una crescita iniziale delle<br />
vendite piuttosto lenta, mentre il mercato viene sensibilizzato (fase di introduzione); segue<br />
una rapida crescita delle vendite quando il prodotto raggiunge il gradimento del<br />
mercato (fase di crescita) con aumento delle vendite e <strong>degli</strong> utili; poi si verifica una graduale<br />
riduzione del ritmo di crescita, mano a mano che il mercato diventa saturo (fase di<br />
maturità): il fatturato si stabilizza e l’utile unitario comincia a diminuire. Infine, per<br />
molti prodotti sopraggiunge la caduta della domanda, quando scompare la necessità del<br />
prodotto stesso oppure il prodotto è sostituito da altri dello stesso genere, ma più appetibili<br />
(fase di declino).<br />
<strong>La</strong> durata del ciclo di vita, l’estensione temporale di ogni stadio e la forma delle curve<br />
funzione del tempo variano fortemente da un prodotto all’altro, ma il ciclo di vita di<br />
un prodotto è sempre molto simile al ciclo di vita dell’uomo, comprendendo la nascita,<br />
la crescita, la maturità ed il decesso. Dal punto di vista commerciale, la divisione del ciclo<br />
di vita del prodotto in stadi distinti permette di studiare le caratteristiche del mercato<br />
per ogni stadio e di adottare le strategie più appropriate.<br />
- 1.73 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
12000<br />
10000<br />
8000<br />
6000<br />
4000<br />
2000<br />
0<br />
introduzione<br />
0<br />
Fatturato<br />
crescita maturità<br />
10<br />
20 30 40<br />
tempo [mesi]<br />
5.6<br />
declino introduzione<br />
5.5<br />
5.4<br />
5.3<br />
5.2<br />
5.1<br />
5.0<br />
fig. 1.20. Ciclo di vita del prodotto.<br />
0<br />
Costi unitari<br />
crescita maturità<br />
10<br />
tempo [mesi]<br />
declino<br />
20 30 40<br />
14<br />
12<br />
10<br />
8<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
-2<br />
-4<br />
Flusso di cassa unitario<br />
0<br />
introduzione<br />
crescita maturità<br />
10<br />
declino<br />
20 30 40<br />
L’andamento del ciclo dell’utile (profitto) è nettamente diverso da quello del fatturato<br />
(vendite):<br />
• durante l’introduzione nel mercato non si hanno profitti, a causa <strong>degli</strong> elevati costi<br />
iniziali di investimento. <strong>La</strong> fase di introduzione può essere accorciata aumentando<br />
le spese di marketing, od assicurando una distribuzione più rapida su tutto i mercato;<br />
• durante la fase di crescita, il flusso di cassa per unità di prodotto (profitto unitario)<br />
raggiunge il suo valore massimo e quindi comincia a calare, benché l’utile totale<br />
possa crescere ancora, in conseguenza dell’aumento del volume delle vendite. <strong>La</strong><br />
fase di crescita può essere accelerata allargando il mercato, abbassando il prezzo<br />
dei prodotti e conducendo campagne di vendita più efficaci;<br />
• durante l’ultima parte della fase di crescita e la prima parte del periodo di maturità,<br />
la concorrenza crescente incide sempre più profondamente sui margini di profitto.<br />
<strong>La</strong> fase di maturità può essere allungata radicalmente mediante miglioramenti,<br />
rinnovo del confezionamento e rivitalizzazione del prodotto. Lo scopo è di rimodellare<br />
il ciclo di vita così da evitare il declino del prodotto. Non tutti i prodotti<br />
sono suscettibili di rivitalizzazione: se un prodotto può essere distinto dagli altri<br />
per un qualche marchio di fabbrica, allora vuol dire che esso ha trovato un elisir<br />
che ha estende la sua durata, rallentando l’evoluzione del ciclo di vita;<br />
• alla fine, nel periodo di declino, la diminuzione del volume delle vendite e<br />
l’incremento dei costi di produzione riduce fino ad annullare l’utile totale e quello<br />
unitario.<br />
E’ importante identificare il passaggio da uno stadio del ciclo di vita al successivo,<br />
poiché le strategie di mercato devono cambiare nel tempo. Infatti, sono fattori importanti:<br />
• lo sviluppo del prodotto e del suo progetto nel periodo di introduzione;<br />
• una consolidata reputazione del prodotto, basata su una buona affidabilità nel periodo<br />
di crescita;<br />
• la pubblicità ed il livello di servizio ai clienti durante il periodo di maturità;<br />
• il controllo dei costi di produzione durante la fase di declino.<br />
- 1.74 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
1.4.2.3. Studio di Fattibilità del Prodotto.<br />
Come già visto in fig. 1.18, le decisioni sul prodotto iniziano sulla base delle indicazioni<br />
provenienti dall’analisi del mercato, che indicano le esigenze dei consumatori, e<br />
dei risultati della ricerca (anche interna), dai suggerimenti dei dipendenti, da inventori<br />
individuali, dai distributori e dai fornitori, che suggeriscono le evoluzioni del prodotto<br />
più opportune.<br />
specifiche<br />
dei clienti<br />
studio di<br />
fattibilità<br />
progetto<br />
preliminare<br />
progetto<br />
funzionale<br />
Ricerca<br />
specifiche generali<br />
accettabile (CONTINUE)<br />
prova<br />
prototipo<br />
specifiche tecniche<br />
progetto<br />
dimensionale<br />
specifiche e disegni esecutivi<br />
idee dei<br />
dipendenti<br />
inaccettabile (STOP)<br />
progetto<br />
del processo<br />
inventori<br />
progetto<br />
dettagliato<br />
fig. 1.21. Diagramma di flusso per le decisioni di prodotto. In evidenza le fasi finali<br />
dello studio di fattibilità.<br />
Tutti i nuovi prodotti devono essere soggetti allo studio di fattibilità per stabilire la<br />
loro plausibilità economica, tecnica e del processo operativo. In fig. 1.21 è riportato il<br />
diagramma di flusso che specifica meglio le varie fasi di fig. 1.18 ed attraverso le quali<br />
si perviene alle decisioni di prodotto. In essa, un prodotto è considerato non accettabile<br />
in una delle seguenti condizioni:<br />
• non sono prevedibili utili,<br />
• è incompatibile con altri obiettivi dell’impresa,<br />
• richiede investimenti troppo elevati,<br />
• richiede competenze manageriali, tecniche ed operative troppo elevate,<br />
• offre opportunità troppo basse.<br />
Dopo che il nuovo prodotto soddisfa le condizioni economiche, finanziarie, tecniche<br />
ed operative imposte, esso viene considerato compatibile con gli obiettivi e le risorse<br />
dell’azienda. Ora si deve far ricorso ad uno dei metodi per la previsione della redditività<br />
dell’investimento, mediante l’ analisi del rapporto costi/benefici, l’analisi marginale, la<br />
simulazione e la teoria delle decisioni.<br />
- 1.75 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1.4.2.4. Progetto Funzionale del Prodotto.<br />
Il progetto funzionale riguarda le prestazioni del prodotto. E’ necessario deciderne le<br />
caratteristiche tecniche con riferimento al livello qualitativo del mercato cui si intende<br />
rivolgersi, all’affidabilità ed al costo, in confronto ai prodotti concorrenti:<br />
Livello qualitativo del mercato. Un prodotto può essere destinato a servire un segmento<br />
del mercato di alto, medio o basso livello qualitativo, e ciò si riflette sulla scelta<br />
dei materiali previsti nella produzione e nel grado di affidabilità del prodotto finale.<br />
Così, prodotti di alta qualità tendono a costare maggiormente, in confronto a quelli di<br />
livello standard. <strong>La</strong> scelta ottimale dei materiali è quella che permette di ottenere,<br />
con i minori costi di produzione, un prodotto di prestazioni pari a quelle previste nel<br />
progetto e, nel contempo, rispondente alle attese dei potenziali clienti. Ciò significa<br />
che, da un lato non si devono scegliere i materiali meno costosi, se questi, poi, comportano<br />
elevati costi di trasformazione durante il processo; dall’altro lato, non si devono<br />
prevedere materiali troppo pregiati, rispetto agli obiettivi.<br />
Affidabilità. <strong>La</strong> vita del prodotto è di difficile previsione in quanto essa dipende dal suo<br />
progetto, dal livello qualitativo del processo produttivo, dalle condizioni in cui viene<br />
impiegato e dalla sorte. Spesso la scelta del prodotto dipende dalla fama di affidabilità<br />
che esso ha, in confronto ai prodotti concorrenti.<br />
Si definisce affidabilità R(t) al tempo t la probabilità cumulativa che il prodotto, che<br />
ha iniziato la sua vita al tempo t = 0, sia ancora funzionante la tempo t. Poiché per<br />
t=∞ risulta R = 0, in quanto si è certi del guasto del prodotto, l’affidabilità R(t) del<br />
prodotto varia da 1 a 0, passando dal tempo nullo al tempo infinito. I tipi di guasto<br />
possono essere:<br />
- guasto durante il rodaggio (mortalità infantile), che è dovuto in genere ad errori di<br />
processo (materiale difettoso, assemblaggio scorretto, fuori controllo della precisione<br />
ecc.);<br />
- guasto casuale, dovuto alla sorte;<br />
- guasto per invecchiamento organico o tecnico del prodotto o di una sua parte. Tale<br />
tipo di guasto, in un insieme di prodotti uguali, segue approssimativamente una<br />
distribuzione di probabilità statistica normale, da cui è possibile ricavare una vita<br />
media fino al guasto o tra due guasti successivi MTBF (Mean Time Before Failure).<br />
Eliminati tutti i guasti che si presentano durante il rodaggio attraverso la ricerca e<br />
l’eliminazione <strong>degli</strong> errori specifici del progetto, il numero <strong>degli</strong> altri guasti, cioè<br />
quelli aleatori e per invecchiamento, può essere ridotto aumentando l’affidabilità del<br />
prodotto e dei suoi componenti. Ciò si può ottenere in diversi modi:<br />
- riducendo la complessità del prodotto, poiché l’affidabilità di un sistema dipende<br />
dall’affidabilità e dal numero dei suoi componenti;<br />
- utilizzando materiali di caratteristiche più elevate;<br />
- impiegando componenti in parallelo delle parti più soggette a guasto;<br />
- attuando una corretta politica di manutenzione preventiva o predittiva.<br />
Manutenibilità. Quando il prodotto è un bene strumentale, esso va soggetto durante la<br />
sua vita a più cicli di funzionamento, guasto, riparazione e ripresa del funzionamento.<br />
Si definisce manutenibilità F(t’) al tempo t’ la probabilità cumulativa che il prodotto,<br />
che si è fermato per guasto al tempo t = 0, sia già riparato ed in condizione di<br />
funzionare correttamente entro il tempo t’. Poiché per t’=∞ risulta F(t’)=1, in quanto<br />
si è certi che il guasto è stato riparato, la manutenibilità di un prodotto varia da 0 ad<br />
1, passando dal tempo 0 al tempo infinito. E’ possibile ricavare una durata media della<br />
riparazione che chiameremo MTTR (Mean Time To Repair).<br />
- 1.76 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Nel caso di prodotti che siano beni strumentali, ha importanza la disponibilità A del<br />
prodotto:<br />
UT<br />
A =<br />
UT + DT<br />
in cui: UT (up time) è il tempo in cui il sistema è disponibile per il funzionamento,<br />
DT (down time) è il tempo di fuori servizio.<br />
Mediando su più cicli guasto – riparazione, si ottiene immediatamente:<br />
MTBF<br />
A =<br />
MTBF + MTTR<br />
Le voci che concorrono a determinare DT, oltre al tempo per la manutenzione preventiva,<br />
sono i tempi:<br />
- di preparazione,<br />
- di localizzazione del guasto,<br />
- di smontaggio,<br />
- di ottenimento dei pezzi e dei materiali necessari,<br />
- di riparazione vera e propria,<br />
- di aggiustaggio e registrazione,<br />
- di riassemblaggio,<br />
- di verifica del buon funzionamento del componente riparato,<br />
- di pulizia e chiusura.<br />
E’ evidente che i prodotti che hanno alta affidabilità e manutenibilità presentano elevati<br />
valori di disponibilità e, quindi, offrono vantaggi economici di gestione da parte<br />
del cliente che li utilizza.<br />
Garanzie. <strong>La</strong> protezione del compratore, la dichiarazione del livello di qualità e di affidabilità<br />
e l’assicurazione del buon funzionamento del prodotto per un periodo di<br />
tempo dichiarato viene normalmente esercitata mediante lo strumento della garanzia.<br />
Per i sistemi complessi, il cliente ha il vincolo di seguire le regole di utilizzo del prodotto<br />
espresse in manuali ed istruzioni di accompagnamento del prodotto. A seconda<br />
del tipo di garanzia, la responsabilità assunta dal produttore può essere parziale o totale<br />
e con pagamento totale o parziale del costo di riparazione. <strong>La</strong> garanzia può applicarsi<br />
all’intero prodotto o ad una sua parte, tuttavia gli aspetti della qualità e della<br />
sicurezza sono progressivamente a totale carico del costruttore.<br />
Brevetti, copyright e marchi di fabbrica. Nell’ambito del progetto funzionale, è importante<br />
proteggere il nuovo prodotto con un brevetto od il deposito di un marchio di<br />
fabbrica.<br />
I brevetti sono depositati allo scopo di proteggere il prodotto dalle contraffazioni per<br />
un lasso di tempo regolato dalle leggi internazionali: la protezione incoraggia lo sviluppo<br />
dell’innovazione di prodotto e di processo.<br />
Con copyright si intende il diritto di esclusiva di riprodurre, pubblicare e vendere<br />
materiali vari (testi, stampe, mappe, carte, disegni, ecc.) di un autore per la durata<br />
della sua vita e per i 50 anni successivi alla sua morte.<br />
Il marchio di fabbrica è un simbolo usato per distinguere un prodotto da quelli concorrenti,<br />
che può essere protetto legalmente per 20 anni ed è rinnovabile. Esso è molto<br />
utile per l’identificazione del prodotto da parte del consumatore.<br />
- 1.77 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1.4.2.5. Progetto della Forma del Prodotto e dell’Imballaggio.<br />
Tale fase del progetto riguarda l’aspetto fisico e la forma del prodotto, anche se spesso<br />
i valori estetici presenti nel prodotto hanno poco a che fare con le sue esigenze funzionali.<br />
Tuttavia, il tipo di confezionamento può aumentare l’accettabilità del prodotto<br />
da parte del mercato.<br />
In particolare, i materiali utilizzati per il confezionamento e l’imballaggio dei prodotti<br />
devono essere da un lato di basso costo in quanto destinati allo scarto, al riciclo od alla<br />
distruzione, dall’altro lato devono avere un aspetto gradevole per contribuire al successo<br />
del prodotto ed avere caratteristiche idonee a proteggere adeguatamente il prodotto<br />
durante l’immagazzinamento ed i trasferimenti. <strong>La</strong> selezione del materiale della confezione<br />
dipende dai seguenti fattori:<br />
• suscettibilità di danneggiamento nelle condizioni normali di esposizione del prodotto,<br />
• durata della permanenza del prodotto nell’imballaggio,<br />
• ruolo promozionale dell’imballaggio,<br />
• facilità di manomissione.<br />
Sono materiali tipici da confezionamento la carta, il cartone, l’alluminio, il vetro, il legno<br />
e la plastica.<br />
1.4.2.6. Il Progetto del Processo Produttivo.<br />
Tra le più importanti decisioni dei dirigenti operativi, si devono considerare quelle<br />
relative al progetto del processo fisico di produzione di beni e servizi. Esse comprendono<br />
la selezione ed il progetto del processo, la scelta della tecnologia, l’analisi del flusso<br />
di processo, il lay-out dell’impianto e <strong>degli</strong> impianti di servizio. Una volta prese, le decisioni<br />
definiscono in dettaglio il tipo di processo, il grado di automazione, il lay-out fisico<br />
e le modalità di svolgimento del lavoro. Quindi, il progetto del processo non è<br />
semplicemente materia tecnica, ma coinvolge anche scelte di tipo sociale, economico ed<br />
ambientale.<br />
Abbiamo trattato la selezione del processo come una decisione statica, tuttavia essa è<br />
per sua natura dinamica, poiché essa continua nel tempo a causa dei cambiamenti effettuati<br />
sul prodotto (i quali condizionano il processo) ed a causa dell’evolvere della tecnologia<br />
(che condiziona il prodotto).<br />
Hayes e Wheelwright hanno suggerito di guardare il prodotto ed il processo come i<br />
due lati della matrice di fig. 1.22. Sul lato del prodotto viene riportato il ciclo di vita del<br />
prodotto di un’organizzazione che raggiunga vendite crescenti dalla piccola scala (prodotto<br />
personalizzato) alla grande scala (di grande diffusione). Mano a mano che la linea<br />
di prodotto matura, la zona si sposta verso destra.<br />
Sul lato della matrice relativo, il processo passa dalla produzione di pezzi singoli e la<br />
struttura Job-Shop verso la produzione in linea di prodotti di massa costruiti su linea a<br />
flusso continuo. Si può osservare che, dal punto di vista del processo, si ha un ciclo di<br />
vita simile al ciclo di vita del prodotto. Come abbiamo visto, il processo si muove da<br />
uno stadio di grande fluidità e flessibilità verso un processo fortemente standardizzato<br />
in basso della matrice.<br />
- 1.78 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
struttura del prodotto<br />
stadio di vita del prodotto<br />
struttura del processo<br />
stadio di vita del processo<br />
I<br />
flusso intermittente<br />
(job shop)<br />
II<br />
in linea, intermittente<br />
(a lotti)<br />
III<br />
IV<br />
in linea, connesso<br />
(assemblaggio)<br />
flusso continuo<br />
I<br />
pezzi unici o molti prodotti,<br />
bassi volumi, bassi volumi<br />
bassa standard.<br />
produz. singola<br />
stamperia<br />
commerciale<br />
nessun<br />
prodotto<br />
né<br />
processo<br />
II III IV<br />
industria<br />
pesante<br />
fig. 1.22. Matrice della relazione tra prodotto e processo.<br />
pochi prodotti, alti volumi,<br />
maggiori alta standard,<br />
volumi beni di<br />
consumo<br />
industria<br />
auto<br />
nessun<br />
prodotto<br />
né<br />
processo<br />
super<br />
raffineria<br />
Normalmente, l’organizzazione si sistema lungo la diagonale della matrice, come è<br />
mostrato in fig. 1.22, a partire, ad esempio, dalla stamperia che fornisce molti prodotti<br />
personalizzati su ordine del cliente con un impianto universale in un ambiente tipico<br />
Job-Shop. Lungo la diagonale, si trovano gli impianti di assemblaggio dell’industria automobilistica,<br />
che crea pochi prodotti principali in un impianto in linea, dotato di attrezzature<br />
altamente specializzate e con un’organizzazione del lavoro fortemente strutturata.<br />
<strong>La</strong> matrice prodotto-processo aiuta a descrivere la relazione tra la strategia di prodotto<br />
e quella di processo. In alcuni casi la strategia è focalizzata solamente in vista del<br />
prodotto e del mercato, ma questo limita le decisioni ad un solo lato della matrice. Invece,<br />
osservando anche la dimensione del processo, l’organizzazione può trarre un vantaggio<br />
competitivo dalla competenza specifica del processo produttivo, espandere considerevolmente<br />
le opzioni disponibili ed usare il processo produttivo come arma della<br />
strategia dell’organizzazione.<br />
Raramente l’evoluzione del prodotto e del processo avviene nello stesso tempo nelle<br />
due direzioni, piuttosto i cambiamenti avvengono alternando la direzione verticale a<br />
quella orizzontale. Così, una modifica di strategia sul prodotto può portare<br />
- 1.79 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
l’organizzazione a destra, fuori della diagonale, se si mantiene inalterato il processo<br />
produttivo; ma i concorrenti che trattano lo stesso prodotto ed operano sulla diagonale<br />
od al di sotto di essa possono avere costi minori e questo forza l’organizzazione a cambiare<br />
il processo tecnologico spostando il punto di funzionamento verso il basso. Naturalmente,<br />
se il cambiamento comporta che il nuovo punto si piazzi sotto la diagonale, si<br />
verificherà un impulso verso un nuovo cambiamento del prodotto, ecc. Sulla base di<br />
questo ragionamento si potrebbe pensare che esista una specie di istinto a spostarsi verso<br />
destra e verso il basso della matrice. Invece, è importante ricordare che una tale<br />
tendenza comporta una progressiva perdita di flessibilità a causa della standardizzazione<br />
del prodotto. Perciò, se la standardizzazione del prodotto non dovesse essere<br />
in linea con le aspettative commerciali, ogni cambiamento sul prodotto o sul processo<br />
diventerebbe costosissimo, obbligando l’organizzazione a riportare il punto di funzionamento<br />
sulla diagonale. Cioè, l’organizzazione non deve avventurarsi troppo lontano<br />
dalla diagonale, a meno che questo non faccia parte di una strategia di mercato scelta<br />
coscientemente e con la necessaria attività previsionale.<br />
Nell’ambito di un’industria, non tutti si muovono nella stessa direzione. Così, si possono<br />
incontrare produttori che preferiscono la strategia della produzione di basso volume,<br />
con un apparato produttivo a flusso intermittente per fare della flessibilità e della<br />
qualità un’arma competitiva. Dall’altra parte e per la stessa categoria di prodotti, possono<br />
esistere organizzazioni impostate sui punti in basso a destra della matrice le quali<br />
privilegiano la produzione in linea a flusso continuo per proporre al mercato prodotti<br />
standard a basso costo.<br />
Esempio<br />
Nella produzione di calcolatrici tascabili, è evidente la diversità di strategia che anima la Hewlett&Packard<br />
e la Casio e la opposta posizione che, di conseguenza, occupano nella matrice.<br />
E’ noto che, ad un certo punto, la Hewlett&Packard tentò di spostare il suo punto sulla matrice<br />
verso prodotti più standardizzati ed alti volumi, ma senza modificare con un adeguato livello di<br />
automazione i suoi impianti produttivi. Questo ha portato la Hewlett&Packard a lavorare sulla<br />
parte alta della matrice, sopra la diagonale, ma ha anche spinto l’organizzazione a ritornare verso<br />
una zona della matrice più confacente alla sua competenza distintiva.<br />
<strong>La</strong> nuova automazione flessibile rende possibili alcune variazioni interessanti della<br />
matrice prodotto-processo. Impiegando le nuove tecnologie, oggi l’organizzazione può<br />
operare su un più largo spettro di prodotti con lo stesso processo fisico produttivo. Infatti,<br />
la tecnologia computerizzata permette all’organizzazione di produrre contemporaneamente<br />
prodotti standardizzati in gran volume e prodotti parzialmente personalizzati in<br />
volume minore. Cioè, l’organizzazione opera su una linea orizzontale che taglia parzialmente<br />
la matrice; tuttavia, la produzione flessibile ha dei limiti ed è costosa, cosicché<br />
lo schema a matrice è ancora attuale, ma, in presenza della nuova tecnologia, una<br />
stretta aderenza alla diagonale può essere meno necessaria.<br />
Come abbiamo visto, la scelta del processo è altamente interagente col progetto del<br />
prodotto. Per riflettere su questa interazione, ricordiamo che le scelte del processo e del<br />
prodotto costituiscono i due lati della matrice prodotto-processo. Le decisioni richiedono<br />
la selezione di una cella di questa matrice, cioè la scelta sia del prodotto, sia del processo.<br />
- 1.80 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
<strong>La</strong> scelta della tecnologia determina il grado di automazione del processo. Essa non<br />
costituisce semplicemente una decisione tecnica, ma anche sociale e condiziona il lavoro<br />
e gli altri fattori sociali. Questo porta all’idea di un processo decisionale che considera<br />
le implicazioni ambientali, sociali ed economiche delle alternative tecnologiche.<br />
Anche il progetto del processo richiede decisioni di microlivello, riguardanti l’analisi<br />
del flusso di processo ed il lay-out <strong>degli</strong> impianti ausiliari. Queste decisioni determinano<br />
il flusso fisico dei materiali (ma altre decisioni di microlivello possono riguardare perfino<br />
la clientela ed il tipo di informazione più adatta ad illustrare il prodotto). Come vedremo,<br />
metodi di analisi del processo impiegano modelli matematici anche molto sofisticati<br />
e riguardano le decisioni sul lay-out che tendono ad ottimizzare il flusso di processo<br />
con la razionale disposizione di macchine ed impianti. Dunque, si possono individuare<br />
due grandi temi nello sviluppo del progetto del processo:<br />
• l’idea di ottimizzare i flussi dei materiali e delle informazioni,<br />
• l’idea di integrare l’aspetto tecnico del progetto del processo con le considerazioni<br />
di tipo sociale, economico ed ambientale.<br />
Generalmente, il progetto del processo inizia con le macrodecisioni che riguardano la<br />
selezione del processo e la scelta della tecnologia. Esse sono per loro natura di lungo periodo,<br />
richiedono l’uso di grandi risorse, sono praticamente irreversibili e sono prese<br />
dall’alta dirigenza. Solo successivamente si passa alla microdecisioni, le quali comprendono<br />
l’analisi del flusso dei materiali ed il lay-out. Si tratta di attività svolte<br />
nell’organizzazione a livello più basso, richiedono minori risorse e possono essere modificate<br />
più facilmente.<br />
Le decisioni sul progetto del processo interagiscono con quelle delle altre quattro aree<br />
di decisione delle funzioni produttive. Così, le decisioni sulla capacità produttiva<br />
dell’impianto influenzano il tipo di processo da scegliere. A sua volta, il tipo di processo<br />
determina il flusso dei materiali, la numerosità e la qualifica della manodopera, ma<br />
anche il livello di qualità del prodotto ottenuto, poiché certi tipi di processo sono meglio<br />
controllabili di altri. Ecc. ecc.<br />
1.4.2.6.1.<br />
Gamma di Prodotti.<br />
Sono stati trattati i problemi del design e del re-design di un singolo prodotto. Ora<br />
parleremo delle decisioni che si riferiscono all’eventuale progetto simultaneo di una varietà<br />
di prodotti. <strong>La</strong> pratica di introdurre una varietà di prodotti deriva sia dalle spinte<br />
del mercato, sia da quelle della produzione, comunque essa ne deve controllare i vantaggi<br />
e gli svantaggi.<br />
Dal punto di vista del marketing, il vantaggio di avere una larga varietà di prodotti<br />
sta nella capacità di offrire ai consumatori una maggiore possibilità di scelta ed, infatti,<br />
spesso si osserva una caduta delle vendite se l’organizzazione offre meno varietà di<br />
prodotti, rispetto ai concorrenti. Da questo punto di vista, i responsabili del marketing<br />
potrebbero spingere per disporre di una linea di prodotti talmente completa da poter<br />
soddisfare praticamente tutte le possibili richieste del mercato. Tuttavia questo comportamento<br />
si ribalterebbe presto contro di essi, in quanto, prima di tutto, sorgerebbero difficoltà<br />
nella gestione stessa del marketing. Troppi prodotti possono confondere il cliente<br />
che non riconosce sufficientemente le differenze tra le proposte, rendono difficile<br />
l’addestramento del personale di vendita e la strategia pubblicitaria risulta più costosa e<br />
meno focalizzata. Così, le vendite possono appiattirsi, anzi ridursi in qualche caso. Tut-<br />
- 1.81 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
tavia, in generale i responsabili del marketing preferiscono disporre di una importante<br />
varietà di prodotti, forse in ciò spinti dall’esempio giapponese, il quale riesce particolarmente<br />
bene in questa strategia. In ogni caso, si deve ricordare che questo dipende dalla<br />
particolarissima struttura industriale di quel Paese, la quale è grandemente flessibile<br />
grazie all’eccezionale attitudine professionale della manodopera.<br />
vendite<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
Vendite<br />
0<br />
0 10 20 30<br />
numero prodotti<br />
costi unitari<br />
56<br />
55<br />
54<br />
53<br />
52<br />
51<br />
Costi<br />
50<br />
0 10 20 30<br />
numero prodotti<br />
fig. 1.23. Modello economico della varietà di gamma.<br />
profitti totali<br />
1200<br />
1000<br />
800<br />
600<br />
400<br />
200<br />
Profitti<br />
0<br />
0 10 20 30<br />
numero prodotti<br />
Dal punto di vista della produzione, una grande varietà di prodotti porta ad elevati<br />
costi, maggiore complessità e la pratica impossibilità di specializzare manodopera e sistema<br />
produttivo. Naturalmente, la situazione ideale è vista quella di una bassa varietà<br />
di prodotti costruiti in grande serie in impianti specificatamente progettati.<br />
Sulla base di queste considerazioni, è possibile formulare una semplice teoria economica<br />
della varietà di prodotto, cioè dell’ampiezza della gamma. Come si può vedere<br />
in fig. 1.23, l’aumento eccessivo della varietà di prodotto porta all’aumento dei costi unitari<br />
di produzione ed alla conseguente caduta <strong>degli</strong> utili. Quindi, si può pensare ad una<br />
condizione di optimum della gamma, nella quale si ottengono i massimi profitti. Il problema<br />
chiave per le linee produttive è di determinare se la gamma proposta<br />
dall’organizzazione è troppo grande, il ché è equivalente a stabilire come allocare i costi<br />
fissi sulle linee di produzione.<br />
Grossolanamente si può dire che, finché un prodotto della gamma contribuisce alle<br />
spese generali ed ai profitti, esso può essere mantenuto; ma, nel breve periodo, esso può<br />
essere mantenuto anche se contribuisce solamente ai costi variabili necessari per la sua<br />
produzione. Anche se sostanzialmente corretto, questo ragionamento non può essere<br />
portato sul medio periodo, poiché i costi fissi e le spese generali necessari<br />
all’organizzazione, per il prodotto che contribuisce solo ai costi variabili, verrebbero ripartiti<br />
sui prodotti rimanenti, riducendo l’efficienza generale dell’impresa.<br />
Esempio<br />
Un costruttore di compressori d’aria impiegava una linea di compressori alternativi in grado di<br />
alimentare una rete di vendita da 1M€. Anche se la linea era correttamente complementare ad<br />
un’altra più grande linea di ventilatori e soffianti, impiegava una tecnologia ben consolidata ed<br />
era stata oggetto di un grande sforzo di introduzione nel mercato, essa non produceva profitti e<br />
le prospettive di aumento della quota di mercato erano sfavorevoli.<br />
- 1.82 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Alla fine ed a malincuore, il costruttore decise di vendere la divisione dei compressori alternativi<br />
per un prezzo simbolico. Il compratore fu uno dei suoi impiegati, che fondò un’azienda separata.<br />
Per riguardo al venditore, gli effetti benefici della vendita furono sostanziali e praticamente istantanei.<br />
Il bilancio migliorò moltissimo, mano a mano che si evadevano gli ordinativi residui,<br />
fuori dal processo produttivo principale, senza acquistare molto materiale. I guadagni aumentavano<br />
molto più di quanto l’eliminazione della linea potessero far prevedere. Solo allora la dirigenza<br />
si rese conto di quante attività erano state dedicate alla linea ceduta, e di quante spese generali<br />
per la costruzione dei compressori erano in realtà coperte dalla linea dei ventilatori e delle<br />
soffianti, senza che questo potesse apparire chiaramente dall’amministrazione.<br />
I vantaggi della semplificazione sono difficili da valutare, ma sono reali. A dispetto di quanto<br />
può fare il computer, non esiste via migliore all’efficienza di quella di eliminare le complessità,<br />
spesso dividendo l’organizzazione in unità più piccole e più facilmente gestibili.<br />
In definitiva, nella definizione del ciclo produttivo, il prodotto deve essere progettato<br />
con caratteristiche tali da non creare problemi eccessivi al processo. Perciò, il progetto<br />
del processo produttivo riguarda la possibilità di costruire il prodotto al livello qualitativo<br />
richiesto ed a costi accettabili. Le maggiori opportunità di contenere i successivi<br />
costi di produzione del prodotto si hanno durante il progetto del prodotto stesso. Se durante<br />
questa fase le esigenze di processo vengono trascurate, il costo del prodotto risulterà<br />
sicuramente elevato.<br />
Quindi, l’obiettivo è di adottare un progetto dettagliato che consenta l’ottenimento<br />
delle migliori caratteristiche funzionali del prodotto al minore costo di produzione possibile.<br />
Strumenti importanti di scelta del prodotto, e che hanno un forte impatto sul progetto<br />
del processo, sono:<br />
• la semplificazione del mix produttivo,<br />
• la diversificazione del mix produttivo,<br />
• la standardizzazione,<br />
• la modularità dei componenti,<br />
• l’analisi del valore.<br />
Semplificazione del mix produttivo. Significa ridurre la varietà dei prodotti diversi<br />
immessi nel mercato dall’azienda: ciò consente di semplificare i cicli di produzione,<br />
di eliminare le linee produttive non sature, di ridurre le scorte di magazzino, di concentrare<br />
le risorse dell’azienda sulla produzione dei pochi prodotti più venduti e più<br />
remunerativi. Si favorisce l’attività dei settori produttivi a scapito del settore commerciale,<br />
che si trova ad operare verso l’esterno con un minore ventaglio di offerte<br />
diversificate.<br />
Diversificazione del mix produttivo. Rappresenta il contrario del metodo precedente,<br />
nel quale, per aumentare la penetrazione dell’azienda nel mercato, si aumenta la varietà<br />
dei prodotti offerti per attirare nuovi clienti. Se l’azienda opera in un mercato<br />
fortemente competitivo, questa è spesso la strategia obbligata per conservare ed ampliare<br />
il proprio mercato. Si privilegia l’azione del settore commerciale e si complica<br />
l’attività dei settori produttivi, con la conseguente proliferazione di cicli di lavoro e<br />
di linee produttive diversificate.<br />
Questo metodo è particolarmente efficace per saturare attrezzature produttive inoperose,<br />
soprattutto nel caso di necessità di bilanciamento fra produzioni stagionali; i-<br />
- 1.83 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
noltre, esso consente di ripartire il rischio di mercato su più prodotti, con la possibilità<br />
di riconvertire la produzione a prodotti diversi. Naturalmente, è necessario che il<br />
sistema produttivo sia sufficientemente flessibile.<br />
Si possono distinguere diversificazioni di tipo orizzontale, verticale e laterale.<br />
<strong>La</strong> diversificazione orizzontale consiste nella progettazione e produzione di prodotti<br />
simili, che utilizzano le stesse attrezzature, impianti di produzione e canali di distribuzione<br />
dei prodotti già esistenti.<br />
<strong>La</strong> diversificazione verticale consiste nell’espansione del ciclo produttivo in atto<br />
all’interno dell’azienda fino alla produzione diretta dei semilavorati verso monte e<br />
fino alla distribuzione dei prodotti verso valle, in modo da non dipendere da subfornitori<br />
e da aziende di servizi commerciali.<br />
<strong>La</strong> diversificazione laterale consiste nell’espandere la gamma produttiva verso prodotti<br />
che sono fuori dal proprio settore merceologico.<br />
Gli svantaggi della diversificazione dei prodotti risiedono nella necessità di eseguire<br />
una produzione per lotti di piccole dimensioni e, quindi, di maggior costo rispetto al<br />
caso di una produzione di massa con linee dedicate, soprattutto a causa dei costi di<br />
riattrezzaggio. Inoltre, aumentano le scorte ed i conseguenti costi di magazzino sia<br />
per il costruttore, sia per i grossisti, sia per i rivenditori.<br />
Standardizzazione. Tale metodo riguarda sia la standardizzazione dei prodotti per dimensione,<br />
forma, colore, prestazioni, sia dei processi per metodologie operative, procedure,<br />
macchine ed attrezzature. Se il progetto del prodotto prevede l’impiego di<br />
componenti standard, il costo di produzione viene diminuito grazie all’uso di parti<br />
commerciali di facile reperimento e di basso costo. Inoltre, viene semplificata la manutenzione<br />
dello stesso, grazie all’intercambiabilità dei guasti da sostituire.<br />
Modularità dei componenti. Tale metodo consiste nello sviluppare un numero ridotto<br />
di componenti modulari che possano essere combinati ed assemblati in vario modo<br />
per ottenere una grande varietà di prodotti diversificati. In tal modo, si combina il<br />
vantaggio di offrire al mercato un ampio mix di prodotti con quello di effettuare una<br />
produzione di lotti di maggiore dimensione, con conseguenti minori costi di produzione<br />
e semplificazione dei problemi della produzione. Inoltre, si possono superare in<br />
tal modo potenziali conflitti fra settori produttivi e commerciali all’interno<br />
dell’azienda. Tipico è l’esempio dell’auto, che corrisponde come modello alle richieste<br />
del cliente, ma è costituita da componenti ausiliari modulari e standardizzati<br />
all’interno dell’azienda stessa.<br />
Analisi del valore. Abbiamo visto come l’innovazione sia il modo principale perché il<br />
prodotto resti competitivo, quindi incontri sempre meglio i bisogni del compratore.<br />
Una maniera conveniente di organizzare l’innovazione e di indirizzarla a migliorare<br />
il valore del prodotto o dei servizi è l’impiego dell’analisi del valore.<br />
L’analisi del valore è lo strumento che tende ad eliminare ogni attività o componente<br />
che causi costi e non contribuisca al valore (alla qualità) del prodotto. Perciò, essa<br />
tende a favorire l’incontro tra le richieste di prestazioni del prodotto e le esigenze del<br />
cliente, al minor costo possibile. L’analisi del valore è anche l’approccio organizzato<br />
di analisi del prodotto che viene impiegato con molte tecniche nella normale routine.<br />
Si deve precisare la fondamentale differenza tra costo e valore:<br />
• il costo è un valore assoluto, espresso in termini monetari e che misura la quantità<br />
di risorse impiegate per creare il prodotto: esso comprende i materiali, la manodopera,<br />
l’energia e le spese generali;<br />
• d’altra parte, il valore rappresenta la percezione del cliente del rapporto tra<br />
l’attitudine all’uso del prodotto ed il suo costo. L’attitudine all’uso è il risultato<br />
- 1.84 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
della qualità, dell’affidabilità e delle prestazioni del bene, in relazione al suo uso.<br />
Cioè, non volendo guardare troppo al mercato dei beni di lusso, l’acquirente tende<br />
a soddisfare i propri bisogni (o desideri) al minimo costo. Impostato così il problema,<br />
il valore di un prodotto può essere aumentato incrementando la sua attitudine<br />
all’uso (e la sua utilità) allo stesso costo, oppure diminuendo il costo a parità<br />
di attitudine all’uso, e questo scopo può essere raggiunto eliminando le funzioni<br />
non necessarie e costose che non contribuiscono al valore.<br />
Nell’analisi del valore si impiegano le seguenti definizioni:<br />
• obiettivo: scopo e ragione per i quali il prodotto esiste,<br />
• funzione di base: quella che, se eliminata, rende il prodotto inutile per riguardo<br />
all’obiettivo stabilito,<br />
• funzioni secondarie: quelle che rendono possibile la funzione di base, nel modo in<br />
cui il prodotto è stato progettato.<br />
Identificare queste tre caratteristiche rappresenta il cuore dell’analisi del valore.<br />
In generale, l’analisi del valore si sviluppa su quattro fasi:<br />
Pianificazione. <strong>La</strong> prima fase consiste nell’orientamento dell’organizzazione verso la<br />
convenienza di eseguire un’analisi del valore. L’alta dirigenza e lo staff vengono informati<br />
del vantaggio produttivo di eseguire l’analisi del valore, ma anche delle procedure<br />
necessarie, in modo da ottenere l’adeguato supporto a questa attività. Successivamente,<br />
viene formato un team con tutte le componenti potenzialmente coinvolte<br />
nel possibile processo di redesign, e nominandone il leader. In una divisione manifatturiera,<br />
il team può comprendere il responsabile del progetto e<br />
dell’industrializzazione, quelli della produzione, <strong>degli</strong> acquisti, della qualità,<br />
dell’amministrazione e, se necessario, il personale di supporto necessario. Il leader<br />
addestra il team e definisce lo scopo dell’attività, sottoforma di modifiche del prodotto<br />
e di risultati attesi. Ad esempio lo scopo può essere la riduzione percentuale dei<br />
costi a parità di prestazioni del prodotto.<br />
Descrizione. Questa fase di studio inizia con l’identificazione dell’obiettivo del prodotto,<br />
delle funzioni di base e di quelle secondarie. Normalmente, le funzioni sono<br />
descritte in due parole, come visto sopra. Quelle secondarie sono anch’esse definite<br />
semplicemente, ma sono soggette a modifiche od eliminazioni, se l’obiettivo è di<br />
aumentare il valore. Un modo per partire con l’analisi è di valutare il costo di ogni<br />
funzione di base e secondaria. Poi, il team vede la possibilità di confermare, rivedere<br />
o eliminarne, in relazione alla variazione conseguente del valore del bene.<br />
<strong>Progettazione</strong> creativa. <strong>La</strong> terza fase dell’analisi del valore ha lo scopo di generare<br />
alternative creative. Ad esempio, nel caso di un’organizzazione di servizio postale,<br />
può essere utile riorganizzare il ricevimento della corrispondenza per ridurre la necessità<br />
di ordinare la posta oppure acquistare le attrezzature necessarie per automatizzare<br />
la distribuzione, ma anche garantire un’atmosfera aperta ed innovativa, in<br />
modo che in questa fase le idee non siano soffocate.<br />
Valutazione. In questa fase, le idee sono valutate in relazione alla fattibilità, al costo<br />
ed al contributo al valore del prodotto. Le idee migliori sono confermate in un piano<br />
di miglioramento di prodotto, il quale viene portato avanti dai membri del team e dalla<br />
dirigenza. Per questo, normalmente è meglio formare il team con le persone che<br />
devono dimostrare i risultati dello studio di analisi del valore e, così, si garantiscono<br />
responsabilità ed entusiasmo anche nel successivo processo di implementazione.<br />
Come detto, l’analisi del valore è un modo organizzato per aumentare l’attitudine<br />
all’uso del prodotto relativamente al suo costo. Esso non è praticamente per nulla basato<br />
su decisioni di budget, in quanto ogni funzione del prodotto viene accuratamente<br />
esaminata per essere migliorata od eliminata: in pratica, nulla è dato per scontato ed i<br />
- 1.85 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
risultati sono talvolta eccezionali, con miglioramenti normali del 10% del valore e<br />
miglioramenti limite anche del 50%.<br />
In definitiva, l’analisi del valore consiste nel cercare di migliorare le prestazioni del<br />
prodotto, a parità di costo di produzione, oppure di realizzare il prodotto con caratteristiche<br />
uguali o superiori con minori costi di produzione, senza diminuire la qualità<br />
e l’affidabilità del prodotto stesso. In §1.5 tale metodo sarà discusso come principio<br />
della total-quality. Perciò, dal punto di vista operativo e concludendo, l’analisi del<br />
valore consiste nelle seguenti fasi:<br />
• dividere il prodotto in parti ed operazioni separate,<br />
• stabilire il costo di ogni parte e di ogni operazione,<br />
• determinare il valore relativo di ogni parte od operazione, relativamente al valore<br />
del prodotto,<br />
• cercare la soluzione ottimale per l’ottenimento del prodotto al minor costo ed al<br />
più alto valore aggiunto.<br />
L’analisi del valore è importante non solo nel progetto del prodotto nuovo, ma anche<br />
nella riprogettazione del prodotto, nella modifica del processo produttivo e nella selezione<br />
di componenti e materiali.<br />
1.4.2.6.2.<br />
Processo di Sviluppo della Tecnologia.<br />
D. Leonard-Burton ha descritto nella definizione del processo tecnologico la fonte<br />
più frequente di disturbo al normale flusso delle informazioni. Non sono in discussione<br />
gli eccellenti risultati che in tale fase sono ottenuti, progettazione avanzata, tecnologia<br />
di punta, ecc, tuttavia un disallineamento tra progetto del prodotto e produzione è abbastanza<br />
comune nella pratica.<br />
Tali disallineamenti riguardano:<br />
• la tecnologia. Essi si verificano quando il prodotto progettato dalla divisione<br />
R&D non può materialmente essere costruito, a causa dei problemi che insorgono<br />
perché la tecnologia è nuova, oppure non acquisita, o non ben capita,<br />
• le risorse. <strong>La</strong> produzione può avere risorse inadeguate al nuovo prodotto in termini<br />
di qualifica della manodopera, di sistemi di controllo, di garanzia della qualità,<br />
di organizzazione, ecc.<br />
• i premi. I sistemi di premio alla produttività possono favorire le tecnologie correnti,<br />
piuttosto che quelle richieste dal nuovo prodotto.<br />
Per superare questi problemi di sviluppo del processo tecnologico, l’autrice mostra i<br />
vantaggi dell’approccio integrato introdotto sopra e che si riferisce ai rapporti tra R&D,<br />
produzione e marketing, invece del processo tradizionale per passi o stadi successivi,<br />
nei quali la tecnologia viene recepita solo alla conclusione dell’analisi precedente. <strong>La</strong><br />
fig. 1.24 mostra il processo di sviluppo simultaneo ed in essa si osserva che tutte le funzioni<br />
sono coinvolte nel processo fin dall’inizio, frequentemente mediante la formazione<br />
preliminare di un team di sviluppo del nuovo prodotto. Nelle prime fasi, la divisione<br />
R&D sopporta il massimo sforzo, ma anche le altre funzioni giocano un ruolo. Dopo la<br />
progettazione del bene, lo sforzo di R&D si riduce, ma non si annulla, mentre, invece,<br />
comincia a crescere lo sforzo compiuto dalla produzione fino ad assumere la maggiore<br />
importanza. <strong>La</strong> divisione vendite raggiunge il massimo sforzo quando il prodotto viene<br />
lanciato sul mercato, per portarsi successivamente al livello di routine.<br />
- 1.86 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
sforzo organizzativo<br />
1,2<br />
1<br />
0,8<br />
0,6<br />
0,4<br />
0,2<br />
0<br />
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1<br />
tempo<br />
vendite<br />
produzione<br />
R&D<br />
fig. 1.24. Approccio simultaneo del trasferimento di tecnologia.<br />
Solo raramente le grandi organizzazioni sono coinvolte in maniera totale nel processo<br />
innovativo, piuttosto al loro interno si creano team autonomi di sviluppo, ai quali<br />
viene attribuito un campo di interesse, livelli di autorità ed un’autonomia adeguati al<br />
raggiungimento <strong>degli</strong> obiettivi stabiliti dalla dirigenza. Essi si assumono i rischi, progrediscono<br />
nelle conoscenze attraverso l’attività, con un processo di selezione e correzione<br />
delle decisioni prese, che ammette larghi margini di incertezza.<br />
Giova mettere in evidenza anche l’importanza del ruolo che i fornitori svolgono, soprattutto<br />
nel trasferimento di tecnologia. Essi possono essere coinvolti fin dall’inizio e<br />
consultati regolarmente nella soluzione dei problemi, in quanto proprietari di conoscenze<br />
che possono essere assenti o solo parziali in azienda. In questo caso, il processo di<br />
trasferimento di tecnologia è fondamentalmente di apprendimento da parte di tutte le<br />
funzioni, piuttosto che di progettazione. Inoltre, è più facile che i livelli più elevati<br />
dell’organizzazione dimentichino i metodi adottati in precedenza mano a mano che il<br />
nuovo prodotto viene accettato, cosicché la produzione può essere vista non solo come<br />
la funzione operativa più importante, ma anche come sistema sociale e di apprendimento.<br />
E’ evidente che procedere per gruppi di sviluppo non è sempre il modo più razionale,<br />
basti pensare al processo innovativo di grandi progetti, che richiedono pianificazione e<br />
controllo di progetto molto elaborati e complessi, oppure, la situazione opposta del singolo<br />
inventore od imprenditore di una piccola azienda, che assume l’intero carico<br />
dell’attività innovativa.<br />
Il progetto del prodotto termina con la stesura dei disegni esecutivi, con l’indicazione<br />
dei materiali, delle dimensioni, delle tolleranze, del grado di finitura superficiale, e con<br />
- 1.87 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
la redazione di documenti contenenti tutte le specifiche necessarie per i reparti interessati<br />
alla produzione del prodotto. Tipica è la distinta base, che fornisce all’Ufficio Acquisti<br />
l’indicazione dei materiali da approvvigionare e delle relative quantità. Quando il<br />
progetto del prodotto è sottoposto a modifiche, queste sono rese note a tutti i settori interessati<br />
dell’azienda, attraverso le revisioni ufficiali dei disegni esecutivi e delle specifiche.<br />
1.4.2.6.3.<br />
Strategie di Introduzione del Nuovo Prodotto.<br />
Si possono descrivere tre modi di vedere il processo di introduzione di un nuovo<br />
prodotto:<br />
Market-pull (tirato dal mercato), quale può essere descritto dallo slogan: Fai ciò che<br />
puoi vendere. In questo caso, i nuovi prodotti sono determinati dal mercato, con scarsa<br />
attenzione alla tecnologia ed al processo produttivo esistenti. Le esigenze del<br />
compratore sono una base primaria (anche se non esclusiva) per la loro introduzione<br />
e sono individuate attraverso ricerche di mercato e risposte del cliente, prima di iniziare<br />
la produzione.<br />
Technology-push (spinto dalla tecnologia), quale può essere descritto dallo slogan:<br />
vendi ciò che puoi produrre. Conseguentemente, i nuovi prodotti sono derivati dalla<br />
tecnologia di produzione, con scarsa attenzione al mercato. E’ compito del marketing<br />
creare il mercato dei beni prodotti. Questo modo è fortemente dominato dall’uso della<br />
tecnologia e dalla flessibilità. Per mezzo di un impiego aggressivo della R&D e<br />
della produzione, si creano prodotti di qualità superiore, i quali hanno un vantaggio<br />
naturale nel raggiungere forti quote di mercato.<br />
Interfunzionale, per il quale modo l’introduzione di nuovi prodotti richiede per sua natura<br />
l’attività coordinata del marketing, della produzione, l’engineering, ecc, come<br />
detto in §1.4.2.6.2. Il risultato deve dare nuovi prodotti che incontrino la soddisfazione<br />
del cliente utilizzando la tecnologia per il miglior successo. Normalmente, con<br />
questo sistema si raggiungono i migliori risultati, anche se si tratta dell’approccio più<br />
difficile da introdurre in produzione, a causa dei vincoli imposti dalle altre funzioni,<br />
con le quali si possono creare problemi di rivalità ed attriti. In molti casi, si usano<br />
opportuni meccanismi organizzativi, come il progetto a matrice od i team di progettazione,<br />
per integrare i diversi elementi dell’organizzazione. <strong>La</strong> mancanza di coordinamento<br />
interfunzionale può essere rilevata simpaticamente in fig. 1.25.<br />
Inoltre, esistono quattro principali strategie di prodotto che le imprese industriali<br />
possono seguire:<br />
• leader di mercato, che consiste nel collocarsi e mantenersi come leader del mercato,<br />
ciò che richiede intensi sforzi di ricerca, sviluppo ed ingegnerizzazione dei<br />
prodotti e, quindi, forti investimenti con elevati rischi: solamente le grandi imprese,<br />
con elevate risorse economiche, possono adottare questa strategia, che permette<br />
comunque di guidare ed orientare il mercato;<br />
• segui il leader del mercato, che consiste nell’essere in grado di fornire una rapida<br />
risposta tecnica all’introduzione di nuovi prodotti da parte dell’impresa leader.<br />
Tale strategia richiede meno ricerca, ma grandi sforzi di sviluppo ed ingegnerizzazione<br />
ed, inoltre, validi esperti del mercato e del processo per competere nel<br />
mercato con prodotti validi già quando il prodotto dell’azienda leader è nella fase<br />
di crescita. Questa strategia è seguita dalle imprese di medie e grandi dimensioni;<br />
- 1.88 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Come proposto dal Dip. Marketing<br />
Come fatto dalla Produzione<br />
Come specificato nella richiesta di prod. Come progettato dall' Uff. Tecnico<br />
Come usato dal Cliente Come desiderato dal Cliente<br />
fig. 1.25. Mancanza di integrazione interfunzionale nel progetto di un’altalena (da<br />
R.G. Schröder).<br />
• orientata alle applicazioni, che consiste nell’essere in grado di sviluppare modifiche<br />
speciali del prodotto per soddisfare un segmento particolare del mercato. Tale<br />
strategia richiede meno ricerca e sviluppo, ma un intenso sforzo di ingegnerizzazione<br />
(infatti si entra nel mercato durante il periodo di maturità del prodotto). E’<br />
la più comune strategia delle piccole e medie aziende;<br />
• orientata alla produzione efficiente, che si basa sulla capacità di realizzare una<br />
produzione ed un controllo dei costi più efficiente di quanto non faccia la concorrenza.<br />
Le armi competitive diventano i tempi di consegna ed il prezzo del prodotto,<br />
per cui tale strategia richiede poca ricerca, sviluppo ed ingegnerizzazione, ma<br />
intensi sforzi a livello di produzione in quanto si entra nel mercato nella fase di<br />
maturità del prodotto. Essa è la più comune strategia delle piccole imprese.<br />
Dopo il processo di sviluppo del nuovo prodotto prima della produzione discusso sopra,<br />
il prodotto è inviato alla produzione, dove viene ancora sviluppato e cambiato durante<br />
tutto il suo ciclo di vita: come si è visto in fig. 1.21, si può attuare il re-design del<br />
prodotto, il quale viene qui descritto con particolare riguardo all’interazione che si ha tra<br />
prodotto e processo, secondo i seguenti tre passi:<br />
1° livello. <strong>La</strong> vita iniziale del prodotto è caratterizzata da frequenti cambiamenti determinati<br />
dalle condizioni incerte del mercato e dall’avanzamento tecnologico. In questa<br />
fase, il processo produttivo non è ancora andato a regime ed è fondamentalmente di<br />
basso volume di produzione e per sua natura un pò scoordinato. Tipicamente,<br />
l’impianto non è ancora perfettamente orientato al prodotto e sono frequenti le operazioni<br />
eseguite con macchine universali, che sono per loro natura flessibili ed adat-<br />
- 1.89 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
tabili ai cambiamenti del prodotto, anzi favoriscono decisioni orientate ad ottenere<br />
elevati tassi di innovazione e di diversificazione in confronto al prodotto dei concorrenti.<br />
Si può dire che sia il prodotto sia la produzione sono fluidi e si possono riscontrare<br />
facilmente operazioni scoordinate, colli di bottiglia, e sbalzi di produzione derivanti<br />
dalla mancanza di flussi regolari dei materiali e del prodotto stesso.<br />
grado di innovazione<br />
1<br />
0,9<br />
0,8<br />
0,7<br />
0,6<br />
0,5<br />
0,4<br />
0,3<br />
0,2<br />
0,1<br />
PRODOTTO PROCESSO<br />
spinta dalla<br />
domanda<br />
spinta<br />
dall'offerta<br />
spinta dalla<br />
tecnologia<br />
spinta dalla<br />
tecnologia<br />
spinta<br />
dai costi<br />
spinta<br />
dai costi<br />
0<br />
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2<br />
processo scoordinato<br />
processo integrato<br />
massime prestazioni<br />
stadio di sviluppo<br />
minimi costi<br />
fig. 1.26. Modello dinamico dell’innovazione prodotto-processo.<br />
2° livello. Mano a mano che lo sviluppo ha luogo, la concorrenza sui prezzi diminuisce,<br />
in quanto i dirigenti prendono più a cuore il problema dei costi. Ne risulta una migliore<br />
integrazione dei flussi dei materiali e del prodotto, obiettivi meglio identificati,<br />
maggiore automazione e migliore pianificazione e controllo della produzione. A questo<br />
stadio si sviluppano le isole di meccanizzazione, nelle quali alcuni sottoprocessi<br />
diventano altamente automatizzati, mediante l’introduzione di impianti e macchine<br />
dedicate. Tuttavia, la meccanizzazione non può essere introdotta prima che il prodotto<br />
abbia raggiunto una posizione più matura sul mercato e non sia garantita una sufficiente<br />
stabilità delle sue caratteristiche.<br />
3° livello. Con la raggiunta maturità del prodotto, la concorrenza diventa più intensa ed<br />
è richiesta la massima standardizzazione, la maggiore automazione, la più attenta attività<br />
di riduzione dei costi e dei tempi di consegna. Il processo produttivo diventa altamente<br />
integrato ed automatizzato, dunque è praticamente impossibile, a questo livello<br />
per ragioni di costo, apportare modifiche importanti al prodotto ed al processo.<br />
Perciò, i cambiamenti diventano molto lenti, ma possono subire una forte accelerazione<br />
a causa dei cambiamenti <strong>degli</strong> input esterni, leggi e regolamenti, crisi improvvise<br />
nel mercato.<br />
<strong>La</strong> fig. 1.26 mostra la natura dell’interazione prodotto-processo e sviluppo. Mentre<br />
l’innovazione di prodotto declina via via che il prodotto matura, l’innovazione di processo<br />
e l’automazione salgono. Allo stadio di maturazione, entrambe calano. Oggi, i tre<br />
stadi descritti sopra sono sempre meno differenziati, grazie all’introduzione<br />
- 1.90 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
dell’automazione flessibile computerizzata: CAD, CAM, CIM e robotica consentono<br />
cambiamenti di prodotto anche al livello inoltrato di maturazione. Tuttavia, anche<br />
l’automazione flessibile ha i suoi limiti e non può essere allargata ad ogni volume di<br />
produzione e grado di standardizzazione del prodotto.<br />
1.4.2.6.4.<br />
<strong>La</strong> Scelta della Tecnologia.<br />
<strong>La</strong> tecnologia è un fattore dominante nel mercato e nella nostra vita. L’incessante<br />
progresso tecnologico è stato chiamato determinismo tecnologico, per dire che la tecnologia<br />
determina la corsa della società e sembra non lasciarci alcuna possibilità di scelta<br />
in materia. In realtà, la gente si rende conto che deve esserci una scelta della tecnologia.<br />
Il punto è stato dimostrato, fra l’altro, nella scelta di non costruire un aereo da trasporto<br />
supersonico, a causa dei problemi che avrebbe creato. Dunque, la scelta c’è, ma bisogna<br />
imparare a gestire le tecnologie in modo adeguato, per poterne scegliere alcune e rifiutare<br />
altre. Se non altro, già i problemi dell’ambiente richiedono che le decisioni riguardanti<br />
la tecnologia siano prese in modo intelligente ed ogni avanzamento tecnologico dovrebbe<br />
essere deciso solamente dopo un’accurata analisi dei possibili effetti negativi<br />
sull’uomo e sull’ambiente: si dovrebbe essere gestori della tecnologia, piuttosto che utenti<br />
della stessa.<br />
Prima di tutto si deve definire cosa si intende per tecnologia. Se ne possono dare due<br />
definizioni:<br />
• applicazione della conoscenza per risolvere i problemi dell’uomo e delle sue attività,<br />
• più in dettaglio, l’insieme dei processi, le macchine, gli utensili, i metodi e le procedure<br />
usato per produrre beni e servizi.<br />
Nell’ultimo capitolo si è discusso della scelta del processo la quale, in senso generale,<br />
riguarda anche la scelta della tecnologia. In senso stretto, esistono diverse scelte di<br />
tecnologia che possono riguardare il processo. Per esempio, una specifica produzione in<br />
linea può non richiedere un impianto che svolga il processo in maniera altamente automatizzata,<br />
anche se un elevato livello di automazione è spesso richiesto nella produzione<br />
in linea. Si può scegliere un metodo produttivo in linea ad alta intensità di manodopera,<br />
ottenendo così una migliore efficienza, in confronto al processo intermittente.<br />
D’altra parte, un processo intermittente può essere dotato di mezzi produttivi sia a basso,<br />
sia ad alto grado di automazione. In definitiva, il livello della tecnologia (od il livello<br />
di automazione) è una decisione in genere diversa dalla scelta del processo da adottare.<br />
Tuttavia, le decisioni su tecnologia e processo sono strettamente interconnesse. Una<br />
decisione non deve necessariamente precedere l’altra, anzi le due sono prese contemporaneamente,<br />
anche se qui sono trattate separatamente per semplicità.<br />
<strong>La</strong> questione della scelta tecnologica ha un grande peso sull’attività produttiva. In<br />
particolare, la programmazione del lavoro manuale è fortemente influenzata dalla tecnologia<br />
utilizzata. Nel passato, si pensava fosse meglio eseguire la programmazione della<br />
produzione dopo aver fatto la scelta della tecnologia, cioè il lavoro manuale era condizionato<br />
dalla tecnologia, secondo la convinzione della bontà del determinismo tecnologico.<br />
Oggi, una tale convinzione è messa in discussione e le decisioni simultanee sul lavoro<br />
manuale e sulla tecnologia fanno parte di un nuovo atteggiamento: il progetto sociotecnico.<br />
Secondo questo concetto, i sistemi tecnici e quelli sociali sono (o dovrebbe-<br />
- 1.91 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
ro essere) ottimizzati congiuntamente. Il risultato non è solamente il sistema più efficiente<br />
dal punto di vista dei costi, ma quello che insieme considera i valori umani e sociali.<br />
Oltre al lavoro manuale, la scelta della tecnologia influenza tutti gli aspetti<br />
dell’attività produttiva, comprese la produttività e la qualità del prodotto. Evidentemente,<br />
la produttività è influenzata dalla sostituzione di lavoro manuale con investimenti di<br />
capitali e la qualità ne è influenzata poiché sistemi ad alto grado tecnologico spesso forniscono<br />
prodotti più uniformi. Inoltre, le scelte della tecnologia influenzano la strategia<br />
dell’organizzazione che deve considerare l’effetto sui processi, gli impianti, le macchine,<br />
le attrezzature e le procedure. Cioè, la scelta della tecnologia non è una decisione isolata:<br />
essa influenza tutti gli aspetti della produzione e dei profitti.<br />
1.4.2.7. <strong>La</strong> Tecnologia e la Dirigenza.<br />
Alcune importanti questioni sono alla base delle preoccupazioni della dirigenza in riferimento<br />
alla tecnologia e riguardano:<br />
• quanto il dirigente debba conoscere in materia di tecnologia,<br />
• quanta libertà egli debba lasciare agli ingegneri nella scelta della tecnologia,<br />
• come possa il dirigente gestire le complicazioni create dalla tecnologia quando i<br />
tecnologi hanno speso tutte le loro capacità per studiare la soluzione dei problemi.<br />
Ognuno di noi fa una scelta tecnologica nella vita di tutti i giorni: acquistiamo un televisore<br />
a colori, un forno a microonde, una vettura, ecc. ed ognuno di questi prodotti<br />
porta in sé tecnologie molto complesse. Tuttavia, nel prendere una decisione al riguardo,<br />
ci concentriamo sulle prestazioni caratteristiche del prodotto, piuttosto che sul modo<br />
in cui esso è stato costruito o sui suoi dettagli tecnici. Cioè, quando acquistiamo un televisore,<br />
ci preoccupiamo della definizione dell’immagine fornita, del suo consumo e del<br />
costo e non siamo particolarmente interessati al numero <strong>degli</strong> stadi di radiofrequenza o<br />
delle tensioni del tubo catodico, ecc. Quando acquistiamo una vettura, siamo interessati<br />
alle qualità delle sue prestazioni, il comfort, il consumo e le possibili spese di manutenzione,<br />
piuttosto che al numero di giri del motore o del rapporto di trasmissione della<br />
coppia ipoide, ecc. Allo stesso modo, il dirigente sarà interessato dalle prestazioni che la<br />
tecnologia è in grado di offrire, piuttosto che dai dettagli tecnici.<br />
Le decisioni di scelta tecnologica sono di estrema importanza e, perciò, richiedono<br />
grande cura. Alla fine, esse non sono per loro natura realmente tecniche, poiché esse sono<br />
solamente una componente dell’attività decisionale che coinvolge l’economia, la<br />
strategia, i prodotti e tutti gli aspetti della responsabilità gestionale. Cioè, i manager devono<br />
avere della tecnologia una preparazione sufficiente ad integrare la conoscenza tecnica<br />
con i fattori gestionali interessati.<br />
Comprendere la tecnologia dell’impianto e del processo per deciderne consapevolmente<br />
l’acquisto richiede che il responsabile sviluppi un accurato concetto mentale<br />
(un’immagine) del processo svolto dall’impianto, con tutti i limiti e le caratteristiche<br />
necessari per l’ottenimento di una produzione adeguata, tenendo conto della variabilità<br />
delle condizioni fisiche nelle quali si svolgono le operazioni, del tempo necessario al loro<br />
compimento, della professionalità <strong>degli</strong> operatori impegnati, dei costi, <strong>degli</strong> investimenti,<br />
ecc.<br />
- 1.92 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
1.4.2.8. <strong>La</strong> Tecnologia e l’Ambiente Sociale.<br />
<strong>La</strong> scelta della tecnologia non è mai neutra con riferimento alla società ed alla manodopera.<br />
Infatti, la tecnologia comporta assunzioni implicite circa l’effetto dei valori umani<br />
sul prodotto, sulla qualità della vita, ecc. Inoltre, negli ultimi tempi la gente è<br />
sempre più interessata agli effetti della tecnologia sulla società e molti valori di riferimento<br />
sono messi in discussione.<br />
Così, vediamo nascere nuovi concetti della sociologia e dell’economia, concetti che<br />
fanno riferimento alla tecnologia appropriata, alla semplicità volontaria od al pensiero<br />
che piccolo è bello. Essi tendono a dimostrare che la moderna tecnologia ha avuto un<br />
avanzamento troppo rapido in termini di efficienza e di meccanizzazione, al punto che<br />
sono stati sacrificati i valori umani ed ambientali. Questi effetti si riflettono in una minore<br />
richiesta di manodopera, una minore soddisfazione dell’operatore, la perdita del<br />
senso di utilità del lavoro manuale, assenteismo, inquinamento ambientale, ecc. <strong>La</strong> proposta<br />
è di utilizzare la tecnologia appropriata, quella del minore livello possibile, i minori<br />
costi sociali ed effetti ambientali; essa non si propone di tornare indietro alla bottega,<br />
piuttosto ricerca un livello intermedio di tecnologia, anche se molte industrie con<br />
produzione di massa possono essere giustificate e conservate, ma con decisioni e scelte<br />
tecnologiche orientate alla conservazione dei valori umani ed ambientali.<br />
Forse il più noto <strong>degli</strong> esponenti di questa scuola di pensiero è Schumacher 11, il quale<br />
sostiene che uno <strong>degli</strong> errori peggiori del nostro tempo è stato di credere che il problema<br />
della produzione sia stato risolto. Egli dice che non solo questa convinzione è radicata<br />
nella gente lontana dai problemi della produzione e professionalmente ignorante<br />
dei fatti, ma è in pratica universalmente condivisa dagli esperti, i capitani di industria, i<br />
responsabili economici di tutti i governi del mondo, gli economisti, per non parlare dei<br />
giornalisti economici. Tutti sostengono che l’umanità è diventata maggiorenne: per i<br />
Paesi ricchi l’obiettivo è ora l’educazione al tempo libero, per i Paesi poveri è il trasferimento<br />
di tecnologia. L’illusione di un potere illimitato, alimentato dalle stupefacenti<br />
scoperte scientifiche e tecnologiche, ha prodotto l’illusione di aver risolto il problema<br />
della produzione. Ogni economista od uomo d’affari ha familiarità con la distinzione tra<br />
reddito e capitale e la applica coscientemente e con gran cura a tutti i problemi economici,<br />
eccetto quando tale distinzione è quella decisiva: il capitale non rimpiazzabile che<br />
l’uomo non ha prodotto, ma semplicemente trovato, e senza che facesse nulla per averlo.<br />
L’uomo d’affari non può garantire che l’impresa ha risolto i propri problemi di produzione<br />
ed ha superato i problemi di fattibilità se la vede consumare rapidamente il capitale<br />
investito. Ma, allo stesso modo, egli (e tutti noi) dobbiamo valutare questo aspetto<br />
cruciale anche relativamente all’economia della grande azienda costituita dal pianeta ed<br />
all’economia dei suoi passeggeri ricchi! Una ragione del trascurare questo punto di vista<br />
è che è facile estraniarsi dalla realtà complessa e trattare come senza valore ogni cosa<br />
non abbiamo costruito noi stessi, oppure non ci riguarda troppo da vicino.<br />
Schumacher mette in rilievo che il nostro sistema economico non arriva a considerare<br />
propriamente il costo delle risorse che non sono rinnovabili. Gli input sono<br />
considerati gratis, eccetto i costi della loro estrazione dall’ambiente od, in generale,<br />
della loro utilizzazione. Per di più, i costi dell’inquinamento e dell’insoddisfazione per<br />
il lavoro praticamente non sono tenuti in conto dal sistema economico. Ne deriva che<br />
l’impiego tecnologico può diventare via via più ampio e diffuso, e che la dissipazione<br />
delle risorse naturali può risultare catastrofico. <strong>La</strong> soluzione di questi problemi può<br />
11 E.F. Schumacher, Small is Beautiful, Harper&Row, 1973<br />
- 1.93 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
naturali può risultare catastrofico. <strong>La</strong> soluzione di questi problemi può essere l’adozione<br />
della tecnologia appropriata, cioè quella che adotta un mix di alto, medio e basso livello<br />
tecnologico, che tuttavia sia in armonia con le necessità umane ed ambientali della società.<br />
Così, è chiaro che i cambiamenti di tecnologia possono non essere né facili, né rapidi,<br />
né senza effetti sociali o politici. Comunque, quanto è veramente importante della<br />
tecnologia appropriata è che i responsabili hanno una scelta, che possono gestire la tecnologia,<br />
che possono valutare seriamente se un elevato livello tecnologico è la cosa migliore<br />
da adottare e se la tradizionale conduzione economica riflette esattamente il sistema<br />
di valori che si vuole raggiungere.<br />
Certamente non si può scegliere tra i vari livelli tecnologici se quelli disponibili non<br />
sono conosciuti. Perciò, a titolo descrittivo, seguirà un elenco di tecnologie disponibili<br />
per la produzione industriale.<br />
1.4.2.9. <strong>La</strong> Fabbrica del Futuro.<br />
Si tratta di un termine molto diffuso nei media. <strong>La</strong> concezione popolare è che la fabbrica<br />
del futuro è popolata da robot e che la produzione avviene senza operai. Per certo,<br />
alcune di queste fabbriche esistono già e sempre di più ne verranno costruite. Tuttavia,<br />
l’essenza del concetto di fabbrica del futuro non è quella di un sistema con sempre più<br />
automazione e sempre meno personale, piuttosto quella di un diverso tipo di automazione,<br />
organizzata attorno al computer. In essa il computer è usato in maniera integrata<br />
per la progettazione dei prodotti, il controllo delle macchine e <strong>degli</strong> impianti, il trasporto<br />
e la manipolazione dei materiali, il controllo del processo produttivo, ecc. <strong>La</strong> chiave è<br />
l’informatizzazione e l’integrazione delle funzioni e dei vari processi per mezzo di un<br />
database centralizzato. Il concetto di fabbrica del futuro è anche chiamato CIM<br />
(Computer-Integrated-Manufacturing).<br />
Sin dagli inizi <strong>degli</strong> anni ‘80, la IBM ha installato una fabbrica CIM ad Austin nel<br />
Texas, per produrre PC portatili, i primi computer ad essere costruiti interamente dai robot.<br />
In realtà, la fabbrica è stata pensata per costruire ogni prodotto elettronico avente<br />
dimensioni all’interno di un parallelepipedo di 60x60x36cm 3 . Anche la Allen-Bradley<br />
ha costruito una fabbrica CIM a Milwauckee nel Wisconsin, ma oggi esse sono piuttosto<br />
l’eccezione che la regola e la loro diffusione viene misurata in termini di anni.<br />
<strong>La</strong> fabbrica CIM ha i seguenti elementi integrati attraverso il database di un computer:<br />
• disegno e progettazione CAD (Computer-Assisted-Design),<br />
• produzione CAM (Computer-Aided-Manufacturing),<br />
• robotica,<br />
• programmazione del flusso dei materiali mediante tecniche MRP (Materials-<br />
Requirement-Planning), ecc.<br />
Questi elementi sono essenziali in tutte le fasi che vanno dal progetto del prodotto attraverso<br />
la sua costruzione, fino alla distribuzione.<br />
- 1.94 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
1.4.2.9.1.<br />
Il CAD.<br />
CAD è il termine col quale si indica il supporto alla funzione editoriale e progettativa<br />
di stesura dei disegni da parte dell’ingegnere. Esso nasce negli anni ’60 dalla collaborazione<br />
tra IBM e General-Motors, fondamentalmente per mettere nella memoria del<br />
computer i disegni tecnici e consentirne un facile aggiornamento o modifica. Come è<br />
noto dal nostro uso quasi quotidiano, i disegni sono costruiti al terminale e la rappresentazione<br />
dell’oggetto può diventare molto sofisticata e consentire l’introduzione di una<br />
tavola delle compatibilità dimensionali, particolarmente utile nella verifica di lavori<br />
svolti in team. Una volta validato, il disegno può essere reso disponibile al sistema<br />
CAM con un link diretto alla programmazione della produzione.<br />
Perciò, il CAD è molto di più di un semplice supporto alla grafica, anzi consente<br />
l’utilizzo di interfacce utente che, in tempo reale, eseguono la scelta delle macchine più<br />
efficienti per la creazione delle primitive di cui il prodotto è costituito, ma anche la contemporanea<br />
verifica strutturale, oppure la verifica delle sue prestazioni, ad esempio dal<br />
punto di vista aerodinamico od idraulico, oppure la classificazione automatica dei componenti,<br />
l’analisi dei costi dei materiali e della produzione attraverso l’individuazione<br />
<strong>degli</strong> utensili da impiegare ed il tempo macchina necessario, ecc.<br />
Poi, la classificazione dei componenti sarà utilizzata per l’assegnazione dei codici o<br />
per il confronto con i componenti già costruiti, in modo che sia agevole l’unificazione<br />
all’interno della produzione, oppure l’ingegnere può vedere la convenienza di effettuare<br />
la modifica di un componente esistente in modo che esso svolga un’ulteriore funzione,<br />
ecc. Al fine di classificare i pezzi, è necessario individuare uno schema di codice, in<br />
modo che essi siano classificati per grandezza, per forma, per tipo, per funzione, ecc.<br />
Ad esempio, il codice può essere numerico ed il primo numero può rappresentare la<br />
forma, ad esempio cilindrica, il secondo che il pezzo ha meno di una certa massa predefinita,<br />
il terzo la massima dimensione, il quarto il materiale, e così via. Se lo schema è<br />
ben organizzato, i pezzi possono essere ben classificati ed inseriti o trovati facilmente<br />
nel database. Come è noto, uno sviluppo della classificazione può essere la suddivisione<br />
dei pezzi in famiglie e la conseguenza può essere una decisione di organizzazione produttiva<br />
idonea.<br />
<strong>La</strong> ragione fondamentale dell’utilizzo del CAD è il suo legame con la produzione. Il<br />
primo passo per l’ottenimento di un prodotto è la stesura del disegno, poi viene la programmazione<br />
del processo produttivo, con la scelta dell’adatto tipo di macchine e di<br />
impianto, e la progettazione dell’utensileria che consenta la massima economia delle lavorazioni.<br />
Se il database contiene già la geometria del prodotto e le sue caratteristiche, il<br />
computer può eseguire una simulazione del processo produttivo, può vagliare le diverse<br />
alternative di impiego di macchine ed utensili, può valutare i relativi costi, individuare<br />
le richieste di materiali e di personale di controllo, in definitiva può prevedere i costi totali<br />
necessari per la produzione, prima che essa abbia effettivamente luogo, anzi prima<br />
che sia stato deciso troppo dettagliatamente il lay-out dei reparti, addirittura prima che si<br />
siano acquistate attrezzature, macchine ed impianto. E’ in questa fase che si possono<br />
stabilire i massimi livelli di collaborazione tra progettazione e produzione, i quali rappresentano<br />
l’aspetto positivo forse più rilevante della fabbrica del futuro.<br />
Certamente una tale impostazione collaborativa consente lo sviluppo in parallelo delle<br />
diverse fasi del progetto e della programmazione del processo, quindi consente di accorciare<br />
il tempo necessario al loro completamento, con straordinari vantaggi competitivi<br />
di introduzione nel mercato di nuovi prodotti.<br />
- 1.95 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Il vantaggio derivante dalla semplice introduzione del CAD varia da un’organizzazione<br />
all’altra, tuttavia, nel caso della General-Motors, l’introduzione di un nuovo modello<br />
ha permesso, all’inizio, di ridurre il tempo da 24 a 14 mesi.<br />
1.4.2.9.2.<br />
Il CAM.<br />
Questo supporto informatico è particolarmente adatto alle aziende che adottano uno<br />
schema di produzione a lotti fornendo a queste un’efficienza paragonabile a quella delle<br />
aziende con produzione in linea. Come sappiamo, la produzione in linea implica alti volumi<br />
ottenuti in una predeterminata sequenza e bassi costi. Invece, la produzione intermittente<br />
è più rivolta ai bassi volumi, all’alta variabilità di prodotto ed un flusso a salti<br />
dei materiali.<br />
A<br />
A A A<br />
C<br />
C<br />
C<br />
B<br />
B B<br />
fig. 1.27a. <strong>La</strong>y-out tradizionale per una produzione intermittente.<br />
A<br />
C<br />
B<br />
D<br />
A<br />
B<br />
A<br />
C D<br />
B<br />
D<br />
D<br />
C C<br />
fig. 1.27b. <strong>La</strong>y-out per una produzione secondo la group-technology.<br />
D<br />
B<br />
- 1.96 -<br />
D<br />
A<br />
B<br />
D
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Attraverso il CAM è possibile spianare il flusso intermittente, che è caratteristico della<br />
maggior parte della produzione industriale. Esso utilizza il computer per programmare<br />
i processi produttivi, controllare il flusso <strong>degli</strong> utensili, ottimizzare l’impiego delle<br />
macchine e controllare il flusso dei materiali. Con l’uso del computer è possibile cambiare<br />
rapidamente la serie di macchine impiegate, quando si devono produrre piccoli<br />
lotti, anzi è possibile far lavorare le macchine automaticamente, secondo un prescritto<br />
sistema di istruzioni ed alimentare in sequenza le stesse con i pezzi progressivamente<br />
lavorati. Allo stato dell’arte, per ottenere questo risultato è necessario organizzare i prodotti<br />
da ottenere in gruppi di prodotti simili, cioè di organizzarli in famiglie secondo il<br />
principio della group-technology.<br />
Per mostrare l’evoluzione della dislocazione produttiva, la fig. 1.27a mostra uno<br />
schema di lay-out tipico per una produzione a flusso intermittente. In esso le macchine<br />
sono raggruppate per funzione ed il prodotto segue un flusso a salti, mano a mano che<br />
esso subisce le varie lavorazioni. Nella successiva fig. 1.27b, il reparto è riorganizzato<br />
in celle secondo lo schema della group-technology, dove tutte le macchine richieste per<br />
completare le lavorazioni su una famiglia sono affiancate per funzione e si ottiene un<br />
flusso lineare molto più efficiente, con l’aggiunta di due sole macchine.<br />
Come detto, quando si riorganizza la produzione per celle, è spesso conveniente duplicare<br />
alcune macchine e, quindi, ridurre il grado di utilizzazione dell’impianto, in confronto<br />
al caso precedente. Tuttavia, i benefici globali dell’adozione della grouptechnology<br />
sono significativi, purché sia possibile garantire un sufficiente numero di<br />
pezzi da produrre per ogni cella.<br />
fig. 1.28. <strong>La</strong>y-out di un FMS.<br />
- 1.97 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Infatti, tali benefici sono derivanti dall’accelerazione del processo produttivo conseguente<br />
alla razionalizzazione della movimentazione dei pezzi nella cella. Basti pensare<br />
che in un reparto tipico a flusso intermittente i pezzi possono stazionare per il 95% del<br />
tempo in attesa che una delle macchine in grado di eseguire la lavorazione successiva<br />
del ciclo sia libera ed attrezzata. Con l’adozione del lay-out a celle, il tempo di attesa<br />
può essere grandemente ridotto ed anche è possibile che il flusso dei materiali sia preso<br />
in consegna dalla gestione del computer. Il risultato è spesso il ben noto sistema di produzione<br />
flessibile, l’FMS, di cui un esempio è riportato in fig. 1.28.<br />
Esso consiste di un impianto comprendente una serie di macchine, un sistema di alimentazione<br />
<strong>degli</strong> utensili e di convogliatori dei pezzi in lavorazione, da stazioni di carico<br />
e scarico dei pezzi, gestiti da un computer centrale e da computer periferici. I pezzi in<br />
lavorazione sono trasferiti da una stazione alla successiva e sia i trasferimenti, sia le lavorazioni<br />
sono svolte sotto il controllo del computer. I carrelli di trasferimento sono a<br />
propulsione elettrica autonoma e guidati spesso da cavi interrati. Questa procedura è<br />
portata avanti simultaneamente per più pezzi e più centri di lavoro, lungo percorsi diversi.<br />
volume, produzione per numero di pezzi<br />
alta<br />
bassa<br />
15.000<br />
2.000<br />
media<br />
500<br />
25<br />
bassa<br />
2<br />
sistema di<br />
produzione<br />
dedicato<br />
sistema di<br />
produzione<br />
speciale<br />
8<br />
flessibilità di produzione<br />
FMS<br />
100<br />
media<br />
capacità produttiva<br />
celle di<br />
lavorazione<br />
CNC<br />
macchine universali<br />
800<br />
alta<br />
varietà, numero di pezzi per prodotto<br />
fig. 1.29. Posizionamento dei sistemi produttivi nella matrice produzione-varietà di<br />
prodotto.<br />
<strong>Impianti</strong> simili agli FMS, ma in linea, sono stati impiegati per molti anni nella produzione<br />
di grande serie e di massa. Esempi noti sono le linee di lavorazione dei blocchi<br />
motore per autovetture, le quali possono comprendere anche 150 lavorazioni diverse su<br />
una stessa linea. Il blocco motore grezzo viene alimentato in testa alla linea ed è automaticamente<br />
trasferito da una stazione, posizionato automaticamente alla successiva e<br />
successivamente lavorato per asportazione di truciolo, con controllo automatico<br />
- 1.98 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
dell’usura <strong>degli</strong> utensili. Evidentemente si tratta qui di un sistema non flessibile, anzi a<br />
meccanizzazione estremamente rigida, in quanto ogni cambiamento richiede un pesante<br />
lavoro di adattamento della linea a trasferimento. Invece, con l’impiego di FMS (quindi<br />
di un’automazione soft), è ora possibile legare insieme macchine di tipo universale (meno<br />
costose!) che possono produrre una certa varietà di prodotti anche in piccoli lotti.<br />
Ovviamente, questo è possibile solamente con l’uso del computer per il controllo delle<br />
macchine e delle linee di trasferimento dei materiali.<br />
Il campo di applicazione dei livelli di meccanizzazione ed automazione detti è rappresentato<br />
in fig. 1.29. Si osservi come l’FMS è situato in una posizione intermedia per<br />
volume e varietà di prodotto. A destra dello schema, è impiegato un livello basso di automazione,<br />
mentre, in alto a sinistra (dove sono posizionate le produzioni ad alto volume)<br />
si vede l’area in cui è giustificato l’impiego di un elevato livello di automazione<br />
(rigida).<br />
Come riportato a titolo esemplificativo in appendice A1.4, il CAM può utilizzare il<br />
sistema CAPP come suo sottosistema. Col CAPP è possibile gestire l’intero processo<br />
produttivo, dalla progettazione alla produzione, con l’assistenza del computer. Dopo la<br />
progettazione assistita al CAD dei pezzi, il CAPP definisce i percorsi, la sequenza delle<br />
lavorazioni, la compatibilità e l’utilizzo delle macchine, gli utensili più opportuni da<br />
impiegare per le lavorazioni del pezzo e, se opportunamente interfacciato con i sistemi<br />
di analisi economica come si vede in A1.4, anche il costo di produzione.<br />
In A1.4 è riportato anche lo schema del software di programmazione e gestione integrata<br />
della produzione, specificatamente rivolto alle piccole e medie aziende. Esso è stato<br />
sviluppato nell’ambito del Programma Europeo ESPRIT. Non si tratta di un vero e<br />
proprio CIM, in quanto in esso non è stata sviluppata l’integrazione della progettazione<br />
del prodotto e dell’impianto produttivo con la programmazione della produzione, ma<br />
esso consiste di un CAPP ben interfacciato con un MRP evoluto, attraverso le informazioni<br />
ricavabili dal disegno CAD del prodotto.<br />
1.4.2.9.3.<br />
Il CIM.<br />
Nello scenario internazionale, accanto all’evoluzione dei mercati e delle strategie<br />
produttive, ha luogo un rapido sviluppo della tecnologia della produzione, sia come<br />
promozione, sia come effetto del cambiamento. Cinque sono i concetti delle tecnologie<br />
emergenti 12:<br />
• le nuove tecnologie cambiano hardware e software con l’intenzione di sostituire<br />
non solo le attività operative, ma anche quelle di controllo, di apprendimento e di<br />
decisione, sino alla creazione dell’esperienza,<br />
• il loro utilizzo efficace richiede l’integrazione di tutte le attività inerenti il sistema<br />
produttivo (progettazione, ingegneria di processo, pianificazione e controllo della<br />
produzione, distribuzione, ecc.),<br />
• si focalizzano sulla riduzione sia dei costi diretti, sia di quelli indiretti: il lavoro<br />
diretto sta diventando una componente poco influente dei costi totali di produzione,<br />
mentre stanno acquisendo rilevanza i lead-time, il work-in-process, le scorte di<br />
prodotti finiti e quelle di materie prime,<br />
• il successo della loro adozione è vincolato ad una profonda conoscenza dei processi<br />
produttivi ed alla volontà di sviluppare specifiche soluzioni,<br />
12 A. Demeyer, <strong>La</strong> produzione come fattore di competitività internazionale, Logistica d’Impresa, 54,1987.<br />
- 1.99 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
• la tecnologia e l’innovazione tecnologica sono problemi di carattere sempre più<br />
internazionale.<br />
Allora, quali sono le soluzioni tecnologiche verso cui si stanno muovendo i produttori<br />
internazionali e quali le proposte offerte in questo momento dal mercato? Lo schema<br />
grafico di fig. 1.20 fornisce una panoramica generale delle aree di intervento che la tecnologia<br />
ha raggiunto all’interno della fabbrica e riassume, per ognuna di esse, le classi<br />
di soluzioni tecnologiche realizzabili al livello attuale dello stato dell’arte.<br />
Come si vede, lo sviluppo tecnologico tende ad investire l’intera funzione produttiva,<br />
dalla progettazione di prodotto e di processo, al processo produttivo vero e proprio, sino<br />
al controllo della produzione.<br />
Per riguardo alla progettazione, abbiamo visto che gli sforzi sono diretti verso<br />
l’approccio integrato prodotto-processo, caratterizzato da strumenti che permettano una<br />
visione congiunta, sin dalle prime fasi progettuali, dei problemi relativi alle sinergie tra<br />
la struttura del prodotto e la struttura dei cicli di lavorazione.<br />
Nell’area di pianificazione e controllo, la tecnologia è invece orientata alla realizzazione<br />
di sistemi informativi-informatici che permettano una gestione ottimale delle risorse<br />
di produzione. L’intervento della tecnologia gestionale non si limita alle problematiche<br />
connesse con l’approvvigionamento dei materiali, ma investe anche quelle inerenti<br />
la capacità produttiva <strong>degli</strong> impianti (CRP: Capacity-Requirement-Planning) e la<br />
distribuzione fisica dei prodotti sul mercato (DRP: Distribution-Resource-Planning).<br />
All’interno del processo produttivo, possiamo individuare tre aree di interesse tecnologico:<br />
• la prima è costituita dagli impianti, intendendo con questo termine l’intero<br />
hardware del sistema produttivo, dalle logiche programmabili (PLC) utilizzate nel<br />
controllo di processo, ai robot di produzione, alle reti di comunicazione, ecc. cioè<br />
tutti i componenti tecnologici, di cui è costituita la fabbrica,<br />
• la seconda area comprende le soluzioni tecnologiche di movimentazione dei materiali,<br />
dai transpallet, ai robot, ai magazzini automatizzati.<br />
• la terza area raccoglie le tecnologie dedicate all’attività di controllo della qualità<br />
di processo, sia hardware (robot di misura) che software (CAT: Computer-Aided-<br />
Test, CAI: Computer-Aided-Inspection),<br />
Ma il salto qualitativo, realizzato nelle tecnologie produttive è rappresentato<br />
dall’integrazione delle tre aree citate, denominata organizzazione di processo, intendendo<br />
con questa definizione sistemi che utilizzano componenti appartenenti alle tre aree,<br />
collegati da un software adeguato che li organizza in isole di produzione.<br />
A questo livello appartengono i DNC (Direct-Numerical-Control), aggregazione di<br />
CNC (Computer-Numerical-Control) e di reti di comunicazione, le isole di fabbricazione<br />
composte di CNC, robot e sistemi CAT e transpallet per il trasporto dei materiali, sino<br />
agli FMS, che integrano macchine utensili, robot, carrelli autoguidati e magazzini<br />
automatici. Pertanto, la nuova tendenza tecnologica è focalizzata, più che<br />
sull’introduzione di nuovi strumenti automatizzati, sull’integrazione di quelli già esistenti,<br />
inserendo all’interno del sistema produttivo un valore aggiunto rappresentato<br />
dall’organizzazione delle singole funzioni. Il futuro tecnologico è rivolto al CIM inteso<br />
come un livello ancora più elevato di integrazione, non più limitato alle isole produttive<br />
o ad impianti flessibili, ma esteso alla progettazione di prodotto-processo ed alla pianificazione<br />
della produzione.<br />
- 1.100 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
<strong>Progettazione</strong><br />
Pianificazione<br />
e Controllo<br />
del Processo<br />
Organizzazione<br />
di<br />
Processo<br />
FMS DNC<br />
FAS<br />
FAP<br />
Isole<br />
di<br />
Fabbr.<br />
Prodotto<br />
Processo<br />
<strong>Impianti</strong><br />
Movimentaz.<br />
Materiali<br />
Controllo<br />
Qualità<br />
di Processo<br />
fig. 1.30. Classificazione <strong>degli</strong> strumenti CIM.<br />
1.4.2.9.4.<br />
<strong>La</strong> Robotica.<br />
CAD<br />
CAE<br />
CAM<br />
CAPP<br />
DRP<br />
Kanban<br />
MRP II<br />
Reti<br />
PLC<br />
Robot<br />
NC<br />
CNC<br />
Multipallet<br />
Transpallet<br />
AGVS<br />
Un robot industriale non è niente più di una macchina controllata dal computer, che<br />
può essere programmata per svolgere varie attività. Spesso, le parti distintive del robot<br />
sono la mano ed il braccio, le quali possono seguire movimenti antropomorfi. Le prime<br />
applicazioni sono state per lavori fastidiosi per la persona dal punto di vista della pericolosità<br />
dell’ambiente nel quale operare. Come è noto, lo sviluppo delle sue applicazio-<br />
- 1.101 -<br />
ASRS<br />
Robot<br />
CAT<br />
CAI<br />
SQC<br />
Robot
1. Il Contesto Produttivo.<br />
ni è esteso ad una varietà di operazioni, comprese la saldatura, la verniciatura,<br />
l’assemblaggio ed il trasporto e la manipolazione dei materiali.<br />
<strong>La</strong> complessità legata allo svolgimento di molte operazioni è un limite per l’impiego<br />
dei robot, in particolare l’accesso a pezzi posizionati in maniera casuale. Tuttavia, la<br />
possibilità di dare al robot la capacità di vedere e la conseguente di posizionare la mano<br />
può risolvere anche problemi di tale tipo.<br />
Una forma di automazione correlata alla robotica è la macchina utensile a controllo<br />
numerico (NC). Normalmente, essa non viene fatta appartenere alla robotica, nonostante<br />
essa sia gestita attraverso un computer e possa essere programmata allo svolgimento di<br />
attività diverse di lavorazione di taglio. Infatti, essa non possiede un braccio ed una mano,<br />
quindi non è flessibile come il robot. Ma essa è destinata ad un ruolo importante nella<br />
fabbrica del futuro, la quale consiste di un insieme di macchine a controllo numerico,<br />
di macchine convenzionali e di robot.<br />
Mentre l’impiego dei robot è giustificato principalmente dalla loro capacità di svolgere<br />
lavoro diretto, esso consente una grande quantità di ulteriori benefici, compresi la<br />
flessibilità ai cambiamenti di disegno dei pezzi, la possibilità di lavorare a tempo pieno<br />
sulle 24 ore, la capacità di svolgere lavori pericolosi e di garantire uniformità di qualità<br />
del prodotto. <strong>La</strong> giustificazione tradizionale dell’impiego dei robot tende ad ignorare<br />
questi due ultimi aspetti, privilegiando il semplice calcolo del ritorno dell’investimento,<br />
e spesso comporta una sorta di freno all’introduzione di queste macchine, che non hanno<br />
ancora raggiunto la diffusione attesa.<br />
Spesso l’indecisione ad introdurre il robot nel processo produttivo è legata anche ai<br />
costi previsti di manutenzione e di supporto del software. A parte che tali costi possono<br />
essere suddivisi su più robot, un solo robot può essere dedicato 24 ore al giorno alla gestione<br />
dei materiali da piazzare e da togliere dalle macchine utensili servite, e col coordinamento<br />
del flusso dei materiali può già garantire vere economie. Tuttavia, questo richiede<br />
una programmazione di lungo termine dell’automazione e non il semplice e progressivo<br />
rimpiazzo delle macchine, in modo incrementale. Infatti, non si deve pensare di<br />
sostituire l’attività manuale con robot sulla base delle singole operazioni del processo<br />
esistente. Al contrario, il processo produttivo ed anche il prodotto devono essere ridisegnati<br />
per ottenere il massimo vantaggio sia dall’impiego dei robot, sia da tutta<br />
l’automazione esistente. Dopo il ridisegno, molte operazioni possono essere eliminate<br />
od accorpate, perciò anche la necessità dell’impiego locale del robot può cadere, attraverso<br />
un processo di semplificazione, sempre richiesto. Perciò, il robot non deve essere<br />
considerato un operatore meccanico, piuttosto una parte integrante del processo produttivo.<br />
1.4.2.9.5.<br />
<strong>La</strong> Giustificazione della Fabbrica del Futuro.<br />
<strong>La</strong> giustificazione ed i benefici della costruzione della fabbrica del futuro derivano<br />
dall’integrazione dei vari elementi che vanno dal progetto del prodotto, alla programmazione<br />
delle lavorazioni, alla produzione, fino alla gestione del trasporto dei materiali.<br />
Perciò, la fabbrica del futuro è l’oggetto di una decisione strategica che influenza tutto<br />
l’apparato produttivo ed i suoi obiettivi: il costo, la qualità, la flessibilità e la distribuzione<br />
del prodotto.<br />
Se si adotta la strategia CIM, molti passi devono essere compiuti a partire dalla trasformazione<br />
della fabbrica tradizionale. Ad esempio si può procedere per isole di auto-<br />
- 1.102 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
mazione, nelle quali certe macchine a controllo numerico ed il sistema informatico sono<br />
messi insieme sotto il controllo del computer. Progressivamente, la computerizzazione<br />
viene introdotta in un database, in modo che le isole di automazione separate vengono<br />
mano a mano collegate insieme e vengono verificati i benefici del cammino verso la<br />
piena attuazione del CIM.<br />
Anche se il CIM non comporta uno sforzo di tipo diverso da quello per cui semplicemente<br />
una macchina è sostituita da un’altra, il livello di automazione del CIM è più<br />
difficile da raggiungere, ma, soprattutto, più costoso. Tuttavia, le promesse del CIM<br />
vanno ben oltre la riduzione dei costi e riguardano il vantaggio competitivo di garantire<br />
la migliore qualità, i migliori servizi al cliente, la maggiore tempestività delle consegne,<br />
la maggiore flessibilità, ecc.<br />
Si può dimostrare che tanto maggiore è il grado di integrazione, tanto maggiori sono<br />
i benefici del CIM. In tab. 1.XII si può notare che, ad ogni successivo livello di automazione<br />
raggiunto, il tempo (lead-time) necessario per compiere il cammino dalla progettazione<br />
fino alla produzione del bene viene progressivamente ridotto. Evidentemente, i<br />
più grandi benefici sono raggiunti con la massima collaborazione interfunzionale, e questo<br />
è uno dei problemi più critici che la dirigenza deve risolvere.<br />
tab. 1.XII. Effetto dell’integrazione.<br />
Grado di automazione e di integrazione lead-time [w] risparmio [w]<br />
nessuna automazione 52<br />
solo CAD 50 2<br />
integrazione progettazione prodotto-processo nel 44 8<br />
CAD<br />
integrazione totale del sistema con CAD e CAM 35 17<br />
integrazione col fornitore 26 26<br />
In particolare per le lavorazioni di lotti, la fabbrica del futuro è giustificata sulla base<br />
di economie di scopo, piuttosto che di economie di scala. Le economie di scopo sono<br />
definite come la capacità di produrre efficientemente una larga varietà di prodotti, mentre<br />
le economie di scala come la capacità di produrre efficientemente grandi volumi di<br />
prodotti standardizzati. <strong>La</strong> tecnologia CIM riduce i costi di cambio e di modifica di prodotto.<br />
Conseguentemente, possono essere economicamente prodotti piccoli lotti di prodotti<br />
simili, non è necessario standardizzare eccessivamente il prodotto, né organizzare<br />
le pesanti strutture commerciali legate al mercato dei prodotti di massa.<br />
1.4.2.9.6.<br />
<strong>La</strong> Giustificazione Economica <strong>degli</strong> Investimenti. L’Analisi Finanziaria.<br />
Un’osservazione attenta del comportamento economico nel comparto industriale<br />
mette in evidenza che gli investimenti sulla base tecnologica non vengono fatti in quantità<br />
sufficiente a mantenere competitiva l’attività. L’impiego di capitali e gli investimenti<br />
in R&D da parte dell’industria privata, come frazione del PIL, rimangono praticamente<br />
costanti in termini reali negli ultimi trent’anni, insieme al capitale investito per ora<br />
lavoro e la frazione di PIL dedicata ai nuovi investimenti. In pratica si osserva che<br />
- 1.103 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
l’impegno finanziario per l’innovazione tecnologica ed il futuro non si autoalimenta,<br />
probabilmente perché le forze finanziarie trascurano che la chiave di ogni profitto nel<br />
lungo periodo sono i nuovi prodotti ed i nuovi processi, i quali aiutano a mantenere i<br />
vecchi acquirenti, ma anche ad aprire nuovi mercati. Ne risulta che i profitti non vengono<br />
reinvestiti.<br />
<strong>La</strong> dimostrazione di ciò è che l’industria del nostro Paese esporta poco più del 15%<br />
di prodotti ad alta tecnologia, a confronto a più del 20% della Spagna, del 25% di Francia<br />
ed Inghilterra, del 30% della Germania e del 45% del Giappone.<br />
Probabilmente la mancanza di investimenti nell’industria è legata all’uso improprio<br />
delle tecniche di analisi del valore. Come si può vedere in appendice A1.1, tali tecniche<br />
sono basate sulla considerazione che avere in tasca 1€ oggi vale di più di averlo in tasca<br />
solo domani. Per esempio, ad un tasso annuo di interesse dell’8%, 1€ oggi avrà il valore<br />
di 1.08€ tra un anno, così come, allo stesso tasso di interesse, averlo tra un anno è come<br />
averne in tasca oggi 0.926. Se si usano i concetti del valore attuale, gli investimenti correnti<br />
devono essere confrontati con i guadagni futuri attraverso la conversione dei flussi<br />
di guadagni futuri in valori correnti e la valutazione dei progetti di investimento alternativi.<br />
Si possono incontrare vari problemi con l’uso delle tecniche del valore attuale, ciò<br />
che ne spiega l’uso errato nell’industria. Un problema è che esse non permettono<br />
l’interazione tra progetti di investimento alternativi, essendo più adatte alla valutazione<br />
dell’effetto della sostituzione di una macchina o del lancio di un progetto che può essere<br />
facilmente isolato. Invece, quando si deve considerare la fabbrica del futuro, si deve valutare<br />
la sostituzione di un intero mondo di macchine obsolete, perché la fabbrica del futuro<br />
rappresenta un concetto globale completamente evolutivo, nel quale la sostituzione<br />
di una singola macchina può rappresentare un investimento eccessivo, mentre può non<br />
esserlo la sostituzione di un intero impianto. Dunque, è richiesta una decisione a livello<br />
di sistema, piuttosto che una serie di decisioni singole.<br />
Spesso, l’uso delle tecniche di definizione del budget (del capitale) ha come risultato<br />
la determinazione di ratei di interesse troppo alti per giustificare l’investimento. I problemi<br />
causati dalla previsione di ratei di interesse troppo bassi è ben noto, mentre non<br />
sono altrettanto chiari i problemi causati dal risultato opposto. Un rateo di interesse<br />
troppo alto può portare a scoraggiare l’investimento e, quindi, a perdere posizioni competitive<br />
importanti, perché presuppone risultati dell’investimento troppo ottimistici. Esso<br />
può derivare da un’insufficiente conoscenza sia dei costi reali del capitale da parte<br />
dell’organizzazione, sia del rateo di ritorno dell’investimento reale che l’organizzazione<br />
può ragionevolmente avere da investimenti alternativi, come si può dedurre<br />
dall’esempio successivo.<br />
Esempio<br />
I costruttori di macchine utensili e di utensili spingono i propri clienti ad acquistare i modelli<br />
più nuovi della loro produzione, ma spesso i reparti di produzione costruiscono il prodotto con<br />
attrezzature vecchie.<br />
<strong>La</strong> Ingersoll-Milling-Machine Co di Rockford, Illinois non si comporta così, anzi ogni reparto<br />
produttivo deve giustificare per iscritto la decisione di tenere in attività ogni macchina che abbia<br />
più di 7 anni. <strong>La</strong> ragione generalmente accettata di non sostituire le macchine è solamente quella<br />
che le nuove macchine non garantiscono un significativo miglioramento di prestazioni dei vec-<br />
- 1.104 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
chi modelli. <strong>La</strong> conseguenza della politica adottata è che l’età media delle macchine della Ingersoll<br />
è di 6 anni.<br />
In generale, nell’industria di fabbricazione <strong>degli</strong> utensili, il 76% delle macchine ha più di 10 anni<br />
di vita ed il 40% più di 20.<br />
Il punto di confusione sorge quando si debba stabilire quale rateo di interesse sia corretto<br />
assumere, oppure quale rateo gonfi ingiustificatamente il cash-flow. In regime di<br />
stabilità, si assume che il costo reale del capitale sia intorno all’8% sopra l’inflazione.<br />
Questo è un dato che si può desumere dallo storico <strong>degli</strong> ultimi 40 anni e si riferisce ai<br />
commerci in condizione di stabilità e sicurezza dei mercati; attualmente, tale valore incorpora<br />
anche il rateo di inflazione e può essere appropriato per la previsione dei cashflow<br />
futuri in regime di inflazione sotto controllo. Perciò, se si usa un costo del capitale<br />
gonfiato al 10÷15%, è facile che i cash-flow futuri debbano essere ugualmente gonfiati<br />
per essere consistenti con le assunzioni, ma nella realtà questo può non succedere.<br />
Le tecniche del valore attuale tendono ad essere indirizzate verso l’espansione <strong>degli</strong><br />
impianti esistenti, piuttosto che verso la loro sostituzione con altri nuovi. Questo è<br />
dovuto al fatto che normalmente è meno costoso espandere un sistema esistente con una<br />
tecnologia modificata, piuttosto che partire con una tecnologia nuova. Tuttavia, una serie<br />
di decisioni incrementali di modifica per l’espansione del sistema, nel lungo periodo<br />
possono condurre ad un sistema complesso, il quale è caratterizzato più dalle vecchie<br />
tecnologie, piuttosto che dalle nuove.<br />
Perciò, le tecniche attuariali devono analizzare accuratamente quale alternativa si deve<br />
considerare alla proposta di investimento. L’alternativa di non far niente, in un mercato<br />
in evoluzione e competitivo, può portare a perdite di profitto, specialmente se la<br />
concorrenza fa dell’adozione delle nuove tecnologie un’arma competitiva per catturare<br />
quote di mercato. Tali perdite di cash-flow devono essere considerate in negativo, in<br />
quanto costituiscono un costo di mantenimento dello status quo, contrariamente a quanto<br />
si fa normalmente nei calcoli del valore attuale.<br />
Infine, gli effetti del reddito sono un modo per riflettere i miglioramenti delle quote<br />
di mercato conseguenti alla riduzione dei lead-time, al miglioramento della qualità, ecc.<br />
Questo tipo di benefici sono spesso trascurati, perché considerati leggeri, o difficili da<br />
valutare, ma questo porta a seri problemi poiché i benefici portati dall’adozione di nuove<br />
tecnologie vanno ben oltre la riduzione dei costi.<br />
Da quanto detto appare che la scelta della tecnologia è una decisione complessa, che<br />
coinvolge non solo calcoli attuariali ed analisi del valore, ma anche considerazioni strategiche<br />
ed effetti sociali. Anche se i responsabili della gestione hanno un eccitante spettro<br />
di tecnologie da cui pescare, la scelta deve essere informata piuttosto che informatica,<br />
ed essi devono tendere ad essere costruttori del proprio destino in materia di scelta<br />
della tecnologia.<br />
1.4.3.<br />
I Criteri Progettuali dei Sistemi Produttivi.<br />
Negli ultimi decenni, le scelte strategiche relative all’assetto del sistema tecnicoproduttivo<br />
sono state spesso al centro dell’attenzione <strong>degli</strong> studiosi di strategia delle<br />
imprese industriali. Tuttavia, nonostante la varietà e la ricchezza <strong>degli</strong> approcci propo-<br />
- 1.105 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
sti, è curioso constatare come, nella concreta prassi delle scelte aziendali, i comportamenti<br />
dei vertici siano riconducibili principalmente a due tipologie piuttosto elementari<br />
13:<br />
la prima e forse la più frequente è quella delle Aziende in cui non si riscontra in sostanza<br />
nessuna progettualità vera e propria, essendo le decisioni produttive fondamentali<br />
assunte in forma episodica (necessità di rinnovare impianti vecchi ed obsoleti, ampliamenti<br />
suggeriti da qualche opportunità di mercato, ecc.) o fortemente condizionata dalle<br />
disponibilità finanziarie. In questi casi, la caratteristica più evidente è la mancanza di<br />
coerenza: cioè si decide di muovere una delle leve di cui si dispone (grado di meccanizzazione<br />
od automazione, livello della capacità produttiva, grado di integrazione verticale,<br />
caratteristiche e professionalità della forza lavoro, sistemi di programmazione e controllo<br />
della produzione e dei materiali, ecc.), senza curarsi eccessivamente dell’effetto di<br />
tale decisione sugli altri elementi che caratterizzano il proprio sistema tecnicoproduttivo;<br />
la seconda tipologia, più evoluta, può ricondursi a quelle situazioni in cui le decisioni<br />
produttive vengono prese sulla base dello schema di riferimento (o modello concettuale)<br />
prevalente nello specifico momento storico, di solito proposto con grande enfasi nella<br />
letteratura internazionale della disciplina. Come in tutte le aree del management, anche<br />
la progettazione e la gestione dei processi produttivi è soggetta a mode e teorie che, nella<br />
maggior parte dei casi, sono esposte ad un rapido declino, ma che, finché sono in auge,<br />
vengono assunte come postulati od assiomi da non sottoporre a critica o verifica.<br />
Quello che viene presentato come un modello di successo in uno o alcuni contesti diviene<br />
rapidamente un luogo comune che viene trasferito ed applicato fideisticamente nel<br />
proprio contesto aziendale. In questi casi, si riscontra una coerenza interna molto maggiore<br />
(proprio in relazione all’applicazione di un modello che è stato progettato e messo<br />
a punto da qualche studioso), ma i risultati sono spesso molto diversi od addirittura opposti<br />
a quelli attesi.<br />
1.4.3.1. Gli Assiomi nella <strong>Progettazione</strong> dei Sistemi Produttivi.<br />
1.4.3.1.1.<br />
L’Automazione dei Sistemi Produttivi Manifatturieri.<br />
Nel decennio tra la metà <strong>degli</strong> anni ’70 e la metà <strong>degli</strong> anni ’80, almeno nelle imprese<br />
manifatturiere medio-grandi, le scelte produttive si sono orientate prevalentemente<br />
verso l’automazione, come risposta alle fortissime tensioni nelle relazioni industriali<br />
<strong>degli</strong> anni immediatamente precedenti (gli anni che in Italia vengono ricordati come<br />
quelli <strong>degli</strong> autunni caldi, ma che hanno caratterizzato tutte le economie occidentali avanzate).<br />
Cioè, l’automazione è stata vista in logica sostitutiva, come modo per ridurre<br />
la dipendenza dalla manodopera diretta le cui rivendicazioni e forme di lotta (rifiuto del<br />
lavoro parcellizzato, rifiuto della retribuzione a cottimo, microassenteismo, scioperi a<br />
scacchiera, ecc.) rendevano oltremodo difficile un ordinato funzionamento dei sistemi<br />
produttivi tradizionali. E’ nato lo slogan: il robot non sciopera!<br />
13 A. Brandolese, I nuovi criteri progettuali dei sistemi produttivi, Atti della Summer School in <strong>Impianti</strong><br />
<strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong>, Castel Ivano, 1998<br />
- 1.106 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Il periodo in esame è stato il decennio dell’automazione flessibile, la quale era<br />
l’unica che poteva essere perseguita nel settore manifatturiero (al contrario<br />
dell’industria di processo), in quanto doveva comunque garantire la versatilità sufficiente<br />
a produrre un’ampia varietà di prodotti diversi. In effetti, nelle industrie di processo<br />
l’automazione si era affermata ben prima e garantiva la stabilità delle variabili di processo<br />
principali (temperature, pressioni, viscosità, ecc.), anche in presenza di disturbi.<br />
E’ stato il decennio della grande illusione della fabbrica del futuro senza operai, traguardo<br />
sostenuto fortemente, com’era ovvio, dai costruttori di impianti, di macchinari e<br />
di sistemi informatici, che vedevano aprirsi un immenso mercato per i propri prodotti.<br />
Iniziata con piccole isole di automazione non integrate (FMS/FAS) e inserite a macchia<br />
di leopardo in un contesto produttivo tradizionale, il quale non poteva valorizzare<br />
pienamente la loro versatilità, la corsa proseguì verso livelli più elevati di integrazione e<br />
verso sistemi di complessità crescente, i quali erano consentiti dal progresso rapidissimo<br />
dei mezzi informatici. Così, si è potuta sfruttare compiutamente la elasticità di tali sistemi<br />
ed affidare a procedure software un numero sempre maggiore di funzionalità di<br />
controllo e di gestione in precedenza affidate agli uomini di reparto (diagnostica, gestione<br />
dei fermi macchina, scheduling di breve periodo, ecc.), secondo la logica sostitutiva<br />
detta.<br />
<strong>La</strong> flessibilità richiamata è il concetto secondo il quale il sistema è capace di far fronte<br />
alle oscillazioni di volume della domanda senza significative variazioni sul costo unitario<br />
di produzione. E’ evidente, ed è stato già detto sopra, che una struttura produttiva<br />
basata prevalentemente sulla capacità produttiva esterna sia più elastica di una basata<br />
sulla capacità produttiva interna, la quale, inoltre, è esposta a rilevanti rischi di insaturazione.<br />
Il paradigma (o luogo comune) finale di questa evoluzione è stato il CIM, il quale,<br />
giusto verso la metà <strong>degli</strong> anni ’80, descriveva l’Azienda come una piramide a più livelli,<br />
ognuno dei quali era presidiato e gestito da un sistema informatico in grado di scambiare<br />
informazioni con i sistemi informatici dei livelli adiacenti.<br />
1.4.3.1.2.<br />
Il Decentramento Produttivo.<br />
Un secondo assioma, affermatosi contemporaneamente al primo, è quello secondo il<br />
quale è meglio affidare ad altri (terzisti, componentisti, ecc.) la produzione di tutto ciò<br />
che si può. Le numerose motivazioni di questa scelta sono note e non è necessario approfondirle<br />
ulteriormente. Basterà ricordare che alcune di queste motivazioni (in questo<br />
modo l’Azienda può concentrare i propri investimenti ed il know-how del proprio personale<br />
sulle fasi critiche del processo, ci si garantisce un’elevata flessibilità, il prezzo<br />
pagato per le lavorazioni esterne è inferiore al costo industriale che si avrebbe eseguendo<br />
le lavorazioni all’interno, ecc.) si innestano e si aggiungono alla motivazione di fondo<br />
che è stata all’origine dell’inizio del processo di terziarizzazione e che, in definitiva,<br />
è la stessa che è stata alla base delle scelte di automazione viste in precedenza: il desiderio/volontà<br />
dei responsabili dei sistemi produttivi di eliminare la maggior parte dei problemi<br />
di gestione della fabbrica derivanti dalla conflittualità e dalle difficoltà nelle relazioni<br />
industriali.<br />
Questa tendenza verso la virtual-entreprise o hollow-corporation, tuttora fortemente<br />
presente nei comportamenti della maggior parte delle imprese industriali di qualsiasi<br />
dimensione, ha assunto varie connotazioni, anche abbastanza diverse tra loro, ma sem-<br />
- 1.107 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
pre riconducibili alla volontà sopra ricordata di ridurre la presenza e la responsabilità di<br />
gestione dell’azienda lungo il ciclo produttivo. A seconda del livello di decentramento,<br />
si possono individuare i seguenti passi:<br />
• semplice terziarizzazione di fasi normalmente a basso valore aggiunto ed alto contenuto<br />
di manualità,<br />
• comakership con fornitori di componentistica qualificata. Essa ha una forte motivazione<br />
non tanto nella possibilità, spesso enfatizzata, di ridurre le proprie scorte<br />
di componentistica, quanto nella possibilità, spesso trascurata e per la quale si richiede<br />
da entrambe le parti un approccio molto più convinto e trasparente di quanto<br />
non accada nel caso precedente, di realizzare il codesign di nuova componentistica.<br />
Questa assicura ai nuovi prodotti che vengono sviluppati in collaborazione<br />
un elevato livello di innovatività nelle prestazioni percepite dal mercato,<br />
• outsourcing per quelle fasi (confezione finale, spedizione e distribuzione fisica, ad<br />
esempio) od attività (manutenzione, elaborazione di dati, ecc.) ritenute estranee al<br />
core business dell’azienda,<br />
• internazionalizzazione o delocalizzazione di fasi rilevanti del proprio processo<br />
produttivo, alla ricerca di condizioni di fornitura a basso costo e meno soggette a<br />
vincoli sindacali o di normativa. Naturalmente, qui si aprirebbe tutto il discorso<br />
delle condizioni di lavoro nei Paesi in via di sviluppo, dove le norme di sicurezza<br />
vigenti nei Paesi più evoluti non saranno rispettate ancora per un numero imprevedibile<br />
di anni...<br />
1.4.3.1.3.<br />
Il JIT e la Lean-production.<br />
Nell’ambito dei sistemi produttivi, il paradigma certamente più diffuso in questi anni,<br />
e per il quale si può tranquillamente continuare a parlare di luogo comune, è quello di<br />
origine giapponese che è riconducibile ad un sistema produttivo ideale, in cui la produzione<br />
fluisce in modo regolare lungo il processo, praticamente senza scorte di pezzi<br />
(WIP, Work-in-Process), senza fermate per guasti, con zero difetti, e nel quale si passa<br />
da una varietà all’altra di prodotti in modo rapido ed efficiente.<br />
Questo paradigma è noto sotto vari termini, spesso presentati come un radicale superamento<br />
del passato anche recentissimo, ma che ad un esame critico rivelano solo differenze<br />
marginali: Just-In-Time, production-pull (in tiro diretto), Lean-production (produzione<br />
snella), Agile-Production, AMS (Advanced-Manufacturing-System), Posfordismo.<br />
Uno dei punti sui quali si è focalizzata l’attenzione <strong>degli</strong> studiosi di queste metodologie<br />
di gestione dei sistemi produttivi è sicuramente la riduzione dei tempi di attraversamento<br />
(throughput-time) e la proporzionale riduzione dei livelli delle scorte e di WIP.<br />
<strong>La</strong> riduzione delle scorte e del WIP è spesso visto come un obiettivo assoluto, da perseguire<br />
di per sé, anche se ovviamente non si tralascia di metterne in luce i vantaggi in<br />
termini di miglioramento dell’esposizione finanziaria dell’azienda, della reattività nei<br />
confronti dei clienti (come abbiamo visto, dei tempi di risposta), e della pressione psicologica<br />
sul fornitore che sa di non potersi permettere l’invio di componenti non conformi,<br />
pena l’arresto della produzione presso il cliente, il quale non dispone della riserva<br />
creata dalla scorta dei componenti.<br />
D’altra parte, è noto che esistono precise precondizioni di buon funzionamento, senza<br />
le quali è illusorio aspettarsi che un sistema produttivo funzioni correttamente Just-<br />
In-Time. Volendo ridurre all’osso l’elencazione di tali precondizioni, si possono citare:<br />
- 1.108 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
una domanda livellata dei prodotti finiti, una capacità produttiva esuberante, tempi di<br />
setup delle macchine ridotti, qualità di prodotto elevata e costante, vicinanza dei fornitori,<br />
ecc. Infatti, la caratteristica primaria del concetto di JIT differisce da quello convenzionale<br />
e si traduce nel fatto che il conseguente processo nel sistema produttivo esercita<br />
un’azione di traino (pull) sui processi precedenti, per quanto riguarda la richiesta di<br />
componenti. Questo comporta che la loro produzione deve essere congruente per i tipi<br />
di componenti e per il loro numero, al momento giusto.<br />
Le precondizioni di buon funzionamento sono difficilmente ottenibili nel breve periodo<br />
per molti contesti produttivi, anche se, certamente, possono rappresentare significativi<br />
obiettivi e traguardi a cui tendere attraverso processi di miglioramento continuo.<br />
Basta pensare a quanto usualmente il profilo della domanda dei prodotti finiti si discosta<br />
da quello di una domanda livellata, cioè stazionaria, o con piccole oscillazioni.<br />
1.4.3.1.4.<br />
Il Benchmarking.<br />
Un ultimo assioma assai diffuso suggerisce l’adozione della best-practice, dovunque<br />
la si trovi, anche in settori industriali lontani da quelli in cui opera l’azienda. Quindi,<br />
viene proposto il confronto diretto con le prestazioni ottenute dall’azienda sotto i profili<br />
più vari: tempi di risposta, livelli di servizio, costi della qualità e della non qualità, indici<br />
di produttività, incidenza dei costi informatici, ecc. Il pericolo di dedurre da questi<br />
confronti, necessariamente parziali, obiettivi assoluti da raggiungere ad ogni costo, senza<br />
analizzare le differenze tra i contesti operativi delle situazioni poste a confronto, è evidente.<br />
Il benchmarking è una delle attività di moda tra le iniziative collegate allo studio della<br />
qualità. Esso tende ad organizzare l'esame del miglioramento delle prestazioni ottenuto<br />
da altre organizzazioni mettendo in evidenza che esaminare è diverso dall'effettivo<br />
imparare come raggiungere tale miglioramento. 14 Molte organizzazioni reclamizzano i<br />
propri risultati, ma è inusuale che esse siano esaurienti sulla descrizione del modo in cui<br />
i miglioramenti abbiano influenzato il lavoro.<br />
Il benchmarking è uno dei più efficienti mezzi per identificare i miglioramenti che<br />
possono dare un significativo beneficio all'organizzazione, perciò è importante spiegare<br />
come esso possa essere fatto per dare il massimo vantaggio a quanti perseguono seriamente<br />
il miglioramento:<br />
• il miglioramento consiste nel raggiungimento di una migliore soddisfazione del<br />
cliente nel modo più efficiente;<br />
• se si deve innescare un processo di miglioramento continuo, si deve intendere che<br />
il successo deve essere perseguito con l'arte del possibile;<br />
• il benchmarking non è una novità. Tutti lo facciamo in qualche modo tutti i giorni.<br />
Ad esempio, possiamo osservare che un nostro collega ha trovato un modo più rapido<br />
di lavorare e cercheremo di imparare come tale miglioramento è stato raggiunto:<br />
glielo possiamo chiedere. Facciamo una mappa descrivendo la strada fatta<br />
dal collega e decidiamo le azioni da fare per ottenere quel miglioramento: come<br />
vedremo, il cammino del miglioramento è un viaggio senza fine.<br />
Come in tutte le attività di miglioramento, per identificare quella di benchmark più<br />
opportuna è meglio partire da un problema in un'area che sia facile da definire oppure<br />
14 P. Griffin, http://www.quality.co.uk/benchadv.htm, Quality Network, 1996<br />
- 1.109 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
da un'attività in cui il miglioramento dia il massimo beneficio possibile. In generale, non<br />
è facile individuare la necessità di miglioramento esaminando la nostra organizzazione<br />
dall'interno. Invece, è molto più agevole farlo guardando in un contesto più ampio, cioè<br />
studiando ciò che i compratori si aspettano ora, oppure a quali concorrenti tendono a rivolgersi.<br />
Ad esempio, nel 1991 l'MIT ha pubblicato uno studio che illustra la differenza tra gli<br />
impianti di produzione delle vetture in Giappone, negli Stati Uniti ed in Europa. Il risultato<br />
fu che l'Europa presentava la massima possibilità di miglioramento in quanto la<br />
produttività in ore per veicolo era di 16.8 in Giappone e di 36.2 in Europa: i produttori<br />
europei probabilmente credevano che un miglioramento significativo della produttività<br />
poteva essere il 30%, tuttavia lo studio dimostrava che un tale obiettivo li teneva ancora<br />
molto lontani, dietro ai giapponesi. I giapponesi potevano essere visti come i migliori al<br />
mondo: avevano una classe mondiale.<br />
Questo esempio illustra ciò che si deve raggiungere, ma non come. Fortunatamente,<br />
lo studio si riferiva anche alla strategia e mostrava come gli interventi più opportuni riguardavano<br />
l'addestramento <strong>degli</strong> operatori, il contenimento dell'assenteismo e delle<br />
nonconformità di prodotto, ecc. come abbiamo già visto in §1.1.3 e §1.1.4.<br />
Una volta che l'attività di miglioramento è identificata, si deve spendere più tempo<br />
possibile nel definirla: tanto più chiaro vediamo il problema, tanto più facile sarà identificare<br />
le differenze che portano al maggiore miglioramento.<br />
A questo punto, il problema è di come trovare un buon partner per il benchmarking.<br />
Una soluzione può essere trovata cercando tra i concorrenti di più alto livello, ma probabilmente<br />
sarà difficile ottenere da essi molte informazioni utili. Un'altra possibilità è<br />
di trovarlo all'interno, se apparteniamo ad una grande organizzazione, in cui altre divisioni<br />
possono svolgere attività simili. Infine, si possono studiare le organizzazioni di<br />
classe mondiale, che sono facilmente individuabili e che normalmente possono essere<br />
disposte a dividere le proprie conoscenze con organizzazioni non concorrenti o concorrenti<br />
non competitive.<br />
E' importante verificare di aver individuato l'attività da sottoporre al benchmarking, il<br />
quale non necessariamente essere della stessa industria. Preventivamente, si cerca e si<br />
studia il più possibile in altri settori, tra i compratori, i dati pubblicati, i consulenti, le<br />
associazioni di imprese, i database, ecc, in modo da ottenere il massimo di conoscenze<br />
prima del contatto diretto col partner. Infatti, questi deve essere incoraggiato a dire tutto<br />
con un approccio che dimostri l'orgoglio dell'organizzazione di poter avere una discussione<br />
altamente professionale con il partner e l'opportunità che dallo scambio di vedute<br />
possa discendere un miglioramento di cui entrambe le organizzazioni possono godere.<br />
Alcuni consigli:<br />
• essere sempre onesti ed aperti;<br />
• descrivere le aree di interesse, in modo da verificare che il partner effettivamente<br />
possa aiutare;<br />
• esaltare i benefici di uno scambio di esperienze professionale;<br />
• essere preparati a dare più informazioni riguardanti la nostra attività di quante si<br />
desideri riceverne in cambio;<br />
• conoscere la propria situazione in grande dettaglio, comprese le misure fatte delle<br />
attuali prestazioni;<br />
• identificare le aree critiche, prima di cominciare ad agire su di esse;<br />
• come raccogliere le informazioni:<br />
° sviluppare un questionario:<br />
- 1.110 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
- stendere il questionario con tutte le informazioni si desiderano ottenere,<br />
- ricordare di stendere le domande in modo da ricavare le massime informazioni<br />
comparative. I valori assoluti non hanno significato, se non sono supportati<br />
da tutti i dettagli. Esempi di domande utili sono:<br />
- domande aperte: come, dove, quando, chi, che cosa, …<br />
- domande con risposta di giudizio: molto importante, importante, non importante,<br />
…<br />
- rivedere il questionario con gli altri del team e cambiarlo per migliorarlo,<br />
- completare il questionario, applicandolo alla propria organizzazione. Questo<br />
è un buon test per verificare le domande ed assicurarsi che si possa rispondere<br />
ad analoghe domande fatte dal partner.<br />
° Indicare sempre la ragione per la quale le domande sono fatte. Di nuovo, questo<br />
verifica che tutte le domande sono veramente necessarie e serve per una diretta<br />
risposta quando il partner chiede: perché volete conoscere ciò?<br />
° parlare col partner, chiarire le aree di interesse, chiarire gli obiettivi, chiedere<br />
se tali aree di interesse sono state coperte precedentemente, cioè se le informazioni<br />
richieste sono già disponibili, presentare le domande principali, mostrare<br />
il questionario e chiarire i punti che potessero essere oscuri, programmare una<br />
visita in modo che occhi ed orecchie raddoppino la capacità di apprendere;<br />
• come condurre la visita:<br />
- preparare la visita con molta cura, controllando di avere tutte le conoscenze<br />
sull'organizzazione del partner e sulla propria;<br />
- organizzare un piccolo team (idealmente 2 persone) di cui uno è nominato<br />
leader;<br />
- definire chiaramente gli scopi e gli obiettivi,<br />
- memorizzare il questionario;<br />
- non prendere troppe note. Ricordare i punti chiave e scriverli fuori dalla sede<br />
del partner;<br />
- fornire ogni informazione richiesta dal partner, in modo da stabilire un rapporto<br />
di collaborazione reciproca;<br />
- ringraziare il partner tanto tanto;<br />
- fare le domande il più presto possibile, dopo la visita;<br />
• cosa fare delle informazioni avute:<br />
- usarle per confrontare similarità e differenze, per identificare chiaramente le<br />
opportunità di miglioramento;<br />
- dividere le conoscenze acquisite con tutte le parti interessate della propria organizzazione<br />
e decidere le azioni da prendere;<br />
- controllare i miglioramenti ed il benchmarking continuamente: le informazioni<br />
diventano rapidamente inservibili, mentre il miglioramento è un processo continuo.<br />
Alcune linee guida:<br />
• il benchmarking da solo non dice ciò che realmente i compratori vogliono. Se il<br />
prodotto od il servizio sono obsoleti, nessun miglioramento del processo produttivo<br />
potrà renderli competitivi;<br />
• il benchmarking è benefico solamente se si adottano le azioni di miglioramento;<br />
• cercare sempre di trovare come l'organizzazione partner ha raggiunto le sue prestazioni.<br />
Normalmente, questo è spiegato meglio dagli operatori, non dal<br />
management (il quale dirà quanto le prestazioni sono migliorate, ma non necessariamente<br />
come);<br />
• identificare sempre le aree specifiche di interesse e restare focalizzati su esse;<br />
- 1.111 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
• pianificare bene in anticipo, preparare questionari dettagliati e verificare di non<br />
aver dimenticato alcun punto chiave;<br />
• essere preparati a dare al partner più informazioni di quante non se ne ricevano;<br />
• ricordare che l'attività di miglioramento è continua e che il benchmarking perde di<br />
attualità rapidamente. Probabilmente i concorrenti continuano a migliorare in anticipo<br />
rispetto alla nostra organizzazione;<br />
• rimanere sempre onesti e profondamente professionali, si sarà benvenuti e si avranno<br />
più informazioni in futuro.<br />
1.4.3.2. Alcune Conseguenze.<br />
Ovviamente, non si vuole qui negare in toto la validità dei principi esposti sopra per<br />
sommi capi, perché questo tentativo da un lato disconoscerebbe gli indubbi contributi<br />
che ciascuno di tali principi ha apportato ai criteri di management dei sistemi produttivi,<br />
e dall’altro non sarebbe costruttivo in assenza di un sistema di controproposte concreto<br />
e completo, che sarebbe chiaramente velleitario formulare. Piuttosto, come anticipato in<br />
premessa, può essere utile evidenziare alcune possibili conseguenze dell’adozione acritica<br />
dell’uno o dell’altro paradigma. Questa analisi, chiaramente parziale, verrà condotta<br />
avendo come punto di riferimento alcune concrete realtà aziendali o specifici settori industriali,<br />
anche se, per evidenti motivi, si cercherà di evitare di individuare singole aziende<br />
adottando, come forma di rappresentazione, la descrizione di situazioni ipotetiche.<br />
Esempio<br />
Si analizzi la situazione in cui si potrebbe venire a trovare un’azienda manifatturiera che voglia<br />
applicare in una sua unità produttiva (supponiamo di montaggio a ritmo imposto) la maggior<br />
parte del paradigma CIM. Essa partirà dalla notevole rigidità della sua linea di montaggio, tradizionalmente<br />
caratterizzata da un sistema di trasporto collettivo delle unità in corso di lavorazione<br />
(trasportatore a catena) che è destinato a creare unità incomplete, dato che esse sono costrette<br />
dal sistema di trasporto ad avanzare, anche se in una stazione le operazioni previste non hanno<br />
potuto essere completate, o per l’assenza dell’operatore, o, più spesso, per l’insorgenza di mancanti<br />
tra i codici dei particolari che devono essere montati in corrispondenza di una stazione<br />
presa come riferimento.<br />
Una risposta a questo problema potrebbe essere costituita da un sistema di trasporto unitario<br />
(più costoso, ma tecnicamente realizzabile nell’ambito delle tecnologie di automazione flessibile,<br />
ad esempio mediante una flotta di AGV - Automated-Guided-Vehicles) che consenta ad ogni<br />
unità in lavorazione di abbandonare il flusso principale e porsi in attesa in occasione<br />
dell’insorgenza di una qualsiasi anomalia (mancanza di componenti specifici od esecuzione difettosa<br />
di qualche lavorazione).<br />
Il passo successivo potrebbe essere la messa a punto della strumentazione necessaria a rivelare<br />
in automatico tali anomalie, sostituendo in tal modo al controllo da parte dell’operatore di linea<br />
il controllo effettuato dal sistema.<br />
A questo punto ed in una logica di crescente integrazione gestionale (resa possibile dal progresso<br />
delle tecnologie informatiche), i progettisti dell’impianto potrebbero pensare ad un sistema<br />
che trasmetta in tempo reale l’informazione riguardante i codici mancanti al magazzino materiali<br />
in arrivo, e che inneschi, sempre in automatico, la procedura di verifica dell’esistenza di tali<br />
codici nel magazzino (con l’emissione della corrispondente documentazione per il prelievo im-<br />
- 1.112 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
mediato) e, in caso di verifica non andata a buon fine, la procedura di sollecito al fornitore (supposto<br />
nelle vicinanze) per consegna immediata.<br />
A questo punto, la chiusura dell’anello logico richiederebbe semplicemente che il software del<br />
sistema provvedesse a rimettere nella linea di montaggio l’unità che era stata posta precedentemente<br />
in attesa, proprio nel momento in cui un dispositivo automatico di trasporto (ancora un<br />
AGV) consegna alla stazione i particolari mancanti inviati dal magazzino.<br />
Anelli di regolazione e controllo, del tipo descritto nell’esempio qui sopra od ancora<br />
più complessi, sono stati proposti con enfasi nell’ambito del paradigma CIM, e sono stati<br />
effettivamente concepiti, progettati ed implementati nell’ambito di ambiziose realizzazioni<br />
di nuove unità produttive nel corso <strong>degli</strong> anni ’80. Peraltro, tali sistemi non hanno<br />
mai realmente funzionato in automatico così come erano stati pensati, cosicché gli<br />
elevati investimenti ad essi associati sono restati di fatto inutilizzati. In realtà, negli impianti<br />
realizzati negli anni successivi, tali concezioni sofisticate di automazione integrata<br />
di alto livello sono state sostanzialmente abbandonate a favore di livelli di automazione<br />
più leggeri, come la Lean-production.<br />
Le ragioni di tali insuccessi sono abbastanza evidenti, soprattutto a posteriori: perplessità<br />
e sfiducia iniziale da parte del personale di stabilimento nei riguardi di sistemi<br />
giudicati troppo complessi e concepiti a tavolino da persone giudicate non a conoscenza<br />
dei reali problemi della produzione, ed in più visti come modalità pensate al centro per<br />
ridurre l’autonomia e la discrezionalità della periferia: estrema difficoltà di messa a<br />
punto di tali sistemi integrati, che spesso possono essere collaudati pienamente solo in<br />
vivo, a fabbrica funzionante, conseguenti lunghi tempi di messa a punto e di funzionamento<br />
non soddisfacente, ed aumento della sfiducia iniziale e nascita di reazioni di rifiuto.<br />
In effetti, sistemi di questo tipo rappresentano la realizzazione più prossima<br />
all’obiettivo della unmanned-factory, in cui la maggior parte delle funzioni di gestione e<br />
controllo è affidata alle macchine. Ad un livello più alto di astrazione, possono essere<br />
considerati come una manifestazione dell’ideale illuministico, secondo cui, con una<br />
progettazione razionale, deve essere possibile prevedere la maggior parte delle situazioni<br />
future e le conseguenti contromisure. Tale ideale, ricorrente soprattutto nel pensiero<br />
occidentale, è in genere destinato all’insuccesso poiché, come è evidente, la realtà è<br />
sempre più complessa di quanto il più sofisticato progettista possa prevedere.<br />
Esempio<br />
Si supponga ora che un’azienda operante nel settore dei Personal Computer, che è un settore in<br />
rapida evoluzione sia dal punto di vista dei mercati, sia soprattutto da quello dei prodotti, pressata<br />
da una struttura di costi elevati, decida di adottare soluzioni basate su una sintesi dei due<br />
paradigmi del decentramento e della Lean-production (che, d’altra parte, presentano rilevanti<br />
punti di contatto e di ricopertura).<br />
L’azienda potrebbe iniziare ad affidare sistematicamente all’esterno, magari cercando tra i propri<br />
fornitori, porzioni sempre più importanti dei propri processi produttivi, poi via via si orienterebbe<br />
verso l’acquisto esterno di apparecchiature complete prodotte da terzi su specifica<br />
dell’azienda, fino ad arrivare a distribuire prodotti e sistemi interamente progettati, sviluppati e<br />
fabbricati da altri, magari concorrenti dell’azienda stessa.<br />
D’altra parte, questo iter apparirà congruente con alcuni principi della Lean-Organization che, in<br />
sintesi molto radicale, spingono a comprimere i costi di struttura che non aggiungono diretta-<br />
- 1.113 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
mente valore al prodotto, a ridurre le ridondanze, ad eliminare vari livelli intermedi di<br />
management, fino ad abolire la maggior parte delle unità di R&D e <strong>Progettazione</strong>, nella logica<br />
secondo cui anche l’innovazione e la progettazione di prodotto si possono acquistare<br />
all’esterno, scegliendo il meglio che si trova sul mercato. Purtroppo, come alcune aziende che<br />
hanno scientemente delegato all’esterno l’innovazione di prodotto hanno sperimentato, lo sbocco<br />
di questa strada è la rapida perdita di competitività e l’inevitabile declino, posto che, parlando<br />
di prodotti e tecnologie innovative, è semplicemente illusorio pensare di trovare sul mercato<br />
qualcosa di più della penultima generazione di innovazioni.<br />
Esempio<br />
Si esamini infine la situazione, meno estrema ma certamente molto più diffusa di un’azienda costruttrice<br />
di beni di consumo durevole (elettrodomestici), che, pur avvalendosi ampiamente del<br />
know-how di fornitori specializzati per la progettazione (secondo il concetto di codesign) della<br />
componentistica qualificata (azionamenti, sistemi di regolazione, ecc.), mantenga un diretto<br />
controllo sulla progettazione e lo sviluppo dei propri prodotti e sulle fasi di montaggio finale e<br />
collaudo ritenute determinanti in relazione alla qualità dei propri prodotti ed al rapporto con i<br />
propri mercati, mentre, in base alle logiche di decentramento, abbia deciso di realizzare le numerosi<br />
parti meccaniche a disegno da una rete di terzisti che lavorino su specifica e su commessa,<br />
dismettendo di fatto il proprio reparto di lavorazioni meccaniche.<br />
Potrebbe sorprendentemente accadere che la tanto conclamata elasticità di questo assetto<br />
produttivo metta in crisi l’azienda nei momenti di forte sviluppo della domanda di mercato,<br />
quando, d’altra parte, è evidentemente essenziale rispondere con puntualità e precisione alle<br />
richieste dei clienti. Infatti, l’azienda non dispone più del controllo della leva della capacità<br />
produttiva delle lavorazioni meccaniche, e la possibilità di montare e collaudare in tempo i<br />
propri prodotti dipende fortemente dalla disponibilità dei terzisti ad adeguarsi alle priorità ed<br />
alle esigenze dell’azienda, ovviamente in competizione, nei momenti di tensione della domanda,<br />
con le priorità ed esigenze di altre aziende anch’esse clienti <strong>degli</strong> stessi terzisti.<br />
Questo è quanto molte aziende dei settori sopra ricordati hanno sperimentato direttamente negli<br />
anni di forte ripresa, attorno al ‘94-’95, quando l’elevata domanda sul mercato delle lavorazioni<br />
meccaniche conto terzi provocò forti aumenti dei costi di trasformazione e, soprattutto, notevoli<br />
difficoltà nelle consegne verso i clienti finali.<br />
In situazioni di questo tipo, ciò che colpisce l’osservatore critico è l’atteggiamento di<br />
fatalismo con cui i responsabili aziendali reagiscono alle difficoltà, limitandosi, peraltro<br />
con impegno fuori discussione, ad una gestione giorno per giorno, che si riduce di fatto<br />
ad una riprogrammazione continua dello scheduling di breve periodo del reparto di<br />
montaggio, ad un continuo flusso di solleciti nei confronti dei terzisti, a pratiche di cannibalizzazione<br />
di pezzi già impegnati per altre produzioni, a favore di altre ritenute in<br />
quel momento più urgenti. Visibilmente, tutte queste pratiche, possono dare l’illusione<br />
di risolvere il problema di una consegna particolarmente pressante, ma non fanno che<br />
aggravare il problema più generale del mantenimento di un adeguato livello medio di<br />
servizio logistico (rapidità di risposta e puntualità). Invece, di rado accade di riscontrare<br />
nei responsabili un atteggiamento progettuale, secondo il quale, facendo tesoro delle esperienze<br />
precedenti, si cerca di utilizzare le leve a propria disposizione al fine di modificare<br />
il futuro assetto produttivo, con l’obiettivo esplicito di migliorare le predette prestazioni<br />
di servizio logistico.<br />
Va detto con chiarezza che, in assenza di un preciso orientamento progettuale del tipo<br />
qui indicato e di cui si fornirà qualche esempio, gli obiettivi di miglioramento del<br />
- 1.114 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
servizio logistico, che figurano sempre ai primi posti in tutte le formulazioni scritte della<br />
missione aziendale, sono destinati con altissima probabilità a restare nelle pagine del<br />
libro dei sogni.<br />
1.4.3.3. Una Possibile Via di Superamento.<br />
Gli esempi precedenti hanno cercato di mettere in luce, anche se certamente in modo<br />
parziale, i pericoli di un’adozione acritica dell’uno o dell’altro paradigma affermatosi in<br />
un dato momento storico. A questo punto, per converso potrebbe essere utile approfondire,<br />
sempre avvalendosi di una situazione presentata volutamente in termini ipotetici, i<br />
benefici derivanti da un corretto approccio progettuale al management dei sistemi produttivi.<br />
Esempio<br />
Si consideri un’azienda leader nel settore della stampa e finissaggio di tessuti di moda, la quale,<br />
influenzata anch’essa dalla tendenza al decentramento, si trovi ad un certo punto a disporre di<br />
una capacità produttiva interna di poco superiore al 30-35% del proprio fabbisogno, essendo il<br />
restante 65-70% assicurato da una rete di terzisti utilizzati a seconda delle necessità. In un settore<br />
produttivo soggetto a forti oscillazioni della domanda, quale quello della moda, una struttura<br />
produttiva elastica come questa è normalmente considerata un vantaggio. Peraltro, i reparti produttivi<br />
dell’azienda siano considerati eccellenti in termini di tecnologie disponibili, di knowhow<br />
del personale e di conformità della produzione ottenibile.<br />
Si supponga ora che l’azienda voglia cercare di trasformare la propria struttura produttiva, finora<br />
cresciuta per rispondere ad esigenze contingenti piuttosto che in modo pianificato, in una potente<br />
arma competitiva, chiedendosi, in particolare, se l’attuale livello di decentramento produttivo<br />
sia adeguato alle esigenze competitive dei propri mercati. Anche una superficiale conoscenza<br />
del settore consente facilmente di concludere che tali esigenze sono prioritariamente<br />
quelle della conformità della produzione e della rapidità e puntualità di consegna (servizio logistico).<br />
Invece, il basso costo della trasformazione è da considerare meno importante, anche se,<br />
in assoluto, certamente non trascurabile. Si sono considerate qui solamente le priorità competitive<br />
che possono essere influenzate dalla struttura produttiva. Infatti, è evidente che la scelta del<br />
mix di disegni e colori del campionario, essenziale per il successo delle collezioni, non dipende<br />
dalla struttura produttiva.<br />
Se questo è vero, è facile prevedere che, nelle stagioni favorevoli in cui la domanda di mercato è<br />
forte per l’intero settore, l’azienda potrebbe trovarsi in una situazione delicata. Infatti, è assai<br />
probabile che, col mercato in tensione, i terzisti che verranno saturati per primi (dall’azienda,<br />
ma anche dai suoi concorrenti) saranno quelli considerati migliori (in grado di garantire migliore<br />
conformità) e che, quindi, se si vorranno garantire ai propri clienti tempi di consegna accettabili,<br />
sarà ad un certo punto necessario ricorrere a terzisti meno qualificati con maggiore probabilità<br />
di ottenere produzioni non conformi, o, viceversa, per garantire elevati livelli di conformità,<br />
ci si troverà esposti al rischio di ritardi di consegna da parte dei pochi terzisti eccellenti. Cioè,<br />
l’azienda non è in grado di controllare la leva della capacità produttiva se non in piccola parte,<br />
essendo tale leva in larga misura sotto il controllo dei terzisti, in relazione all’elevato grado di<br />
decentramento produttivo. Perciò, nei momenti critici, essa si troverà a dover fare dei difficili<br />
compromessi proprio tra le due variabili competitive giudicate prioritarie (conformità e servizio<br />
logistico).<br />
Se, in conseguenza di questa analisi, l’azienda sarà capace di superare l’atteggiamento fatalistico<br />
per orientarsi verso un approccio progettuale, che miri ad evitare per il futuro di trovarsi in<br />
tale situazione delicata, potrebbe concludere che è necessario ridurre drasticamente il grado di<br />
- 1.115 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
dipendenza dall’esterno, per riappropriarsi decisamente del controllo della leva della capacità<br />
produttiva. Questa decisione, strategicamente corretta (che potrebbe essere implementata ampliando<br />
i propri reparti produttivi e definendo quote di capacità riservata presso uno o più terzisti<br />
qualificati o acquisendo tout court qualche terzista) risulterebbe nettamente in controtendenza<br />
rispetto al luogo comune già ricordato, secondo il quale è meglio produrre all’esterno quanto<br />
più si può.<br />
Tuttavia, un progetto di questo tipo rischierebbe di essere incompleto. Infatti, supponiamo che<br />
l’azienda sia ora in grado di controllare direttamente una quota significativamente maggiore del<br />
proprio fabbisogno di capacità produttiva (supponiamo il 60-65%), ma che il progetto non abbia<br />
interessato l’Ufficio di Programmazione della Produzione (come sarebbe probabile in una visione<br />
tradizionale, in cui le decisioni strategiche, come è certamente quella di raddoppiare la capacità<br />
produttiva, vengono prese dall’Alta Direzione senza coinvolgere le funzioni operative).<br />
Quindi, tale Ufficio continuerebbe ad operare come per il passato, saturando prioritariamente la<br />
propria capacità produttiva (ora molto maggiore) mano a mano che dalle funzioni commerciali<br />
pervengono ordini di produzione e ricorrendo solo successivamente, una volta impegnata completamente<br />
tale capacità, ai terzisti esterni. Infatti, questa logica di programmazione è strettamente<br />
legata all’obiettivo di minimizzare l’incidenza dei costi fissi (ammortamenti) e quindi il<br />
costo industriale, ed è certamente la più diffusa. Così, accadrebbe, questa volta quasi ineluttabilmente,<br />
che l’azienda si troverà costretta a ricorrere ai terzisti meno qualificati, essendo gli altri<br />
già stati impegnati dai concorrenti. L’obiettivo di ottenere contemporaneamente prestazioni<br />
eccellenti in termini di conformità e di servizio logistico verrebbe, quindi, completamente mancato,<br />
nonostante gli elevati investimenti fatti. Quindi, occorrerebbe premunirsi da un’eventualità<br />
di questo genere progettando, assieme all’Ufficio di Programmazione, una differente procedura<br />
di allocazione della capacità produttiva, la quale preveda, ad esempio, di ricorrere ai terzisti<br />
prima di aver saturato completamente la capacità produttiva interna, in modo da poter disporre<br />
di una quota significativa di capacità produttiva pregiata da utilizzare nei momenti critici, a stagione<br />
già inoltrata, per garantire ai clienti prioritari riassortimenti o completamenti di fornitura<br />
eccellenti per conformità e puntualità.<br />
Ma ancora il progetto potrebbe non essere completo. Infatti, potrebbe accadere che, al termine<br />
di una stagione di basse vendite a causa di una crisi non completamente prevedibile in anticipo,<br />
l’Alta Direzione, esaminando i consuntivi del costo unitario di produzione forniti dal Controllo<br />
di Gestione, chieda conto all’Ufficio Programmazione dell’aver utilizzato terzisti esterni nonostante<br />
la mancata saturazione della capacità produttiva interna. Se ciò accadesse, sicuramente<br />
l’anno successivo l’Ufficio Programmazione tornerebbe ad adottare la vecchia procedura di allocazione<br />
della capacità produttiva, che prevedeva prioritariamente la saturazione della capacità<br />
interna. Tuttavia, ciò vanificherebbe del tutto l’intero progetto, il quale, dunque dal punto di vista<br />
strategico, non sarebbe stato giustificabile fin dall’inizio. Quindi, per completare il progetto,<br />
occorrerebbe che l’Alta Direzione, in quanto promotrice, fosse consapevole da subito delle sue<br />
principali implicazioni e conseguenze, in modo da assicurare comportamenti congruenti con tale<br />
decisione, anche a distanza di tempo dalla decisione iniziale.<br />
1.4.3.4. Qualche Ulteriore Spunto.<br />
Al di là dell’esempio ora discusso, il quale evidenzia come la scelta del corretto livello<br />
di decentramento produttivo vada progettata alla luce <strong>degli</strong> obiettivi strategici di servizio<br />
logistico e <strong>degli</strong> elementi del contesto (piuttosto che per ridurre i problemi di gestione<br />
interna delle proprie unità produttive), meritano di essere citati altri punti sui quali<br />
in anni recenti le aziende più avvertite hanno iniziato uno sforzo di riprogettazione e<br />
di superamento dei luoghi comuni citati in precedenza.<br />
L’automazione del sistema produttivo, intesa in senso lato fino a comprendere<br />
l’informatizzazione ed il monitoraggio in tempo reale, non è più considerata principal-<br />
- 1.116 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
mente in logica sostitutiva, cioè come un modo per ridurre la dipendenza dal personale<br />
di reparto riducendo il numero <strong>degli</strong> addetti e le funzioni di cui sono responsabili, piuttosto<br />
viene vista come uno dei mezzi più efficaci per garantire preassegnati livelli di<br />
conformità della produzione (avvalendosi delle caratteristiche di ripetitività ed autocontrollo<br />
tipiche dei sistemi automatizzati), quindi in definitiva per aumentare il valore dei<br />
prodotti là ove la conformità sia un fattore critico di competitività: anche in questo caso,<br />
l’attenzione si sposta dall’interno della fabbrica e dai suoi problemi verso l’esterno e<br />
verso i rapporti dell’azienda con il suo mercato. Quindi, l’impegno progettuale e gli investimenti<br />
in automazione si concentrano sulle fasi ed i processi che maggiormente incidono<br />
sulla conformità (lean-automation), rinunciando all’idea di un’automazione integrale<br />
ed integrata. D’altra parte, ciò è congruente con la graduale tendenza alla rivalorizzazione<br />
del ruolo del personale di fabbrica, delle sue capacità e della sua professionalità,<br />
in atto anche nelle grandi aziende, proprio là ove fino a poco tempo addietro aleggiava<br />
l’utopia della unmanned-factory completamente automatizzata. I nuovi modelli<br />
organizzativi sono pensati come parte integrante della strategia competitiva<br />
dell’azienda.<br />
Dopo anni di applicazione acritica delle tecniche Just-In-Time (con risultati caratterizzati<br />
da molte luci, ma anche da molte ombre), alcuni responsabili di sistemi produttivi<br />
hanno cominciato a cogliere quale è il vero significato <strong>degli</strong> sforzi miranti a ridurre i<br />
tempi di attraversamento di un generico processo produttivo multistadio: solo quando si<br />
coglie questo significato, sottile e spesso sfuggente, andando al di là del facile obiettivo<br />
della riduzione dell’impegno finanziario dovuto alle scorte elevate, si capisce definitivamente<br />
che occorre perseguire la riduzione dei tempi di attraversamento con tenacia,<br />
continuità e gradualità, con una visione di medio-lungo periodo, come motivo dominante<br />
della gestione manageriale delle proprie unità produttive, senza accontentarsi di drastici<br />
interventi di breve termine, che spesso creano più danni che benefici. Non sono rari<br />
i casi in cui un’applicazione acritica dei principi del Just-In-Time ha portato a ridurre<br />
bruscamente tutte le scorte o giacenze lungo il ciclo produttivo, comprese le scorte polmone<br />
a valle di uno stadio caratterizzato da elevata rigidità (lunghi tempi di setup) e,<br />
quindi, obbligato a produrre a lotti grandi. Tutto ciò, senza preoccuparsi di modificare<br />
l’impianto per ridurne la rigidità e violando una delle ipotesi di buon funzionamento dei<br />
sistemi Just-In-Time. Le conseguenze sono state estremamente negative in termini di<br />
stock-out, di caduta dei livelli di servizio al cliente, ecc.<br />
Esempio<br />
Si consideri una classica produzione su commessa ripetitiva, in cui gli addetti al montaggio di<br />
un lotto di un assieme complesso (peraltro, già effettuato molte volte in precedenza), appena iniziato<br />
il montaggio della prima unità, si accorgano che l’impiego di uno dei componenti previsti<br />
dalla distinta base presenta difficoltà di montaggio e porta comunque alla realizzazione di un<br />
assieme non conforme. Scartato l’esemplare del componente in questione, la cosa si ripete con il<br />
successivo e, nuovamente, col terzo esemplare. Il montaggio viene sospeso e si procede alle necessarie<br />
verifiche, le quali permettono di constatare che le grandezze critiche (poniamo di natura<br />
meccanica od elettrica) <strong>degli</strong> esemplari del componente rientrano tutte nelle tolleranze stabilite<br />
(anche se al limite superiore dell’intervallo di conformità), cosicché non si può parlare di errore<br />
né da parte del fornitore, né da parte del controllo di accettazione in ingresso. L’indagine di natura<br />
tecnica per capire il motivo della nonconformità generatasi nella situazione descritta coinvolge,<br />
allora, i progettisti del prodotto finito, i quali, dopo qualche giorno, identificano il motivo<br />
in un errore nelle tolleranze stabilite per alcune parti impiegate nell’assieme. Infatti, non era mai<br />
successo prima che i pezzi del componente in esame (al limite superiore del campo di tolleran-<br />
- 1.117 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
za) si dovessero accoppiare con altre parti, a loro volta al limite inferiore del proprio campo di<br />
tolleranza, di modo che non ci si era mai accorti di questo errore di progetto. L’errore viene corretto<br />
attraverso la formalizzazione di una modifica tecnica, che viene comunicata ai fornitori, di<br />
modo che per il futuro l’inconveniente non dovrebbe più verificarsi.<br />
Tornando al montaggio nel momento in cui la produzione è stata sospesa, supponiamo, da un<br />
lato, che il Responsabile di Produzione sia pressato dalla Direzione Commerciale (la consegna è<br />
urgente perché il cliente, uno dei principali dell’azienda, ha già sollecitato e si intendono rispettare<br />
i tempi di consegna) e, dall’altro, che l’azienda, non essendosi ancora impegnata in un progetto<br />
di riduzione dei tempi di attraversamento e delle scorte, abbia con i suoi fornitori rapporti<br />
tradizionali mirati al contenimento del costo di fornitura, con lotti grandi e consegne mensili. A<br />
questo punto, il Responsabile di produzione arriva rapidamente alla conclusione che tutti i pezzi<br />
del componente in esame presenti in azienda (in reparto e nel magazzino materiali) creeranno lo<br />
stesso inconveniente e che, prima di poter ricevere dal fornitore una nuova consegna di pezzi<br />
buoni passerà un tempo significativo (da un paio di settimane ad un mese). In questo contesto e<br />
nonostante gli impegni formali che l’azienda ha liberamente assunto ed esplicitato nei riguardi<br />
della qualità della conformità dei propri prodotti, nonostante gli estesi programmi di formazione<br />
sulla qualità a cui tutti i livelli operativi dell’azienda hanno partecipato, è altamente probabile<br />
che la pressione psicologica del dover consegnare induca il Responsabile di Produzione, con<br />
l’avvallo o per lo meno senza l’opposizione del Responsabile della Qualità, a qualche compromesso<br />
sulla conformità del prodotto finito: cioè, si cercherà, con adattamenti, aggiustaggi, ecc.<br />
di fare in modo che il prodotto finito sia più o meno conforme, salvo poi gestire con il cliente<br />
eventuali rilievi sulla conformità.<br />
Supponiamo ora una situazione del tutto identica a quella descritta, ma nella quale l’azienda abbia<br />
da tempo efficienti rapporti Just-In-Time con i propri fornitori, con consegne giornaliere e<br />
scorte ridotte di componenti. <strong>La</strong> tentazione, da parte del Responsabile di Produzione, di scendere<br />
a compromessi con la conformità del prodotto finito scomparirà, poiché egli sa che fin dal<br />
giorno successivo (al limite) potrà ottenere dal fornitore una consegna di pezzi buoni e che,<br />
quindi, non si creeranno ritardi significativi alla consegna del prodotto finito.<br />
Perciò, la spinta verso la riduzione delle scorte e dei tempi di attraversamento è<br />
l’arma più potente che un’Alta Direzione seriamente impegnata a migliorare la qualità<br />
dei propri prodotti ha a disposizione per non innescare nei responsabili operativi la tentazione<br />
a pericolosi compromessi sulla conformità. E’ questo effetto indiretto, ma di<br />
grande efficacia, difficilmente quantificabile in termini monetari perché agisce a livello<br />
psicologico, che costituisce il significato più profondo dei progetti di riduzione delle<br />
scorte, e che deve spingere a perseguire tali progetti con determinazione. E’ doveroso<br />
ricordare che tutte le decisioni e scelte strategiche hanno in comune la caratteristica<br />
della non completa quantificabilità: cioè, sarebbe illusorio pretendere una quantificazione<br />
completa ed oggettiva di tutti gli elementi in gioco (difficoltà, costi, benefici, opportunità,<br />
rischi, ecc.) in termini di IROR, NPV, ecc. Ciò non significa che, anche in ambito<br />
strategico, non si debba fare ogni sforzo per quantificare il più possibile i termini del<br />
problema in esame e le possibili alternative di soluzione.<br />
Si potrebbe obiettare che la situazione presentata dovrebbe essere rara o che comunque<br />
si tratta di un’eccezione, dato che quanto descritto aveva avuto origine da un errore<br />
di progettazione, che un bravo Progettista (o un Ufficio Tecnico organizzato con appropriati<br />
controlli, riesami, verifiche e validazioni della progettazione) non dovrebbe commettere.<br />
Invece, è facile convincersi che, per la maggior parte delle imprese manifatturiere,<br />
impegnate in un continuo rinnovo ed ampliamento della gamma dei propri prodotti,<br />
ed obbligate a lanciare sul mercato i nuovi prodotti con tempi di sviluppo sempre più<br />
brevi, nonostante tutto l’impegno e tutta la capacità dei progettisti e dell’Ufficio Tecni-<br />
- 1.118 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
co, gli errori di progetto e la necessità di modifiche tecniche su prodotti già rilasciati<br />
rappresentano ormai da tempo la situazione normale: quindi, un progetto attento dei criteri<br />
di gestione del sistema produttivo e dei rapporti coi fornitori non può prescinderne,<br />
ma dovrà cercare i correttivi più adatti, come sopra indicato.<br />
1.4.4.<br />
L’Analisi del Flusso del Processo.<br />
Negli ultimi capitoli abbiamo trattato le decisioni di alto livello nel progetto del processo.<br />
Esse determinano il tipo di processo ed il tipo di tecnologia da impiegare. Una<br />
volta prese le decisioni di alto livello, si può procedere alle decisioni di minor livello, le<br />
quale determinano il flusso del processo e la conformazione del lay-out. Le decisioni di<br />
più basso livello influenzano sempre anche altri aspetti della produzione, comprese le<br />
decisioni sullo scheduling, i livelli di materiali impiegati, la grandezza dei lotti ed i metodi<br />
di controllo della qualità da usare.<br />
Lo studio del flusso del processo tratta direttamente il processo di trasformazione, il<br />
quale può essere visto come una serie di flussi che vanno dagli input agli output e può<br />
essere analizzato vedendo come un prodotto è costruito e come viene reso disponibile al<br />
mercato. Quando la sequenza dei passi da usare nella conversione dagli input agli output<br />
è stata analizzata, spesso si sono scoperti anche i modi ed i metodi migliori per realizzarla.<br />
L’analisi del flusso del processo si basa sulla stesura del flowchart, col quale si dispone<br />
di un potente mezzo per la ricerca del modo più razionale per realizzare un processo<br />
produttivo.<br />
1.4.4.1. Il Processo di Trasformazione come Sistema.<br />
Prerequisito all’analisi del flusso del processo è la definizione del processo di trasformazione<br />
come sistema. Questo richiede l’identificazione di quale sistema sia più<br />
importante analizzare, definendone i confini, gli appropriati input ed output ed i flussi.<br />
Usualmente, il sistema è definito come insieme di elementi interconnessi, in cui il<br />
tutto è più della somma dei singoli elementi, esattamente come un corpo umano deve<br />
essere considerato più della somma <strong>degli</strong> arti, del cervello, ecc, cioè più della somma<br />
<strong>degli</strong> elementi che lo costituiscono e che non possono svolgere la propria funzione senza<br />
il contributo di tutto il resto.<br />
Anche la fabbrica è un sistema ed i suoi elementi costitutivi sono le funzioni di marketing,<br />
di produzione, ecc. ma essa è di più della somma delle proprie funzioni, le quale,<br />
individualmente non potrebbero raggiungere proficuamente alcun obiettivo.<br />
D’altra parte, anche la produzione può essere vista come un sistema, identificando il<br />
processo di conversione e trasformazione, come fatto in §1.2.11, isolando il processo<br />
produttivo dall’ambiente e definendolo in termini di input, output e di metodo di trasformazione<br />
usato. Tuttavia, la parte più difficile dell’analisi del processo fatta usando<br />
l’approccio sistemico è la definizione del contorno del sistema, quello che separa il sistema<br />
produttivo dall’ambiente. Il contorno definisce quanto il sistema è grande, ma la<br />
selezione del contorno è arbitraria ed il sistema può essere grande o piccolo a piacimento,<br />
dipendentemente dal particolare problema da studiare. Il contorno deve comprendere<br />
- 1.119 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
tutte le interazioni importanti all’interno del sistema, ma è sempre difficile definire esattamente<br />
cosa deve essere considerato e cosa può essere escluso.<br />
Normalmente (nell’analisi del flusso del processo produttivo), si considera come<br />
massimo sistema l’intera funzione produttiva e, se si dovesse prendere in considerazione<br />
un sistema ancora più grande, significherebbe che le decisioni riguardano responsabilità<br />
di livello più elevato, quindi al di fuori dell’analisi.<br />
Esempio<br />
Per illustrare questi concetti, consideriamo una piccola banca locale, localizzata in una località<br />
di 100.000 abitanti, dove esistono altre 5 banche. <strong>La</strong> banca impiega 20 persone: 7 di esse sono<br />
cassieri, 6 registrano le transazioni da conti correnti, assegni e prestiti, 2 seguono le nuove richieste<br />
di conto e 5 seguono i mutui dei nuovi clienti. <strong>La</strong> banca utilizza il servizio di un computer<br />
di una banca corrispondente, la quale processa le operazioni e tiene i libri contabili.<br />
<strong>La</strong> banca considera la possibilità di installare uno sportello automatico, cercando di individuare i<br />
contorni del sistema che risulta influenzato da questa decisione. Applicando i principi appena<br />
discussi, tutte le componenti dell’organizzazione locale potrebbero essere incluse nella definizione<br />
del sistema. Tuttavia, mentre il nuovo sportello sostituirà molte operazioni di cassa, poiché<br />
la cassa distribuisce direttamente il denaro ai clienti ed incassa i depositi, si può facilmente<br />
presumere che il reparto che tratta i mutui dei nuovi clienti è fuori dal sistema, ma non lo sarà il<br />
reparto che tratta i nuovi conti correnti, poiché sui nuovi conti sarà offerto il servizio di sportello<br />
automatico. Così, il lavoro dei 6 impiegati che registrano le transazioni non sarà influenzato dal<br />
nuovo sportello, poiché il loro lavoro non subirà variazioni, non potendosi distinguere tra le operazioni<br />
svolte normalmente e quelle fatte attraverso lo sportello automatico.<br />
Dall’esempio fatto si può capire come l’approccio sistemico all’analisi di processo<br />
aiuta a definire i contorni del sistema ed identifica quelle operazioni che sono influenzate<br />
dalla decisione presa. In modo assolutamente simile si possono individuare gli input,<br />
gli output e le trasformazioni nel processo produttivo. Gli effetti della decisione per la<br />
banca coinvolgono la professionalità del personale ed i servizi offerti alla clientela, ma<br />
anche la qualifica dei tecnici della manutenzione dello sportello automatico, ed essi, insieme<br />
agli altri, devono essere tenuti in conto nell’analisi del processo.<br />
1.4.4.2. L’Analisi mediante la Stesura del Flowchart.<br />
I flowchart sono usati per descrivere e migliorare il processo di trasformazione del<br />
processo produttivo. Per aumentare l’efficacia e l’efficienza dei processi produttivi, possono<br />
essere utilizzati, modificandoli, i seguenti strumenti:<br />
• i materiali grezzi,<br />
• il disegno del prodotto,<br />
• la programmazione dei lotti,<br />
• i passi del processo impiegato,<br />
• le informazioni del controllo di gestione, gli utensili, le attrezzature, le macchine o<br />
l’impianto.<br />
Cioè, l’analisi del processo può avere un forte effetto su tutto il comparto produttivo.<br />
- 1.120 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Come detto, l’analisi del flusso di processo è pesantemente dipendente<br />
dall’approccio sistemico e, per analizzarne il flusso, deve essere selezionato il sistema di<br />
maggiore rilevanza, devono essere descritti gli input, gli output, i contorni e le trasformazioni.<br />
Con questa impostazione, si devono seguire i seguenti passi:<br />
• decidere gli obiettivi da raggiungere: miglioramento dell’efficienza, riduzione dei<br />
tempi di attraversamento, miglioramento dell’efficacia, aumento della potenzialità<br />
produttiva, miglioramento del morale della manodopera, ecc.<br />
• selezionare il sistema (il processo produttivo rilevante) per lo studio, cioè l’intero<br />
sistema produttivo od una parte di esso,<br />
• descrivere il processo di trasformazione corrente per mezzo di flowchart e misure<br />
di efficienza,<br />
• sviluppare un progetto di miglioramento del processo, rivedendo i flussi, gli input,<br />
gli output. Normalmente, il processo modificato viene rappresentato mediante un<br />
nuovo flowchart,<br />
• ottenere l’approvazione dei responsabili del progetto del nuovo processo,<br />
• implementare il nuovo progetto.<br />
Si noti che questo metodo si basa su un impianto esistente da migliorare, tuttavia è chiaro<br />
che, se questo non fosse vero, i passi 3 e 4 sarebbero fatti con riferimento al processo<br />
desiderato, ed il resto rimarrebbe non modificato.<br />
1.4.4.3. L’Analisi del Flusso dei Materiali.<br />
L’analisi del flusso dei materiali in montaggio è stata una delle prime applicazioni<br />
dei principi dell’analisi del flusso di processo. Essa risale ai primi del ‘900, come applicazione<br />
dei principi di gestione scientifica del Taylor. Innanzitutto, si divideva l’intero<br />
processo in elementi, i quali venivano studiati con cura con riferimento alle interconnessioni<br />
con gli altri, in modo da aumentare l’efficienza globale del processo.<br />
Oggi, l’analisi del flusso dei materiali assume minore rilevanza, a favore della riduzione<br />
dei tempi di attraversamento, cioè il tempo che intercorre tra l’ordine, le lavorazioni,<br />
il montaggio e la spedizione del prodotto. Essenzialmente, il tempo di attraversamento<br />
si riduce comprimendo gli sprechi nel processo, rappresentati da ogni operazione<br />
che non aggiunge valore durante il processo, e che sono costituiti dai tempi in cui i materiali<br />
sono fermi nei magazzini, anche intermedi, i tempi in cui essi sono trasportati da<br />
una stazione di lavoro ad un’altra, i tempi di controllo, ecc: in definitiva, solo i tempi<br />
reali di lavorazione aggiungono valore.<br />
Per ottenere questo risultato, il flusso dei materiali deve essere descritto in grande<br />
dettaglio e ciò si ottiene con l’analisi di 4 tipi di documenti:<br />
• i disegni di assemblaggio o, in alternativa, le schede di assemblaggio,<br />
• le schede di lavorazione e di montaggio,<br />
• le schede del processo di trasporto.<br />
Il disegno di assemblaggio è steso per specificare come i pezzi lavorati devono essere<br />
montati, sono sviluppati dall’Ufficio di Ingegnerizzazione e sono comunicati alla produzione.<br />
Un esempio è quello di fig. 1.31. Come si vede, per mostrare chiaramente le<br />
fasi di montaggio, talvolta sono disegnati gli esplosi, che rappresentano i singoli passi<br />
del processo di assemblaggio ed i pezzi che compongono il prodotto finito.<br />
Le schede di lavorazione sono ancora più dettagliate dei disegni di assemblaggio,<br />
poiché esse riportano le attività richieste per il completamento di ogni singolo pezzo.<br />
- 1.121 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Sono elencate le singole macchine utilizzate ed il lavoro manuale richiesto, con<br />
l’indicazione <strong>degli</strong> utensili e le attrezzature necessarie. In alcuni casi sono specificati<br />
anche i tempi previsti per ogni operazione. <strong>La</strong> scheda di lavorazione di un componente<br />
del prodotto di fig. 1.21 è rappresentato in fig. 1.32.<br />
Presi insieme - i disegni di assemblaggio, le schede di montaggio e le schede di lavorazione<br />
- devono specificare completamente come il prodotto deve essere completato.<br />
Tutti questi documenti derivano dai disegni e dalle liste dei materiali che specificano il<br />
disegno originale del prodotto. Ci si potrebbe aspettare che essi siano parte della consueta<br />
documentazione di produzione.<br />
fig. 1.31. Vista esplosa di un corpo caldaia domestica <strong>degli</strong> anni ’80. E’ messo in evidenza<br />
il particolare programmato in fig. 1.32.<br />
In realtà, anche se essi aiutano a descrivere il flusso del processo di produzione, essi<br />
non danno granché di informazioni utili all’analisi ed al miglioramento del processo;<br />
inoltre, soprattutto i disegni del tipo di fig. 1.21, sono estremamente costosi da stendere.<br />
- 1.122 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Invece, per l’analisi si preparano le schede di processo sotto forma di flowchart del<br />
tipo di fig. 1.23, che dividono il processo in elementi, a loro volta individuati con<br />
l’impiego di simboli e numeri. <strong>La</strong> rappresentazione di fig. 1.23 è volutamente parziale e<br />
si riferisce al montaggio del solo corpo caldaia (per altro non ancora corredato di una<br />
serie di accessori (termostato di sicurezza, rubinetto di carico e scarico dell’acqua, tappi<br />
di chiusura, ecc.) sul basamento opportunamente isolato.<br />
<strong>La</strong> rappresentazione del processo del flusso può essere arricchita di ulteriori informazioni<br />
che tengano conto anche <strong>degli</strong> spostamenti dei materiali attraverso i vari reparti,<br />
con l’introduzione dei simboli di fig. 1.24, per dar luogo alla scheda del processo di<br />
fig. 1.35. Quest’ultima si riferisce ad una parte minuscola dell’intero processo, ancora la<br />
costruzione del pozzetto del termostato di regolazione del corpo di caldaia domestica di<br />
fig. 1.31. Come detto, solamente le attività operative aggiungono valore al materiale: le<br />
altre attività (di trasporto, collaudo, sosta e stoccaggio) sono considerate uno spreco e<br />
devono essere ridotte, al limite eliminate.<br />
Nome del<br />
componente<br />
assemblaggio corpo caldaia 4 el. C41.04.04 disegnato AZ<br />
componente n° pozzetto termostato regolazione<br />
C41.04.01.03<br />
data<br />
9.6.85<br />
operazione descrizione reparto attrezzatura<br />
1 controllo integrità cappuccio ottone ingresso visivo<br />
2 controllo integrità raccordo filettato ottone ingresso visivo, calibro a<br />
tampone<br />
3 saldatura cappuccio al tronch. rame 01 U9 - saldatura<br />
4 saldatura raccordo fil. al tronch. rame 01 U9 - saldatura<br />
5 decapaggio 04 D3 - vern.<br />
6 collaudo 03 PT1 - acq. 5bar<br />
7 applicazione sigillante Loctite S14-01 06 M3 - montatore<br />
8 montaggio sull’elemento di testa sinistro 06 M3 - montatore<br />
9 sosta minima 2h ESTATE<br />
incollaggio 3h AUTUNNO<br />
6h INVERNO<br />
5h PRIMAVERA<br />
07 deposito intermedio<br />
04<br />
fig. 1.32. Scheda di lavorazione del pozzetto del termostato di regolazione di fig.<br />
1.31.<br />
<strong>La</strong> scheda del processo è lo strumento chiave per migliorare il flusso dei materiali.<br />
Dal suo esame, il responsabile estrae la convenienza di raggruppare e combinare certe<br />
operazioni, di eliminarne, di semplificarne altre, al fine di migliorare l’efficienza globa-<br />
- 1.123 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
le. Questo può comportare modifiche di lay-out, di attrezzature e di metodi produttivi,<br />
ma addirittura cambiamenti di disegno del prodotto.<br />
Tuttavia, la stesura delle schede del processo di flusso non è di per sé sufficiente: è<br />
necessario analizzare le schede alla luce della rispondenza alle seguenti questioni:<br />
COSA. Ci si chiede quali operazioni sono effettivamente necessarie, se possono essere<br />
eliminate o combinate insieme alcune di esse, se il prodotto può essere ridisegnato<br />
per facilitare la produzione,<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
5<br />
6<br />
7<br />
8<br />
9<br />
basamento<br />
isolamento anticonvezione<br />
isolamento antirraggiamento<br />
elemento di testa sx<br />
riduzione 1"x1/2"MF<br />
pozzetto term. reg.<br />
9 OR tenuta idraulica<br />
2 elementi intermedi<br />
elemento di testa dx<br />
tenuta fumi<br />
B11<br />
B21<br />
applicazione tiranti e serraggio<br />
10<br />
B1<br />
corpo caldaia<br />
fig. 1.33. Elemento del flowchart del processo di assemblaggio dell’insieme di fig.<br />
1.31.<br />
lavorazione<br />
controllo di quantità o qualità<br />
movimentazione del materiale<br />
stoccaggio, attesa di nuova operazione<br />
ritardo nella sequenza di operazioni<br />
fig. 1.34. Simboli unificati per la compilazione della scheda del flusso dei materiali.<br />
- 1.124 -<br />
A<br />
B
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
CHI. Si esamina il personale impiegato in produzione e si valuta chi esegue le varie<br />
operazioni, se le lavorazioni possono essere ridisegnate per usare manodopera con minore<br />
qualifica professionale o per impiegare minor tempo e se le attività possono essere<br />
combinate per aumentare i lotti ed aumentare la produttività o migliorare le condizioni<br />
di lavoro,<br />
DOVE. Si analizza il luogo di lavoro e si valuta se il lay-out può essere migliorato<br />
per ridurre le distanze di trasporto dei materiali o per rendere le attività più accessibili,<br />
QUANDO. Si guarda la sequenza delle operazioni e si cerca di ridurre i tempi di attesa<br />
e di stoccaggio dei materiali. In questa occasione si può vedere se certe attività costituiscono<br />
un collo di bottiglia,<br />
COME. Si analizzano i metodi produttivi impiegati, cercando di vedere se possono<br />
essere sostituiti da altri migliori, se le attrezzature e le macchine possono essere migliorate<br />
e se le operazioni possono essere riviste per essere più facili o meno lunghe.<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
5<br />
6<br />
7<br />
8<br />
9<br />
10<br />
11<br />
12<br />
13<br />
14<br />
15<br />
16<br />
17<br />
18<br />
19<br />
20<br />
SCHEDA DEL PROCESSO DI FLUSSO<br />
oggetto TERM. REGOLAZIONE<br />
operazione COSTRUZIONE<br />
compilata da AP<br />
scheda n° 04 foglio 1 di 9<br />
data 13.06.85 Piano di sviluppo C41<br />
dist.<br />
in<br />
m<br />
18<br />
32<br />
14<br />
4<br />
tempo<br />
in<br />
min<br />
0.15<br />
0.15<br />
0.12<br />
0.18<br />
0.03<br />
0 - 67<br />
0.24<br />
0.03<br />
0.04<br />
0.10<br />
120-360<br />
posso eliminare?<br />
posso combinare?<br />
posso cambiare la sequenza?<br />
posso semplificare?<br />
presente X<br />
proposta<br />
controllo integrità cappuccio ottone<br />
controllo integrità cappuccio ottone<br />
SOMMARIO presente proposta<br />
operazioni 4<br />
trasporti 4<br />
controlli 3<br />
soste, ritardi 2<br />
stoccaggi 2<br />
tempo<br />
1.04<br />
distanza 68<br />
descrizione note<br />
trasporto vassoio componenti da magazzino 01<br />
saldatura cappuccio al tronchetto di rame<br />
saldatura terminale filettato al tronchetto di rame<br />
trasporto insieme saldato al decapaggio<br />
stoccaggio insieme saldato in deposito 09<br />
attesa per saturazione vasca decapaggio<br />
collaudo finale insieme saldato<br />
trasporto alla linea di montaggio<br />
stoccaggio insieme saldato in deposito 13<br />
applicazione sigillante<br />
applicazione insieme a elemento di testa sx<br />
attesa per reazione sigillante<br />
cfr. stagione<br />
trasporto componenti a magazzino 02 (testa linea)<br />
fig. 1.35. Scheda del processo di flusso nell’assemblaggio del particolare di fig. 1.31.<br />
- 1.125 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1.4.4.3.1.<br />
Un Modo Giapponese per Migliorare il Flusso dei Materiali e delle Informazioni.<br />
L’apprendimento di metodologie giapponesi può essere di aiuto al miglioramento del<br />
flusso dei materiali e delle informazioni. Tuttavia, l’impiego di tali metodologie rischia<br />
di rimanere infruttuoso e di non incidere in profondità nel tessuto aziendale, provocando<br />
fenomeni di rigetto causati dall’assenza dei risultati sperati e dal mancato coinvolgimento<br />
da parte del personale, se, alla base della loro applicazione, non viene parallelamente<br />
sviluppato un ulteriore concetto chiave di origine giapponese: il Kaizen. 15<br />
Letteralmente, Kaizen significa miglioramento, ed è un concetto radicato non solo<br />
nella pratica industriale, ma anche nella vita sociale giapponese. Infatti, la filosofia Kaizen<br />
presuppone che tutto il modo di vivere debba essere costantemente migliorato sia<br />
nel campo produttivo, sia negli aspetti sociali, familiari o personali. Allora, Kaizen è sinonimo<br />
di piccoli miglioramenti, frutto di un’applicazione costante e di sforzi continui,<br />
finalizzati a mutare, in meglio e mediante piccoli incrementi, la condizione presente.<br />
tab. 1.XIII. Analisi comparativa tra le caratteristiche del Kaizen e dell’innovazione.<br />
1. Effetto Di lungo termine e durevole,<br />
ma tranquillo<br />
Kaizen Innovazione<br />
2. Velocità A piccoli passi A grandi passi<br />
Di breve termine, ma emozionante<br />
3. Periodo di tempo Continuo ed in aumento Intermittente e non in aumento<br />
4. Cambiamento Graduale e costante Improvviso ed incostante<br />
5. Coinvolgimento Tutti Pochi campioni scelti<br />
6.Approccio Collettivismo, sforzi di gruppo,<br />
approccio sistemico<br />
7. Modalità Manutenzione e miglioramento<br />
8. Catalizzatore Know-how convenzionali e<br />
stato dell’arte<br />
9. Esigenze pratiche Pochi investimenti, grandi<br />
sforzi per il progredire del<br />
miglioramento<br />
10. Orientamento dello<br />
sforzo<br />
Individualismo spinto, idee e<br />
sforzi individuali<br />
Smantellamento e ricostruzione<br />
Progressi tecnologici, nuove invenzioni,<br />
nuove teorie<br />
Grandi investimenti, ma pochi<br />
sforzi per preservarli<br />
Alle persone Alla tecnologia<br />
11. Criteri di valutazione Processo e sforzi per migliori<br />
risultati<br />
12. Vantaggi Buon funzionamento in<br />
un’economia a lenta crescita<br />
Risultati e profitti<br />
Si addice meglio ad<br />
un’economia in crescita veloce<br />
15 C. Rafele, Applicazione della metodologia Kaizen all’ergonomia: aspetti innovativi e possibili sviluppi,<br />
<strong>Impianti</strong>stica Italiana, 2, 1994<br />
- 1.126 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Pertanto, il Kaizen non è un’ulteriore tecnica manageriale utilizzabile per la risoluzione<br />
di problematiche specifiche, ma determina un diverso approccio alle difficoltà,<br />
stimolando l’applicazione delle diverse metodiche di gestione ed organizzazione produttiva,<br />
mediante la quale è possibile raggiungere risultati di eccellenza. Il Kaizen è un<br />
processo evolutivo progressivo e continuo, ove l’attenzione è posta ai piccoli mutamenti,<br />
che diventano il legante dei grandi cambiamenti determinati dall’innovazione.<br />
Infatti, l’innovazione tende a procedere a salti, con incrementi discreti e discontinui,<br />
ma non è di per sé in grado di garantire il mantenimento <strong>degli</strong> standard produttivi raggiunti.<br />
In tab. 1.XIII sono riportate le principali differenze tra Kaizen ed innovazione.<br />
Applicando la strategia Kaizen, alcune tecniche, come il TQC, ampliano il loro campo<br />
di azione, partendo dal controllo dei prodotti, all’analisi globale dei processi produttivi,<br />
sino alla considerazione del sistema aziendale nel suo complesso. Inoltre, lo stesso<br />
TQC è soggetto ad un mutamento evolutivo, con un innalzamento progressivo <strong>degli</strong><br />
standard misurabili.<br />
Le tecniche di TQC si prefiggono, come detto, la completa soddisfazione del cliente.<br />
Nell’ambito aziendale, il cliente è rappresentato dalla fase produttiva situata a valle, sia<br />
in termini di prodotto costruito, sia di processo sviluppato. Nel caso in cui l’analisi migliorativa<br />
consideri la prestazione umana quale oggetto di applicazione, il cliente da<br />
soddisfare diviene la persona impegnata nelle operazioni produttive a valle di quella<br />
presa in esame. Il personale addetto alla produzione diventa il cliente del progettista del<br />
posto di lavoro, ovvero, dell’analisi ergonomica necessaria alla sua definizione.<br />
1.4.4.3.2.<br />
Applicazione della Metodologia Kaizen all’Ergonomia.<br />
Come è noto, l’ergonomia definisce i rapporti tra l’uomo, la macchina e l’ambiente<br />
di lavoro, visti secondo un’ottica interdisciplinare che coinvolge l’anatomia,<br />
l’antropometria, la fisiologia, la psicologia, l’igiene del lavoro oltre, ovviamente,<br />
all’ingegneria ed all’organizzazione del lavoro. Essa considera l’uomo come soggetto<br />
centrale a cui i restanti elementi del processo produttivo devono adattarsi.<br />
Il risultato di tale studio è il raggiungimento di alcuni obiettivi fondamentali quali: la<br />
massima sicurezza, il massimo benessere ed il massimo rendimento dell’operatore. Tali<br />
obiettivi dovranno essere perseguiti, preliminarmente, in fase di progettazione del sistema<br />
ed, in ottica Kaizen, costantemente migliorati durante l’utilizzo. Peraltro,<br />
l’aggettivo massimo non esprime un obiettivo stabilmente definibile, ma diventa<br />
un’aspirazione progressiva all’ottimo.<br />
Solamente l’attenzione al processo, suddiviso nelle sue azioni elementari, consente<br />
un’analisi migliorativa sia sul modello nella fase progettuale, sia sull’oggetto nella fase<br />
di utilizzo. Infatti, l’approccio di tipo Kaizen considera con attenzione i piccoli fatti del<br />
lavoro, le loro cause ed i conseguenti effetti, con un processo di inesauribile implementazione.<br />
Sulla base delle esperienze eseguite nel campo della progettazione ergonomica, si riporta<br />
l’esempio di una serie di quesiti utili ad una corretta definizione dei posti di lavoro.<br />
Secondo la logica Kaizen, tali quesiti rappresentano unicamente la base di partenza<br />
per un processo di ottimizzazione che inizia nel medesimo istante in cui un elemento del<br />
sistema produttivo viene definito o realizzato.<br />
- 1.127 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Infatti, agli interrogativi della lista possono fornire risposte sia i progettisti, sia gli<br />
operatori in produzione. L’operatore, assegnato ad un determinato posto di lavoro, è in<br />
grado di valutarne i difetti e le inefficienze in modo dettagliato. Pertanto, occorre stimolare<br />
l’approccio Kaizen, al fine di utilizzare la conoscenza specifica <strong>degli</strong> addetti ai singoli<br />
posti di lavoro, magari nell’ambito del cosiddetto sistema dei suggerimenti. Tale<br />
sistema permette la valorizzazione dell’esperienza specifica <strong>degli</strong> operatori diretti, raccogliendone<br />
i suggerimenti ed applicandoli ogni qualvolta risultino corretti. Inoltre,<br />
l’attenzione dimostrata dal management ai suggerimenti delle maestranze ne stimola ulteriormente<br />
il coinvolgimento nel miglioramento produttivo, realizzando un circolo virtuoso<br />
continuo. Pertanto. l’eventuale carenza progettuale o costruttiva di un’attrezzatura<br />
di lavoro diventa lo stimolo per risolvere un problema che ostacola il flusso produttivo.<br />
Inoltre, la risoluzione delle problematiche emerse in una specifica fase permette di rianalizzare<br />
l’intero ciclo produttivo collegato, consentendone un miglioramento complessivo.<br />
Esempio<br />
<strong>La</strong> check-list riportata nel seguito, è suddivisa secondo alcune azioni tipiche dei posti di lavoro<br />
manuale o parzialmente meccanizzati ed esamina talune condizioni operative adattabili a differenti<br />
realtà produttive.<br />
A) Prendere,<br />
• l’immagazzinamento permette di eliminare la ricerca?<br />
• i pezzi ed i materiali sono correttamente segnalati e reperibili entro specifici contenitori?<br />
• si possono standardizzare utensili e pezzi?<br />
• contenitori diversi possono facilitare la ricerca (contenitori trasparenti, divisioni<br />
interne, ecc.)?<br />
• i pezzi sono intercambiabili?<br />
• l’approvvigionamento è soddisfacente?<br />
• i pezzi possono essere posizionati nell’attività precedente?<br />
• gli attrezzi colorati facilitano la ricerca?<br />
• è possibile afferrare più di un oggetto durante la stessa operazione?<br />
• uno scivolo permette di raggiungere più rapidamente piccoli pezzi?<br />
• utensili e pezzi possono essere posizionati in maniera più semplice?<br />
• si possono utilizzare utensili speciali?<br />
• si possono utilizzare dispositivi magnetici?<br />
• i pezzi vengono trasferiti da una mano all’altra?<br />
• il montaggio permette una facile presa per l’allontanamento del pezzo dalla zona<br />
di lavoro?<br />
B) <strong>La</strong>sciare,<br />
• il movimento può essere soppresso?<br />
• l’abbandono del pezzo può essere fatto durante il trasporto?<br />
• l’espulsione è necessariamente manuale, o può essere fatta automaticamente?<br />
• può essere montato un espulsore?<br />
• i contenitori di ricezione sono posizionati correttamente?<br />
• terminato l’abbandono del pezzo, la mano è posta correttamente lungo la traiettoria<br />
per il movimento successivo?<br />
• esiste un punto di presa fissa dell’utensile?<br />
• gli utensili sono immagazzinati sul posto di lavoro?<br />
- 1.128 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
• è possibile utilizzare un caricatore di pezzi?<br />
• è possibile utilizzare un serraggio rapido?<br />
C) Controllo visivo,<br />
• può essere eliminato?<br />
• può essere eseguito in altre stazioni?<br />
• può essere eseguito contemporaneamente ad altre operazioni?<br />
• richiede molte riprese del pezzo?<br />
• un apparecchio di controllo elimina il controllo visivo?<br />
• durante il controllo vi sono sollecitazioni (rumore, vibrazioni, ecc.)?<br />
• è possibile modificare il tipo di accertamento per ridurne il tempo di esecuzione?<br />
D) Movimenti del corpo umano,<br />
• vi sono movimenti del corpo o di parti di esso inutili o scorretti?<br />
• la distanza percorsa può essere ridotta?<br />
• le membra del corpo sono utilizzate correttamente?<br />
• il movimento è omogeneo con le dimensioni delle membra del corpo interessate?<br />
• si può sostituire un movimento con l’ausilio di un trasportatore od uno scivolo?<br />
• il movimento può interessare contemporaneamente più pezzi?<br />
• un movimento delle mani può essere migliorato con un comando a pedale?<br />
• il movimento è rallentato dalla delicatezza dell’operazione?<br />
• le attività precedenti e successive sono corrette?<br />
• le braccia fanno movimenti simultanei, simmetrici e normali?<br />
• i pezzi possono essere spinti?<br />
• si può meccanizzare l’operazione?<br />
• si possono utilizzare utensili migliori?<br />
• si possono fare altre attività mentre la macchina lavora?<br />
• si possono utilizzare utensili elettrici o pneumatici?<br />
• si possono utilizzare serraggi pneumatici od a camme?<br />
E) Bloccare,<br />
• il bloccaggio dell’attrezzo può essere comandato tramite pedale?<br />
• quando è la mano ad eseguire il bloccaggio, è possibile prevedere un appoggio per<br />
la stessa?<br />
F) Riafferrare,<br />
• è necessario?<br />
• le tolleranze di accoppiamento possono essere aumentate?<br />
• si possono utilizzare attrezzature che possano eliminare tale operazione?<br />
• si può riafferrare durante il trasporto?<br />
• il lavoro di carico e scarico del pezzo può essere ridotto?<br />
G) Utensili e montaggio,<br />
• gli utensili sono i migliori per quel tipo di lavoro?<br />
• gli utensili sono in buono stato?<br />
• gli utensili ed il loro montaggio sono modificabili al fine di un minore impegno<br />
dell’operatore?<br />
H) Condizioni generali del posto di lavoro,<br />
• illuminamento, temperatura, ventilazione corrispondono alle migliori condizioni<br />
di lavoro?<br />
• la sicurezza del posto di lavoro è stata controllata?<br />
• l’operatore può lavorare alternativamente seduto ed in piedi?<br />
• la funzionalità delle attrezzature del posto di lavoro è stata verificata?<br />
- 1.129 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
I) Operatore.<br />
• l’operatore è qualificato professionalmente e psicologicamente per quel lavoro?<br />
• l’attenzione posta nel lavoro è sufficiente?<br />
• l’operatore può migliorare la produzione se gli viene proposta una condizione di<br />
lavoro diversa?<br />
• l’operatore è stimolato a fornire suggerimenti per migliorare le operazioni od il<br />
posto di lavoro?<br />
1.4.4.4. <strong>La</strong> Modellazione dei Flussi del Processo.<br />
Una grande quantità di modelli sono usati per descrivere i flussi del processo e si basano<br />
sulla programmazione lineare, la simulazione e la teoria delle code. Senza voler<br />
entrare nelle singole metodologie, qui si vuole proporre l’approccio generale alla modellazione<br />
dei flussi del processo e quanto esso sia utile a supporto delle decisioni di progetto<br />
del processo, in quanto ulteriore materiale è riportato nelle appendici A1.2 ed<br />
A1.4.<br />
input<br />
input<br />
BLOCCO DI PROCESSO<br />
trasformazione<br />
BLOCCO DI FEEDBACK<br />
trasformazione<br />
feedback<br />
output<br />
output<br />
fig. 1.36. Tipi di blocchi usati nel flowchart.<br />
BLOCCO DELLA DECISIONE<br />
input<br />
decisione<br />
NO<br />
output<br />
YES<br />
output<br />
Come abbiamo visto, il primo passo è la stesura del flowchart del processo, anche<br />
sotto la forma di diagramma a blocchi. Il diagramma a blocchi ne comprende i tre tipi di<br />
fig. 1.26:<br />
• il blocco di processo,<br />
• il blocco della decisione,<br />
• il blocco di feedback.<br />
Il blocco di processo comprende gli input, l’output e le trasformazioni, cioè è il sistema<br />
usato per convertire gli input in output. Nel blocco della decisione, l’output è il<br />
risultato di una decisione presa durante il processo, e può essere collegato a rami diversi<br />
di output, a seconda della decisione presa. Nel blocco di feedback, l’informazione a livello<br />
di output è riportata indietro per controllare o cambiare i valori di input; questo tipo<br />
di blocco è più frequente per scopi di controllo di gestione.<br />
Quindi, il processo produttivo può essere descritto da una rete di blocchi e con i flowchart<br />
a blocchi possono essere rappresentati anche sistemi molto complessi. Comun-<br />
- 1.130 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
que, solitamente si procede a separare dal flowchart sistemi e sottosistemi di interesse<br />
per lo specifico scopo, in modo da poter applicare ad essi modelli matematici comprendenti<br />
sistemi di interrelazioni i più semplici possibile.<br />
<strong>La</strong> simulazione di un sistema produttivo di tipo Job-Shop è stata una delle prime applicazioni<br />
della modellazione dei flussi di processo, ed un esempio particolarmente evoluto<br />
di essa è riportato in appendice A1.4, quale strumento particolarmente efficace al<br />
supporto alle decisioni. In effetti, la sequenza <strong>degli</strong> eventi da controllare può essere ridotta<br />
concettualmente ad uno schema semplice: dopo che un nuovo ordine è arrivato, si<br />
fa un test per vedere se esso può essere evaso direttamente da magazzino; se questo non<br />
è possibile, si valuta se l’ordine può essere aggiunto ai lotti in produzione, prima di programmarne<br />
l’evasione come lotto separato; a seconda della convenienza, l’ordine viene<br />
evaso o come aggiunta ad un lotto già in produzione, oppure viene assegnato ad una<br />
stazione libera.<br />
Da quanto detto, risulta che il processo di decisione descritto non si riferisce particolarmente<br />
al flusso dei materiali ma, piuttosto, al flusso delle informazioni. Come si può<br />
vedere in appendice A1.4, è su questa base che viene principalmente svolta la gestione<br />
del processo del tipo Job-Shop. Dopo aver steso il diagrammi a blocchi relativo, il sistema<br />
di controllo delle informazioni è validato con una simulazione. Gli ordinativi in<br />
arrivo sono accettati dal modello di simulazione e viene determinato l’effetto risultante<br />
sui materiali e le sequenze delle operazioni. Ne risulta che possono essere provati diverse<br />
regole di scheduling e diversi passi delle lavorazioni, prima di mandare il produzione<br />
l’ordine. Cioè, l’uso dei flowchart può essere esteso, con l’impiego dei modelli di simulazione,<br />
all’analisi dei flussi del processo. Questo permette di studiare e migliorare il sistema<br />
produttivo per mezzo di un’analisi formale matematica, come si può vedere in<br />
appendice A1.2.<br />
1.4.5.<br />
<strong>La</strong>y-out dell’Impianto.<br />
In §1.2.1 abbiamo visto le possibilità di ottenere il prodotto in tre modi fondamentali:<br />
la produzione in linea, a lotti e per pezzi unici su progetto. Poiché la forma del flusso<br />
dei materiali è così diversa nei tre casi, anche le decisioni riguardanti la disposizione<br />
dell’impianto saranno diverse per ognuno di essi. Nel prosieguo assumeremo che la<br />
scelta del tipo di flusso sia stata fatta e che stiamo trattando di uno specifico tipo di organizzazione<br />
produttiva.<br />
I giapponesi sono maestri nella organizzazione del lay-out delle loro aziende e riescono<br />
a trovare lay-out assolutamente efficienti e compatti per i loro reparti. Tipicamente,<br />
l’azienda giapponese riesce a ridurre lo spazio richiesto per l’impianto ad 1/3 di quello<br />
impiegato negli Stati Uniti od in Europa. <strong>La</strong> ragione fondamentale di questi risultati è<br />
l’impiego diffuso delle tecniche di Just-In-Time, le quali, a loro volta, garantiscono un<br />
impiego minimo di materiali in produzione (WIP, work-in-process) e, quindi un minimo<br />
spazio al suolo per il loro deposito intermedio tra le lavorazioni. In questo modo, le<br />
macchine e le attrezzature possono essere disposte reciprocamente molto più vicine, ma<br />
anche risulta molto più semplice il controllo visivo della produzione ed il flusso dei materiali<br />
avviene in maniera regolare e dolce (tuttavia, tale tendenza non deve essere portata<br />
al punto da creare problemi di sicurezza del lavoro).<br />
Anche le aziende occidentali cominciano ad adottare in maniera diffusa il JIT ed, effettivamente,<br />
si cominciano a vedere lay-out più compatti ed efficienti. Conseguente-<br />
- 1.131 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
mente, sono drasticamente ridotte le richieste di spazio e si ottengono incrementi di capacità<br />
produttiva dell’ordine di 2 o 3 volte. Naturalmente, in Occidente si comincia anche<br />
a considerare che il disegno del lay-out non è il risultato di una scelta operativa indipendente,<br />
ma piuttosto fortemente dipendente dalle decisioni prese per riguardo al<br />
controllo di qualità, la manutenzione e lo scheduling di produzione, i quali tutti subiscono<br />
forti condizionamenti dall’impiego della filosofia del Just-In-Time. Dunque, le decisioni<br />
prese su di essi devono essere attentamente valutate, prima di procedere a fissare il<br />
disegno del lay-out.<br />
1.4.5.1. <strong>La</strong>y-out dei Processi Intermittenti.<br />
Bisogna ricordare che il flusso dei materiali in un processo intermittente è a salti,<br />
poiché prodotti diversi fluiscono secondo percorsi diversi all’interno dello stabilimento.<br />
Dal punto di vista del lay-out, le lavorazioni di un processo intermittente sono ancora<br />
ricomprese in un processo, perché attrezzature e macchine simili ed operatori con qualifica<br />
professionale simile sono raggruppati insieme in centri di lavoro o reparti. Ma ogni<br />
prodotto in lavorazione fluisce attraverso alcuni work-center e reparti saltandone altri, in<br />
dipendenza dalle operazioni richieste.<br />
Il problema del lay-out del flusso intermittente può essere ricondotto alla considerazione<br />
che il flusso tra alcuni work-center e reparti può essere molto forte, mentre può<br />
essere molto meno intenso tra altri. Così, in un ospedale il flusso dei pazienti tra il reparto<br />
raggi-X e la clinica ortopedica può essere molto intenso poiché molte fratture richiedono<br />
l’impiego di lastre prima del trattamento. Invece, altri reparti, come la geriatria<br />
e la pediatria, possono avere bassi o nulli interscambi. A causa di tali differenze di<br />
volume di flusso, si cerca di arrivare ad un economico compromesso sistemando i reparti<br />
che hanno forte interscambio vicini tra loro.<br />
In altre parole, la scelta di un lay-out a flusso intermittente determina la disposizione<br />
relativa dei work-center e dei reparti in modo da rispettare un criterio di scelta predeterminato,<br />
entro vincoli fisici definiti. I criteri decisionali da rispettare possono essere<br />
diversi e vanno dalla richiesta di minimizzare i costi di trasporto dei materiali, di minimizzare<br />
le distanze percorse dai materiali o dagli addetti, di minimizzare i tempi per il<br />
raggiungimento del posto di lavoro, di massimizzare la vicinanza di work-center o reparti<br />
fortemente correlati, ecc. I vincoli fisici più comuni sono limitazioni di spazio, la<br />
richiesta di mantenere nella loro posizione alcuni reparti (ad esempio i magazzini di carico<br />
e scarico), la limitata capacità di carico di certe aree, le regole di sicurezza del personale,<br />
la prevenzione <strong>degli</strong> incendi e <strong>degli</strong> incidenti rilevanti, le altezze dei locali, ecc.<br />
Il problema è di trovare il migliore lay-out, od un lay-out accettabile, che possa rispettare<br />
i vincoli imposti.<br />
I problemi di lay-out della produzione intermittente cadono entro due categorie:<br />
• quelli che comportano criteri decisionali quantitativi,<br />
• quelli che comportano solamente criteri decisionali qualitativi.<br />
I primi richiedono l’esame di parametri che possono essere espressi in termini misurabili<br />
quali i costi di trasporto dei materiali, il tempo di trasferimento <strong>degli</strong> addetti o dei<br />
clienti, le distanze, ecc. Invece, i secondi comportano scelte difficilmente esprimibili in<br />
termini misurabili, come la forte convenienza di piazzare le lavorazioni pericolose o nocive<br />
(saldatura, verniciatura, stampaggio) lontano dai reparti più frequentati. Queste re-<br />
- 1.132 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
lazioni qualitative non possono essere trattate allo stesso modo con cui si risolvono i<br />
problemi di origine quantitativa.<br />
1.4.5.1.1.<br />
I Criteri Quantitativi.<br />
Come detto, molti problemi di lay-out intermittente possono essere formulati con criteri<br />
quantitativi. Tra l’altro, essi comprendono la minimizzazione dei costi di trasporto<br />
dei materiali nei reparti e nei magazzini e la minimizzazione dei tempi di transito dei<br />
clienti nella produzione di servizi. Naturalmente, la scelta dei criteri richiede sempre<br />
una decisione sugli obiettivi dell’attività, ad esempio se è più importante minimizzare il<br />
tempo dedicato dal medico, o quello di attesa del paziente in un ospedale, oppure si<br />
debba minimizzare la somma dei due.<br />
Molti problemi a criteri quantitativi e che riguardano la locazione dell’impianto e dei<br />
suoi componenti possono essere espressi nella forma seguente:<br />
dove:<br />
N<br />
N<br />
∑∑<br />
C = T ⋅ C ⋅ D<br />
(1.2)<br />
i=<br />
1 j=<br />
1<br />
ij<br />
ij<br />
ij<br />
Tij sono i trasferimenti tra la locazione i e la locazione j,<br />
Cij<br />
locazione j,<br />
Dij<br />
è il costo per unità di distanza e per trasferimento tra la locazione i e la<br />
è la distanza tra la locazione i e la locazione j,<br />
C è il costo totale,<br />
N è il numero di locazioni.<br />
Tij e Cij possono essere considerati costanti ed indipendenti dalle locazioni i e j, quindi<br />
Dij è l’unica variabile in (1.2), la quale dipende dalla scelta delle locazioni. Allora, si<br />
deve cercare il valore della particolare combinazione (o progetto di lay-out) Dij che rende<br />
minimo C.<br />
Nella (1.2), il costo può essere espresso sia in termini monetari, sia in termini di tempo,<br />
in modo che la (1.2) può essere applicata sia alla distanza di trasferimento dei materiali,<br />
sia allo spostamento del personale. Così, ogni criterio basato sulle risorse può essere<br />
trattato considerando il costo come qualsiasi risorsa scarsa, che deve essere conservata<br />
o minimizzata dalle decisioni prese sul lay-out.<br />
Dalla (1.2) appare chiaramente che il criterio del costo è stato preso come funzione<br />
lineare della distanza, il ché dà luogo a vantaggi di ordine analitico, ma anche a svantaggi<br />
pratici. Per esempio, il lay-out di una scuola che è frequentata da 50 studenti che<br />
vivono ad 1km di distanza è considerato equivalente a quello che ha uno studente a<br />
50km ed i rimanenti 49 a 0km. Tuttavia, senza arrivare a questi estremi, la (1.2) può essere<br />
utile per la soluzione dei problemi di locazione, impiegando i criteri della geometria<br />
lineare.<br />
- 1.133 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Esempio<br />
Per illustrare il problema di minimizzare C agendo su Dij esaminiamo un’azienda produttrice di<br />
tosaerba e spazzaneve domestici, composta dai reparti di tab. 1.XIV. Assumiamo che l’obiettivo<br />
sia di minimizzare il costo di trasferimento dei materiali da un reparto all’altro, in un sistema<br />
produttivo a flusso intermittente. A questo scopo, si farà la lista dei passi necessari alla definizione<br />
delle costanti e della variabile di (1.2).<br />
tab. 1.XIV. Reparti dell’azienda produttrice di tosaerba e spazzaneve.<br />
Numero<br />
del reparto<br />
nome del reparto area [m 2 ]<br />
1 verniciatura 500<br />
2 taglio dei metalli 350<br />
3 saldatura 600<br />
4 motori 225<br />
5 lavorazione dei<br />
metalli<br />
600<br />
6 controlli 275<br />
7 pneumatici e ruote 500<br />
8 assemblaggio 600<br />
Il primo passo è di determinare il numero di trasferimenti tra ogni coppia di locazioni, il quale<br />
può essere ricavato direttamente dalla documentazione di fabbrica, in particolare dal ciclo di lavorazione.<br />
L’andamento globale, in entrambe le direzioni, può essere rappresentato in forma di<br />
matrice come in fig. 1.27, la quale si riferisce ai trasferimenti per settimana (ma la scelta<br />
dell’unità di tempo è, evidentemente, quella più comoda per i calcoli).<br />
Il secondo passo è la determinazione del costo del trasporto per unità di distanza coperta con<br />
ogni trasporto. Il costo può variare da casella a casella a causa del particolare metodo di trasporto<br />
usato: ad esempio, si può usare un carrello a forche per il trasporto dei motori al reparto di<br />
assemblaggio, mentre possono essere usati carrelli a mano quando i materiali sono trasferiti dal<br />
controllo alla saldatura. <strong>La</strong> matrice dei costi è riportata in fig. 1.38.<br />
- 1.134 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
locazioni<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
5<br />
6<br />
7<br />
8<br />
1 2 3 4 5 6 7 8<br />
75 100 30 40 0 30 50<br />
100 0 150 0 0 0<br />
0 70 0 30 80<br />
30 70 0 100<br />
20 60 0<br />
fig. 1.37. Matrice dei trasferimenti per settimana Tij tra le locazioni i e j nei due sensi.<br />
locazioni<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
5<br />
6<br />
7<br />
8<br />
0 0<br />
120<br />
1 2 3 4 5 6 7 8<br />
.05 .08 .04 .06 .10 .05 .04<br />
.04 .05 .06 .10 .05 .06<br />
.06 .05 .10 .05 .07<br />
.06 .10 .05 .06<br />
.10 .05 .05<br />
.05 .05<br />
fig. 1.38. Matrice dei costi di trasferimenti per unità di carico Cij (in € per metro e per<br />
trasferimento) tra le locazioni i e j.<br />
1 4 5 7 magazzino<br />
verniciatura motori lavorazione dei metalli pneumatici e ruote ingresso<br />
2 3 6 8 magazzino<br />
taglio lamiera saldatura controllo assemblaggio prodotti finiti<br />
fig. 1.39. <strong>La</strong>y-out iniziale.<br />
Il terzo passo dell’analisi è la determinazione delle distanze tra le locazioni, le quali, come è ovvio,<br />
dipendono la lay-out scelto. Scegliamo la disposizione di fig. 1.39 come punto di partenza.<br />
Con tale disposizione, le distanze tra le locazioni sono quelle di fig. 1.30 ed è ora possibile cal-<br />
- 1.135 -<br />
.05
1. Il Contesto Produttivo.<br />
colare il costo totale del trasporto. In fig. 1.31 è riportato, per ogni cella, il prodotto di Tij, Dij e<br />
Cij. Sommando il risultato di tutte le celle si ottiene un costo di 3668.5€/w.<br />
locazioni<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
5<br />
6<br />
7<br />
8<br />
1 2 3 4 5 6 7 8<br />
30 50 30 60 80 80 100<br />
40 50 80 70 100 90<br />
30 50 40 70 60<br />
30 50 60 70<br />
30 40 50<br />
50 40<br />
fig. 1.40. Matrice delle distanze Dij tra le locazioni i e j, sulla base della disposizione<br />
di fig. 1.39.<br />
Trovato il costo totale C per la disposizione di primo tentativo, si può vedere se è possibile apportare<br />
miglioramenti alla sistemazione iniziale considerando i possibili cambiamenti della distanza<br />
tra coppie di locazioni. Ad esempio, supponiamo di scambiare i dipartimenti 4 e 5. Ricalcolando<br />
la matrice del costo totale di fig. 1.31, otteniamo il nuovo valore di 3144.5€/w, il quale<br />
sarà suscettibile di ulteriori riduzioni attraverso lo scambio di ulteriori coppie di locazioni.<br />
locazioni<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
5<br />
6<br />
7<br />
8<br />
30<br />
1 2 3 4 5 6 7 8<br />
112.5 400 36 120 120 200<br />
160<br />
720<br />
175<br />
54<br />
350 420<br />
60 120<br />
105 336<br />
fig. 1.41. Matrice dei costi Cij, sulla base della disposizione di fig. 1.39.<br />
Naturalmente, il minimo della funzione di costo potrà essere trovato solamente dopo aver considerato<br />
tutte le possibili combinazioni di locazione, ma questo sarà possibile economicamente<br />
quando il problema è molto semplice, in quanto le possibili combinazioni da valutare sono:<br />
N!/(N-1)<br />
e, quindi, se N è grande solo il computer le può valutare economicamente tutte.<br />
- 1.136 -<br />
180
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
In sintesi, il problema quantitativo del lay-out di un processo intermittente può essere<br />
spesso espresso come funzione lineare della distanza tra le locazioni. I dati richiesti sono<br />
il numero di trasferimenti tra le locazioni nell’unità di tempo, il costo per unità di distanza<br />
per ogni trasferimento e la distanza tra le locazioni. Tali dati consentono il calcolo<br />
del costo totale di trasporto di ogni lay-out, a partire dal costo di trasporto tra ogni<br />
coppia di locazioni. Tuttavia, nella maggior parte dei casi di interesse per il calcolo del<br />
minimo del costo (che deve considerare ogni possibile scambio di posizione delle locazioni),<br />
il numero delle combinazioni è così elevato che è necessario l’uso del computer<br />
per ottenerlo, anzi in alcuni casi ci si deve accontentare di trovare non il minimo, ma<br />
una soluzione quasi ottimale, la quale è ottenibile con metodi speciali.<br />
1.4.5.1.2. I Criteri Qualitativi.<br />
I problemi di lay-out che comportano criteri di scelta qualitativi si verificano quando<br />
le relazioni tra le locazioni sono espresse in termini non misurabili direttamente (ad esempio,<br />
il desiderio di sistemare una locazione vicina, o lontana, da un’altra). In qualche<br />
caso, i criteri qualitativi sono più facilmente ritrovabili e sono più appropriati di quelli<br />
quantitativi.<br />
- 1.137 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
a<br />
locazioni<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
5<br />
6<br />
7<br />
8<br />
1 2 3 4 5 6 7 8<br />
relazione<br />
U E U X O U<br />
a e e<br />
U I U I U<br />
ragione<br />
locazioni superficie<br />
1 carne e derivati 1900<br />
2 surgelati<br />
3 alimentari confezionati<br />
4 ricevimento merci<br />
5 bevande in lattina<br />
6 cassa<br />
7 pane e prod. forno<br />
8 non alimentari<br />
c<br />
carne e<br />
derivati<br />
1<br />
alimentari<br />
confezionati<br />
3<br />
pane e prod.<br />
forno<br />
7<br />
U<br />
1700<br />
2300<br />
1000<br />
1500<br />
1100<br />
900<br />
800<br />
ricevimento<br />
merci<br />
4<br />
cassa<br />
a<br />
O<br />
a<br />
bevande in<br />
lattina<br />
5<br />
5<br />
surgelati<br />
d<br />
O O<br />
d,c b<br />
E X<br />
a<br />
f<br />
O<br />
d<br />
U<br />
U<br />
U<br />
U<br />
U<br />
U<br />
U<br />
A A<br />
d<br />
relazioni<br />
b<br />
U<br />
grado definizione simbolo<br />
A assolutamente necessario<br />
E specialmente importante<br />
I importante<br />
O vicinanza ordinaria<br />
U non importante<br />
X non desiderabile<br />
2<br />
non alimentari<br />
fig. 1.42. Esempio di lay-out di supermercato.<br />
a) diagramma qualitativo,<br />
b) piano delle relazioni,<br />
c) schema a blocchi,<br />
d) lay-out finale.<br />
5<br />
d<br />
carne e<br />
derivati<br />
1<br />
pane e prod.<br />
forno<br />
7<br />
ricevimento<br />
merci<br />
4<br />
alimentari<br />
confezionati<br />
3<br />
non alimentari<br />
ragione della relazione<br />
codice definizione<br />
a trasporto materiali<br />
b supervisione agevole<br />
c personale in comune<br />
d convenienza per il cliente<br />
e aumento delle vendite<br />
f estetica<br />
g<br />
h<br />
carne e derivati<br />
b<br />
alimentari confezionati<br />
pane<br />
prodotti da forno<br />
cassa<br />
8<br />
non alimentari<br />
surgelati<br />
bevande in<br />
lattina<br />
5<br />
scarico<br />
ricevimento<br />
cassa<br />
bevande in lattina<br />
surgelati<br />
Il problema della locazione qualitativa è stato studiato a fondo da Muther e Wheeler,<br />
16 i quali hanno proposto il metodo SLP (Systematic-<strong>La</strong>y-out-Planning). Con il loro<br />
approccio, la desiderabilità della sistemazione di una locazione vicina ad un’altra è espressa<br />
in termini verbosi da una delle seguenti espressioni: assolutamente necessaria,<br />
specialmente importante, importante, vicinanza normale, non importante, non desiderabile.<br />
Questi gradi obbediscono a considerazioni di sicurezza, di gradimento del cliente,<br />
ecc. e possono essere specificati in linguaggio SLP, come indicato in fig. 1.32 per il<br />
16 R.Muther, J.D.Wheeler, Practical Plant <strong>La</strong>y-out, McGraw-Hill, 1955<br />
- 1.138 -<br />
6<br />
2
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
caso di un supermercato. Anche qui, le notazioni sono sistemate in una matrice, analogamente<br />
a quanto fatto per la trattazione quantitativa. L’obiettivo è quello di rendere facile<br />
l’acquisto: può essere desiderabile sistemare le merci pesanti vicino alla porta di uscita<br />
(per ridurre la distanza di trasporto), proporre gli alimenti per bambini vicino alla<br />
zona del latte (per ridurre l’area soggetta a condizioni di sicurezza igienica), porre le<br />
merci più costose vicino alla cassa (per facilitarne il controllo contro i furti), ecc.<br />
Dopo la specifica delle relazioni qualitative, è necessario trovare il modo per risolvere<br />
il lay-out. Per problemi semplici, può essere sufficiente un’impostazione visiva, del<br />
tipo di fig. 1.32, tentando di sistemare le locazioni che hanno rapporto reciproco di vicinanza<br />
assolutamente necessaria il più vicino possibile; poi si passa a quelle che ne hanno<br />
una specialmente importante, e così via, fino a che si sistema la locazione che ne ha<br />
una non desiderabile il più lontano possibile dalle altre. <strong>La</strong> soluzione di fig. 1.32 non è<br />
necessariamente quella ottimale, ma semplicemente una buona soluzione, rappresentata<br />
qui a semplice scopo di illustrazione.<br />
Quando queste relazioni sono state individuate ed applicate, il problema non è ancora<br />
risolto, poiché il lay-out deve essere compatibile con la geometria dell’ambiente a disposizione,<br />
come mostrato in fig. 1.32d.<br />
Per problemi di maggiore portata, la soluzione non può essere convenientemente trovata<br />
dalla semplice osservazione dei disegni e <strong>degli</strong> schemi, ma è necessario un metodo<br />
numerico che tenti di arrivare ad una soluzione accettabile, con l’esame di tutte le relazioni<br />
imposte. I pacchetti software convertono i criteri qualitativi in quantitativi, mediante<br />
formulazioni matematiche che vanno dalla semplice pesata delle condizioni imposte,<br />
fino a modelli di ricerca operativa estremamente complessi (logica fuzzy, ecc.).<br />
E’ proprio la presenza di una conversione dai criteri qualitativi a quelli quantitativi che<br />
determina una in qualche misura inevitabile incongruenza tra quanto espresso dalle relazioni<br />
e quanto si può osservare nei risultati della soluzione. Sarà allora necessario ritornare<br />
sulle relazioni iniziali ed aggiustare i risultati con ulteriori run del programma.<br />
<strong>La</strong> formulazione qualitativa del lay-out è stata applicata a molti tipi di situazioni,<br />
fabbriche, reparti di produzione, magazzini, uffici, ecc. perché relazioni qualitative tra<br />
locazioni possono essere sempre specificate.<br />
1.4.5.1.3.<br />
Pianificazione del <strong>La</strong>y-Out al Computer.<br />
<strong>La</strong> pianificazione computerizzata del lay-out <strong>degli</strong> impianti a flusso intermittente si<br />
evolve a partire dal 1963, quando è stato presentato il primo pacchetto software<br />
(CRAFT) per la soluzione dei problemi quantitativi. Dal 1967 sono disponibili anche<br />
pacchetti per la soluzione di problemi qualitativi, cioè da quando la IBM ha presentato il<br />
suo software ALDEP. I due pacchetti citati sono i più noti e verranno descritti sommariamente.<br />
1.4.5.1.3.1. CRAFT (Computerized-Relative-Allocation-of-Facilities).<br />
Questo software è stato sviluppato da Buffa, Armour e Vollmann per un massimo di<br />
40 locazioni di attività. L’input del programma è la matrice dei costi unitari ed uno<br />
schema iniziale di lay-out di primo tentativo. Nella matrice, le caselle portano il prodotto<br />
di Tij e Cij specificati sopra, ed il programma fa i calcoli nel modo descritto<br />
nell’esempio, determinando preliminarmente (dai dati inseriti) la distanza tra i centroidi<br />
- 1.139 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
delle locazioni. Ad ogni variazione del lay-out derivante dall’assunzione di una nuova<br />
combinazione di locazioni, esso calcola il costo totale. Ogni nuova situazione è ottenuta<br />
scambiando successivamente, a due od a tre, tutte le locazioni ed immagazzinando ogni<br />
volta il costo totale ottenuto in memoria. In corrispondenza di un’iterazione, se si ottiene<br />
una riduzione del costo totale, il risultato è stampato ed il lay-out corrente sostituisce<br />
quello precedente: da esso si riparte per effettuare un nuovo scambio di locazioni. Il<br />
programma procede fino a che ha esaminato tutte le possibili combinazioni e non si verificano<br />
riduzioni di costo totale. Il processo di raggiungimento del risultato è euristico.<br />
<strong>La</strong> parola euristico deriva dal greco e significa da scoprire. Quelle euristiche sono regole decisionali<br />
che vengono scoperte, usualmente per tentativi, per risolvere problemi. Talvolta queste<br />
regole conducono ad una soluzione molto prossima a quella matematica esatta, ma altre volte<br />
questo non accade.<br />
Noi tutti utilizziamo regole euristiche nella vita di tutti i giorni. Per esempio, decidiamo di cercare<br />
una stazione di servizio quando la luce della riserva comincia a lampeggiare, oppure decidiamo<br />
di acquistare le nostre azioni preferite quando il loro prezzo cade e poi sale per due giorni<br />
di seguito.<br />
Le euristiche sono usate per risolvere problemi decisionali quando le tecniche precise<br />
non sono disponibili, oppure sono troppo costose o difficili da adoperare. In pratica,<br />
spesso esse sono molto buone e danno risultati apprezzabili, anche se non è sempre garantito<br />
che si raggiunga il risultato ottimale.<br />
Infatti, si è osservato che il risultato fornito da CRAFT è spesso influenzato dal layout<br />
di primo tentativo steso dall’utente. Per questo motivo, il programma viene fatto girare<br />
partendo da situazioni diverse, per ridurre l’incertezza del risultato. Ne deriva che,<br />
in realtà, CRAFT non garantisce di raggiungere la soluzione che presenta il minimo assoluto<br />
del costo totale, ma fornisce una buona approssimazione a quel punto ottimale.<br />
Ma questo non è un problema molto grave, se esso è utilizzato in tutto il mondo ed è<br />
stato lo strumento di progettazione del lay-out di 4 fabbriche di aerei, 2 grandi costruttori<br />
di auto, 2 costruttori di computer, 1 fabbricante di medicinali, 1 confezionatore di<br />
carne, un costruttore di macchine utensili di precisione, uno studio cinematografico, ecc.<br />
1.4.5.1.3.2. ALDEP (Automated-<strong>La</strong>y-out-Design-Program)<br />
Come detto, ALDEP tratta solamente il problema del lay-out a criteri qualitativi. Esso<br />
è in grado di gestire 63 locazioni e 3 magazzini.<br />
L’input di ALDEP comprende la nota matrice delle relazioni ed i vincoli imposti dalla<br />
grandezza <strong>degli</strong> stabilimenti, le locazioni fisse di certe locazioni, la disponibilità di<br />
scale, ecc. Il programma parte scegliendo a caso una locazione e piazzandola nel progetto<br />
di lay-out. Il secondo passo consiste nel valutare tutte le altre locazioni e nel posizionare<br />
quella che presenta una condizione ad elevato grado di vicinanza (come A od E) in<br />
prossimità della prima. Se non esiste una locazione con un così elevato grado di vincolo,<br />
il programma sceglie a caso un’altra locazione e la piazza nel progetto di lay-out.<br />
Questo processo di selezione continua fino a che tutte le locazioni sono piazzate. A questo<br />
punto, il programma compila una pagella, convertendo ogni grado di vincolo raggiunto<br />
nel progetto in un valore numerico e sommandolo agli altri. Il criterio di prefe-<br />
- 1.140 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
renza di un lay-out è il raggiungimento di un maggior valore in confronto a quello proposto<br />
precedentemente.<br />
L’intero processo è ripetuto più volte, partendo da una locazione casuale e diversa<br />
ogni volta ed ogni iterazione comporta la stesura di un nuovo lay-out. Quindi, ALDEP<br />
crea un gran numero di buoni lay-out, pronti per un’ulteriore valutazione, ma esso può<br />
essere controllato in modo che siano proposti solamente i risultati che portino ad un layout<br />
con pagella migliore di un livello minimo prefissato. Come visto sopra, anche AL-<br />
DEP è un programma euristico ed il raggiungimento del punto ottimale è possibile solo<br />
per caso.<br />
1.4.5.1.3.3. Decisioni di <strong>La</strong>y-Out.<br />
Dopo aver messo in evidenza gli aspetti analitici del problema, considereremo ora<br />
brevemente le implicazioni di tipo comportamentale ed ambientale. Infatti, i risultati che<br />
i modelli descritti forniscono non tengono adeguatamente in conto gli aspetti umani,<br />
quali il contatto umano, il grado di privatezza, il senso della proprietà, ecc. anzi hanno<br />
un grande impatto sulla percezione del senso del lavoro da parte del personale, influenzandone<br />
le prestazioni, la motivazione e la soddisfazione. Così, il posto di lavoro potrebbe<br />
essere organizzato in modo da essere altamente efficiente, ma il risultato è normalmente<br />
scadente se, nella pratica, spesso si osserva che l’operatore cerca ogni scusa<br />
per abbandonarlo.<br />
Dagli studi fatti risulta che i fattori ambientali più importanti del lay-out sono il grado<br />
di privatezza e la vicinanza con altri operatori che lavorano su attività correlate. Il<br />
grado di privatezza è importante perché permette alla persona di regolare le proprie relazioni<br />
interpersonali. D’altra parte, la prossimità con gli altri che operano alla stessa attività<br />
può essere facilitata da un’opportuna locazione spaziale dei posti di lavoro, ottenendo<br />
così un risparmio di tempo dei trasferimenti ed un miglioramento delle possibilità<br />
di comunicazione, ciò che migliora le prestazioni globali.<br />
In definitiva, i risultati <strong>degli</strong> studi sostengono la convinzione che la scelta del lay-out<br />
dovrebbe essere basata non solo su considerazioni di efficienza, ma anche sulla sistemazione<br />
relativa del personale che lavora in team, tenendo conto di un adeguato grado di<br />
privatezza per il controllo delle relazioni interpersonali.<br />
1.4.5.2. <strong>La</strong>y-out dei Processi in Linea.<br />
Il lay-out dei processi in linea differisce grandemente da quello dei processi intermittenti.<br />
Infatti, nei processi in linea la sequenza delle operazioni è fissata dal disegno del<br />
prodotto ed il prodotto è ottenuto con lavorazioni sequenziali passando da una stazione<br />
alla successiva, seguendo un flusso determinato. Cioè, mentre il lay-out in linea non influenza<br />
la direzione del flusso del prodotto, essa determina l’efficienza della linea ed i<br />
turni assegnati ai singoli operatori.<br />
Il caso classico di operazioni in linea è la catena di montaggio, la quale, come è stato<br />
detto sopra, presenta una elevata efficienza di produzione. Tuttavia, allo stesso tempo, la<br />
catena di montaggio può presentare seri effetti collaterali in termini di stress <strong>degli</strong> operatori<br />
ed inconvenienti in termini di assenteismo e di abbandoni. Per questo, il progetto<br />
della linea e la valutazione delle possibili alternative al suo impiego devono costituire<br />
una fonte di impegno primario da parte della dirigenza.<br />
- 1.141 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Nel seguito, prima di tutto verrà esaminato il problema del bilanciamento della linea,<br />
ottenuto con un’accurata assegnazione dei compiti agli operatori occupati lungo la linea<br />
in modo che il carico di lavoro sia ripartito in maniera equilibrata. Poi, saranno considerate<br />
le possibili alternative di disegno del lay-out delle catene di montaggio.<br />
1.4.5.2.1.<br />
Bilanciamento delle Catene di Montaggio<br />
Il problema del bilanciamento di una linea può essere meglio descritto con un esempio.<br />
Supponiamo di stare progettando una catena di montaggio in cui il tempo del ciclo<br />
è di 60s, cioè ogni operatore lavora sul prodotto per 60s e, poi, lo passa all’operatore<br />
successivo.<br />
Per il bilanciamento della linea si devono assegnare le operazioni da effettuare ai<br />
singoli operatori. Se si assegna al primo operatore un certo numero di operazioni, il<br />
tempo necessario al loro compimento deve essere un pò minore dei 60s stabiliti, poiché<br />
può verificarsi il caso che non sia possibile trovare la combinazione di operazioni che<br />
esattamente coprano quell’intervallo nella prima stazione. Allo stesso modo, anche al<br />
secondo operatore sarà praticamente impossibile destinare un numero di operazioni la<br />
cui somma dei tempi sia esattamente quella stabilita, e così via. Cioè, è possibilissimo, a<br />
causa della struttura del prodotto e del numero discreto di operazioni da eseguire su di<br />
esso (e dei tempi necessari al loro compimento), che molti operatori abbiano meno di<br />
60s di lavoro per ogni ciclo.<br />
Si può allora dire che il problema del bilanciamento della linea può essere espresso<br />
nei termini di stabilire il numero minimo necessario di stazioni o di operatori e che ogni<br />
operatore abbia il minimo di tempi morti compatibile con la struttura del prodotto. Come<br />
si capisce, esistono rarissimi casi in cui la linea è perfettamente bilanciata, gli operatori<br />
non hanno tempi morti ed ha un’efficienza del 100%.<br />
Un altro modo per definire il problema del bilanciamento della linea è di minimizzare<br />
il tempo del ciclo per un dato numero di stazioni, ma i due modi sono speculari e la<br />
soluzione dipende da dove si parte, se dal tempo del ciclo, oppure dal numero delle stazioni.<br />
Nella successiva discussione, saranno utilizzati i seguenti simboli:<br />
N numero di stazioni della linea. Normalmente, la stazione è il luogo occupato da<br />
un singolo operatore, tuttavia si possono avere più operatori su una sola stazione, oppure<br />
più stazioni controllate da un solo operatore. Qui, assumeremo di avere un solo operatore<br />
per stazione,<br />
C tempo del ciclo, cioè il massimo tempo consentito allo svolgimento delle operazioni<br />
nella stazione. Il tempo del ciclo può essere anche il tempo tra la produzione successiva<br />
di due unità di prodotto nella linea,<br />
ti tempo di svolgimento dell’i-esima operazione sul prodotto. Ogni operazione è<br />
assegnata ad una ed una sola stazione,<br />
Σti è il contenuto totale di lavoro dell’unità di prodotto e ne costituisce il lavoro totale<br />
richiesto.<br />
Esistono importanti relazioni tra queste variabili. E’ normale conoscere il numero di<br />
unità di prodotto Pd che è possibile ottenere al giorno. Da esso si ricava il tempo del ciclo,<br />
che, se espresso in minuti e se il turno giornaliero è di 420 minuti utili, è dato da:<br />
420<br />
C = (1.3)<br />
P<br />
d<br />
- 1.142 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Una volta noto C, si può ricavare il numero minimo di stazioni della linea perfetta,<br />
cioè col 100% di bilanciamento (arrotondato all’intero superiore):<br />
N<br />
C<br />
t<br />
i<br />
min = ∑ (1.4)<br />
Questa formula è basata sull’idea che il contenuto di lavoro totale deve essere fornito<br />
dagli operatori che lavorano C minuti su ogni unità di prodotto con bilanciamento perfetto.<br />
Naturalmente il fatto che il bilanciamento possa essere ottenuto sul numero minimo<br />
di stazioni dipende dai particolari vincoli di precedenza è dai tempi previsti per il<br />
problema in esame.<br />
Dopo aver bilanciato la linea, l’efficienza della linea è calcolata dalla:<br />
∑ ti<br />
e =<br />
(1.5)<br />
N⋅C Questa formula è basata sulla considerazione che N·C è il tempo effettivamente speso<br />
su ogni unità di prodotto (compreso il tempo morto), ma che Σti è il tempo produttivo<br />
previsto.<br />
fig. 1.43. Esploso del triciclo da montare in catena.<br />
Esempio<br />
Supponiamo di dover bilanciare la linea di montaggio del triciclo di fig. 1.43. Per partire, è necessario<br />
disporre del disegno esploso di fig. 1.33 e dello schema di flusso di fig. 1.44.<br />
- 1.143 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
5<br />
6<br />
7<br />
8<br />
9<br />
10<br />
telaio<br />
ruota destra<br />
ruota sinistra<br />
ruota ant.<br />
parafango<br />
forcella<br />
movimento superiore<br />
manubrio<br />
manopole<br />
sella<br />
S2<br />
A1<br />
A3<br />
A4<br />
assieme ruote post. su telaio<br />
assieme ruota ant.<br />
assieme ruota ant. su telaio<br />
S1 A2<br />
assieme manubrio su forcella<br />
assieme sella su telaio<br />
A5<br />
controllo finale<br />
fig. 1.44. Diagramma di flusso del montaggio del triciclo di fig. 1.43.<br />
Poiché le operazioni devono essere raggruppate nelle stazioni, dobbiamo avere un livello di dettaglio<br />
molto più alto, come ad esempio indicato in tab. 1.XV. Questa tabella descrive ogni operazione<br />
richiesta ed il tempo necessario al suo compimento ti. Come si vede, il tempo massimo<br />
delle operazioni è di 18s e, poiché le operazioni elencate non possono essere ulteriormente divise,<br />
18s rappresenta il minimo tempo del ciclo, a meno che alla stessa stazione siano destinati<br />
due operatori. D’altra parte, il tempo del ciclo non può eccedere il contenuto totale di tempo del<br />
prodotto, cioè 253s. Cioè:<br />
[ ]<br />
Max ti ≤ tempociclo ≤∑ ti<br />
Supponiamo inizialmente di bilanciare la catena di montaggio del triciclo sul tempo di 20s, immaginando<br />
una linea molto veloce di operazioni assolutamente ripetitive, che, a questo ritmo,<br />
può costruire (420/0.333) = 1260 tricicli al giorno. Il numero minimo di stazioni risulta:<br />
253<br />
Nmin = = 12. 65 →13<br />
20<br />
Tuttavia, bisogna considerare i vincoli che condizionano il montaggio del triciclo, che il parafango<br />
deve essere montato prima dell’inserimento della ruota, che stringere la vite del sellino<br />
deve essere fatto dopo che esso è stato montato sul telaio, ecc. Così, i vincoli tecnologici sono<br />
rappresentati in fig. 1.34, ma essi possono considerarsi un pò più restrittivi di quanto in realtà<br />
sia necessario: il sellino può essere montato sul telaio insieme alle ruote posteriori e, quindi, si<br />
può pensare ad una stazione in cui si piazza la rosetta su un asse posteriore, si monta il sellino e<br />
si inserisce una manopola sul manubrio. Per evitare questa confusione di operazioni, la fig. 1.34<br />
impone che entrambe le ruote posteriori siano montate prima del sellino e della forcella anteriore.<br />
- 1.144 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
tab. 1.XV. Operazioni di assemblaggio del triciclo di fig. 1.43.<br />
numero o-<br />
descrizione tempo<br />
perazione<br />
[s]<br />
1 inizio ciclo 0<br />
2<br />
RUOTA POSTERIORE SINISTRA<br />
piazza la rosetta sull’asse sinistro 10<br />
3 monta la ruota sinistra sull’asse 18<br />
4 piazza la rosetta sull’asse sinistro 10<br />
5 inserisci e serra la coppiglia 15<br />
6 inserisci e fissa il cappuccio<br />
RUOTA POSTERIORE DESTRA<br />
17<br />
7 piazza la rosetta sull’asse destro 10<br />
8 monta la ruota destra sull’asse 18<br />
9 piazza la rosetta sull’asse destro 10<br />
10 inserisci e serra la coppiglia 15<br />
11 inserisci e fissa il cappuccio 17<br />
12 operazione fittizia<br />
ASSIEME RUOTA ANTERIORE<br />
0<br />
13 inserisci la forcella della ruota anteriore nel telaio 18<br />
14 monta il collare sulla forcella 11<br />
15 monta il manubrio sulla forcella 15<br />
16 stringi il collare della ruota anteriore 18<br />
17 monta la manopola destra 12<br />
18 monta la manopola sinistra<br />
ASSIEME SELLINO<br />
12<br />
19 inserisci il sellino nel telaio 9<br />
20 serra la vite di bloccaggio del sellino 18<br />
21 punto finale 0<br />
TOTALE 253<br />
Nel diagramma di fig. 1.34, tutte le operazioni indicate devono essere eseguite solamente quando<br />
la precedente è stata completata. Tuttavia, possono essere scambiate quelle della ruota sinistra<br />
e la destra, poiché sono in parallelo. Come si vede nel diagramma, è stato anche stabilito<br />
che i montaggi del sellino e della forcella anteriore possono essere scambiati tra loro, ma non<br />
con il montaggio di una delle ruote posteriori.<br />
Supponiamo inizialmente di bilanciare la catena di montaggio del triciclo sul tempo di 20s, immaginando<br />
una linea molto veloce di operazioni assolutamente ripetitive, che, a questo ritmo,<br />
può costruire (420/0.333) = 1260 tricicli al giorno. Il numero minimo di stazioni risulta:<br />
253<br />
Nmin = = 12. 65 →13<br />
20<br />
I migliori metodi di soluzione del problema sono euristici, i quali non necessariamente forniscono<br />
il numero minimo di stazioni, ma, come detto, forniscono soluzioni sufficientemente vicine<br />
all’ottimo. I metodi euristici disponibili in letteratura sono numerosissimi, ma, per semplicità<br />
ne illustreremo solamente due.<br />
- 1.145 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1<br />
0<br />
ruota sinistra<br />
10 18 10 15 17<br />
2<br />
3 4 5 6<br />
ruota destra<br />
10 18 10 15 17<br />
7 8 9 10 11<br />
12<br />
ruota anteriore, manubrio<br />
18 11 15 18 12<br />
13<br />
sellino<br />
9 18<br />
19 20<br />
14 15 16 17<br />
fig. 1.45. Diagramma delle precedenze nel montaggio del triciclo di fig. 1.43.<br />
tab. 1.XVI. Ordinamento delle operazioni sul triciclo per numero di predecessori.<br />
operazione 1 2 7 3 8 4 9 5 10 6 11 12 13 19 14 20 15 16 17 18 21<br />
numero di<br />
predecessori<br />
0 1 1 2 2 3 3 4 4 5 5 11 12 12 13 13 14 15 16 16 20<br />
ti 0 10 10 18 18 10 10 15 15 17 17 0 18 9 11 18 15 18 12 12 0<br />
Un modo per risolvere il problema è di cominciare l’assegnazione delle operazioni con quella<br />
che presenta il minor numero di predecessori e di muoversi da quella verso le operazioni che<br />
presentano un numero di predecessori maggiore, secondo il criterio di Kilbridge e Wester 17 . In<br />
tab. 1.XVI si sono ordinate le operazioni di montaggio del triciclo in funzione del numero dei<br />
loro predecessori, partendo da quelle che ne hanno il numero minore.<br />
Le operazioni così ordinate sono assegnate alle stazioni al massimo fino al raggiungimento del<br />
tempo del ciclo di 20s. Se il livello di precedenza è lo stesso, si preferisce aggiungere<br />
l’operazione più lunga, in modo da compattare le operazioni lunghe all’inizio e conservare le<br />
operazioni più brevi alla fine. Se un’operazione con precedenza immediatamente più alta non<br />
trova tempo sufficiente nella stazione, allora si sposterà in avanti la lista delle precedenze per<br />
trovare un’operazione che può essere piazzata nel tempo disponibile. Se questo non è possibile,<br />
la stazione viene lasciata parzialmente libera.<br />
Il risultato di questa procedura è il numero delle stazioni, che risulta essere 15 (come si vede in<br />
tab. 1.XVII), e l’efficienza di questo bilanciamento è, dalla (1.5):<br />
∑ ti<br />
253<br />
e = = =<br />
N⋅C 15⋅ 20<br />
084 .<br />
tab. 1.XVII. Bilanciamento della linea con la regola Kilbridge e Wester.<br />
stazione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15<br />
operazione 1,2,7 3 8 4,9 5 10 6 11 12,13 19,14 20 15 16 17 18,21<br />
tempo morto<br />
0 2 2 0 5 5 3 3 2 0 2 5 2 8 8<br />
17 M.Kilbridge, L.Wester, A Heuristic Method of Assembly Line Balancing, J. Of Industrial Engineering,<br />
1961.<br />
- 1.146 -<br />
12<br />
18<br />
21
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Per risolvere i problemi di bilanciamento delle linee più complesse, è necessario ricorrere<br />
all’uso del computer. Ad esempio, il metodo di Hoffmann richiede tre tipi di input,<br />
che sono comuni a tutti i casi: le relazioni di precedenza, il tempo delle singole operazioni<br />
ed il tempo del ciclo. L’output fornisce l’assegnazione delle operazioni alle stazioni,<br />
il numero teorico minimo di stazioni e l’efficienza del bilanciamento.<br />
Il metodo di Hoffmann tenta di assegnare alla prima stazione le operazioni che forniscono<br />
il minor tempo morto alla stazione scegliendole tra quelle fattibili nel grafico delle<br />
precedenze ed enumerando le soluzioni possibili. Quando il programma trova una soluzione<br />
con tempo morto nullo, la soluzione si arresta ed il programma passa alle stazioni<br />
successive. <strong>La</strong> procedura viene ripetuta per le successive stazioni, fino<br />
all’esaurimento di tutte le operazioni programmate. A questo punto, il bilanciamento<br />
viene ripetuto partendo dall’ultima stazione e risalendo verso la prima lungo il diagramma<br />
delle precedenze ed il risultato migliore tra i due viene preso come definitivo.<br />
Nella discussione ora fatta il problema del bilanciamento è stato volutamente ultrasemplificato.<br />
Infatti, nella pratica molte considerazioni complicano il problema e prendere<br />
in considerazione alcune di esse comporta la necessità di strumenti di calcolo molto<br />
sofisticati per avere soluzioni soddisfacenti. Di seguito se ne enumerano alcune:<br />
Variabilità dei tempi operativi. Il tempo richiesto dall’operatore per compiere<br />
un’operazione spesso varia con problemi legati ai materiali impiegati, alla fatica e ad<br />
un’errata postura di lavoro. Ne risulta la necessità di prevedere tra le stazioni magazzini<br />
intermedi, di rallentare i ritmi della linea per far fronte a tali variazioni e, talvolta,<br />
la necessità di completare certe operazioni fuori linea.<br />
Molteplicità di prodotti. E’ molto comune che una stessa linea di montaggio sia dedicata<br />
ad un mix di modelli dello stesso prodotto, oppure ad un mix di prodotti. Naturalmente<br />
è altrettanto spesso difficile ottenere un buon bilanciamento per tutte le situazioni.<br />
Vincoli architettonici o funzionali. In alcuni casi certe operazioni devono essere tenute<br />
insieme poiché sono richieste le stesse attrezzature oppure sono necessari operatori<br />
con uguale qualifica. Altre volte, invece, è essenziale tenere distinte le operazioni,<br />
anche dal punto di vista logistico, come nel caso della sabbiatura e della verniciatura<br />
(per evitare la presenza di polveri in questo reparto).<br />
Fattori sociali. L’effetto di scegliere tempi del ciclo brevi è di rendere sempre più ripetitive<br />
le azioni <strong>degli</strong> operatori, ma in questo modo di aumentare l’utilizzo delle loro<br />
attitudini specifiche e di spingere l’efficienza del lavoro. Per evitare di stressare gli<br />
operatori e stabilire un clima di lavoro non più accettabile, più sotto sono proposte alternative<br />
a queste soluzioni.<br />
A dispetto di tutto il lavoro descritto per ottenere il voluto bilanciamento delle linee<br />
di montaggio, in realtà i metodi esposti non sono così largamente usati. In uno studio<br />
condotto negli Stati Uniti nel 1975 su 90 imprese da Chase 18, 80 di esse usavano solamente<br />
metodi manuali, 7 software commerciale e 3 metodi combinati al computer e manuali.<br />
Il motivo raccolto da Chase era che il 57% delle 80 aveva responsabili del lay-out<br />
poco familiari con i metodi numerici. Invece, gli altri erano convinti che il tempo necessario<br />
per raggiungere una buona soluzione col computer erano eccessivi e che, nel software<br />
mancava la necessaria flessibilità. Se ne può trarre la conclusione che, in campo<br />
18 R.B.Chase, Strategic Considerations in Assembly lines Selection, California Management Review,<br />
1975.<br />
- 1.147 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
industriale, esistono ancora grandi possibilità di miglioramento delle metodologie di<br />
progetto del lay-out.<br />
Una delle più dibattute discussioni è che, una volta fissato il lay-out, non può essere<br />
variata facilmente la potenzialità della linea, spostando in avanti ed indietro la sede delle<br />
singole operazioni. Cioè, se i responsabili decidono di cambiare la potenzialità od il mix<br />
di modelli, la linea deve essere più o meno completamente ribilanciata ed è richiesto un<br />
tempo non piccolo perché gli operatori apprendano le nuove sequenze e le nuove operazioni<br />
e perché l’efficienza della linea ritorni a valori accettabili. Ne risulta che si tende a<br />
mantenere la potenzialità ed il mix di modelli quanto più stabili possibile, facendo assorbire<br />
le variazioni della domanda ai magazzini dei prodotti finiti. Al proposito, Chase<br />
osservò che in media le linee venivano ribilanciate 3 volte l’anno e che il ribilanciamento<br />
richiedeva in media più di 5 giorni per poter ritornare alla piena potenzialità.<br />
1.4.5.2.2.<br />
Alternative alle Linee di Montaggio Tradizionali<br />
Gli studi di Chase (condotti negli Stati Uniti) forniscono, inoltre, informazioni sugli<br />
effetti delle catene di montaggio sugli operatori. Essi indicano che il ricambio di personale<br />
può raggiungere, in qualche compagnia, la cifra enorme del 46% per anno, che le<br />
lamentale espresse ufficialmente sono state 52 per 100 operatori, quindi, che esiste una<br />
forte turbolenza di rapporti tra operatori e responsabili di produzione. Perciò, la dirigenza<br />
è spinta a considerare alternative percorribili a quelle tradizionali, che sono rigide ed<br />
alienanti. Le alternative possibili sono, in sintesi:<br />
• moltiplicare le linee di montaggio dello stesso prodotto, ognuna con cicli più lunghi<br />
e, quindi, con maggiore varietà delle operazioni all’interno di ogni linea e,<br />
perciò, di ogni stazione. L’uso di questa alternativa può essere dispendioso nelle<br />
aziende che sono a forte impiego di capitale, in quanto, qui, si richiede spesso una<br />
duplicazione delle attrezzature e delle macchine. Invece, esistono molte situazioni<br />
a forte impiego di manodopera nelle quali questo approccio può essere adottato<br />
facilmente. Per esempio, per il montaggio del triciclo di fig. 1.32, che è ad alto<br />
impiego di manodopera, si potrebbero utilizzare diverse piccole linee di montaggio.<br />
• progettare linee di montaggio che permettano l’organizzazione per gruppi di lavoro<br />
e creino una più intensa interazione sociale tra gli operatori nell’ambito del loro<br />
lavoro. Questo approccio è stato introdotto dalla Volvo per il montaggio delle vetture.<br />
Nella loro organizzazione, ad un gruppo di operatori è assegnato il montaggio<br />
della vettura per un dato periodo di tempo. Ad esempio il gruppo della selleria<br />
lavora in team per completare tutta la tappezzeria interna dell’auto e decide autonomamente<br />
chi fa che cosa, in modo che i membri del gruppo possono ruotare a<br />
svolgere le diverse operazioni, pur nel rispetto del tempo imposto. Tale approccio<br />
aumenta l’interazione sociale tra gli operatori, permette la rotazione delle operazioni<br />
e la varietà del lavoro. Successivamente, tale impostazione è stata utilizzata<br />
anche dalla General-Motors nella sua joint-venture con la Toyota nello stabilimento<br />
di Fremont in California, per la costruzione della vettura Saturn,<br />
• progettare linee di montaggio che permettano una scelta personale <strong>degli</strong> operatori<br />
per riguardo alle cadenze, inserendo magazzini intermedi dei grezzi e dei semilavorati<br />
tra le stazioni. In questo caso, il prodotto non risulta troppo rigidamente costruito,<br />
ma si muove ad una velocità che può essere variabile. Questa organizzazione<br />
è stata scelta dalla General-Electric per la modernizzazione del suo impianto<br />
di costruzione di lavastoviglie di Louisville. Per metterlo in opera, le lavastoviglie<br />
- 1.148 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
passano automaticamente da una stazione all’altra, caricate su carrelli, che sono<br />
usati anche come magazzino intermedio. Con questa soluzione, gli operatori hanno<br />
l’autonomia sufficiente ad incrementare la qualità del prodotto, potendo spendere<br />
un pò di tempo, se richiesto, per finire l’unità,<br />
• provvedere linee di montaggio destinate ad un mix di modelli o di prodotti ed in<br />
cui gli operatori non costruiscono sempre lo stesso prodotto. In questi casi si costruisce<br />
il modello A, poi il modello B, quindi il modello C, ma la sequenza non è<br />
rigida, è a discrezione <strong>degli</strong> operatori, pur nel rispetto del piano di produzione prefissato.<br />
Questa organizzazione a mix di modelli ha grande popolarità in ambienti<br />
nei quali si persegue la politica del Just-In-Time. Essa è stata adottata<br />
nell’impianto Kawasaki a Lincoln nel Nebraska, dove i motocicli sono costruiti in<br />
una linea di montaggio nella quale i vari modelli possono susseguirsi in modo abbastanza<br />
dipendente dal flusso <strong>degli</strong> ordini. Come è ovvio, l’organizzazione consente<br />
di avere una varietà sufficiente delle operazioni svolte dagli operatori, ma<br />
raggiunge anche l’obiettivo di avere minori scorte a magazzino, dato che la produzione<br />
in linea segue quasi fedelmente le richieste dei clienti finali.<br />
Come si può vedere, esistono molti modi di organizzare il lavoro, una volta che alcune<br />
delle assunzioni per il bilanciamento delle linee sia messo in discussione. Le opzioni<br />
indicate possono essere chiarite ancor meglio, seguendo l’esempio del triciclo di fig.<br />
1.43.<br />
Esempio<br />
Con riferimento al prodotto di fig. 1.32, supponiamo ora di voler costruire 575 tricicli al giorno<br />
(1 turno di 8 ore). Questo comporta che il ciclo sia di 50s, se si usa una sola linea di montaggio.<br />
Usando il metodo di Hoffmann, risultano necessarie 6 stazioni. Il primo operatore dovrà montare<br />
la ruota sinistra e 3 anelli, il secondo completa il montaggio della ruota sinistra e monta la<br />
ruota destra, e così via.<br />
Un’altra via per montare i 575 tricicli al giorno è di formare team di 2 operatori. In questo caso,<br />
un operatore monta la ruota sinistra, mentre l’altro monta quella destra. Un operatore monta il<br />
sellino, mentre l’altro inserisce la forcella anteriore ed entrambi completano la forcella anteriore<br />
e montano il manubrio e le manopole. In effetti, entrambi gli operatori di un gruppo possono organizzare<br />
il proprio lavoro nel modo desiderato. Il responsabile si aspetterà la stessa produttività,<br />
se non addirittura maggiore, e per ottenerla avrà i team composti di due persone, che produrranno<br />
ognuno 192 tricicli al giorno con un tempo del ciclo di 150s per triciclo. Per molti operatori<br />
questa organizzazione del montaggio è molto più desiderabile di una linea rigida, la quale<br />
presenta un minore tempo di ciclo ed una minore possibilità di interazione umana. Dal punto di<br />
vista dell’efficienza dell’impianto, non emerge ragione per una differenza con la linea rigida,<br />
poiché il numero di pezzi è lo stesso ed anche lo è il numero <strong>degli</strong> operatori.<br />
Un altro modo per organizzare la produzione dei tricicli è di prevedere 2 piccole linee di montaggio,<br />
ognuna con 3 stazioni. Esse possono avere un ciclo di 100s e, quindi, permettere una adeguata<br />
varietà del lavoro per ogni operatore.<br />
1.4.6.<br />
Il Ruolo dell’Ingegnere <strong>Impianti</strong>sta.<br />
Un giurista genovese, esperto di diritto internazionale, affermava di essere un impiantista<br />
del diritto. Come gli ingegneri impiantisti, i quali esercitano una professionalità<br />
caratterizzata dalla capacità di applicare un metodo ad una pluralità di specializzazio-<br />
- 1.149 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
ni, egli applica la sua professionalità a qualunque aspetto che riguardi gli interessi delle<br />
imprese e delle famiglie. 19 L’ingegnere impiantista, da sempre alla ricerca di una sua<br />
identità (difficile da individuare, essendo la sua una professione nuova a taglio orizzontale<br />
applicabile ad una tipologia di situazioni infinita), possiede la professionalità necessaria<br />
al raggiungimento di un obiettivo ben preciso: realizzare un impianto od<br />
un’infrastruttura che forniscano, una volta in esercizio, prodotti o servizi.<br />
Gli impianti e le infrastrutture sono costituiti da una componente materiale e da una<br />
immateriale: la prima che comprende i prodotti elementari (equipaggiamenti, componenti,<br />
materiali) aggregati attraverso attività di costruzione e montaggio, la seconda che<br />
presiede alla realizzazione del prodotto impiantistico, attraverso attività tecniche, gestionali<br />
e complementari. Queste ultime coprono aspetti importantissimi ai fini della realizzabilità<br />
del progetto, che vanno dallo sviluppo del mercato al suo raccordo con<br />
l’azienda industriale, dall’ingegneria finanziaria alla contrattualistica, dall’analisi del rischio<br />
all’ingegneria assicurativa, dall’analisi ambientale e territoriale alla formazione<br />
del consenso.<br />
Poi, l’azienda impiantistica è un’azienda sistemica che realizza prodotti di lunga durata,<br />
che, ormai, non finiscono più come in passato nella fabbrica o nel cantiere, ma iniziano<br />
molto prima e finiscono molto dopo il fatto della costruzione dell’impianto. Ciò<br />
soprattutto a causa della complessità del sistema globale (economico, finanziario, politico,<br />
sociale, ambientale), in cui si inseriscono e che manifesta, come ampiamente illustrato<br />
in §1.1, turbolenze, evoluzioni, perturbazioni e volatilità con durata di ciclo molto<br />
inferiore a quella del prodotto impiantistico. Perciò, sistema aperto ed assetto organizzativo<br />
a rete, insieme ad una continua revisione delle metodologie e <strong>degli</strong> strumenti di lavoro<br />
ed all’innovazione dei prodotti e dei processi, caratterizzano l’azienda impiantistica<br />
in generale.<br />
Ne deriva che la funzione dell’ingegnere impiantista è quella di creare nell’impianto<br />
lo strumento atto a realizzare una produzione specificata in termini di tipo, qualità,<br />
prezzo, tempestività di consegna del prodotto, e di realizzarlo idoneo a conseguire nel<br />
modo migliore possibile gli obiettivi, anche di natura economica, dell’organizzazione in<br />
cui l’impianto è inserito. In questa attività, l’impiantista è innanzitutto capace di applicare<br />
nel mondo reale i propri concetti scientifici e le metodologie quantitative maturate,<br />
realizzando iniziative concrete. L’impiantista è, dunque, quel professionista che coordina<br />
in una sintesi organica le risorse tecniche, umane ed economiche necessarie alla realizzazione<br />
ed alla gestione di sistemi tecnici da inserire in sistemi economici, produttivi<br />
e sociali di maggiore dimensione, come gli impianti di produzione o gli impianti di servizio<br />
o qualunque altro sottosistema inserito in un impianto di produzione. Per svolgere<br />
questo compito, egli deve essere in grado di coprire un certo numero di competenze<br />
specialistiche, e, soprattutto, di comprendere il linguaggio ed essere sensibile ai problemi<br />
<strong>degli</strong> specialisti interessati alla realizzazione dell’impianto che si va delineando.<br />
<strong>La</strong> definizione data implica un’estensione del campo di interesse e di competenza<br />
dell’impiantista fino a comprendere, oltre la progettazione e la realizzazione <strong>degli</strong> impianti,<br />
anche la loro gestione e conduzione. Ciò è in gran parte conseguenza<br />
dell’accelerarsi dei fenomeni di obsolescenza (dell’abbreviarsi della vita utile <strong>degli</strong> impianti),<br />
sicché le prospettive di lungo termine, come la pianificazione e la progettazione,<br />
tendono a sparire nel confronto con quelle di breve termine come la gestione. Ne consegue<br />
che l’impianto deve essere progettato in vista di specifiche modalità di gestione, de-<br />
19 G. Arcelli, Aziende bonsai su mercato mondiale, <strong>Impianti</strong>stica Italiana, 10, 1991.<br />
- 1.150 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
finite in anticipo rispetto alla fase di conduzione vera e propria, spesso contemporaneamente<br />
all’attività di progettazione, e con processi logici sostanzialmente analoghi a questa.<br />
20<br />
Dunque, per svolgere adeguatamente i compiti che rientrano nella propria area professionale,<br />
l’impiantista deve possedere un vasto bagaglio di conoscenze in molte discipline.<br />
Le conoscenze non devono necessariamente essere spinte fino a livello specialistico,<br />
ma dovrà essere assicurata una larga base culturale che consenta all’impiantista di<br />
attraversare, con ottica generalista, impostata più per problemi che per tecniche, le varie<br />
aree di competenza <strong>degli</strong> specialisti con cui egli dovrà dialogare e collaborare. Su tale<br />
base, che costituirà il patrimonio culturale fondamentale della figura dell’ingegnere impiantista,<br />
potranno innestarsi più settori la cui conoscenza sia approfondita a livello operativo<br />
o professionale: il conoscere a fondo almeno un settore è indispensabile poiché<br />
permette all’impiantista di avere una misura dei problemi e delle difficoltà che ogni<br />
specialista affronta per svolgere il compito affidatogli in ogni dettaglio.<br />
Più in concreto, si può dire che è essenziale che egli tenga conto di tutte le implicazioni<br />
tecnico-economiche relative ai seguenti problemi ed argomenti:<br />
• aspetti ergonomici del rapporto uomo-macchina (intercambiabilità dei singoli posti<br />
di lavoro, sicurezza del personale, igiene del lavoro, costi della mano d'opera e<br />
suoi riflessi sul grado di meccanizzazione, ecc.);<br />
• manutenzione, sicurezza di esercizio, affidabilità;<br />
• gestione delle scorte e programmazione della produzione;<br />
• qualità della produzione e metodi per il suo controllo;<br />
• installazione, costruzione e montaggio <strong>degli</strong> impianti e loro programmazione, tecniche<br />
di gestione dei contratti;<br />
• ricerca e sviluppo, utilizzo dei brevetti ed acquisizione del know-how;<br />
• meccanizzazione ed automazione <strong>degli</strong> impianti produttivi, gestione a distanza<br />
<strong>degli</strong> apparati di comando e di controllo, sistemi informativi computerizzati;<br />
• valutazione della vita economica dell’impianto (obsolescenza);<br />
• previsione ed analisi di mercato;<br />
• caratteristiche tecnologiche dei principali settori industriali e descrizione dei processi<br />
di fabbricazione più importanti e dei relativi macchinari;<br />
• servizi di impianto fondamentali e loro collegamenti con le tecnologie;<br />
• movimentazione dei materiali, immagazzinaggio e trasporti interni.<br />
Perciò, l’impiantista deve possedere gli elementi per sapersi avvalere delle seguenti<br />
metodologie:<br />
• criteri di valutazione della qualità;<br />
• metodi di scelta della metodologia produttiva;<br />
• criteri di analisi del valore;<br />
• metodi di valutazione di alternative e di redditività di investimenti in condizioni di<br />
certezza e di incertezza;<br />
• metodi simulativi;<br />
• metodi di programmazione matematica;<br />
• metodi di rilevazione e controllo dei costi;<br />
• metodi di analisi economica.<br />
Messa in luce la figura dell’impiantista come professionista con competenze multidisciplinari<br />
e plurifunzionali (progettazione, gestione e conduzione dell’impianto), inte-<br />
20 Dornig et alii, Figura e formazione dell’impiantista, <strong>Impianti</strong>, F. Angeli, 1972<br />
- 1.151 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
ressa ora chiarire la funzione specifica della materia di cui ci occupiamo, all’interno di<br />
questo quadro di riferimento generale. Si parlerà qui più specificatamente <strong>degli</strong> aspetti<br />
progettuali della formazione dell’impiantista. Si cercherà, pertanto, di fissare un quadro<br />
di riferimento per prefigurare ed interpretare la realtà dei sistemi produttivi nei quali<br />
molti ingegneri andranno ad operare, o con i quali essi avranno comunque a che fare<br />
qualora intraprendessero un’attività di engineering. Gli elementi fondamentali del lavoro<br />
di progettazione sono tre: l’esperienza, gli strumenti ed il metodo. <strong>La</strong> prima è rappresentata<br />
dall’accumulo di una serie di nozioni, che si acquisiscono nella pratica quotidiana.<br />
I secondi sono i concetti, le idee e le nozioni che formano il bagaglio culturale di<br />
ogni ingegnere, e che sono costituite dalla conoscenza delle discipline fondamentali della<br />
Fisica Tecnica, l’Idraulica, la Scienza delle Costruzioni, le Macchine,<br />
l’Elettrotecnica, la Chimica Applicata, l’Economia Industriale, la Tecnologia Meccanica<br />
ecc. Il metodo è quanto più precisamente questo corso cerca di fornire, ed al quale si<br />
cerca di esercitare l’allievo ingegnere.<br />
Tuttavia, qui occorre subito dire cosa si intende per progettazione dal nostro punto di<br />
vista: la progettazione di sistemi produttivi complessi non è dimensionamento o disegno<br />
delle macchine ed attrezzature, né dei loro componenti ed organi. <strong>La</strong> conoscenza del<br />
funzionamento delle macchine è considerata utile per una più approfondita comprensione<br />
del fenomeno da controllare; ma, agli effetti della progettazione <strong>degli</strong> impianti, la<br />
macchina, ed in genere ogni componente di impianto, interessa per la sua caratteristica<br />
esterna, cioè per le grandezze di ingresso e di uscita, e per le loro relazioni, più che per<br />
il modo in cui tali grandezze vengono elaborate (se di ingresso) o prodotte (se di uscita).<br />
L’interazione con altri sistemi, che è carattere specifico <strong>degli</strong> impianti produttivi, si descrive<br />
esclusivamente attraverso la conoscenza di tali grandezze. Il progettista si limiterà<br />
a comporre, nel modo più rispondente agli obiettivi e vincoli dati, tali caratteristiche,<br />
il che vuol dire procedere ad una scelta tra componenti e più in generale tra alternative<br />
di soluzione diverse in termini di caratteristiche esterne (produttività, efficienza, costi,<br />
affidabilità, flessibilità, ecc.) dello stesso problema.<br />
- 1.152 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
1.5.<br />
LA GESTIONE DELLA QUALITÀ<br />
Dato il quadro generale delle linee di sviluppo del processo produttivo integrato, possiamo<br />
indicare lo scopo che, in questo ambito, il Corso di <strong>Impianti</strong> <strong>Meccanici</strong> si propone<br />
di raggiungere. Il principale obiettivo è di sviluppare le conoscenze sulla progettazione<br />
del processo produttivo e <strong>degli</strong> impianti necessari al suo svolgimento, in modo<br />
che gli allievi possano da soli utilizzarle al fine di progettare macchine ed impianti che<br />
soddisfino alle condizioni di funzionalità imposte, al minimo costo possibile. Il problema<br />
da risolvere è lo studio:<br />
• della funzionalità del prodotto e di come essa è specificata da una serie di indici di<br />
qualità su ognuno dei quali è assegnata una tolleranza (indici, quali i parametri di<br />
qualità, che il prodotto finito deve possedere);<br />
• del costo del prodotto, che è un indice che caratterizza le spese di lavoro sociale,<br />
espresse in forma monetaria, ed altri indici economici e tecnici.<br />
Uno studio contemporaneo del controllo della qualità e del minimo costo nella costruzione<br />
del prodotto è molto complicato; perciò, i due problemi sono spesso trattati<br />
separatamente. Come abbiamo visto, prima di tutto sono presi in esame i fondamenti del<br />
controllo di qualità del prodotto, poi i principi del suo ottenimento economico ed infine<br />
la procedura per pianificare il processo di produzione. Al fine di costruire un prodotto<br />
capace di svolgere le sue funzioni e di mantenere i costi di lavorazione al minimo, è necessario<br />
non solo studiare le funzioni, ma anche comprenderle e poi esprimerle con un<br />
numero di indici di qualità correlati metodologicamente.<br />
Lo studio delle interconnessioni che sono necessarie e sono presenti tra le superfici e<br />
le parti componenti le macchine e gli impianti permette di capire l’essenza e lo scopo<br />
del processo di costruzione del particolare e di montaggio della macchina. Inoltre, esso<br />
permette di individuare i parametri che caratterizzano strettamente la funzionalità e<br />
quindi la qualità delle macchine. Lo studio delle interconnessioni e dei legami ed il loro<br />
controllo è basato sulla teoria delle catene dimensionali, proposta da B. Balakshin nel<br />
1932.<br />
Come approfondiremo in §3.5, la conoscenza della funzionalità di un componente di<br />
una macchina e del processo di sviluppo della sua forma dà un’idea chiara del concetto<br />
di un pezzo in quanto parte di materiale delimitata da una serie di superfici posizionate<br />
l’una rispetto alle altre con la precisione richiesta dalla funzione che il componente è<br />
chiamato a svolgere, tenendo conto dell’economia di costruzione. Questo concetto è di<br />
importanza decisiva, poiché esso predetermina il metodo di programmazione del processo<br />
produttivo e di analisi del valore del pezzo. Infatti, se si accetta il concetto, allora<br />
nella programmazione e nella definizione del processo produttivo è necessario partire<br />
dal problema di assicurare la necessaria precisione dimensionale alle superfici del componente:<br />
è assurdo cominciare a lavorare le superfici del componente senza aver prima<br />
posto le relazioni reciproche tra di esse. Se le superfici sono lavorate senza rispettare<br />
queste relazioni, il componente finito non sarà in grado di compiere le funzioni imposte<br />
ed il lavoro speso sarà stato inutile.<br />
Comunque, esistono condizioni sempre più frequenti, nelle quali è addirittura<br />
l’esistenza del componente che viene messa in discussione 21.<br />
21 R. Albonetti, <strong>La</strong> strategia della qualità per la conquista dei mercati, <strong>Impianti</strong>stica Italiana, 10, 1988.<br />
- 1.153 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Infatti, la lotta per la conquista di maggiori quote dei mercati mondiali vede impegnati<br />
industrie e Paesi, le une spinte dalla necessità e dal desiderio di conseguire i propri<br />
obiettivi di bilancio, gli altri impegnati nello sforzo di migliorare i bilanci del proprio<br />
commercio estero e, quindi, il tenore di vita dei propri cittadini. Da questo quadro possiamo<br />
estrarre gli argomenti già esaminati in §1.2 che più specificatamente riguardano<br />
la progettazione del prodotto e l’organizzazione del processo, cioè gli aspetti più specificatamente<br />
tecnologici e quello che rappresenta il risultato dell’azienda, cioè il costo<br />
del prodotto. In questo modo limitiamo sensibilmente l’area del nostro interesse, sicuri<br />
che gli argomenti, pur essenziali ma che dobbiamo trascurare, saranno ampiamente trattati<br />
in corsi complementari al nostro.<br />
Semplificando molto quanto visto in §1.1, l’arma con la quale questa lotta viene condotta<br />
si può condensare in due criteri:<br />
• offrire i prodotti richiesti dal mercato allo stesso prezzo della concorrenza, ma ad<br />
un livello di qualità più elevato;<br />
• offrire i prodotti richiesti dal mercato al livello di qualità richiesto, ma a prezzi inferiori<br />
a quelli della concorrenza.<br />
In entrambi i casi il parametro qualità ed il parametro prezzo risultano essere i cardini<br />
del successo. Questi concetti sono universalmente condivisi, ma non è per tutti chiara<br />
la relazione che, generalmente, corre tra la qualità del prodotto ed il suo costo. Sicuramente,<br />
è diffusa l’opinione che ad una più elevata qualità del prodotto, e quindi ad un<br />
suo maggiore valore intrinseco, corrisponda inevitabilmente un costo più elevato.<br />
In questo contesto, la qualità è intesa come il grado di corrispondenza agli scopi d'uso<br />
e riassume un insieme di caratteristiche che, come detto, di volta in volta includono<br />
anche la durevolezza, la facilità di esercizio e manutenzione, la sicurezza. Poi,<br />
l’ottenimento della qualità verrà assicurato dalla verifica del rispetto di specifiche tecniche<br />
opportunamente conservatrici, attraverso un adeguato processo produttivo ed una<br />
serie di opportuni collaudi intermedi e finali.<br />
Tale schema resta ovviamente valido anche quando, come accade sempre più diffusamente,<br />
il peso della qualità dell’impianto per il processo di produzione diventa di<br />
sempre maggiore importanza per assicurare la qualità del prodotto a costi contenuti (da<br />
esso dipende il livello di scarto o di riparazione in corso di produzione). Tuttavia questo<br />
non resterà a lungo sufficiente, in quanto sarà necessario migliorare la progettazione del<br />
prodotto e <strong>degli</strong> impianti introducendo un nuovo approccio. Cioè, sarà necessario sottoporre<br />
ad esame critico la concezione stessa del prodotto rispetto ai bisogni dell’utente ed<br />
occorrerà rivedere il progetto in modo da semplificare al massimo il prodotto senza diminuirne<br />
le caratteristiche qualitative. Di più, occorrerà individuare quelle soluzioni costruttive<br />
che semplificano la produzione minimizzando i costi e migliorando o conservando<br />
il livello qualitativo ed occorrerà rivedere il processo produttivo, in modo che anch'esso<br />
sia semplificato e reso più economico. Così, nella maggior parte dei casi, al miglioramento<br />
della qualità, corrisponderà una diminuzione del costo finale del prodotto<br />
(principio della total-quality).<br />
Senza dubbio diminuiranno gli scarti e le riprese conseguenti ai difetti riscontrati nei<br />
collaudi intermedi e finali. Non solo: bisogna anche considerare che i collaudi sono<br />
concepiti per verificare il rispetto dei livelli minimi di qualità, ma non dicono nulla per<br />
quanto riguarda il livello eccedente il livello minimo, se i collaudi non sono eseguiti adottando<br />
opportuni criteri metodologici.<br />
Infatti, richiamando il concetto che la resistenza di una catena è limitata alla resistenza<br />
dell’anello più debole, la maggiore resistenza <strong>degli</strong> altri anelli rappresenta solo uno<br />
- 1.154 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
spreco di materiale ed un maggiore costo, senza dare alcun contributo alla qualità della<br />
catena. Ne risulta che il massimo della qualità è rappresentato dalla catena che ha gli<br />
anelli aventi tutti la stessa resistenza, quella minima resistenza che soddisfa i requisiti di<br />
funzionalità della catena. Questo concetto può essere esteso a tutti i prodotti, soprattutto<br />
a quelli complessi, caratterizzati come insieme integrato di sistemi: nel nostro caso, gli<br />
impianti industriali.<br />
Come si diceva in §1.1, pur restando valido il concetto della catena, per gli <strong>Impianti</strong><br />
<strong>Industriali</strong> il problema è notevolmente complesso. Per esempio, la standardizzazione dei<br />
componenti, benefica ed irrinunciabile per certi aspetti (ma all’interno di un prodotto<br />
praticamente unico qual’è l’impianto produttivo), non consente di portare il discorso fino<br />
alle estreme conseguenze. Infatti, bisogna tener presente che la maggior parte dei sistemi<br />
impiantistici sono progettati ad hoc, ma prevedendo l’utilizzo di componenti standard,<br />
e questo lascia ancora ampi spazi di manovra nel senso sopraindicato. Tuttavia,<br />
resta il fatto che, progettando e realizzando tali impianti, per ogni sistema ed almeno per<br />
i componenti più costosi, si dovrebbero sempre analizzare gli aspetti qualitativi anche in<br />
relazione ai costi. Addirittura, la prima domanda da farsi è, come è stato detto sopra, se<br />
il sistema o componente in questione sia effettivamente necessario e quali inconvenienti<br />
potrebbero sorgere se esso venisse eliminato: le semplificazioni danno quasi sempre un<br />
contributo positivo, sia per i vari aspetti che concorrono a fare la qualità (come<br />
l’affidabilità), sia per l’aspetto economico.<br />
E' essenziale che i prodotti obbediscano alle richieste dell’utente. Perciò, la qualità è<br />
stata definita inizialmente come attitudine all’uso 22. Il termine consumatore viene applicato<br />
a diversi tipi di utenti. L’acquirente di un prodotto che è utilizzato come materiale<br />
grezzo nelle sue attività produttive è un consumatore e l’attitudine all’uso fornita dal<br />
produttore è la possibilità di trasformare il materiale grezzo con bassi costi e minimi<br />
scarti o selezioni. Il dettagliante acquista i prodotti finiti aspettandosi che questi siano<br />
appropriatamente imballati, etichettati e disposti in modo da facilitare<br />
l’immagazzinaggio, la manipolazione e l’esposizione. Quando tutti noi acquistiamo una<br />
vettura, siamo consumatori e ci aspettiamo che essa sia esente da vizi iniziali di costruzione<br />
(nonconformità) e che sia in grado di provvedere ad un trasporto sicuro ed economico<br />
nel tempo.<br />
Esistono due aspetti generali della qualità: la qualità del progetto e quella di conformità<br />
ad esso. Tutti i beni e servizi sono prodotti a vari gradi o livelli di qualità, e le variazioni<br />
che dividono i gradi o livelli della qualità possono essere intenzionali e, perciò,<br />
determinate dalla qualità del progetto. Così, tutte le vetture hanno lo stesso obiettivo di<br />
base di provvedere all’utente un sicuro trasporto; tuttavia, esse differiscono tra loro per<br />
grandezza, nome, estetica e prestazioni, appunto determinate da una intenzionale diversa<br />
qualità del progetto. <strong>La</strong> qualità del progetto implica la scelta dei materiali usati per la<br />
costruzione, le tolleranze di produzione, l’affidabilità ottenuta attraverso lo sviluppo dei<br />
motori, delle sospensioni, dell’accessoristica e di tutto l’equipaggiamento.<br />
<strong>La</strong> qualità della conformità è determinata da quanto bene il prodotto obbedisce alle<br />
specifiche ed alle tolleranze richieste dal progetto. Essa è influenzata da un gran numero<br />
di fattori, comprendenti, tra l’altro, la scelta dei processi tecnologici, l’addestramento ed<br />
il controllo <strong>degli</strong> operatori, il tipo di garanzia della qualità usato (controlli di processo,<br />
prove, attività di ispezione, ecc.), la cura con la quale tale garanzia della qualità viene<br />
22 D.C. Montgomery, Introduction to Statistical Quality Control, J. Wiley & Sons, 1991.<br />
- 1.155 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
assicurata e la motivazione <strong>degli</strong> operatori a raggiungere e migliorare continuamente la<br />
qualità.<br />
E’ presente una grande confusione sulla definizione di qualità. Spesso il termine è<br />
impiegato senza specificare se si tratta di qualità del progetto o qualità di conformità.<br />
Per ottenere una buona qualità di progetto è necessario assumere decisioni congrue<br />
fin dallo stadio di progetto del prodotto e del sistema produttivo, in modo da garantire<br />
che le richieste funzionali siano soddisfacentemente raggiunte. Ad esempio, il costruttore<br />
di una fotocopiatrice da ufficio può progettare il componente di un circuito con elementi<br />
ridondanti, al fine di aumentare l’affidabilità del prodotto sul campo, incrementando<br />
il tempo tra i guasti, al fine di diminuire l’investimento per il servizio di manutenzione<br />
e riparazione oppure di migliorare la soddisfazione del cliente per riguardo alle<br />
prestazioni della macchina. In questo modo, il costo del prodotto può aumentare, e le resistenze<br />
alle scelte del progettista da parte di chi ha particolare attenzione al principio<br />
della total-quality possono essere a volte insuperabili; tuttavia, tale aumento di costo in<br />
realtà può essere inteso come un investimento sulla prevenzione di problemi di qualità<br />
nei successivi tempi di vita del prodotto.<br />
Ogni prodotto possiede un numero di indici che congiuntamente descrivono la sua attitudine<br />
all’uso. Questi parametri sono le caratteristiche della qualità:<br />
• fisiche: lunghezza, massa, tensione, viscosità;<br />
• sensitive: tatto, estetica, colore;<br />
• orientate al tempo: affidabilità, manutenibilità, attitudine al servizio; ecc.<br />
L’ingegneria della qualità è l’insieme di attività operative, manageriali e di engineering<br />
che ogni azienda impiega per assicurare che le caratteristiche della qualità siano al<br />
livello richiesto.<br />
<strong>La</strong> maggior parte delle organizzazioni produttive trovano difficile e costoso consegnare<br />
al cliente un prodotto privo di difetti, e la maggior ragione di questa difficoltà è la<br />
variabilità che esiste in ogni prodotto e che impedisce che due prodotti siano tra loro<br />
identici. L’origine di tale variabilità risiede nella differenza nei materiali, le prestazioni,<br />
la regolarità del processo di produzione e, tra l’altro, nell’attenzione e nella professionalità<br />
<strong>degli</strong> operatori del processo produttivo. Quindi, possiamo definire miglioramento<br />
della qualità l’insieme <strong>degli</strong> accorgimenti che contribuiscono alla riduzione della variabilità.<br />
Inoltre, poiché ogni variazione può essere descritta meglio in termini statistici,<br />
i metodi statistici sono largamente impiegati allo scopo di migliorare la qualità.<br />
1.5.1.<br />
Il Legame tra Qualità e Produttività.<br />
Abbiamo ampiamente visto che la qualità è il fattore di base per la decisione<br />
dell’acquirente di molti prodotti e servizi. Conseguentemente, che la qualità è il fattore<br />
chiave per il successo, la crescita ed il miglioramento della posizione competitiva del<br />
prodotto: infatti, esiste un effettivo ritorno dell’investimento dai programmi di miglioramento<br />
della qualità, cosa che aumenta i profitti delle imprese che impiegano la qualità<br />
come strategia produttiva. Così, i consumatori sentono che i prodotti di certe aziende<br />
sono di qualità migliore in confronto a quelli concorrenti e prendono la decisione<br />
all’acquisto in accordo a questa sensazione. In tal modo, efficaci programmi di miglioramento<br />
della qualità possono portare ad un allargamento del mercato del prodotto, ad<br />
una migliore produttività e più bassi costi complessivi di produzione ed intervento postvendita.<br />
- 1.156 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Raggiungere la qualità nel mercato e nell’ambiente industriale attuale non è agevole.<br />
E’ noto che un problema importante è la rapida evoluzione della tecnologia, da quando<br />
se ne osserva una vera esplosione in molti campi, elettronica, metallurgia, ceramica, materiali<br />
compositi, scienza chimica e farmaceutica, ecc, i quali hanno portato alla comparsa<br />
di molti nuovi prodotti e servizi. Quando i miglioramenti tecnologici si verificano<br />
rapidamente e quando le nuove tecnologie vengono usate immediatamente per raggiungere<br />
vantaggi competitivi, il problema di costruire prodotti ad adeguati livelli di qualità<br />
del progetto e di qualità della conformità sono grandemente complicati.<br />
Il problema fondamentale di molte aziende è di costruire il prodotto in volumi sufficienti<br />
e spesso troppo poca attenzione è dedicata al raggiungimento di un giusto livello<br />
di economicità, efficienza produttività e qualità. Invece, in questi casi, un efficace programma<br />
di miglioramento della qualità potrebbe essere uno strumento efficace di contemporanei<br />
miglioramento della qualità e riduzione dei costi.<br />
Esempio.<br />
Consideriamo il costruttore di un componente meccanico usato in una fotocopiatrice. Il componente<br />
sia lavorato ad una cadenza di 100 al giorno e, per varie ragioni, il processo dia luogo al<br />
25% di componenti non conformi; di questi, il 60% possa essere ripreso per ottenere un prodotto<br />
accettabile, mentre il resto debba essere scartato. Il costo diretto di lavorazione sia di 20€ per<br />
pezzo, e la ripresa costi 4€. Allora, il costo di lavorazione di ogni componente buono è:<br />
20⋅100<br />
+ 4 ⋅15<br />
= 22.<br />
89 €<br />
90<br />
avendo osservato che, dopo la ripresa dei pezzi nonconformi, 90 componenti risultano buoni.<br />
media del campione, x<br />
dimensione nominale (ad es.)<br />
fig. 1.45. Carta di controllo x .<br />
numero ordinale del campione<br />
- 1.157 -<br />
limite superiore di controllo<br />
limite inferiore di controllo
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Uno studio del processo rivela che l’elevatissima percentuale di nonconformità risiede<br />
nell’inadeguatezza dei controlli di processo. Di conseguenza, si introduce una nuova procedura<br />
di controllo, questa volta di tipo statistico, la quale permette di ridurre le nonconformità dal 25<br />
al 5%, e, di queste, una ripresa consente il recupero del 60%. L’introduzione del nuovo processo<br />
permette di ridurre il costo del componente buono a:<br />
20⋅100<br />
+ 4 ⋅ 3<br />
=<br />
98<br />
20.<br />
53<br />
€<br />
L’introduzione del nuovo processo di controllo comporta una riduzione pari al 10.3% del costo<br />
di lavorazione. Inoltre, la produttività aumenta di quasi il 10%, passando i componenti buoni da<br />
90 a 98, e l’aumento della produzione si ottiene senza ulteriori investimenti in attrezzature o<br />
manodopera. Il costo del miglioramento è bassissimo e consiste solamente nell’introduzione di<br />
carte di controllo, ad esempio quella x di fig. 1.45. Tali carte di controllo utilizzano i dati del<br />
processo esistente, che sono raccolti in modo routinario, e presentano le informazioni in modo<br />
da agevolare le decisioni per prevenire i difetti di produzione.<br />
In conclusione, il miglioramento della qualità è emerso quale migliore strategia aziendale<br />
per le seguenti ragioni:<br />
• miglioramento dell’attenzione del consumatore verso la qualità, in particolare verso<br />
i vantaggi della qualità,<br />
• miglioramento dell’attitudine all’uso del prodotto,<br />
• aumento dell’attenzione ai costi di lavorazione, energia e materie prime,<br />
• più elevata competitività,<br />
• forte aumento della produttività, mediante programmi di miglioramento della qualità.<br />
Come detto, parte di questa strategia è la pianificazione della qualità mediante<br />
l’analisi ed il controllo (per assicurare che la qualità contribuisca positivamente ai profitti,<br />
al ritorno dell’investimento, ecc, cioè a tutti i vantaggi economici). Il miglioramento<br />
della qualità può garantire la crescita e la posizione competitiva dell’azienda; nello<br />
stesso tempo esso è accompagnato dalla riduzione dei costi. Il componente della fotocopiatrice<br />
discusso sopra illustra un ulteriore aspetto del miglioramento della qualità, cioè,<br />
che la qualità comporta una riduzione <strong>degli</strong> scarti. Gli scarti comportano l’eliminazione<br />
del componente o la sua ripresa di lavorazione, prove e controlli non necessari, errori<br />
nei documenti (di controllo, ordini di acquisto, disegni, ecc.) ed un allungamento del<br />
tempo di processo.<br />
1.5.2.<br />
I Costi della Qualità.<br />
Ricordiamo che ogni organizzazione economica usa controlli finanziari, i quali comprendono<br />
il confronto tra i costi reali e quelli previsti dal budget, con un’azione di analisi<br />
e di intervento sugli scostamenti. E' normale applicare tali controlli separatamente ad<br />
ogni dipartimento, reparto o livello funzionale. Dopo che per molti anni non si è tenuto<br />
conto dei costi della qualità, molte aziende cominciano a valutarli contabilmente. Infatti,<br />
esistono molti motivi per procedere in questo modo, e tra questi:<br />
• l’aumento del costo della qualità, a causa della sempre maggiore complessità dei<br />
prodotti, a sua volta consentita dai miglioramenti della tecnologia,<br />
- 1.158 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
• la maggiore consapevolezza che i costi di un prodotto si prolungano a tutto il suo<br />
ciclo di vita, comprendendo la manutenzione, il servizio post-vendita, i pezzi di<br />
ricambio ed i costi dei difetti riscontrati su campo,<br />
• la richiesta di ingegneri della qualità e di manager per trasmettere efficacemente il<br />
costo della qualità in un linguaggio accessibile ai contabili, semplicemente in termini<br />
monetari.<br />
Come risultato, i costi della qualità sono diventati uno strumento di controllo finanziario<br />
per la gestione aziendale ed, in generale, un aiuto a ridurre i costi.<br />
I costi della qualità sono quelli associati alla produzione e comprendono le attività di<br />
identificazione, eliminazione e riparazione dei prodotti che non corrispondono alle richieste.<br />
Solitamente si impiegano quattro categorie di costo, che sono descritte sinteticamente<br />
nella successiva tab. 1.XVIII:<br />
• costi di prevenzione,<br />
• costi di valutazione,<br />
• costi di nonconformità interni,<br />
• costi di nonconformità esterni.<br />
1.5.2.1. Raccolta e Valutazione dei Dati di Costo<br />
<strong>La</strong> misura dello stato dei costi di qualità è essenzialmente un problema contabile;<br />
conseguentemente, lo sviluppo di un sistema di valutazione dei costi della qualità richiede<br />
una stretta collaborazione tra funzione della qualità ed, appunto, quella<br />
dell’amministrazione contabile. Poiché i dati per la contabilità sono forniti dai vari reparti,<br />
una gran parte dei costi per la qualità può essere ricavato da questa fonte. Peraltro,<br />
taluni dati di costo della qualità sono trasversali rispetto alle varie funzioni, e questi sono<br />
i costi per la qualità più difficili da individuare.<br />
Per esempio, i costi dovuti a scarti o riprese richiedono un’analisi da parte del personale<br />
del controllo qualità per determinarne la causa ed il reparto responsabile. Così, i<br />
costi della qualità devono essere ricavati dalla progettazione, dai reparti, dalle linee produttive,<br />
dagli operatori, dalla classificazione dei difetti e dai vari centri di lavoro.<br />
Anche quando siano correttamente individuati, i costi di qualità in quanto tali (cioè in<br />
valore assoluto) non forniscono una sufficiente informazione per le analisi successive: è<br />
necessaria una base di misura che ponga in relazione i costi della qualità con opportuni<br />
aspetti del sistema produttivo che si intende migliorare.<br />
Tipiche basi di misura sono la manodopera, i costi diretti, le vendite ed il volume di<br />
produzione. Essi permettono di determinare gli indici per la valutazione dei costi di qualità.<br />
Manodopera. Un indice comunemente usato è il costo di qualità per ora di manodopera<br />
diretta. L’entità della manodopera diretta è in genere un valore noto, in quanto utilizzato<br />
per il calcolo del costo industriale. Il progredire dell’automazione ha influenza<br />
su questa base di misura se la valutazione viene svolta su un lungo periodo, per cui<br />
essa è utilizzata con finestre temporali di osservazione piuttosto ridotte. Talvolta si<br />
preferisce rapportare non all’entità della manodopera ma al costo della stessa, con il<br />
vantaggio di ottenere un indice adimensionale.<br />
Costi diretti. Un altro indice di comune utilizzo è il costo della qualità per unità di costo<br />
diretto di produzione, comprensivo di manodopera, materie prime e direzione del<br />
- 1.159 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
lavoro. Anche il costo diretto è solitamente utilizzato in molte e diverse analisi, ed è<br />
un dato generalmente disponibile. Poiché sono coinvolti tre costi distinti (appunto<br />
manodopera, materie prime e gestione), questa base di misura risulta meno influenzata<br />
dalle fluttuazioni del costo dei materiali e dall’automazione.<br />
Vendite. L’indice in assoluto più comune è il costo della qualità per unità di ricavo dalle<br />
vendite, inoltre esso è uno strumento decisionale per la dirigenza. Poiché per taluni<br />
prodotti le vendite sono soggette a fluttuazioni stagionali, è necessaria una certa cura<br />
nella scelta del periodo di osservazione. Questo indice, inoltre, può assumere valori<br />
diversi secondo i diversi mercati ai quali l’azienda può rivolgersi.<br />
Volume di produzione. Quando le diverse linee di produzione sono molto simili fra loro,<br />
assume valore l’indice del costo della qualità per unità di prodotto (o di volume o<br />
di peso di prodotto). Quando le linee di produzione sono invece sostanzialmente differenti,<br />
un confronto secondo tale indice perde significato e la base di misura non è<br />
più applicabile.<br />
Ciascuna di queste basi di misura presenta vantaggi e svantaggi come pure limiti di<br />
applicabilità. Nel caso della produzione prototipica o di piccola serie, praticamente solo<br />
le prime due risultano applicabili. <strong>La</strong> scarsa ripetitività del lavoro nel suo complesso potrebbe<br />
apparire come un ostacolo insormontabile. Tuttavia, se si focalizza la valutazione<br />
non sul prodotto nel suo complesso, ma sul risultato del lavoro di ciascuna squadra<br />
(montatori, saldatori, operatori di macchina utensile ecc.), si vede come possano essere<br />
ottenuti indici dei costi della qualità che rendono confrontabili operazioni simili compiute<br />
su pezzi diversi ed appartenenti anche a commesse indipendenti.<br />
1.5.2.2. Rapporto dei Costi Operativi per la Qualità.<br />
Il fine principale di un programma di costi per la qualità è di individuare le aree di intervento<br />
per un incremento dei profitti tramite il miglioramento del livello qualitativo<br />
dell’azienda e quindi della qualità riscontrata nei prodotti. Un valido programma di qualità<br />
deve indicare la strada per determinare quando e dove intraprendere le azioni correttive.<br />
Lo strumento di base per il controllo dei costi per la qualità è il rapporto dei costi<br />
operativi per la qualità, normalmente realizzato dalla sezione contabile. Tale rapporto<br />
presenta mese per mese i costi sostenuti per la qualità, ponendoli a confronto con la situazione<br />
del mese precedente (o dei mesi precedenti) e con quanto previsto dal budget<br />
aziendale, ed, assieme a questi, l’elenco <strong>degli</strong> interventi eseguiti e delle soluzioni adottate.<br />
Non si tratta né di un doppione né di un estratto del registro generale delle documentazioni di<br />
commessa: quest’ultimo è uno strumento di garanzia della qualità legato alla singola commessa,<br />
della quale è la più completa descrizione, mentre il rapporto dei costi è un documento a livello<br />
aziendale per la programmazione dello sviluppo generale dell’azienda. Certamente, gli interventi<br />
operativi svolti nell’ambito di una commessa saranno riportati tanto nell’uno quanto nell’altro<br />
dei due documenti e l’esame dei registri generali delle diverse commesse, tanto in corso quanto<br />
già concluse, sarà uno strumento operativamente efficace per la costituzione del programma dei<br />
costi, in quanto da questi registri si ricava la situazione del sistema qualità, e dei costi connessi,<br />
la cui conoscenza è fondamentale per poter formulare piani per il futuro.<br />
- 1.160 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Il rapporto dei costi operativi per la qualità consente un continuo controllo della realizzazione<br />
dei piani di miglioramento programmati e, contemporaneamente, anche della<br />
loro efficacia, permettendo di verificare via via il risultato <strong>degli</strong> interventi e la coerenza<br />
di questo con quanto pianificato. Il verificare l’efficacia dei piani di miglioramento non<br />
ha solo valore di autocompiacimento per i risultati ottenuti, ma è la base per una successiva<br />
analisi critica dell’operato. Va segnalato che nell’analisi critica esiste la naturale<br />
tendenza a considerare solo gli aspetti negativi, gli insuccessi, il mancato raggiungimento<br />
<strong>degli</strong> obiettivi. Questa pratica si rivela errata, poiché continuo miglioramento non significa<br />
semplicemente non ripetere gli errori passati: l’analisi dei risultati negativi permette<br />
di affinare le soluzioni adottate e di valutarne l’applicabilità anche in situazioni<br />
diverse, per un continuo progresso della qualità.<br />
Il rapporto dei costi operativi per la qualità è sostanzialmente uno strumento di indagine<br />
di breve periodo. Si è parlato di cadenza mensile, ma nulla vieta di considerare intervalli<br />
di tempo diversi, coerentemente con le caratteristiche dell’azienda. Per una analisi<br />
di più lungo periodo, ad esempio annuale, l’interpolazione dei dati dei costi della<br />
qualità sia generali sia delle singole categorie e sotto categorie, di volta in volta registrati<br />
nel rapporto dei costi operativi, permette di individuare il trend dell’azienda. Inoltre,<br />
l’estrazione dei dati di costo delle sotto categorie del controllo e <strong>degli</strong> insuccessi permette<br />
di individuare quali sono stati i momenti critici per l’azienda nel corso del periodo<br />
in esame. I momenti critici vengono analizzati tramite i piani di controllo qualità ed i<br />
registri generali della documentazione delle commesse in corrispondenza dei momenti<br />
critici stessi. <strong>La</strong> consultazione di questi documenti permette di ricavare le caratteristiche<br />
dei difetti, gli inconvenienti, le non conformità e di capire se la loro eventuale concentrazione<br />
è un fatto casuale o legato ad una o più cause comuni.<br />
Il metodo di analisi migliore consiste nella compilazione, per ciascun fatto, di un<br />
diagramma causa-effetto e nel confronto successivo delle cause prime così ricavate. Se<br />
si riscontrano cause prime ricorrenti, l’eliminazione o la correzione di queste permette<br />
di evitare il ripetersi di situazioni critiche simili. Va considerato che la concentrazione<br />
in un breve periodo di un numero notevole di non conformità, o comunque di problemi,<br />
crea sia una situazione di superlavoro per i reparti coinvolti, sia una situazione di tensione<br />
generale molto più grave di quella che si avrebbe se gli stessi fenomeni si manifestassero<br />
diluiti nel tempo. Una situazione di tensione all’interno dell’azienda, o di un<br />
singolo reparto, non va certo a favore del miglioramento della qualità, anzi essa può<br />
causare un aumento <strong>degli</strong> errori umani, innescando così una sorta di reazione a catena,<br />
o, quanto meno, un ulteriore aumento dei costi della qualità nella sottocategoria dei costi<br />
diretti perdite di produzione, poiché ciascun operatore viene indotto ad applicare una<br />
prudenza eccessiva nel proprio lavoro.<br />
Questo è fondamentale per la formulazione del piano dei costi della qualità per il<br />
periodo successivo e per la stesura del budget aziendale, che deve essere coerente con il<br />
trend precedente.<br />
In un piano dei costi della qualità, concorrono tre fasi fondamentali: quella di impostazione,<br />
la fase di progetto e quella di controllo. Naturalmente le tre fasi interagiscono<br />
tra loro.<br />
Fase di Impostazione. L’impostazione di un programma di costi della qualità normalmente<br />
inizia con il convincimento da parte dell’alta dirigenza della necessità di tale<br />
programma. Dopo di ciò viene stabilita l’entità dello sforzo da compiere. <strong>La</strong> prima<br />
operazione sarà uno studio pilota di una linea produttiva o di un settore ritenuto significativo<br />
della realtà aziendale. Per prima cosa si definiscono le varie categorie e<br />
- 1.161 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
sotto categorie di costo. I metodi di raccolta dei dati vanno definiti sulla base di sicure<br />
tecniche di contabilità ed il personale coinvolto dovrà essere preparato con specifici<br />
iter formativi. Poi e non appena possibile, ovvero quando si possederanno i dati<br />
necessari, si dovrà procedere alla redazione del rapporto dei costi operativi per la<br />
qualità in modo da poter attuare la fase di analisi dei costi. Sulla base di questa esperienza<br />
pilota, che potremmo definire di sperimentazione, il sistema di raccolta ed analisi<br />
dei costi viene ripreso e corretto fino al raggiungimento di un risultato soddisfacente<br />
che ne consenta l’estensione a tutta l’azienda.<br />
Fase di Progetto. Sulla base dell’analisi dei costi della qualità raggiunta, si iniziano le<br />
azioni di miglioramento del sistema. Poiché la formulazione e l’attuazione del piano<br />
di interventi richiede lavoro, in questa fase si avrà un incremento dei costi di prevenzione.<br />
Se gli interventi attuati comportano la riduzione delle prove, delle verifiche e<br />
delle ispezioni, si dovranno contestualmente riorganizzare tutte le attività di controllo,<br />
e questo porta alla globale diminuzione dei costi di valutazione. <strong>La</strong> fase di progetto<br />
punterà innanzi tutto alla riduzione <strong>degli</strong> errori e dei difetti: si rileverà un calo sia<br />
delle nonconformità esterne sia di quelle interne ed, in conseguenza di ciò, dei tempi<br />
di produzione, venendo eliminati i tempi di ripresa dei pezzi, di riverifica e di sosta<br />
dei lavori. Procedendo iterativamente, si arriva alla piena risoluzione del problema.<br />
Fase di Controllo. Quando il complesso dei costi della qualità è giunto ad un valore<br />
prossimo all’optimum subentra la fase di controllo. Questa fase è essenzialmente di<br />
mantenimento, nella quale gli standard ed il budget sono già stabiliti. Durante questa<br />
fase i metodi di controllo e verifica vengono periodicamente riesaminati per verificare<br />
la possibilità di ulteriori miglioramenti. Queste attività incidono sui costi della<br />
qualità nella categoria della valutazione.<br />
1.5.2.3. Costi di Prevenzione<br />
I costi di prevenzione sono quelli associati allo sforzo di progettazione e produzione<br />
e che sono diretti verso la prevenzione della nonconformità. In termini pratici, potrebbero<br />
essere definiti come quelli che portano a costruire il prodotto buono al primo colpo.<br />
Come rappresentato in tab. 1.XVIII, le subcategorie più importanti sono:<br />
pianificazione della qualità ed engineering. Sono i costi associati alla creazione del<br />
progetto globale della qualità, della pianificazione delle analisi, del progetto<br />
dell’affidabilità, del sistema di gestione dei dati, e di tutti i progetti di dettaglio e delle<br />
attività delle funzioni di garanzia della qualità; la preparazione dei manuali e delle<br />
procedure usate per diffondere il progetto della qualità; i costi <strong>degli</strong> audit per la spiegazione<br />
del progetto,<br />
proposta di nuovi prodotti. Sono i costi della preparazione delle proposte di offerta,<br />
della valutazione dei nuovi progetti dal punto di vista della qualità, la preparazione di<br />
prove e di programmi sperimentali per migliorare le prestazioni dei nuovi prodotti, e<br />
le altre attività indirizzate alla qualità durante lo sviluppo e gli stadi di preserie dei<br />
nuovi prodotti o progetti,<br />
controllo del processo. E' il costo dell’introduzione delle tecniche di controllo di processo,<br />
come la progettazione delle schede di controllo che descrivono il processo<br />
produttivo nella direzione di ridurre la variabilità <strong>degli</strong> indici di qualità e di costruire<br />
la qualità del prodotto,<br />
preserie. E' il costo dell’avviamento della produzione al fine di prevenire i difetti iniziali<br />
del prodotto su campo,<br />
- 1.162 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
addestramento. Sono i costi di sviluppo, preparazione, introduzione e mantenimento<br />
dei programmi per la qualità,<br />
acquisizione dei dati ed analisi. E' il costo del sistema di gestione dei dati del sistema<br />
di qualità sulle prestazioni del prodotto e del processo produttivo. Esso comprende<br />
anche il lavoro di presentazione ed esposizione del sistema di qualità al livello gestionale<br />
dell’azienda,<br />
progetto del prodotto e del processo. Si tratta dei costi che si devono sopportare durante<br />
il progetto del prodotto o la scelta dei processi produttivi che sono impiegati<br />
per aumentare la qualità globale del prodotto. Per esempio, l’organizzazione può decidere<br />
di adottare un particolare ridondante di un circuito, al fine di aumentare<br />
l’affidabilità del prodotto incrementandone il tempo medio di guasto. Alternativamente,<br />
può decidere di costruire un componente per mezzo di un processo produttivo<br />
B, invece di un processo A, poiché il processo B è in grado di produrre con tolleranze<br />
più strette, con conseguente riduzione dei problemi di produzione e di assemblaggio.<br />
Questa decisione può coinvolgere la sezione commerciale la quale si trova a trattare<br />
il prodotto con più brevi tempi di consegna e con minori danni dovuti alla nonconformità.<br />
tab. 1.XVIII. I costi diretti della qualità.<br />
prevenzione valutazione nonconformità interna<br />
pianificazione della<br />
qualità ed engineering,<br />
proposta di nuovi<br />
prodotti,<br />
controllo del processo,<br />
preserie,<br />
addestramento,<br />
acquisizione dei<br />
dati ed analisi,<br />
progetto del prodotto<br />
e del processo.<br />
esame e prova dei<br />
materiali in ingresso,<br />
esame e prove sul<br />
prodotto,<br />
materiali e servizi<br />
impiegati,<br />
mantenimento della<br />
qualità delle attrezzature<br />
di prova.<br />
1.5.2.4. Costi di Valutazione<br />
scarti,<br />
riprese,<br />
ricontrollo,<br />
analisi del guasto,<br />
ritardo alla consegna,<br />
perdite di produzione,<br />
diminuzione del<br />
profitto.<br />
nonconformità esterna<br />
aggiustamenti del<br />
prodotto,<br />
materiali o prodotti<br />
respinti,<br />
carichi di garanzia,<br />
costi di responsabilità,<br />
costi indiretti.<br />
Sono i costi associati alla misura, la valutazione (la verifica) dei prodotti, dei componenti<br />
e dei materiali di acquisto, fatti allo scopo di garantire la conformità agli standard<br />
imposti. Questi costi si sostengono per determinare il livello del prodotto dal punto di<br />
vista della qualità ed assicurano che esso sia conforme alle specifiche. Essi comprendono:<br />
- 1.163 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
esame e prova dei materiali in ingresso. Sono i costi legati all’analisi ed alle prove eseguite<br />
sui materiali acquisiti all’esterno. Questa subcategoria comprende i costi<br />
dell’analisi e le prove di accettazione dei prodotti, le visite, le prove ed il controllo<br />
del processo produttivo del fornitore, come pure la periodica verifica del suo sistema<br />
di garanzia della qualità,<br />
esame e prove sul prodotto. Si tratta del costo delle verifiche della conformità del prodotto,<br />
attraverso i suoi diversi stadi di produzione, compresi lo stadio del controllo di<br />
accettazione finale, la verifica dell’imballaggio e della confezione, ed ogni garanzia<br />
fornita all’acquirente, prima della spedizione. Esso comprende anche prove di vita, di<br />
compatibilità ambientale e di affidabilità,<br />
materiali e servizi impiegati. E' il costo del materiale, della manodopera e dei prodotti<br />
impiegati nelle prove, anche distruttive, del prodotto,<br />
mantenimento della qualità delle attrezzature di prova. E' il costo operativo del sistema<br />
di manutenzione, controllo e calibrazione <strong>degli</strong> strumenti e delle attrezzature,<br />
compreso il costo della manodopera a qualsiasi titolo impiegata.<br />
1.5.2.5. Costi di Nonconformità Interna<br />
I costi di nonconformità interna si verificano quando i prodotti, i componenti, i materiali<br />
ed i servizi non obbediscono alle richieste di qualità e tale nonconformità è scoperta<br />
prima della spedizione del prodotto all’acquirente: questi costi spariscono quando nel<br />
prodotto non si individuano nonconformità (e non necessariamente quando il prodotto<br />
ne è privo). Essi comprendono:<br />
• scarti. E' la perdita netta di materiale, lavoro manuale ed attività intellettuale<br />
risultante da un prodotto nonconforme, che non può essere economicamente<br />
riparato od usato,<br />
• riprese. E' il costo della correzione dei pezzi nonconformi, fatto allo scopo di farli<br />
corrispondere alle specifiche. <strong>La</strong> ripresa comprende operazioni od attività elementari<br />
addizionali per il processo produttivo, che sono create per la risoluzione delle<br />
nonconformità sia croniche sia sporadiche,<br />
• ricontrollo. E' il costo della ripetizione delle analisi e delle prove per verificare la<br />
conformità dei pezzi che hanno subito la ripresa od altre modifiche,<br />
• analisi del guasto. Semplicemente, il costo sopportato per determinare le cause<br />
della nonconformità,<br />
• ritardo alla consegna. E' il costo dell’impianto nella fase in cui non è produttivo<br />
in quanto produce beni nonconformi. <strong>La</strong> circostanza può essere addebitata anche a<br />
nonconformità delle materie prime non scoperte durante il controllo di accettazione,<br />
• perdite di produzione. Sono dovute all’accorgimento di spostare la media del<br />
campo di dispersione dell’indice di qualità, al fine di evitare reclami da parte del<br />
cliente. Ad esempio, per evitare di incorrere in penali ed a causa della variabilità<br />
del risultato produttivo, il contenuto delle confezioni di bevande deve essere tenuto<br />
sempre più alto del valore nominale,<br />
• diminuzione del profitto. Si tratta della differenza tra il prezzo di vendita del<br />
prodotto e quello che potrebbe essere proposto, se il prodotto non presentasse<br />
nonconformità. E' una caratteristica comune dell’industria. Il problema è che il<br />
bene venduto non recupera completamente il margine di profitto che potrebbe, se<br />
tutti i prodotti fossero esenti da nonconformità. Cioè, in questo caso, il prodotto<br />
- 1.164 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
viene venduto ad un prezzo accettato dal mercato; ma il guadagno potrebbe essere<br />
superiore se non ci fosse di mezzo il costo <strong>degli</strong> scarti, delle riprese, ecc.<br />
costi operativi della qualità<br />
10%<br />
Costi diretti totali<br />
prevenzione<br />
e valutazione<br />
fig. 1.46. Curve dei costi diretti della qualità.<br />
1.5.2.6. Costi di Nonconformità Esterna.<br />
5<br />
0<br />
0<br />
optimum<br />
0.5<br />
nonconformità<br />
interne ed esterne<br />
1%<br />
livello di nonconformità<br />
Questi costi appaiono quando il prodotto presenta caratteristiche di qualità insoddisfacenti<br />
dopo la consegna all’acquirente: essi spariscono se ogni unità produttiva è esente<br />
da nonconformità e comprendono le seguenti voci principali:<br />
• aggiustamenti del prodotto. Sono i costi relativi alla verifica dei difetti ed<br />
all’eliminazione delle ragioni di lamentela giustificata, attribuibili al prodotto<br />
nonconforme,<br />
• materiali o prodotti respinti. Spese sostenute dall’impresa per la ricezione, la<br />
manipolazione e la sostituzione di materiali e prodotti nonconformi respinti dal<br />
mercato,<br />
• carichi di garanzia. Tutti i costi sostenuti per l’intervento sotto contratto di garanzia<br />
presso l’utente,<br />
• costi di responsabilità. Costi ed ingiunzioni di pagamento, risultato di controversie<br />
relative alla responsabilità del prodotto.<br />
1.5.2.7. Costi Indiretti della Qualità<br />
I costi indiretti della qualità possono essere suddivisi in tre categorie: costi successivi<br />
sostenuti dal cliente, costi di insoddisfazione del cliente e costi per calo d'immagine<br />
dell’azienda:<br />
• costi ulteriori sostenuti dal cliente. Questa categoria comprende i costi sostenuti<br />
dal cliente a causa di deficienze del prodotto ed i costi per le riparazioni successive<br />
al periodo di garanzia.<br />
- 1.165 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
• costi di insoddisfazione del cliente. Questi costi sono legati ad un attributo proprio<br />
del prodotto: il cliente o è soddisfatto, o lo è parzialmente, o non lo è. Questi<br />
costi sono alti quando il livello di difettosità è alto.<br />
• costi per calo d'immagine. Essi rispecchiano l’atteggiamento del cliente nei confronti<br />
dell’azienda o nei confronti di una certa serie di prodotti della stessa.<br />
I costi indiretti sono assai difficili da individuare e da valutare. Egualmente però essi<br />
modificano la curva dei costi di fig. 1.36, in accordo con la fig. 1.47. Questa influenza è<br />
evidente quando la curva dei costi diretti si sommi a quella dei costi indiretti. Si osservi<br />
che il punto di ottimo si sposta vero sinistra, ossia verso un minore livello di difettosità:<br />
il raggiungimento di tale optimum implica un aumento dei costi di prevenzione e di valutazione<br />
ed una contemporanea diminuzione dei costi per insuccessi esterni, per cui esso<br />
esige un apprezzabile calo dei costi indiretti.<br />
1.5.2.8. Interventi per la Riduzione dei Costi della Qualità.<br />
Molte delle azioni per la riduzione dei costi della qualità sono basate sull’analisi dei<br />
costi stessi e sulla creatività del personale della funzione qualità. Esse sono specifiche<br />
per la particolare attività (ufficio o progetto) od operazione, oppure possono essere di<br />
carattere generale, investendo l’organizzazione dell’azienda nel suo complesso od uno<br />
dei settori nei quali essa è articolata.<br />
costi operativi della qualità<br />
10%<br />
5<br />
0<br />
0<br />
costi diretti<br />
optimum<br />
costi totali<br />
fig. 1.47. Curve dei costi diretti, indiretti e totali.<br />
0.5<br />
costi indiretti<br />
1%<br />
livello di prodotti difettosi<br />
Esistono vari tipi di intervento di carattere generale. I principali sono i seguenti:<br />
• riesame dei progetti;<br />
• riesame dei processi produttivi;<br />
• istruzione e formazione dei capireparto e del personale;<br />
• individuazione dei fornitori di materiale nonconforme;<br />
• razionalizzazione delle forniture;<br />
• analisi del sistema di campionamento;<br />
• analisi del sistema di ispezione;<br />
- 1.166 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
• realizzazione di sistemi automatici di controllo;<br />
• impostazione di un sistema di audit per gli operatori;<br />
• impostazione di un programma di difetti-zero.<br />
In questa parte si sono trattati i costi operativi per la qualità. Esistono però anche fattori<br />
legati al capitale dell’azienda, dovuti alla necessità di possedere strumenti di misura,<br />
sistemi informatici, programmi, ecc. per la gestione della qualità. Questi costi sono giustificati<br />
dalla necessità dell’azienda di mantenere sempre e comunque un alto livello di<br />
efficienza e, salvo errori di valutazione, essere coperti dalla riduzione dei costi generali<br />
e dal maggior utile derivante dalla competitività dell’azienda.<br />
In realtà, valutare esattamente l’entità di tutti i costi diretti ed indiretti è cosa pressoché<br />
impossibile; ad ogni modo la coscienza del fatto che questi costi esistono e della loro<br />
relazione con i costi diretti è di ausilio per il controllo dei costi. Inoltre, nell’analisi<br />
dei costi, quello che realmente interesserebbe i manager dell’azienda è l’individuazione<br />
del punto ottimale dei costi totali di fig. 1.47. Tuttavia, le curve tracciate sono schematizzazioni<br />
teoriche semplificate, e difficilmente possono essere puntualmente ricavate<br />
dall’analisi di una situazione aziendale.<br />
Poi, non è del tutto banale osservare come il punto di optimum non corrisponda alla<br />
condizione difetti-zero. Il raggiungimento dell’obiettivo di difetti zero significherebbe<br />
agire sulla struttura organizzativa dell’azienda in maniera talmente radicale da impedire<br />
a priori l’insorgere di condizioni di errore. In una struttura di produzione organizzata su<br />
linee stabili, con un corretto equilibrio tra automazione e lavoro manuale, tutto ciò potrebbe<br />
essere anche avvicinabile. Vedremo in §3 che tale tendenza è rappresentata da<br />
un’organizzazione del processo produttivo un pò ideale e che è chiamata intercambiabilità<br />
completa. In pratica, e per ben determinati prodotti, doveri di sicurezza o di conformità<br />
impongono la totale assenza di nonconformità esterne, ma questo non implica<br />
l’assenza di non conformità interne, purché siano tutte intercettate in corso di produzione.<br />
• Un metodo per la valutazione qualitativa del punto di ottimo raggiunto è quello<br />
del confronto con altre aziende simili o con altre linee produttive della stessa azienda.<br />
<strong>La</strong> maggior parte delle aziende utilizza il valore monetario delle vendite<br />
come base di misura e questo favorisce l’operazione di confronto, sebbene le differenze<br />
tra i vari tipi di prodotto si riflettano in corrispondenti variazioni nel valore<br />
numerico <strong>degli</strong> indici.<br />
• Una seconda tecnica di valutazione consiste nello studio delle correlazioni esistenti<br />
fra le varie categorie o subcategorie di costo della qualità. Non è raro che i costi<br />
della qualità siano concentrati in poche subcategorie fra loro collegate ed è evidente<br />
la connessione, ad esempio, fra i costi di controllo e costi di nonconformità.<br />
Teoricamente i costi di prevenzione e controllo dovrebbero essere maggiori o<br />
quanto meno eguali ai costi legati alle nonconformità: questo al fine di contenere,<br />
con particolare riferimento alle nonconformità esterne, i costi indiretti della qualità.<br />
• Una terza tecnica è quella di ottimizzare ogni singola categoria di costo. Il costo<br />
delle nonconformità e del controllo sono all’ottimo quando non risultano individuabili<br />
metodi per la loro riduzione; i costi di prevenzione sono all’ottimo quando<br />
la maggior parte del denaro è investito nei progetti di miglioramento generale del<br />
sistema qualità e particolarmente quando lo stesso sistema di prevenzione viene<br />
- 1.167 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
continuamente migliorato; il costo dei controlli non pianificati è tenuto sotto controllo<br />
da un severo sistema di budgeting.<br />
Queste tecniche non portano necessariamente allo stesso punto di optimum, ma si ritiene<br />
che la continua applicazione di tutte e tre possa portare a mantenere i costi della<br />
qualità nell’intorno del reale punto di minimo.<br />
1.5.2.9. Controllo dei Costi della Qualità.<br />
Evidentemente, la risposta alla domanda di quanto costi la qualità dipende dal tipo di<br />
organizzazione e dal successo della politica di miglioramento della qualità. In alcune aziende<br />
i costi della qualità possono essere il 4% della cifra di affari, mentre in altre può<br />
raggiungere il 40%. Naturalmente, il costo della qualità sarà diverso per un costruttore<br />
di alta tecnologia elettronica, in confronto ad un’azienda tipica di servizi, come un<br />
grande magazzino od una catena di hotel. Tuttavia, in molte occasioni il costo della qualità<br />
è più elevato del necessario ed i dirigenti devono compiere sforzi continui per analizzare,<br />
valutare e ridurre tale costo.<br />
<strong>La</strong> convenienza dei costi della qualità nasce dall’effetto differenziale tra il denaro investito<br />
per la prevenzione ed il vantaggio economico derivante dalla riduzione della<br />
nonconformità interna ed esterna, in confronto al processo produttivo di partenza:<br />
l’investimento nella qualità può ritornare centuplicato e più in termini di minori difetti<br />
nel prodotto finale.<br />
Le analisi del costo della qualità hanno come obiettivo la riduzione dei costi con<br />
l’identificazione delle opportunità di miglioramento, e si svolgono, ad esempio, con<br />
l’analisi di Pareto, la quale consiste, come vedremo subito, nell’identificare i costi della<br />
qualità per categoria, per prodotto, per tipo o per nonconformità.<br />
Mentre in molte aziende le nonconformità possono essere significativamente ridotte,<br />
è irrealistico pensare che esso possano essere del tutto annullate. Prima di avvicinare tale<br />
limite, la differenza tra il costo della prevenzione dei difetti ed il vantaggio derivante<br />
dalla riduzione delle nonconformità aumenta così rapidamente da risultare del tutto antieconomica.<br />
Tuttavia, un programma di riduzione dei costi della qualità applicato insieme<br />
ad uno sforzo efficace di miglioramento della qualità ha la capacità di ridurre i<br />
costi della qualità anche del 60%, se si parte da una fase iniziale di politica della qualità.<br />
Questa riduzione di costi discende anche dal principio di Pareto: la maggior parte delle<br />
riduzioni di costo si ha attaccando i pochi problemi responsabili della maggioranza dei<br />
costi della qualità.<br />
Analizzando i costi della qualità e formulando i piani di riduzione di questi costi, è<br />
importante notare il ruolo della prevenzione e della valutazione. Molte aziende dedicano<br />
molto del loro budget di gestione della qualità sulla valutazione e non abbastanza sulla<br />
prevenzione delle nonconformità. Si tratta di un errore facile da fare da parte di<br />
un’azienda, poiché i costi di valutazione sono spesso voci del budget delle aree della garanzia<br />
di qualità o della produzione. D'altra parte, i costi della prevenzione delle nonconformità<br />
possono non essere inseriti routinariamente nei budget, e non è inusuale trovare<br />
agli ultimi stadi della stesura del programma di riduzione dei costi della qualità che<br />
i costi di valutazione sono otto o dieci volte maggiori di quelli di prevenzione: probabilmente<br />
si tratta di un rapporto irragionevole, poiché l’investimento sulla prevenzione<br />
ha un ritorno altissimo in confronto a quello sulla valutazione, ma può anche dipendere<br />
da imprecisione nella contabilizzazione. Infatti, creare schemi del costo della qualità<br />
- 1.168 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
non è sempre agevole, poiché molte delle categorie di costo non si riflettono direttamente<br />
nelle voci di contabilità dell’azienda. Conseguentemente, può essere difficile ottenere<br />
accurate informazioni suoi costi sostenuti con riguardo alle singole categorie, ed il sistema<br />
di contabilità aziendale può fornire informazioni solamente su quelle voci che<br />
coincidono con i propri capitoli di spesa, quali, ad esempio, i costi di valutazione e di<br />
controllo. Spesso si tiene semplicemente il conto dettagliato delle specifiche voci di<br />
spesa relative ai costi di valutazione, cosicché informazioni legate ai costi non noti devono<br />
essere stimate, oppure rilevate creando procedure di sorveglianza e monitoraggio<br />
per un congruo periodo di tempo.<br />
<strong>La</strong> direzione può pretendere di essere fornita di uno standard in confronto al quale<br />
descrivere gli schemi del costo della qualità adottati in azienda. Poiché è difficile creare<br />
standard assoluti, come è difficile individuare i livelli del costo della qualità di altre aziende<br />
nello stesso comparto, il normale approccio è di confrontare le prestazioni del<br />
prodotto attuali con quelle precedenti. Anche se quest'analisi delle variazioni è uno<br />
strumento per individuare lo spostamento dallo standard e per tenerlo sotto l’attenzione<br />
dei manager responsabili, di per sé non è un mezzo di miglioramento della qualità.<br />
Questo ci porta ad un’importante osservazione: alcuni programmi di gestione del costo<br />
della qualità falliscono. Cioè, un certo numero di aziende ha avviato programmi di<br />
gestione della qualità, seguendoli per un certo tempo per poi abbandonarli in quanto inefficaci:<br />
• Tra le molte ragioni del fallimento, la più importante è il mancato uso delle informazioni<br />
del programma di gestione del costo della qualità come meccanismo<br />
per creare un miglioramento delle opportunità. Se usiamo le informazioni sul costo<br />
della qualità solamente come strumento di misura del successo, senza fare un<br />
cosciente sforzo per identificare le aree critiche e sviluppare processi e procedure<br />
di miglioramento operativo, allora il programma non avrà l’esito sperato.<br />
• Un’altra ragione può essere che i manager siano preoccupati di perfezionare gli<br />
schemi dei costi. Un’enfasi eccessiva nel considerare i costi della qualità come<br />
parte del sistema di contabilizzazione, piuttosto che uno strumento di controllo<br />
gestionale, è un errore. Quest'approccio aumenta grandemente il tempo richiesto<br />
per la determinazione e l’analisi dei dati nonché per l’identificazione delle opportunità<br />
di miglioramento della qualità. Mano a mano che il tempo necessario per la<br />
valutazione e l’analisi dei dati aumenta, la gestione diventa sempre più impaziente<br />
e meno convinta dell’efficacia del programma, cosicché ogni programma che appare<br />
alla gestione come esitante è facilmente abbandonato.<br />
• Un’ultima ragione di fallimento del programma è che il management spesso sottostima<br />
la profondità e l’estensione dell’impegno che deve essere dedicato alla prevenzione.<br />
Nelle aziende senza un efficiente programma di miglioramento della<br />
qualità, il denaro investito per la prevenzione raramente supera il 2% del fatturato.<br />
Esso dovrebbe essere aumentato fino al 6% e questo investimento addizionale dovrebbe<br />
essere speso sui metodi di miglioramento della qualità. Se il management<br />
persiste in questo sforzo, il costo della qualità può diminuire anche del 50%, e<br />
questi risparmi si potrebbero avere già in uno o due anni, anche se in alcune aziende<br />
si verificano tempi più lunghi.<br />
- 1.169 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1.5.2.10. L’Analisi dei Difetti.<br />
<strong>La</strong> teoria della qualità propone varie metodologie per lo studio dei difetti, soprattutto<br />
al fine di individuare quali sono i punti del sistema aziendale che richiedono interventi<br />
migliorativi per la risoluzione del problema alla radice, cioè tecniche di trasferimento<br />
dei costi dalla valutazione alla prevenzione.<br />
Va premesso che tali metodologie sono state concepite per l’analisi della produzione<br />
nella grande serie. Tuttavia, esse sono perfettamente applicabili anche alla produzione<br />
prototipica, con una semplice astrazione mentale. Si tratta di considerare come prodotto<br />
dell’azienda o del singolo reparto non l’oggetto in lavorazione, che è un pezzo unico,<br />
ma ciascuna tecnologia che su di esso viene applicata.<br />
Le metodologie fondamentali qui descritte sono due, l’analisi di Pareto ed il diagramma<br />
causa-effetto di Ishikawa. Quest'ultimo è abbondantemente utilizzato nelle aziende<br />
e consentirebbe il concorso di più persone, al limite di tutta l’azienda, per<br />
un’analisi continua della qualità della produzione.<br />
1.5.2.10.1.<br />
Analisi di Pareto.<br />
L’analisi tramite il diagramma di Pareto consente di individuare quali siano, tra le<br />
nonconformità riscontrate, quelle sulle quali è più importante concentrare la propria attenzione.<br />
Si inizia con lo stabilire un’opportuna finestra temporale di osservazione.<br />
L’ampiezza della finestra di osservazione va mantenuta costante nelle periodiche analisi,<br />
al fine di ottenere risultati fra loro confrontabili. In essa, si registrano tutte le nonconformità<br />
manifestatisi (anche tramite lo studio dei rapporti di nonconformità) e le si suddivide<br />
in categorie a seconda della loro origine. Queste categorie sono dette classi di difetto.<br />
Si traccia quindi un istogramma ponendo sull’asse orizzontale le classi di difetto<br />
ed in ordinata il numero di nonconformità di ciascuna classe (fig. 1.48).<br />
A questo punto è necessario quantificare (anche grossolanamente, ma non in maniera<br />
aleatoria) il costo di ciascuna nonconformità per calcolare l’incidenza economica di ogni<br />
classe di difetto. È conveniente tracciare un secondo istogramma ed in esso si pongono<br />
sull’asse orizzontale le varie classi di difetto ed in ordinata la loro incidenza economica.<br />
Dall’analisi contemporanea dei due istogrammi sarà possibile individuare le nonconformità<br />
più numerose, ma soprattutto quelle che comportano danni maggiori<br />
all’economia dell’azienda e sulle quali dunque sarà più importante ed urgente concentrare<br />
i propri sforzi.<br />
Infatti, l’esperienza insegna che è ben più facile ridurre alla metà una barra alta<br />
dell’istogramma che non ridurre a zero una barra bassa. Ridurre alla metà od a zero la<br />
difettosità minore, rappresentata dalle barre corte, richiederebbe sforzi enormi in confronto<br />
al beneficio, perché più o meno inevitabilmente capiterà sempre qualche nonconformità.<br />
Va considerato che spesso le nonconformità più rare sono più clamorose e<br />
dunque un’analisi superficiale potrebbe porle in primo piano, mettendo in ombra nonconformità<br />
che, per la loro numerosità possono in realtà costituire un danno economico<br />
maggiore.<br />
L’analisi di Pareto può essere impiegata in azioni di miglioramento di qualsiasi genere;<br />
infatti, quando in azienda si parla di miglioramento non ci si riferisce soltanto al mi-<br />
- 1.170 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
glioramento della qualità dei prodotti. Essa può risolvere anche problemi di rendimento,<br />
di economia di materiali e risparmio di costi energetici, di sicurezza e di quant'altro.<br />
Esempio.<br />
Nella tabella qui sotto è riportata l’analisi mensile dei costi della qualità di un circuito stampato.<br />
Essa è compilata per stendere un diagramma di Pareto. <strong>La</strong> tabella fa rilevare che la saldatura insufficiente<br />
rappresenta il costo della qualità più elevato. Infatti, essa rappresenta il 42% delle<br />
nonconformità e circa il 52% dei costi totali di scarto e ripresa. Se si adottasse un processo di<br />
saldatura migliore, si potrebbe ottenere un forte miglioramento dei costi di qualità.<br />
Tipo di nonconformità<br />
Percentuale sul Totale<br />
dei Difetti<br />
saldatura difettosa 42 51.9<br />
disallineamento dei componenti<br />
21 16.6<br />
componenti difettosi 15 11.1<br />
componenti sbagliati 10 7.1<br />
saldatura fredda 7 7.0<br />
altre cause 5 6.3<br />
40<br />
35<br />
30<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0<br />
42<br />
saldatura difettosa<br />
disallineamento<br />
componenti<br />
21<br />
componenti difettosi<br />
15<br />
componenti sbagliati<br />
10<br />
saldatura fredda<br />
7 altre cause<br />
5<br />
fig. 1.48. Diagramma di Pareto dei difetti del circuito stampato.<br />
- 1.171 -<br />
Percentuale sul Totale<br />
dei Costi dello Scarto e<br />
delle Riprese
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1.5.2.10.2.<br />
Diagramma Causa-Effetto.<br />
Il diagramma causa-effetto consiste nella guida all’analisi di uno specifico problema<br />
al fine di individuarne le cause primarie e la metodologia di soluzione più economica 23.<br />
L’indice qualitativo che si vuole migliorare e tenere sotto controllo è concretamente<br />
rappresentato da numeri (lunghezza, durezza, percentuale di pezzi difettosi, ecc.). Le<br />
piccole differenze presenti nelle materie prime, attrezzature e metodi di lavoro possono<br />
portare nel loro insieme ad una sensibile dispersione della qualità nel prodotto. <strong>La</strong> composizione<br />
chimica, i diametri, la manodopera, ecc., che causano la dispersione, sono<br />
chiamati fattori. Al fine di illustrare in un diagramma la relazione tra causa ed effetto,<br />
occorre esprimere cause ed effetti in forma concreta. Quindi, effetti = indici qualitativi,<br />
mentre cause = fattori.<br />
Nella pratica, i fattori connessi con i problemi di qualità sono pressoché infiniti, tuttavia<br />
un diagramma causa-effetto può essere di aiuto per evidenziare le cause di nonconformità<br />
più evidenti e la struttura delle reciproche relazioni.<br />
Si descrivono i passi da fare per la compilazione di un diagramma causa-effetto, ricorrendo<br />
ad un esempio nel campo delle lavorazioni meccaniche. Essi sono:<br />
• scegliere l’indice qualitativo che si intende analizzare (nel nostro caso VARIABI-<br />
LITA’ di una quota);<br />
• scrivere l’indice qualitativo a destra e tracciare una freccia dal lato sinistro al destro;<br />
• scrivere i principali fattori che possono produrre la variabilità dell’indice qualitativo,<br />
dirigendo da ciascuno di essi una freccia che costituisca una ramificazione<br />
della freccia principale. In genere questa prima ramificazione del diagramma è<br />
piuttosto generica, ed i fattori sono: materiali, attrezzature (macchinari compresi),<br />
manodopera, misure, ecc. In generale, perché il diagramma di fig. 1.49 riesca utile,<br />
i fattori devono essere enumerati con un grado di dettaglio molto più spinto,<br />
come rappresentato in fig. 1.50;<br />
• su ciascuno di questi rami si scrivono successivamente gli specifici fattori che<br />
possono essere considerati quali cause; essi appariranno come ramificazioni secondarie.<br />
Su ciascuno di essi si scrivono fattori ancora più dettagliati, come ramificazioni<br />
di terzo livello e così via;<br />
• da ultimo occorre controllare che siano state incluse nel diagramma tutte le voci<br />
che possono essere causa di dispersione. Se lo sono state, e se le relazioni causaeffetto<br />
sono illustrate in modo appropriato, il diagramma è allora completo.<br />
MANODOPERA<br />
MATERIALI<br />
MACCHINE MISURE<br />
fig. 1.49. Diagramma elementare causa-effetto.<br />
23 Kaoru Ishikawa, Guida al controllo qualità, Franco Angeli, 1990<br />
- 1.172 -<br />
VARIABILITA'<br />
DELLA QUOTA
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
I diagrammi causa-effetto vengono tracciati per illustrare in modo chiaro i fattori che<br />
influenzano la qualità del prodotto, classificandoli e ponendoli in relazione reciproca. Il<br />
diagramma causa-effetto deve rispondere allo scopo e non è legato ad alcuna forma predefinita.<br />
Il nucleo di questa metodologia è la scomposizione progressiva del problema<br />
causa-effetto in problemi via via più particolareggiati, con l’esame delle cause di secondo<br />
e terzo livello ed eventualmente anche oltre. In questo modo si individuano non solo<br />
le cause prossime del problema, ma anche quelle remote, in modo da poter formulare<br />
una soluzione di tipo radicale ed economica, secondo la metodologia della prevenzione.<br />
Per poterla individuare, le cause remote possono essere confrontate fra loro con l’uso<br />
dell’analisi di Pareto prima illustrata.<br />
Un aspetto interessante del diagramma causa-effetto è che la sua compilazione risulta<br />
migliore se eseguita con lavoro di team. Lo sviluppo dell’analisi di ciascun ramo principale<br />
può essere affidata a persone diverse, od a gruppi di persone, specialisti del singolo<br />
aspetto; nel caso dei gruppi di persone, la discussione sui singoli aspetti è più fruttuosa<br />
della riflessione di ogni singolo. <strong>La</strong> tradizione giapponese mostra diagrammi causaeffetto<br />
compilati con il concorso di tutti i dipendenti dell’azienda, tramite pannelli esposti<br />
nei vari reparti sui quali ciascuno può applicare dei bigliettini con le proprie ipotesi<br />
di relazione causa-effetto. E' importante l’indicazione di coinvolgere ogni soggetto non<br />
solo negli interventi di miglioramento, ma anche nell’attività di analisi preliminare, la<br />
quale non può essere prerogativa dei soli tecnici di alto livello dell’azienda.<br />
MANODOPERA<br />
personalità<br />
acquisizione<br />
addestramento<br />
contenuti<br />
preventiva<br />
manutenzione<br />
correttiva<br />
piazzamento<br />
registrazione<br />
tempi<br />
esperienza<br />
motivazione<br />
deformazione<br />
utensili<br />
consumo<br />
regolarità<br />
funzionamento<br />
bilanciamento<br />
MATERIALI<br />
lavorazioni<br />
precedenti<br />
lavorabilità<br />
stoccaggio<br />
qualità<br />
ingresso<br />
prelievo<br />
METODI ISPEZIONI<br />
fig. 1.50. Diagramma causa-effetto più completo.<br />
- 1.173 -<br />
addestramento<br />
ispettore<br />
esperienza<br />
procedura<br />
strumenti di misura<br />
metodo<br />
accettazione<br />
VARIABILITA'
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1.5.3.<br />
Metodi per il Miglioramento della Qualità.<br />
Come detto sopra, ci stiamo concentrando sulla tecnica statistica che ci sarà utile per<br />
la garanzia della qualità. Specificatamente, ci soffermiamo per il momento sulle due aree<br />
fondamentali:<br />
• il progetto del controllo sperimentale statistico,<br />
• il controllo campionario di accettazione.<br />
Un certo numero di altri strumenti statistici ci saranno utili nei problemi di analisi<br />
della qualità e per il miglioramento dei processi produttivi. Il ruolo di tali strumenti è<br />
rappresentato in fig. 1.51, che rappresenta un processo produttivo come sistema con una<br />
serie di input ed un output. Gli input x , x ,..., x sono fattori controllabili, come tem-<br />
1<br />
2<br />
perature, pressioni, portate di alimentazione, ecc; invece, gli input z , z , ..., z sono<br />
input non controllabili, come possono essere ad esempio i fattori ambientali oppure alcune<br />
proprietà delle materie prime in arrivo. Come noto, il processo produttivo trasforma<br />
questi input in prodotti finiti, caratterizzati da molteplici parametri qualitativi che<br />
esprimono la loro attitudine all’uso. <strong>La</strong> variabile di output y è la misura della qualità del<br />
processo.<br />
Input che influenzano<br />
il parametro di output y<br />
Input Controllabili<br />
materie prime<br />
componenti<br />
assiemi<br />
X p<br />
X 2<br />
X 1<br />
Relazione tra gli input<br />
ed il parametro di output y<br />
z 1<br />
z 2<br />
p<br />
Processo Produttivo<br />
z q<br />
Input Non Controllabili<br />
fig. 1.51. Schema di un processo produttivo.<br />
y = caratteristica<br />
di qualità<br />
1<br />
Miglioramento del<br />
parametro di output y<br />
2<br />
Controllo<br />
Misura<br />
Valutazione<br />
output<br />
Gli esperimenti pianificati sono estremamente utili nella scoperta delle variabili<br />
chiave che influenzano le caratteristiche di qualità di pertinenza del processo. Essi consistono<br />
nella variazione sistematica dei fattori di input per osservarne gli effetti sui parametri<br />
di uscita, sono i migliori strumenti di controllo della qualità e sono spesso usati<br />
per il miglioramento dei primi stadi del processo produttivo, ma non come procedura inprocess.<br />
- 1.174 -<br />
q
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Una volta definita una lista delle variabili più importanti che influenzano la variabile<br />
di output y, è necessario trovare un modello della relazione che lega le variabili di input<br />
a quella di output. Le tecniche statistiche utili per l’individuazione del modello comprendono<br />
l’analisi di regressione e l’analisi della serie del tempo. Quando le variabili<br />
importanti sono state identificate, e la natura della relazione tra le variabili ed il modello<br />
dell’output del processo è stato esaminato, allora una tecnica on-line di controllo statistico<br />
di processo attraverso il monitoraggio e la sorveglianza può essere impiegata con<br />
considerevole efficacia. Tecniche come le schede di controllo possono essere usate per<br />
monitorare l’output del processo ed individuare quali cambiamenti <strong>degli</strong> input sono necessari<br />
per far ritornare l’output sotto controllo. I modelli che legano gli input all’output<br />
di processo aiutano a determinare la natura e la grandezza <strong>degli</strong> aggiustamenti richiesti;<br />
inoltre, le schede di controllo sono utili per fornire il feedback agli operatori necessario<br />
per ridurre la variabilità.<br />
100%<br />
Campionamento<br />
di accettazione<br />
Controllo di<br />
processo<br />
Esperimenti<br />
pianificati<br />
tempo<br />
fig. 1.52. Diagramma delle fasi di impiego dei metodi di miglioramento della qualità.<br />
<strong>La</strong> fig. 1.52 mostra l’evoluzione tipica dell’uso di queste tecniche nell’organizzazione<br />
produttiva. Al più basso livello di maturità, il management è spesso completamente<br />
disinformato sui problemi della qualità e non fa alcuno sforzo per un’efficace garanzia<br />
di qualità; frequentemente esiste solo un’organizzazione modesta di controllo di accettazione<br />
delle merci in ingresso. <strong>La</strong> prima attività di miglioramento è<br />
l’intensificazione dei controlli, fino al livello in cui ci si rende conto che la qualità non<br />
può più essere controllata e verificata direttamente solamente sul prodotto finale. A questo<br />
punto, l’organizzazione comincia a focalizzare i miglioramenti del processo produttivo:<br />
ora, il controllo statistico di processo e l’intervento sul progetto del prodotto possono<br />
avere il maggiore impatto sulle attività di progetto del prodotto, di sviluppo del<br />
progetto e di lavorazione. Usualmente, l’introduzione sistematica di questi metodi comporta<br />
miglioramenti sostanziali di qualità, costi e produttività. Ai più elevati livelli di<br />
maturità, le aziende usano estesamente sperimenti pianificati e metodi di controllo statistico<br />
ed adottano relativamente poco i controlli di accettazione.<br />
- 1.175 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Come detto, l’obiettivo primario della produzione della qualità è la sistematica riduzione<br />
della variabilità delle caratteristiche chiave del prodotto. <strong>La</strong> fig. 1.53 rappresenta<br />
come questo avvenga nel tempo. Negli stadi iniziali, quando il controllo di accettazione<br />
è la tecnica predominante, i fuori controllo di processo (particolari nonconformi alle<br />
specifiche) determinano una percentuale alta di nonconformità del prodotto.<br />
L’introduzione di controlli statistici del processo stabilizzano il processo e riducono la<br />
variabilità. <strong>La</strong> riduzione della variabilità normalmente può portare ad un minor costo<br />
della qualità e ad un miglioramento della posizione competitiva del prodotto, e, quindi,<br />
essere giustificata. Così, gli esperimenti pianificati sugli indici qualitativi peculiari del<br />
prodotto, assieme ai controlli statistici di processo indirizzati alla diminuzione della variabilità,<br />
portano ad un prodotto praticamente esente da difetti.<br />
limite inferiore<br />
di accettazione<br />
20<br />
18<br />
16<br />
14<br />
12<br />
10<br />
8<br />
6<br />
4<br />
2<br />
pianificazione<br />
delle prove<br />
controllo statistico<br />
di processo<br />
limite superiore<br />
di accettazione<br />
campionamento<br />
all' accettazione<br />
0<br />
-30 -20 -10 0 10 20 30<br />
fig. 1.53. Applicazione delle tecniche di pianificazione della qualità per la sistematica<br />
riduzione della variabilità di processo.<br />
Le tecniche statistiche di controllo del processo e di garanzia della qualità risalgono a<br />
molti anni fa. Nel 1924 W. A. Shewhart dei Bell-Telephone-<strong>La</strong>boratories ha sviluppato<br />
il concetto di scheda statistica di controllo del tipo di fig. 1.45, dando avvio al controllo<br />
statistico di qualità. Alla fine <strong>degli</strong> anni '20, H.F. Dodge e H.G. Romig, entrambi <strong>degli</strong><br />
stessi laboratori, hanno sviluppato un campionamento di accettazione come alternativa<br />
al controllo al 100% di accettazione delle merci e del prodotto. A metà <strong>degli</strong> anni '30,<br />
metodi statistici di controllo della qualità erano in largo uso alla Western-Electric, il settore<br />
produttivo del gruppo Bell. Tuttavia, il valore del controllo statistico di qualità è<br />
stato recepito dall’industria solo in occasione della seconda guerra mondiale, rendendolo<br />
evidente e pressoché unico mezzo di verifica della qualità del prodotto. L’American<br />
Society for Quality Control fu fondata nel '46 al fine di promuovere l’uso delle tecniche<br />
di miglioramento della qualità per tutti i tipi di prodotti e servizi. Tra il '50 ed il '60 essa<br />
- 1.176 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
ha promosso miglioramenti nella garanzia della qualità con attività nel campo dei costi<br />
della qualità, dell’ingegneria dell’affidabilità e nella propaganda che il punto di vista<br />
della qualità è una via utile di pianificazione e gestione dell’azienda.<br />
Gli esperimenti pianificati per garantire il miglioramento del prodotto e del processo<br />
produttivo sono stati introdotti per la prima volta in Occidente negli anni '50, con applicazioni<br />
che riguardavano l’industria chimica. Lo sviluppo di questa tecnica è stato piuttosto<br />
lento fino all’inizio <strong>degli</strong> anni '80, quando ci si è accorti che i concorrenti giapponesi<br />
la usavano sistematicamente fin dagli anni '60 per il controllo dei guasti, lo sviluppo<br />
di nuovi processi, la valutazione del progetto di nuovi prodotti, il miglioramento<br />
dell’affidabilità e dell’operatività su campo. Questa scoperta accelerò l’applicazione <strong>degli</strong><br />
esperimenti pianificati e diede luogo a più diffusi sforzi di introdu-zione della metodologia<br />
nell’organizzazione produttiva e manageriale delle aziende, come pure nei piani<br />
di studio accademici.<br />
In questo contesto va vista anche l’opera di motivazione della forza lavoro e di partecipazione<br />
della gestione al fine di arrivare, come nei comparti della difesa ed aerospaziale,<br />
all’avvio di programmi di difetto zero. Idealmente, un programma di difetto zero<br />
ha i seguenti due aspetti:<br />
• di motivazione, rivolto a stimolare gli addetti a ridurre i propri errori, attraverso<br />
efficaci campagne di presentazione, dimostrazione ed analisi del prodotto durante<br />
le fasi di progettazione e di produzione,<br />
• di prevenzione, rivolto a sensibilizzare gli addetti a ridurre gli errori sistematici<br />
controllabili, con un processo più approfondito del precedente. <strong>La</strong> filosofia che<br />
regge il programma di difetti zero risiede nel fatto che, se un difetto viene individuato,<br />
gli ingegneri ed i manager devono compiere ogni studio per isolarne la causa<br />
e prendere ogni accorgimento perché quel difetto non si verifichi più in seguito.<br />
E' naturale osservare che il buon risultato di questa politica è subordinato<br />
all’organizzazione dell’azienda, la quale deve possedere le strutture adatte allo<br />
svolgimento del programma di qualità, sia dal punto di vista tecnico, sia da quello<br />
manageriale.<br />
L’esperienza industriale mostra vari gradi di successo, dai migliori risultati a quelli<br />
più modesti: le aziende che adottano la prevenzione come filosofia di miglioramento<br />
della qualità mostrano, in generale, risultati migliori di quelle che adottano solamente il<br />
programma di motivazione.<br />
Un programma motivazionale di grande interesse è il Circolo del Controllo di Qualità<br />
giapponese. Un circolo di controllo della qualità è un team di circa 10 operatori e supervisori<br />
all’interno di un reparto. Il suo obiettivo è di condurre studi che aumentino<br />
l’efficienza del lavoro nel reparto. Gli studi non sono necessariamente ristretti alla qualità,<br />
ma possono riguardare anche la produttività, i costi, la sicurezza e gli altri aspetti<br />
dell’ambiente produttivo. <strong>La</strong> partecipazione al Circolo del Controllo della Qualità è volontaria,<br />
ma circa metà <strong>degli</strong> operatori giapponesi hanno aderito al program-ma.<br />
L’organizzazione del Circolo comincia con un programma di addestramento che comprende<br />
alcuni aspetti della raccolta e dell’analisi dei dati, lo studio dei progetti di successo<br />
elaborati dagli altri Circoli di controllo della qualità ed il completamento di un<br />
progetto reale, impiegando, se necessario, consulenze esterne.<br />
Dunque, in Giappone il programma del Circolo del Controllo della Qualità ha avuto<br />
uno straordinario successo: circa 10 milioni di operatori hanno ricevuto l’addestramento<br />
iniziale ed hanno partecipato a studi di progetto. Alcuni milioni di progetti sono stati e-<br />
- 1.177 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
seguiti, con un ritorno di circa 5.000€ ciascuno, e con effetti significativi sulla qualità<br />
dei prodotti.<br />
Il concetto di Circolo del Controllo della Qualità ha avuto un certo sviluppo anche in<br />
Occidente, seppure con denominazioni diverse, come ad esempio Team di Miglioramento<br />
della Produttività ed altri. Non è molto chiaro se la trasposizione<br />
all’organizzazione occidentale abbia avuto risultati paragonabili a quelli dell’industria<br />
giapponese; il dubbio deriva da considerazioni sia culturali, sia tecnologiche. Nella società<br />
occidentale esiste ancora una certa riluttanza da parte di ingegneri e manager a delegare<br />
alla forza lavoro funzioni e prerogative che storicamente sono state loro esclusive;<br />
inoltre, la forza lavoro trova ancora difficile considerare di propria pertinenza aiutare<br />
ingegneri e manager a migliorare l’efficienza dell’azienda. D'altra parte, gli operatori<br />
hanno spesso ottime idee circa il miglioramento della qualità e del processo, cosicché la<br />
sfida al management è di cambiare l’attitudine <strong>degli</strong> operatori. Infine, molti quadri e<br />
manager hanno ancora un’idea assolutamente inadeguata sia riguardo all’importanza del<br />
ruolo della qualità nel miglioramento della produttività, sia della necessità di migliorare<br />
la preparazione tecnica del personale per ottenere miglioramenti di qualità e di produttività.<br />
1.5.4.<br />
Gestione della Qualità Totale.<br />
Negli ultimi paragrafi abbiamo discusso il legame tra la qualità e la produttività ed il<br />
concetto di costi della qualità. Questi sono aspetti importanti della gestione della qualità<br />
all’interno di un’organizzazione produttiva. Inoltre, alcuni ulteriori aspetti della gestione<br />
totale della qualità meritano attenzione.<br />
Come detto in §1.1, la qualità di un prodotto presenta almeno sette aspetti:<br />
• le prestazioni,<br />
• l’affidabilità,<br />
• la durata,<br />
• la manutenibilità,<br />
• l’estetica,<br />
• le caratteristiche (compresa la conformità agli standard),<br />
• la qualità percepita.<br />
<strong>La</strong> parte critica della strategia gestionale della qualità all’interno di ogni produzione<br />
è la valutazione di questi aspetti da parte della dirigenza e la selezione <strong>degli</strong> aspetti da<br />
migliorare. E' veramente difficile competere con le aziende che hanno seguito con successo<br />
questa strategia.<br />
Esempio<br />
Un buon esempio è il consolidato predominio giapponese nel campo dei videoregistratori. Essi<br />
non sono stati inventati dai Giapponesi: il primo prototipo è stato prodotto in Europa da parte<br />
della Philips e della Grundig, ma esso era inaffidabile e spesso conteneva un gran numero di difetti.<br />
Quando i Giapponesi entrarono nel mercato, essi avevano deciso di puntare sugli aspetti<br />
qualitativi dell’affidabilità e della conformità agli standard con un programma di difetti zero, e<br />
questa strategia consentì loro di rapidamente impadronirsi del mercato. Solo in un secondo tempo<br />
essi espansero gli aspetti della qualità aggiungendone i rimanenti, migliori prestazioni, più<br />
facile manutenibilità, ecc: hanno usato la qualità totale come arma per alzare la barriera iniziale<br />
- 1.178 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
all’ingresso in questo mercato, al punto tale che risulta praticamente impossibile ai concorrenti<br />
di entrarvi.<br />
<strong>La</strong> gestione deve fare questo tipo di pensiero strategico riguardo alla qualità. Non è<br />
necessario che il prodotto sia superiore in tutti gli aspetti della qualità, ma la dirigenza<br />
deve selezionare e sviluppare quegli aspetti della qualità da utilizzare come arma di<br />
competizione: tipicamente, sono quelli trascurati od ignorati dai concorrenti. Un esempio<br />
ulteriore da non dimenticare riguarda l’industria automobilistica occidentale, che ha<br />
sopportato colpi durissimi dai concorrenti orientali, i quali hanno seguito questa strategia<br />
in maniera particolarmente efficiente, puntando, inizialmente, sugli aspetti<br />
dell’inquinamento creato dai motori ad accensione per scintilla.<br />
Neppure il ruolo dei fornitori nella gestione della qualità può essere trascurato: la selezione<br />
e la gestione dei fornitori possono essere gli aspetti più critici della gestione efficiente<br />
della qualità in industrie come l’automobilistica e <strong>degli</strong> apparecchi elettronici,<br />
dove una gran quantità di elementi del prodotto finito sono forniti da terzi. Così, molte<br />
aziende istituiscono programmi di miglioramento della qualità dei fornitori come parte<br />
dei propri programmi di miglioramento della qualità interna. <strong>La</strong> selezione dei fornitori<br />
sulla base della qualità, della puntualità e dei prezzi, piuttosto che dei soli prezzi, è una<br />
decisione vitale della gestione strategica, ed essa può avere un impatto significativo nella<br />
competitività globale a lungo termine.<br />
Poi, è importantissimo che sia la gestione dell’azienda a riconoscere che il miglioramento<br />
della qualità deve essere un’attività totale e globale, alla quale deve partecipare<br />
ogni unità organizzativa, ed ottenere una tale partecipazione è la responsabilità principale<br />
della gestione. In questo contesto, il ruolo della garanzia della qualità è di assistere la<br />
gestione generale e quella di produzione provvedendo gli strumenti di garanzia per i<br />
prodotti dell’azienda. Specificatamente, la funzione della garanzia di qualità è una sorta<br />
di magazzino tecnologico che contiene le conoscenze e le risorse necessarie per creare<br />
prodotti di qualità accettabile per il mercato. Inoltre, la gestione della qualità ha la responsabilità<br />
di valutare il costo della qualità per identificare le opportunità di miglioramento<br />
del sistema e di rendere queste opportunità presenti alla gestione di più alto livello.<br />
Questo comporta che la responsabilità della qualità è distribuita attraverso tutta<br />
l’organizzazione, ed alcune sue specifiche responsabilità funzionali sono, per la qualità<br />
di progetto:<br />
• pianificazione di prodotto, marketing e vendite. Infatti, è ormai noto che queste<br />
funzioni hanno la responsabilità di fornire le attività di ricerca di mercato che portano<br />
alla descrizione del prodotto che meglio incontra gli obiettivi di attitudine<br />
all’uso dell’acquirente. Esse hanno anche la responsabilità di presentare<br />
all’acquirente i dati di qualità del prodotto,<br />
• engineering di sviluppo. Come sappiamo, questa funzione è responsabile del progetto<br />
originale del prodotto, determinando le specifiche, il progetto per<br />
l’industrializzazione, la scelta dei materiali, le tolleranze e le caratteristiche delle<br />
prestazioni del prodotto,<br />
• acquisti. Questa funzione è responsabile di selezionare i fornitori ed interagire con<br />
essi per riguardo alla qualità dei materiali e dei componenti che forniscono,<br />
e, per la qualità della conformità:<br />
• gestione della produzione. I manager della produzione sono responsabili<br />
dell’addestramento dei quadri, dell’appropriata manutenzione delle attrezzature,<br />
- 1.179 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
della corretta interpretazione dei disegni e delle specifiche, e del controllo del<br />
prodotto durante ed alla fine del processo produttivo,<br />
• quadri di produzione. Tutti i quadri sono responsabili dell’addestramento,<br />
dell’aggiornamento e del controllo <strong>degli</strong> operatori,<br />
• esame e prova. Questa funzione è responsabile della verifica della qualità dei materiali<br />
e dei componenti in arrivo, e del controllo della rispondenza alle specifiche<br />
delle prestazioni di tutti i prodotti costruiti,<br />
• imballaggio e spedizione. Questa funzione è responsabile dell’adeguatezza dei<br />
materiali di imballaggio e spedizione nei quali il prodotto è contenuto, e della<br />
spedizione e trasporto dell’insieme al cliente finale.<br />
• servizio dopo vendita. Questa funzione è responsabile della manutenzione del<br />
prodotto, comprese tutte le attività di installazione, riparazione e sostituzione. Il<br />
ruolo principale del servizio al prodotto è di aiutare l’utente a capire il potenziale<br />
delle prestazioni del prodotto durante l’intera vita utile.<br />
Il concetto di Circolo della Qualità è esteso all’intera attività dell’azienda,<br />
dall’acquisizione dei materiali all’installazione dei propri prodotti ed al relativo servizio<br />
di assistenza post-vendita. Allora, in questo caso, le sue attività assumono l’andamento<br />
di fig. 1.54, in cui si può individuare la spirale virtuosa della qualità. In essa ne è rappresentata<br />
la struttura, che fornisce una solida e continuativa base per l’innovazione.<br />
messa fuori uso<br />
a fine utilizzazione<br />
assistenza tecnica<br />
e manutenzione<br />
installazione<br />
ed esercizio<br />
QUALITA' DEL PROGETTO<br />
studio e ricerca<br />
di mercato<br />
vendita<br />
e distribuzione<br />
committente/<br />
utilizzatore<br />
imballaggio<br />
ed immagazzinamento<br />
fornitore/<br />
produttore<br />
prove, controlli<br />
e collaudi<br />
QUALITA' DELLA CONFORMITA'<br />
progettazione, definizione<br />
e sviluppo del prodotto<br />
fig. 1.54. Circolo della Qualità applicato all’intera vita del prodotto.<br />
- 1.180 -<br />
approvvigionamenti<br />
pianificazione e sviluppo<br />
del processo produttivo<br />
produzione
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Come detto, la responsabilità della qualità investe l’intera organizzazione. E' per<br />
questo che la pianificazione e l’analisi della qualità sono importanti. Poiché le attività di<br />
garanzia di qualità sono così estese, i programmi di garanzia della qualità efficienti richiedono,<br />
come primo gradino, l’ordine di portarli avanti, da parte del livello più alto<br />
della gestione. L’ordine deve mettere in evidenza l’importanza della qualità, l’identificazione<br />
delle responsabilità della qualità da parte delle unità organizzative orizzontali e<br />
l’esplicita responsabilità di tutti i manager e dei quadri dell’azienda.<br />
Idealmente, la funzione di garanzia della qualità è supportata da ingegneri e manager<br />
con approfondita conoscenza della tecnologia dello specifico prodotto, <strong>degli</strong> strumenti<br />
di industrializzazione e di gestione, di preparazione in metodi statistici, compresi i controlli<br />
di processo, l’ingegneria dell’affidabilità, gli esperimenti pianificati e le tecni-che<br />
di modellazione del processo. I computer giocano un ruolo sempre più importante nella<br />
garanzia della qualità; essi sono utili nel calcolare la qualità del prodotto ed i dati dei<br />
costi della qualità. Gli sviluppi della tecnologia dei computer, della robotica e della tecnologia<br />
dei sensori e dei misuratori aumentano sempre più la disponibilità e l’uso di sistemi<br />
automatici di controllo statistico del processo in grado di effettuare analisi, controllo<br />
e prova on-line. Perciò, è essenziale che i responsabili tecnici della qualità siano a<br />
conoscenza di questa disponibilità e dei possibili sviluppi in questo campo.<br />
Infine, il management strategico della qualità di un’organizzazione dovrà continuamente<br />
garantire che tutte le persone all’interno dell’organizzazione siano perfettamente<br />
consapevoli <strong>degli</strong> strumenti base del miglioramento della qualità. Fra questi strumenti, i<br />
principali sono i concetti statistici elementari che stanno alla base del controllo del processo<br />
e che sono usati per l’analisi dei dati di processo. E' sempre più importante che<br />
ognuno dell’organizzazione, dal top-management al personale operativo, abbia la consapevolezza<br />
dei metodi statistici di base e di come questi metodi possano essere utili<br />
nell’ambiente produttivo. Certuni dovranno avere più elevati livelli di preparazione; per<br />
esempio quegli ingegneri e manager che assumono la funzione di garanzia della qualità<br />
saranno, generalmente, esperti in uno o più campi del controllo di processo, di ingegneria<br />
dell’affidabilità, o di analisi dei dati statistici di produzione. Tuttavia, il punto chiave<br />
è la filosofia che la metodologia statistica è un linguaggio di comunicazione dei problemi<br />
che permette alla gestione di mobilitare rapidamente le risorse e di sviluppare efficacemente<br />
la soluzione dei problemi.<br />
- 1.181 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1.6.<br />
1.6.1.<br />
LA CERTIFICAZIONE PER LA GARANZIA DELLA QUALITÀ.<br />
Questo capitolo presenta le modalità di applicazione dei criteri per la garanzia della<br />
qualità, così come sono definiti dalle nome della serie ISO 9000 24.<br />
Il Contesto Europeo<br />
Con l’Unione Europea si è realizzato il mercato unico interno già previsto dal trattato<br />
di Roma del 1957. Secondo un preciso calendario, sono state soppresse tutte le barriere<br />
doganali, le formalità di polizia e le barriere protezionistiche fra i diversi paesi<br />
dell’Unione. Con l’istituzione di un grande mercato unico si ha un ambiente più propizio<br />
all’incentivazione dell’iniziativa imprenditoriale, della concorrenza e <strong>degli</strong> scambi.<br />
25<br />
Non basta però l’apertura delle frontiere per ottenere un reale mercato unico, è necessario<br />
che all’interno dei singoli Stati membri lo scambio delle merci non ritrovi i<br />
vincoli eliminati alle frontiere, se non addirittura vincoli più gravosi. Si è perciò proceduto<br />
ad un’opera di armonizzazione a livello innanzi tutto legislativo, che ha delineato<br />
le regole generali, associata ad un’analoga armonizzazione delle norme tecniche per gli<br />
aspetti particolari di ciascun problema.<br />
Mentre il problema legislativo è di competenza del Parlamento Europeo,<br />
l’armonizzazione tecnica viene realizzata affidando il compito di emettere norme europee<br />
al Comitato Europeo di Normazione (CEN) o ad organismi settoriali di normazione<br />
collegati al CEN, come il CENELEC per il settore elettrico.<br />
1.6.2.<br />
<strong>La</strong> Qualità nel Mercato Europeo<br />
Il mercato unico aumenta la competitività e pone la necessità per ciascuna azienda di<br />
conformarsi ad essa. <strong>La</strong> competizione fra le varie aziende si svolge ora prevalentemente<br />
sul campo della qualità del prodotto, intendendo come prodotto tanto un manufatto<br />
quanto un servizio.<br />
<strong>La</strong> qualità, secondo la norma UNI ISO 8402, è L’insieme delle proprietà e delle caratteristiche<br />
di un prodotto o di un servizio che conferiscono ad esso la capacità di soddisfare<br />
esigenze espresse o implicite.<br />
Queste attese possono essere generali e specifiche. Quelle generali riguardano prevalentemente<br />
la sicurezza, l’attitudine all’uso e l’affidabilità del prodotto. Esse sono<br />
fondamentali nella produzione di serie, nella quale il produttore deve tenere sotto osservazione<br />
il proprio mercato, anche con indagini mirate ed in stretta collaborazione con la<br />
propria rete di vendita. Per contro, le esigenze specifiche sono importanti nella produzione<br />
su commessa, sia essa prototipica o per lotti: in questo caso, alle esigenze generali<br />
si aggiungono le indicazioni precise del cliente sulle caratteristiche che il prodotto dovrà<br />
avere per assolvere ad usi particolari o per poter essere inserito in un impianto esistente.<br />
In questo contesto, il cliente può concorrere direttamente alla progettazione del prodot-<br />
24 P. Mozzi, Tesi di laurea: Il controllo della Qualità in un’Impresa Produttrice di Pezzi Unici, 1995<br />
25 UNI, Sistemi Qualità, Linee guida per l’applicazione nel settore meccanico della UNI EN 29002.<br />
- 1.182 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
to, che, allora, dovrà corrispondere esattamente a quanto esplicitamente richiesto. Questo<br />
garantisce da un lato il cliente, che riscontra direttamente l’effettiva considerazione<br />
delle proprie attese e, dall’altro, l’azienda, che ottiene assicurazione della validità del<br />
proprio operato o delle correzioni che in fase di riesame vengono poste.<br />
1.6.3.<br />
Qualità e Norme Internazionali<br />
Le norme attualmente in uso sono comunemente indicate in Europa come serie EN<br />
29000. Emesse nel 1987 in sede ISO come serie ISO 9000 e fatte proprie da più di 50<br />
paesi in tutto il mondo, come detto, non riguardano le caratteristiche dei prodotti (cosa<br />
peraltro impossibile in norme di carattere generale), ma si riferiscono alla capacità<br />
dell’azienda di rispettare precise prescrizioni - interne ed esterne, comprese quelle dettate<br />
dalle norme tecniche e dalle prescrizioni di legge - in tutte le fasi dell’attività produttiva,<br />
dal controllo delle materie prime al controllo di ogni fase del processo produttivo e<br />
del prodotto finito, dalla logistica alla definizione della precisa responsabilità di ogni<br />
operazione, compresi imballaggio, spedizione ed eventualmente installazione.<br />
<strong>La</strong> piena e corretta applicazione di una o più delle norme serie EN 29000 dà diritto<br />
all’azienda di ottenere da un ente accreditato nazionale od internazionale la certificazione<br />
della qualità dell’azienda. <strong>La</strong> certificazione, che ha validità biennale e viene data<br />
dopo severi controlli, fornisce precise garanzie all’utente e diventa condizione indispensabile<br />
per poter mantenere un ruolo sul mercato.<br />
Si è potuto osservare l’innescarsi di una sorta di reazione a catena: la richiesta di qualità<br />
certificata è entrata nel mercato, per cui l’azienda certificata ha la convenienza di rivolgersi,<br />
a sua volta, per le proprie forniture a fornitori certificati. <strong>La</strong> richiesta di certificazione<br />
passa così dal mercato generale a quello fra aziende e progressivamente interessa<br />
qualunque scambio di merci, naturalmente con tempi diversi a seconda dei diversi<br />
settori.<br />
1.6.4.<br />
<strong>La</strong> Certificazione.<br />
<strong>La</strong> certificazione è l’atto mediante il quale un ente di certificazione notificato dichiara<br />
che un determinato processo, servizio o sistema di qualità aziendale è conforme alle<br />
norme od alle regole ad esso applicabili. Esistono principalmente 3 tipi di certificazione<br />
26:<br />
• Certificazione di prodotto: attuata per mezzo di uno o più laboratori che effettuano<br />
le prove di conformità e di un organismo che controlla la permanenza nel tempo<br />
della conformità, prelevando campioni dalla produzione o sul mercato e sottoponendoli<br />
a prove di laboratorio.<br />
• Certificazione del personale: attuata per mezzo di un organismo di certificazione<br />
che controlla le caratteristiche (scolarità, esperienza, addestramento specifico) del<br />
personale impiegato nell’attività aziendale.<br />
• Certificazione del sistema di qualità: attuata per mezzo di un organismo che valuta<br />
l’idoneità, e la permanenza nel tempo, delle caratteristiche del sistema di qualità<br />
dell’azienda, applicando lo schema adatto al settore produttivo considerato.<br />
26 P. M. Calderale, A. Morgando, <strong>La</strong> Certificazione, Unificazione &Certificazione, 2, 1994.<br />
- 1.183 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
In questo capitolo, ci si riferirà al terzo tipo di certificazione, quello relativo al sistema<br />
di qualità, il quale viene rilasciato con riferimento ad una o più norme della serie EN<br />
29000.<br />
In genere, la certificazione è un processo volontario che il produttore sceglie di utilizzare<br />
per qualificare il suo prodotto sul mercato, garantendo un livello definito di prestazioni.<br />
<strong>La</strong> certificazione può divenire obbligatoria quando uno stato imponga, mediante<br />
un provvedimento legislativo, che un prodotto, per la sua immissione sul mercato<br />
debba rispondere a specifiche norme o regole tecniche. Questo caso riguarda specialmente<br />
la sicurezza dei prodotti ed ha particolare applicazione nei settori dei giocattoli ed<br />
in generale del materiale destinato ai bambini (come certi articoli di cancelleria), <strong>degli</strong><br />
strumenti medico sanitari, del materiale elettrico e <strong>degli</strong> elettrodomestici.<br />
Dunque, lo scopo principale della certificazione è di garantire agli utenti la conformità<br />
a requisiti di qualità e di affidabilità, noti ed accettati dalla maggioranza <strong>degli</strong> utilizzatori,<br />
tramite la dichiarazione di una parte terza, l’ente di certificazione, la cui autorità<br />
sia riconosciuta da tutte le componenti del mercato.<br />
Nel momento in cui matura la decisione di percorrere la strada della certificazione, il<br />
produttore deve pianificare le attività seguenti:<br />
• identificare i propri prodotti;<br />
• identificare le direttive applicabili;<br />
• identificare i requisiti essenziali da rispettare;<br />
• identificare le norme tecniche applicabili;<br />
• approntare la documentazione necessaria;<br />
• identificare l’ente di certificazione notificato.<br />
Quanto detto vale per qualunque tipo di certificazione. Nei vari casi pratici (diversi<br />
tipi di certificazione o diverse caratteristiche della produzione dell’azienda: grande serie,<br />
piccola serie, lotti, subfornitura industriale od immissione diretta dei prodotti sul<br />
mercato <strong>degli</strong> utenti finali), i sei punti trovano diversa interpretazione ed applicazione.<br />
Riferendoci ai casi più generali, l’applicazione dei punti indicati può essere svolta nei<br />
termini seguenti.<br />
1.6.4.1. Identificare i Propri Prodotti<br />
Il primo passo che il produttore deve fare è quello di identificare in maniera chiara ed<br />
esplicita l’uso per il quale ogni singolo prodotto è stato immesso sul mercato. Da ciò discende<br />
tutta una serie di scelte successive, quali ad esempio della direttiva applicabile e<br />
delle classi di rischio.<br />
L’identificazione deve essere applicata anche agli accessori ed a tutto ciò che viene<br />
fornito a corredo del prodotto, anche se viene comperato ed utilizzato tal quale<br />
dall’azienda. Come è stato messo in rilievo sopra, l’identificazione risulta importante<br />
soprattutto per i prodotti ancora in fase di sviluppo.<br />
1.6.4.2. Identificare le Direttive Applicabili<br />
L’azienda deve identificare tutte le direttive che disciplinano i propri prodotti e che<br />
possono essere anche internazionali. Vanno dunque studiate le legislazioni sia dei mercati<br />
attuali, sia dei mercati potenziali.<br />
- 1.184 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
1.6.4.3. Identificare i Requisiti Essenziali Applicabili<br />
L’azienda deve verificare che i prodotti soddisfino i requisiti essenziali delle direttive<br />
nonché delle specifiche. Per questo, durante il progetto devono essere previste procedure<br />
di periodico riesame dei documenti al fine di assicurare che:<br />
• i requisiti da osservare risultino opportunamente definiti e documentati;<br />
• le prestazioni minime, imposte dall’aggiornamento delle norme, siano garantite;<br />
• eventuali scostamenti rispetto a quanto indicato nelle offerte siano rimossi;<br />
• l’azienda abbia la capacità di soddisfare i requisiti contrattuali.<br />
1.6.4.4. Identificare le Norme Tecniche Applicabili<br />
Le norme di riferimento per la qualità sono quelle citate UNI EN 29000, e che riguardano<br />
diversi aspetti del problema. In dettaglio:<br />
UNI EN 29001: da utilizzare quando la conformità ai requisiti specificati deve essere<br />
assicurata dall’azienda nelle fasi di progettazione e sviluppo, produzione, installazione<br />
ed assistenza post-vendita;<br />
UNI EN 29002: da utilizzare quando la conformità ai requisiti specificati deve essere (o<br />
viene volontariamente) assicurata nelle fasi di fabbricazione ed installazione;<br />
UNI EN 29003: da utilizzare quando la conformità ai requisiti deve essere assicurata<br />
soltanto mediante controlli, collaudi e prove finali sul prodotto;<br />
A queste si associano inoltre:<br />
UNI ISO 8402: terminologia nella qualità.<br />
UNI EN 29000: regole riguardanti la conduzione aziendale per la qualità e la garanzia<br />
della qualità;<br />
UNI EN 29004: destinata alle aziende che fanno della qualità una scelta autonoma e<br />
svincolata da aspetti contrattuali, considerando aspetti legati al mercato nel suo insieme<br />
come potenziale committente ed all’analisi dei costi inerenti la qualità;<br />
1.6.4.5. Approntare la Documentazione Necessaria<br />
Il produttore deve approntare tutta la documentazione tecnica atta a dimostrare che il<br />
sistema di qualità messo in atto in azienda ed i criteri seguiti in fase di progettazione, di<br />
fabbricazione e di controllo delle prestazioni sono efficaci. Il Manuale della Qualità è<br />
il documento che il produttore utilizza per descrivere l’organizzazione e le procedure<br />
applicate in azienda per raggiungere e mantenere i livelli di qualità prefissati e dichiarati.<br />
In questo manuale sono sintetizzate le disposizioni prese per l’attuazione della politica<br />
per la qualità, la suddivisione delle responsabilità e dei compiti, i criteri per lo svolgimento<br />
delle attività. Essendo di carattere descrittivo e riassuntivo, il manuale di qualità<br />
ha spesso più importanza per l’esterno (cliente od ente terzo) che per l’interno, dove,<br />
invece, il riferimento più usuale è la procedura. Dal manuale deve risultare evidente che<br />
quanto stabilito in materia di qualità, in particolare per gli aspetti eventualmente richiesti<br />
di garanzia della qualità, ha trovato sviluppo nel sistema qualità. In Appendice A1.5<br />
è riportato il Manuale della Qualità del Gruppo IMAR ed in Appendice A1.6 quello<br />
dell’azienda Sirz.<br />
Il secondo e terzo livello di documentazione del sistema qualità sono costituiti dalle<br />
procedure e dalle istruzioni. Per procedura si intende il documento che precisa condi-<br />
- 1.185 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
zioni, modalità e responsabilità con le quali deve essere eseguita una certa attività o fase<br />
di lavoro, sia di tipo tecnico, sia di tipo gestionale. <strong>La</strong> procedura deve contenere le responsabilità<br />
attribuite, il contenuto dell’attività, le modalità operative ed il tempo nel<br />
quale le attività vanno svolte. Invece, per istruzione si intendono le disposizioni di esecuzione<br />
di un’attività. Agli effetti pratici, non sempre esiste una chiara ed univoca distinzione<br />
fra procedure ed istruzioni, anzi, purtroppo, le istruzioni possono figurare come<br />
documenti non ufficiali, ad esclusivo uso personale <strong>degli</strong> operatori dell’azienda (e<br />
sono dette anche documenti di cassetto) e non facenti parte del sistema qualità.<br />
Infine, deve esistere uno specifico registro dei documenti esistenti, costantemente<br />
aggiornato sulle revisioni o sulle sostituzioni eseguite. Tale registro serve per verificare<br />
quali e quanti documenti sono stati emessi e da chi sono stati emessi, al fine di valutare<br />
in qualunque momento che gli operatori dispongano di quelli necessari, nella edizione<br />
più aggiornata. Questa documentazione tecnica di progettazione del prodotto deve consentire<br />
di valutare l’intera fase di progettazione e deve contenere, fra gli altri, le seguenti<br />
informazioni:<br />
• descrizione generale del tipo;<br />
• schemi di progettazione;<br />
• norme applicate;<br />
• soluzioni per soddisfare i requisiti essenziali;<br />
• calcoli di progettazione;<br />
• verifiche.<br />
1.6.4.6. Identificare l’Ente di Certificazione Notificato.<br />
Il produttore può scegliere l’ente di certificazione al quale appoggiarsi fra quelli che i<br />
vari stati europei hanno notificato alla CEE come idonei a svolgere gli accertamenti richiesti<br />
dalle direttive. <strong>La</strong> scelta si basa su diversi fattori, ma certamente il costo, il tempo<br />
e la lingua sono quelli che sono tenuti in maggior considerazione. Il produttore invia<br />
la domanda di certificazione allegando il Manuale della Qualità in vigore, l’elenco delle<br />
procedure adottate, informazioni di carattere generale sull’azienda e l’elenco dei prodotti<br />
o delle lavorazioni effettuate. Nel caso di aziende con più siti produttivi, la certificazione<br />
va richiesta per ciascun sito.<br />
L’organismo notificato esegue una prima valutazione sulla documentazione ricevuta<br />
e, successivamente, provvede ad eseguire una verifica ispettiva presso la sede del produttore,<br />
mediante un gruppo di valutazione. Questo ha il compito di rilevare con riscontri<br />
oggettivi che quanto indicato nei documenti tecnici in suo possesso sia pienamente<br />
ed efficacemente applicato in azienda.<br />
Come detto, la certificazione ha una validità di due anni. L’organismo notificato<br />
svolge ispezioni e valutazioni sul produttore effettuando visite (sia concordate, sia non)<br />
presso la sede del produttore stesso, visite atte ad accertare che il sistema di qualità certificato<br />
continui ad essere applicato correttamente o debba essere rivisto alla luce dei<br />
miglioramenti intervenuti od inconvenienti emersi in corso di applicazione.<br />
tab. 1.XIX. Organizzazioni italiane di certificazione accreditate (al luglio 1993).<br />
Ente certificatore settore di interesse Indirizzo federazione<br />
- 1.186 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
CERMET scarl meccanico San <strong>La</strong>zzaro di<br />
Savena (BO)<br />
CISQ<br />
CERTICHIM chimico Milano CISQ<br />
DET NORSKE VE- meccanico, siderurgico Agrate Brianza CISQ<br />
RITAS ITALIA srl<br />
(MI)<br />
ICIM meccanico Milano CISQ<br />
IGQ siderurgico Milano CISQ<br />
IIP plastiche Milano CISQ<br />
IMQ elettrotecnico, elettronico,<br />
informatico, gas,<br />
prodotti<br />
Milano CISQ<br />
RINA navale, offshore, prodotti<br />
dei fornitori<br />
Genova CISQ<br />
tab. 1.XX. Organizzazioni europee di certificazione (al dicembre 1992).<br />
Ente certificatore Paese Federazione<br />
BSI QA Gran Bretagna EQNet<br />
AFAQ Francia EQNet<br />
NSAI Irlanda EQNet<br />
DQS Svizzera EQNet<br />
CISQ Italia EQNet<br />
SQS Svizzera EQNet<br />
KEMA Olanda EQNet<br />
DS Danimarca EQNet<br />
AENOR Spagna EQNet<br />
SIS Svezia EQNet<br />
SFS Finlandia EQNet<br />
AIB-VINCOTTE Belgio EQNet<br />
IPQ Portogallo EQNet<br />
OQS Austria EQNet<br />
NCS Norvegia EQNet<br />
ELOT Grecia EQNet<br />
ABS Quality Evaluation Gran Bretagna IIOC<br />
Bureau Veritas Quality International Gran Bretagna IIOC<br />
Det Norske Veritas Quality Assurance Norvegia IIOC<br />
Germanischer Lloyd Germania IIOC<br />
Lloyd's Register Quality Assurance Gran Bretagna IIOC<br />
SGS International Certification Services Svezia IIOC<br />
In sede europea, per la valutazione della conformità e la marcatura CE, il Consiglio<br />
della CEE, con decisione del 13.12.1990, ha previsto nove modelli di procedure (detti<br />
moduli di decisione del Consiglio). Questi modelli si riferiscono sia alla fase di progettazione,<br />
sia a quella di produzione, sia all’installazione del prodotto. Le differenze tra<br />
modello e modello consistono essenzialmente nel grado di estensione della documentazione<br />
tecnica che il fabbricante deve sottoporre all’organismo notificato per dimostrare<br />
la conformità della progettazione del prodotto ai requisiti essenziali stabiliti nella direttiva<br />
CEE e nel grado di estensione del sistema di qualità, alle varie fasi del processo<br />
- 1.187 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
produttivo, ossia quale delle norme (EN 29001, EN 29002, EN 29003) è presa come riferimento<br />
per la realizzazione del sistema di qualità (fig. 1.45).<br />
PROCEDURE DI VALUTAZIONE DELLA CONFORMITA' NELLA NORMATIVA COMUNITARIA<br />
PROGETTAZIONE<br />
A. Controllo interno<br />
della fabbricazione<br />
A. Fabbricante<br />
tiene la documentazione<br />
tecnica a<br />
disposizione delle<br />
autorità nazionali<br />
A.bis<br />
Intervento dell'<br />
organismo<br />
notificato<br />
PRODUZIONE<br />
B. Omologazione<br />
Il fabbricante sottopone all' organismo notificato:<br />
- la documentazione tecnica,<br />
- il tipo.<br />
L' organismo notificato:<br />
- accerta la conformità ai requisiti essenziali,<br />
- effettua le prove, se necessario,<br />
- rilascia il certificato di omologazione.<br />
C. Conformità al tipo D. QA della produzione E. QA della produzione<br />
F. Verifica sul prodotto<br />
C. Verifica di un<br />
unico esemplare<br />
A. Fabbricante<br />
presenta la documentazione<br />
tecnica<br />
EN 29002<br />
EN 29003<br />
A. Fabbricante Fabbricante<br />
Fabbricante<br />
Fabbricante<br />
Fabbricante<br />
Fabbricante<br />
- dichiara la con-<br />
formità ai requisiti<br />
essenziali,<br />
- appone il marchio<br />
CE.<br />
- dichiara la conformità<br />
al tipo approvato,<br />
- appone il mar-<br />
chio CE.<br />
- utilizza un Sistema<br />
di Qualità approvato<br />
per la produzione ed<br />
il collaudo,<br />
- dichiara la con-<br />
formità al tipo<br />
- utilizza un Sistema<br />
di Qualità approvato<br />
per l' ispezione ed il<br />
collaudo,<br />
- dichiara la con-<br />
formità al tipo od ai<br />
- dichiara la con-<br />
formità con i requisiti<br />
essenziali,<br />
- appone il marchio<br />
CE.<br />
- presenta il prodotto<br />
- dichiara la con-<br />
formità,<br />
- appone il marchio<br />
CE.<br />
A.bis Organismo<br />
notificato<br />
- effettua prove su<br />
aspetti specifici<br />
del prodotto,<br />
- controlla il prodotto<br />
ad intervalli<br />
casuali.<br />
Organismo notificato<br />
- effettua prove su<br />
aspetti specifici<br />
del prodotto,<br />
- controlla il prodotto<br />
ad intervalli<br />
casuali.<br />
approvato,requisiti<br />
essenziali,<br />
- appone il mar- - appone il marchio<br />
CE.<br />
chio CE.<br />
Organismo notificato Organismo notificato<br />
- approva il Sistema di - approva il Sistema di<br />
Qualità,<br />
Qualità,<br />
- effettua il controllo - effettua il controllo<br />
del Sistema di Qualità del Sistema di Qualità<br />
Organismo notificato<br />
- verifica la conformità,<br />
- rilascia il certificato<br />
di conformità.<br />
Organismo notificato<br />
- verifica la conformità<br />
ai requisiti essenziali,<br />
- rilascia il certificato<br />
di conformità.<br />
H. Garanzia di Qualità<br />
completa<br />
EN 29001<br />
Fabbricante<br />
- utilizza un Sistema<br />
di Qualità approvato<br />
per la progettazione<br />
Organismo notificato<br />
- effettua il controllo<br />
del Sistema di Qualità,<br />
- verifica la conformità<br />
del progetto,<br />
- rilascia il certificato<br />
di esame del progetto.<br />
Fabbricante<br />
- utilizza un Sistema<br />
di Qualità approvato<br />
per la produzione ed il<br />
collaudo,<br />
- dichiara la con-<br />
formità,<br />
- appone il marchio<br />
CE.<br />
Organismo notificato<br />
- effettua il controllo<br />
del Sistema di Qualità<br />
fig. 1.55. Procedure di valutazione della conformità secondo la normativa europea.<br />
- 1.188 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
1.7.<br />
SIRZ, UN’AZIENDA PER LA PRODUZIONE DI PEZZI UNICI.<br />
Esaminiamo qui un aspetto particolare del problema qualità, quello della garanzia<br />
di qualità nella produzione su commessa di pezzi unici. Questo tipo di produzione risulta<br />
peraltro abbastanza diffuso nella realtà delle piccole e medie imprese della nostra regione.<br />
Queste imprese rivestono già un ruolo importante nell’economia nazionale e<br />
stanno facendo un grosso sforzo, soprattutto in termini di mentalità, per poter validamente<br />
concorrere nei mercati internazionali. Inoltre, da un punto di vista strettamente<br />
didattico, esso può risultare un buon esempio anche per la produzione di serie, in quanto<br />
sottoinsieme delle tecniche che in quel caso vengono adottate.<br />
SIRZ - Strutture <strong>Industriali</strong> Razionali - S.p.A., con sede in Due Carrare (PD), è<br />
un’azienda che opera nella produzione di caldareria (forni per il settore petrolchimico),<br />
caldaie e carpenterie speciali. L’azienda lavora su commessa di clienti-produttori e società<br />
di ingegneria, tanto nazionali quanto esteri (Europa, Medio ed Estremo Oriente e<br />
Nord Africa) prevalentemente su progetto del cliente. I lotti di commessa, particolarmente<br />
nel settore della caldareria, sono di norma di poche unità, frequentemente di un<br />
pezzo unico.<br />
SIRZ ha 130 dipendenti, dei quali 2 laureati e 6 amministrativi, lavora con un solo<br />
turno. Operazioni tecnologiche principali sono il taglio, la piegatura e la saldatura di<br />
lamiere e tubi. Attualmente SIRZ autocertifica i propri prodotti quando esplicitamente<br />
richiesto da contratto, dispone di funzioni di qualità, possiede un manuale di qualità con<br />
annesse procedure al livello di ISO 9001.<br />
SIRZ ha ottenuto la certificazione di conformità alla norma ISO 9001 presso l’ente<br />
BVQI Italia. L’applicazione di questa norma risulta particolare in un’azienda come<br />
SIRZ, nella quale risulta del tutto assente la produzione di serie. Inoltre, la notevole diversità<br />
fra le varie commesse non consente la formazione di un sistema di grouptechnology,<br />
almeno in produzione, né di un sistema di standardizzazione interna per<br />
l’ottenimento di effetti di sinergia. Un’azienda di questo tipo non può avere un sistema<br />
produttivo organizzato in linee stabili, ma possiede una serie di tecnologie che le consentono<br />
di realizzare, con una adeguata azione di pianificazione ed organizzazione, il<br />
prodotto specifico a fronte delle richieste particolari contenute nell’ordine. In essa, il sistema<br />
qualità deve definire e correlare le capacità tecnologiche in funzione del prodotto.<br />
<strong>La</strong> struttura produttiva è suddivisa in due sezioni, la sezione carpenteria e caldaie e la<br />
sezione recipienti a pressione. Le due sezioni, che sono ampiamente indipendenti, hanno<br />
una struttura che può essere definita come per progetto debole o per influenza. Dal<br />
punto di vista organizzativo, alla classica struttura per funzioni si associa la figura trasversale<br />
del responsabile di commessa che, pur senza autorità gerarchica sulle varie<br />
funzioni, segue e coordina lo svolgimento del singolo progetto e mantiene, assieme al<br />
responsabile commerciale, i legami fra l’azienda ed il cliente. Quindi, il sistema qualità<br />
avrà tecnicamente definiti i processi tecnologici e le modalità gestionali generali (approvvigionamenti,<br />
immagazzinamento, addestramento, schema organizzativo, ecc.) e<br />
regolerà il sistema aziendale per aspetti di dettaglio sulle richieste contrattuali legati alla<br />
commessa. Una tale struttura presenta una grande flessibilità, una capacità di adattamento<br />
alle diverse realtà ed è tale da seguire gli aspetti gestionali legati alla produzione.<br />
Le procedure e le istruzioni rispondono alle richieste contrattuali sulla base delle realtà<br />
aziendali del cliente; esistono procedure comuni a tutte le commesse, ad esempio<br />
quelle relative agli approvvigionamenti dei materiali (anche al ricevimento di quelli in<br />
conto lavorazione) e procedure proprie della singola commessa, come l’elenco dei con-<br />
- 1.189 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
trolli (sotto forma di check-list) da eseguire nelle varie fasi di revisione del contratto. Il<br />
sistema qualità ha la capacità di trasformare le scelte in modalità operative e gestionali<br />
aziendali, in tempi brevi e con alta ricettività da parte del personale.<br />
Le figure che formano la struttura dell’azienda sono:<br />
Il presidente. Coordina e controlla le attività, assicurando lo svolgimento di tutti i<br />
programmi di produzione in accordo con i metodi richiesti per l’ottenimento dei livelli<br />
di qualità e di efficienza richiesti.<br />
Il responsabile di produzione, che risponde al presidente ed, entro le direttive generali,<br />
programma e coordina le attività di produzione per i diversi contratti. Mantiene i<br />
contatti con il responsabile <strong>degli</strong> acquisti per le forniture dei materiali e col presidente<br />
per la verifica del rispetto <strong>degli</strong> ordini. Collabora col responsabile tecnico per la gestione<br />
di tempi e metodi e controlla direttamente le maestranze, ha la responsabilità della<br />
manutenzione di macchinari ed attrezzature nonché della garanzia della sicurezza sul<br />
lavoro. A livello più basso, l’organizzazione prevede il ruolo di capo officina. Gli operatori<br />
sono suddivisi in più squadre di montatori ed una squadra di saldatori. Ciascuna<br />
squadra di montatori è costituita in funzione della commessa ed esegue il lavoro<br />
dall’inizio alla fine. Le squadre di saldatori, invece, passano da un lavoro all’altro in sequenza.<br />
Il responsabile tecnico, che risponde al presidente, svolge la valutazione tecnica delle<br />
richieste d'offerta dei clienti e coopera con il responsabile acquisti per la compilazione<br />
delle offerte. Ha la responsabilità della predisposizione di progetti e disegni e delle<br />
distinte base, coordina e controlla la attività dei consulenti esterni per la progettazione.<br />
Concorda con gli uffici tecnici dei clienti l’approvazione od il riesame dei progetti e<br />
conduce gli audit interni per la qualità.<br />
resp. produzione<br />
capofficina<br />
capireparto<br />
operatori<br />
PRESIDENTE<br />
resp. tecnico resp. commerciale resp. acquisti resp. qualità<br />
consulenti est.<br />
fig. 1.56. Struttura dirigenziale di SIRZ.<br />
- 1.190 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Il responsabile commerciale, che risponde al presidente, mantiene i contatti con i<br />
clienti ed ottiene le richieste di offerta. Basandosi sulle indicazioni del responsabile tecnico<br />
e di quello della produzione, compila le offerte.<br />
Il responsabile acquisti, che risponde al presidente, svolge le ricerche sul mercato,<br />
contatta i fornitori e compila gli ordini di fornitura, basandosi sulle richieste di materiali<br />
ottenute dal responsabile tecnico, in accordo col responsabile della produzione. In conformità<br />
con il Sistema di Qualità, invia gli ordini di fornitura solamente ai fornitori della<br />
lista approvata. Propone al responsabile della qualità le aggiunte di nuovi fornitori.<br />
Il responsabile qualità, che risponde al presidente, controlla tutte le attività di Garanzia<br />
di Qualità ed ha la responsabilità dell’applicazione dei giusti metodi in tutte le attività<br />
dell’azienda. Controlla stesura, correzione ed aggiornamento del manuale e delle<br />
procedure, nonché la loro distribuzione nei reparti interessati. Valuta le aziende che aspirano<br />
ad accedere alla lista dei fornitori e svolge i controlli sui fornitori già compresi<br />
nella lista. Conduce gli audit interni. Mantiene i contatti con gli ispettori dei clienti e<br />
delle parti terze. Ha la responsabilità della conduzione delle ispezioni sul materiale in<br />
ingresso, sulla fabbricazione e sulle fasi finali fino alla spedizione del prodotto finito.<br />
Ha la responsabilità dell’istruzione per la qualità del personale. Verifica disegni e specifiche<br />
per ciò che riguarda le norme applicabili e le richieste di garanzia di qualità, e ne<br />
controlla la distribuzione.<br />
1.7.1.<br />
<strong>La</strong> Qualità in SIRZ.<br />
SIRZ ha impostato il proprio sistema di qualità, come definito dalla norma UNI ISO<br />
8402, quale struttura organizzativa, responsabilità, procedure, procedimenti e risorse<br />
messi in atto per la conduzione aziendale per la qualità.<br />
Va ricordato che la competitività fra le diverse aziende, anche nel settore in cui opera<br />
SIRZ, riguarda tanto il livello qualitativo dei prodotti quanto la possibilità di garantire<br />
il livello di qualità. Infatti, il prodotto SIRZ non è un sistema, ma è parte di un impianto<br />
complesso, composto da elementi progettati e prodotti da aziende diverse, mentre il<br />
progetto generale dell’impianto è opera del cliente. Quindi, si tratta di un’attività che<br />
parte da un ordine di un ente altamente qualificato, normalmente in grado di valutare<br />
criticamente il processo produttivo in SIRZ. Abbiamo già assimilato l’impianto ad una<br />
catena la cui resistenza è determinata dall’anello più debole: la massima efficienza è<br />
raggiunta quando tutti gli anelli hanno eguale resistenza, pari a quella minima accettabile.<br />
Di conseguenza, è il cliente progettista dell'impianto che fissa il livello qualitativo al<br />
quale le aziende fornitrici devono potersi adeguare, e tale livello qualitativo deve poter<br />
essere dimostrato e garantito, tanto durante lo svolgimento del lavoro quanto al momento<br />
della consegna del prodotto: qualunque inadempienza, anche minima, squalificherebbe<br />
tutto l’impianto. Il livello qualitativo fissato è dunque quello minimo, il cui mancato<br />
raggiungimento implica la possibile rescissione del contratto, ma tende ad essere anche<br />
quello massimo perché, come illustrato con la metafora della catena, qualunque caratteristica<br />
in più, anche qualificante, risulta un inutile spreco di tempo, di lavoro e di materiale.<br />
<strong>La</strong> qualità dei prodotti SIRZ può essere quindi denominata qualità della conformità<br />
ed è determinata da quanto bene il prodotto obbedisce alle specifiche ed alle tolleranze<br />
richieste dal progetto. Essa è influenzata da un gran numero di fattori, tra l’altro comprendenti<br />
la scelta dei processi tecnologici, l’addestramento ed il controllo <strong>degli</strong> opera-<br />
- 1.191 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
tori, il tipo di garanzia della qualità usato (controlli di processo, prove, attività di ispezione,<br />
ecc.), la cura con la quale tale garanzia della qualità viene assicurata e la motivazione<br />
<strong>degli</strong> operatori a raggiungere e migliorare continuamente l’efficienza.<br />
Risulta opportuno ribadire due concetti noti:<br />
• l’ottenimento della qualità,<br />
• la garanzia della qualità.<br />
Il primo riguarda la capacità dell’azienda di realizzare prodotti di qualità, ovvero di<br />
assolvere in maniera adeguata e completa alle specifiche poste e concordate dal cliente.<br />
Il secondo concetto riguarda la capacità di assicurare in ogni momento che l’azienda stia<br />
tenendo in opportuno conto e pienamente assolvendo le necessità e le richieste del cliente<br />
stesso. <strong>La</strong> distinzione fra le due cose non è in realtà così netta, anzi essa è più concettuale<br />
che materiale. In sostanza, la garanzia della qualità consiste in un metodo di formalizzazione<br />
ed esplicitazione del sistema di ottenimento della qualità, atto a renderne<br />
palese e riscontrabile ogni aspetto.<br />
1.7.1.1. Ottenimento della Qualità.<br />
In SIRZ, la totale assenza di produzione di serie porta ad una interpretazione del concetto<br />
di qualità basata sui valori sostanziali ed intellettuali della qualità. Così, essa intende<br />
la qualità (più di quanto non avvenga per la produzione di serie) come creazione<br />
di un sistema più ampio dei confini della stessa azienda e comprendente anche i clienti, i<br />
fornitori ed i consulenti esterni, che operi organicamente attorno al prodotto e nel quale<br />
ciascun membro riconosca esattamente il proprio ruolo, i propri compiti, i propri obblighi<br />
e deve vedere questo suo ruolo come correttamente inserito nel sistema globale.<br />
Questo non in maniera spersonalizzante, ma conferendo a ciascuno la effettiva responsabilità<br />
del ruolo che occupa.<br />
Quanto detto può essere riassunto nell’idea di qualità come organizzazione, definendo<br />
quest'ultima in quanto insieme complesso di persone, associate per il conseguimento<br />
di uno scopo unitario, fra le quali si dividono le attività da svolgere secondo certe<br />
norme e stabilendo a tal fine dei ruoli, collegati fra loro in modo gerarchico, in rapporto<br />
dinamico con l’ambiente esterno. 27<br />
<strong>La</strong> visione della qualità come organizzazione, e soprattutto come capacità di dirigere<br />
opportunamente il lavoro, è amplissimamente illustrata da Deming 28. Egli raccomanda<br />
continuamente di non agire preferenzialmente sui livelli più bassi dell’organizzazione<br />
per ottenere il miglioramento della attività aziendale, ma di agire sempre sul sistema e<br />
particolarmente sulla leadership. Portando la cosa a termini più concreti, si può dire che<br />
prima di tutto è necessario porre le persone nelle migliori condizioni per poter lavorare<br />
fruttuosamente garantendo loro la certezza di:<br />
• ricevere tutte le informazioni necessarie;<br />
• disporre dei mezzi necessari per operare;<br />
• ricevere il materiale adeguato;<br />
• sapere esattamente cosa debbono fare e come;<br />
• sapere quali sono le proprie responsabilità;<br />
• sapere a chi trasmettere il proprio operato;<br />
27 G. Bernardi, Sistemi organizzativi aziendali, Libreria Progetto, 1989<br />
28 E. Deming, L’Impresa di Qualità, Isedi, 1991<br />
- 1.192 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
• sapere come trasmettere il proprio operato.<br />
Questi sono gli elementi che, nel loro insieme, formano il ruolo della persona<br />
nell’organizzazione, ma anche il ruolo di realtà più complesse, come ad esempio quello<br />
di un fornitore che deve ricevere correttamente gli ordini, assolverli con precisione e<br />
consegnare il materiale nella maniera prescritta. Come si vede dagli elementi elencati,<br />
non è possibile definire i ruoli a prescindere dai rapporti che devono intercorrere fra gli<br />
stessi: la certezza dei rapporti fra i ruoli è un elemento fondamentale di ogni sistema<br />
di qualità. Infatti, senza questo elemento si perverrebbe ad una aggregazione di entità<br />
(persone, funzioni, uffici o reparti) ciascuno ottimizzato per se stesso, ma senza la capacità<br />
di lavorare coerentemente assieme.<br />
Parte fondamentale per la creazione e definizione del ruolo è la predisposizione delle<br />
procedure. Qui le procedure sono i documenti che, per ciascuna attività, contengono<br />
tutte le informazioni necessarie e sufficienti per la corretta esecuzione dell’attività stessa,<br />
non solo con riferimento al modo di operare, ma anche all’indicazione delle persone<br />
alle quali fare riferimento, delle persone dalle quali si devono ricevere ordini e materiali,<br />
e delle persone alle quali consegnare il risultato del proprio lavoro. Le procedure possono<br />
essere di tipo generale, valide per ogni commessa, o specifiche per la singola<br />
commessa, la quale può richiedere attività ordinariamente non svolte o modi di operare<br />
particolari.<br />
Compilare correttamente ed applicare le procedure costituisce uno strumento per<br />
l’ottenimento della qualità in quanto, tramite le procedure, vengono fornite tutte le informazioni<br />
necessarie per evitare errori organizzativi. Ma costituisce anche uno strumento<br />
per la garanzia della qualità, poiché le procedure costituiscono una precisa descrizione<br />
del modo di operare dell’azienda, molto più approfondita di quella contenuta<br />
nel manuale di qualità e spesso specifica della singola commessa. Così, l’esame delle<br />
procedure consente al cliente di esprimere un preciso giudizio sul modo di operare<br />
dell’azienda.<br />
Indicare efficacemente le procedure per ottimizzare le condizioni di lavoro del singolo<br />
e dell’insieme è il fondamento della qualità, perché permette di prevenire tutte le fonti<br />
strutturali <strong>degli</strong> errori, riducendo questi ultimi ai soli errori accidentali, mai completamente<br />
eliminabili. Naturalmente il sistema è perfettibile e deve progressi-vamente evolversi<br />
col mutare delle situazioni, delle scelte aziendali, delle esigenze contingenti e<br />
del carattere delle persone. Dunque, il sistema qualità non è considerato una realtà statica,<br />
né la sua ottimizzazione un valore assoluto. Esso risulta in continua e progressiva<br />
evoluzione, senza peraltro che questo ingeneri sensazioni di provvisorietà.<br />
Le istruzioni devono contenere tutte le informazioni operative, ma non costituiscono<br />
un trattato scientifico sull’argomento. Infatti, è evitata qualunque forma di eccesso o di<br />
ridondanza, ovvero la presenza di informazioni non utili per l’operatore. Ad esempio,<br />
un’istruzione per operazioni di saldatura conterrà tutte le indicazioni riguardanti il prelievo<br />
<strong>degli</strong> elettrodi, la conservazione di questi nei forni portatili, l’uso dei fluidi di saldatura<br />
ecc, ma nulla dirà sulle trasformazioni della grana dell’acciaio durante la saldatura,<br />
anche se questo obbliga ad indicare le precauzioni da osservare, senza motivarle in<br />
maniera scientifica.<br />
- 1.193 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
1.7.1.2. Garanzia della Qualità.<br />
È stato dimostrato che la sola ispezione del prodotto finito non può garantire la soddisfazione<br />
del cliente. Questo è tanto più vero nella produzione di pezzi unici, con un<br />
contenuto di lavoro intellettuale, manuale e di materiale elevatissimi.<br />
Tanto nella progettazione quanto nella produzione, è necessario poter dimostrare in<br />
qualunque momento, al cliente od all’ente di certificazione, che il lavoro si sta svolgendo<br />
in piena conformità con le esigenze espresse e concordate col cliente stesso e descritte<br />
nelle specifiche di commessa, nonché con tutti gli obblighi derivanti da leggi o normative<br />
tecniche, quando questi non siano contenuti nelle specifiche stesse. Questa dimostrazione<br />
non deve riferirsi solo allo stato attuale, ma riguarda anche tutta la situazione<br />
pregressa e quella futura.<br />
Quanto detto è noto come garanzia della qualità, che è definita dalla norma UNI<br />
ISO 8402 quale insieme delle azioni pianificate e sistematiche necessarie a dare adeguata<br />
confidenza che il prodotto o servizio soddisfi determinati requisiti di qualità.<br />
Nell’azienda prototipica gli strumenti fondamentali per la garanzia della qualità sono<br />
il piano del controllo qualità, la codifica di rintracciabilità dei materiali e il registro generale<br />
delle documentazioni di commessa. Questi tre strumenti permettono di predefinire,<br />
e successivamente di realizzare, una sorta di linea che si dipana per tutto lo svolgimento<br />
del lavoro, dalla progettazione all’acquisizione dei materiali, alla lavorazione, ai<br />
controlli, fino all’imbarco ed alla consegna del prodotto finito. Questa linea, sia interna<br />
sia esterna all’azienda, contiene tutte le fasi di riesame, di controllo, di collaudo, come<br />
pure tutte le relazioni intercorse tra le diverse entità operanti:<br />
Il piano di controllo qualità, redatto all’inizio del lavoro in accordo con il cliente<br />
(dal quale deve essere approvato e sottoscritto), elenca tutte le fasi di lavorazione con<br />
indicati i punti di controllo e le modalità di collaudo, evidenziando quelle nelle quali è<br />
prevista la presenza, oltre che dell’ispettore dell’azienda e del responsabile qualità, anche<br />
dei delegati del cliente. Lo stesso piano porta in allegato le relative procedure ed in<br />
esso vengono via via allegati i verbali delle verifiche, con data e firma <strong>degli</strong> operatori e<br />
dei delegati del cliente, quando previsti. Questo documento deve essere sempre tenuto<br />
in primo piano da tutti i soggetti che lavorano al prodotto, in quanto segna la cadenza<br />
del lavoro. Quando si giunge ad un punto del lavoro al quale è prevista una verifica è<br />
compito del caporeparto invitare gli ispettori di qualità, i quali svolgeranno le attività di<br />
verifica prescritte dal piano, eventualmente convocando, se previsto, i delegati del cliente.<br />
Solo dopo che le verifiche si sono svolte ed hanno dato risultati di piena soddisfazione<br />
il lavoro può procedere. Per processi speciali, ad esempio quando il loro risultato non<br />
può essere pienamente valutato con ispezioni o collaudi cadenzati, viene impostato un<br />
sistema di continua sorveglianza basato su speciali procedure concordate con il cliente<br />
ed allegate al piano del controllo qualità.<br />
<strong>La</strong> rintracciabilità dei materiali è uno <strong>degli</strong> strumenti tipici dell’impresa di qualità,<br />
finalizzato a garantire l’uso di materiali adeguati per la produzione dei diversi elementi<br />
del prodotto. Sui materiali ricevuti vengono svolti i controlli necessari per verificare<br />
l’effettiva corrispondenza agli ordini emessi e quindi vengono marcati tramite punzonatura<br />
con un codice contenente il numero della commessa e le caratteristiche del materiale.<br />
Al momento della tranciatura, il codice viene riportato su ciascun pezzo ed integrato<br />
con un secondo codice che contiene il riferimento a disegno e, nel caso che la commessa<br />
non sia di un pezzo unico, il numero dell’esemplare al quale la parte è destinata. Tale<br />
codifica viene ripunzonata ogni volta che una lavorazione (taglio, piegatura, saldatura,<br />
verniciatura) la rendesse non più leggibile. <strong>La</strong> rintracciabilità dunque realizza due forme<br />
- 1.194 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
di garanzia: la prima, fondamentale, è di consentire la verifica in qualunque momento,<br />
anche a lavoro ultimato, dell’effettiva rispondenza dei materiali utilizzati alle caratteristiche<br />
imposte dalle specifiche di commessa, come verificato al ricevimento del materiale<br />
stesso; la seconda è di rendere individuabile sin dalla prima operazione tecnologica<br />
quale sarà la destinazione di ciascun pezzo. Da un canto questo evita che pezzi simili,<br />
ad esempio due fazzoletti di lamiera circa delle stesse dimensioni, possano essere confusi<br />
nelle lavorazioni successive, dall’altro consente di individuare, se necessario, i pezzi<br />
la cui lavorazione risulta particolarmente critica e dunque necessita di controlli o verifiche<br />
particolari.<br />
Nel registro generale della documentazione di commessa viene raccolta ed ordinata<br />
tutta la documentazione relativa alla commessa: ordini, relazioni, disegni, rapporti di<br />
calcolo, procedure (tanto quelle particolari per la commessa quanto quelle generiche applicate<br />
nella commessa stessa), verbali delle verifiche e <strong>degli</strong> audit ecc. Esso è in sostanza<br />
il luogo fisico nel quale si materializza quella linea ideale che segue l’intero processo<br />
di svolgimento della commessa. Quindi, consente un’analisi approfondita di tutte<br />
le attività dell’azienda. Ciò è fondamentale per il cliente, ma anche per l’azienda stessa,<br />
che può utilizzarne tutto il materiale contenuto per risalire all’origine di qualunque problema<br />
e programmare le azioni correttive per evitare il suo ripetersi in futuro.<br />
1.7.2.<br />
Le Attività di Riesame.<br />
Nella produzione su commessa di pezzi unici assume notevole importanza l’attività<br />
di riesame sia del contratto, sia del progetto. Si tratta di attività finalizzate a verificare<br />
gli effettivi risultati dell’azienda nell’assolvere alla commessa rispettando tutte le specifiche<br />
di progetto poste dal committente. <strong>La</strong> stessa attività di riesame consente di pianificare<br />
gli eventuali interventi sul sistema qualità che si rendessero necessari per<br />
l’assolvimento della specifica commessa, ma che naturalmente concorrono al miglioramento<br />
del livello qualitativo generale.<br />
1.7.2.1. L’Esame Preliminare.<br />
In breve, l’iter per l’ottenimento di una commessa è il seguente: il committente si rivolge<br />
all’azienda e presenta una richiesta di offerta, fornendo tutte le specifiche del prodotto<br />
richiesto. Se il progetto è a carico del committente ed è già stato eseguito, esso sarà<br />
inviato e costituirà la base della richiesta di offerta.<br />
<strong>La</strong> funzione commerciale, sulla base di considerazioni tecniche e commerciali e sentiti<br />
i responsabili delle funzioni tecnica e produzione, produce l’offerta che sarà esaminata<br />
dal committente. L’offerta è una sorta di preventivo contenente tutte le informazioni<br />
tecniche ed economiche su come l’azienda è in grado di assolvere alla commessa.<br />
Sulla base delle offerte raccolte (infatti, è probabile che il committente intenda raccogliere<br />
offerte di aziende diverse), il committente decide l’azienda alla quale commissionare<br />
il lavoro. Con l’azienda prescelta parte una trattativa, la quale riguarda tanto aspetti<br />
tecnici quanto quelli commerciali. Questa fase garantisce sia l’azienda sia il committente<br />
della piena conoscenza reciproca, in termini di esigenze, possibilità e limiti<br />
dell’organizzazione produttiva. Al termine della trattativa, il committente propone il<br />
contratto di commessa, che viene inviato al responsabile commerciale.<br />
- 1.195 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Quando riceve un contratto, il responsabile commerciale deve verificare che esso sia<br />
conforme all’offerta proposta. In caso di differenze, egli ne discuterà con il committente<br />
e stabilirà, in collaborazione col responsabile di commessa, le necessarie modifiche al<br />
contratto.<br />
Al raggiungimento del pieno accordo col committente, il responsabile commerciale<br />
assegna al contratto il numero di commessa, il quale, da quel momento in poi, ne contrassegnerà<br />
tutta l’attività. Il contratto deve venire consegnato al presidente, il quale<br />
convocherà la riunione di esame preliminare del contratto. A questo incontro dovranno<br />
essere presenti almeno:<br />
• il responsabile di commessa, nominato dal presidente,<br />
• il responsabile commerciale,<br />
• il responsabile di produzione,<br />
• il responsabile della funzione interessata, nel nostro caso, sezione carpenteria e<br />
caldaie o sezione recipienti a pressione,<br />
• il responsabile qualità.<br />
L’esame preliminare è fondamentale per evitare errori, incomprensioni o cattive interpretazioni<br />
a lavoro iniziato. Quindi, in questo incontro vengono esaminati e discussi<br />
tutti gli aspetti del contratto, dalle prescrizioni sul materiale alla lavorazione, alla consegna,<br />
ai servizi post-vendita. Ogni clausola del contratto deve essere discussa a fondo,<br />
con particolare riguardo ai tempi di consegna ed ai requisiti di qualità richiesti. In particolare<br />
deve essere verificato che:<br />
• le richieste del contratto siano chiaramente specificate, comprese e documentate,<br />
• il contratto sia conforme all’offerta e le eventuali discrepanze siano state valutate<br />
ed analizzate,<br />
• l’azienda abbia la capacità di assolvere a tutte le clausole ed in particolare di rispettare<br />
i tempi di consegna.<br />
Viene stabilita la strategia per la commessa, ossia responsabilità, risorse, ripartizione<br />
del lavoro, investimenti, e la relazione con le altre commesse in corso di esecuzione. Se<br />
non si giungesse ad una conclusione definitiva, si produrranno richieste di chiarimento e<br />
sarà compito del presidente riconvocare l’incontro a tempo opportuno, invitando le persone<br />
in grado di dirimere ogni dubbio. Alla fine, il presidente può sottoscrivere il contratto.<br />
1.7.2.2. Il Riesame del Progetto.<br />
L’attività di riesame del progetto consiste in un’opera di controllo della correttezza<br />
della progettazione stessa, in termini di modelli strutturali adottati, conformità dei valori<br />
in ingresso con quelli ricavati dalle specifiche del committente, esattezza dei calcoli, attendibilità<br />
dei risultati finali, coerenza dei disegni costruttivi con le specifiche e con il<br />
risultato dei calcoli.<br />
1.7.2.2.1.<br />
IL Riesame dei Calcoli.<br />
Il riesame dei calcoli di progetto può essere eseguito da consulenti esterni o dal<br />
committente stesso oppure essere sviluppato dalla funzione tecnica dell’azienda. In ogni<br />
caso, esso è raccolto in un rapporto di calcolo completo per ciascun prodotto della<br />
commessa.<br />
- 1.196 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
Nel caso di calcoli sviluppati all’interno dell’azienda, il compito di svolgere il riesame<br />
dei calcoli è affidato ad una persona diversa dall’esecutore. Il riesame comprende il<br />
controllo <strong>degli</strong> algoritmi utilizzati e, quando possibile, il controllo incrociato dei risultati.<br />
I dati iniziali sono controllati con riferimento alla documentazione di specifica consegnata<br />
dal cliente. A verifica conclusa, l’incaricato approva il rapporto di calcolo con<br />
firma e data.<br />
1.7.2.2.2.<br />
Il Riesame dei Disegni.<br />
Al riesame delle relazioni di calcolo deve seguire il riesame dei disegni. I disegni costruttivi<br />
del prodotto - tanto che siano stati eseguiti all’interno dell’azienda quanto<br />
all’esterno - sono verificati dalla funzione tecnica sulla base dei rapporti di calcolo, delle<br />
richieste e specifiche del committente e <strong>degli</strong> standard dell’azienda. Prima della loro<br />
consegna alla funzione produzione per l’invio all’officina, essi devono essere approvati<br />
dal responsabile tecnico.<br />
1.7.2.2.3.<br />
Le Check-List.<br />
Al fine di migliorare e semplificare l’attività di riesame, l’azienda può prevedere le<br />
liste di verifica (check-list) contenenti i vari punti da controllare, i quali vengono via via<br />
spuntati dall’addetto al riesame. Queste check-list sono concordate con il committente o<br />
comunque da lui approvate (di norma sono documenti ufficiali sotto forma di procedure)<br />
e costituiscono un elemento del sistema di garanzia della qualità. A titolo di esempio,<br />
nelle pagine seguenti sono riportate le check-list normalmente utilizzate presso<br />
SIRZ.<br />
1.7.2.3. I Riesami Successivi.<br />
Questi riesami successivi si riferiscono ancora al contratto e permettono sia di eliminare<br />
eventuali dubbi sorti durante lo svolgimento del lavoro, sia di verificare che<br />
l’azienda si stia dimostrando effettivamente in grado di assolvere alle specifiche di<br />
commessa e, dunque, di pianificare eventuali azioni correttive. I riesami possono riguardare<br />
anche nuove esigenze poste dal cliente e che possono portare a vere e proprie<br />
modifiche contrattuali come pure a richieste di deroghe al committente, a seguito di<br />
nonconformità manifestatesi in fase di produzione. Quindi, essi sono fondamentali soprattutto<br />
nelle prime fasi di sviluppo, e particolarmente durante la fase di programmazione,<br />
quando vengono prese le decisioni fondamentali. Infatti, è noto che il costo di<br />
ogni cambiamento aumenta in maniera esponenziale col progredire del cammino di sviluppo<br />
di un prodotto. Quindi, i riesami successivi dovranno riguardare almeno:<br />
- 1.197 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
QUALITY CONTROL SYSTEM<br />
PROCEDURE N° QA.PR.10 Rev.0. Date 10.01.1994<br />
CONTRACT REVIEW<br />
REPORT OF MEETING sheet 1/<br />
CLIENT: ...................................................................<br />
JOB: ...................................................................<br />
DELIVERY TERMS: Foreseen ........................ Confirmed ..................<br />
TOTAL WORK HOURS: Foreseen ................. Confirmed .................<br />
SUB SUPPLIERS REQUIR. : Foreseen ........ Confirmed .................<br />
Sub suppliers: 1 ..........................................................................<br />
Are sub suppliers qualified? .................<br />
2 ..........................................................................<br />
3 ..........................................................................<br />
Sub suppliers to be qualified: 1 ..........................................................<br />
Are new equipment recommended? ................<br />
2 ..........................................................<br />
3 ..........................................................<br />
Which: ..........................................................................................................<br />
Are specific instructions to the personnel recomm. ? ............................<br />
Which: ..........................................................................................................<br />
NOTES: .......................................................................................................<br />
Date ...................... signature: QAM .........................................................<br />
Project M. .............................. Eng.Dev.Staff.M. .......................................<br />
President ..............................<br />
- 1.198 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
QUALITY CONTROL SYSTEM<br />
PROCEDURE N° QA.PR.14 Rev.0. Date 10.01.1994<br />
REVIEW OF DESIGN AND CALCULATIONS<br />
CHECK LIST FOR THE REVIEW OF DESIGN CALCULATIONS AND DRAW-<br />
INGS<br />
1. Design calculations<br />
1.1 Design data are in accordance with Client' s requirements.<br />
1.2 Design code, including year and addenda, is reported and it is in accordance<br />
with Client' s request.<br />
1.3 The design equations are correct and data are reported correctly.<br />
1.4 Strength of compensations are adequate.<br />
1.5 Are there support calculations and additional loading calculations as requested<br />
by the Client?<br />
1.6 The idrotest calculation is correct.<br />
2. Design drawings<br />
2.1 Are design and working data shown and are they conforming to the calculation<br />
sheet and Client' s request?<br />
2.2 Extent of NDT is reported correctly and in accordance with calculations and<br />
Client' s request.<br />
2.3 Dimensions are in accordance with calculation data and Client' s request.<br />
2.4 Welding details and WPS are shown.<br />
2.5 Requirements of painting, preparation for shipment are shown and are in accordance<br />
with Client' s request.<br />
2.6 Are shown any additional requirements included in the contract.<br />
2.7 Drawing and revision numbers are shown.<br />
2.8 Drawing is signed and dated.<br />
3. Client' s approval<br />
3.1 When calculations report and drawing are correct handed to the Project Manager<br />
for issue to the Client for approval.<br />
3.2 Drawings approved by the Client are marked "Valid for Construction" and distributed.<br />
- 1.199 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
• l’esatta rispondenza dello stato di avanzamento con quanto previsto dal contratto<br />
in termini di caratteristiche, qualità e tempi,<br />
• l’eventuale riscontro di nuove necessità da parte del committente e loro possibilità<br />
di accoglimento,<br />
• la necessità di richiedere ulteriori informazioni al committente,<br />
• la necessità di porre azioni correttive generali o di dare indicazioni perché vengano<br />
poste in atto azioni correttive ad aspetti particolari del lavoro.<br />
In definitiva, il riesame costituisce il punto più alto del controllo della qualità della<br />
conformità, nello svolgimento della commessa. Un corretto sviluppo ed utilizzo di questo<br />
strumento gestionale permette di mantenere sempre ottimi rapporti con il committente,<br />
di eseguire un continuo controllo sull’attività dell’azienda e di evitare qualunque<br />
forma di incomprensione. Questo consente di operare ad ogni livello in un clima di certezza<br />
di compiti, di ordini e di risultati, consentendo così, in molti casi, di prevenire<br />
problemi e nonconformità nello svolgimento del lavoro.<br />
1.7.3.<br />
<strong>La</strong> Documentazione in Azienda.<br />
Uno <strong>degli</strong> elementi fondamentali per la produzione industriale è la capacità di trasmettere<br />
qualunque tipo di informazione all’interno della azienda, garantendo che essa<br />
giunga in maniera perfettamente comprensibile a chiunque ne sia destinatario e garantendo<br />
inoltre la possibilità di verificare in ogni momento l’effettiva consegna<br />
dell’informazione.<br />
Nella produzione di serie, risulta ormai dimostrato che errori, mal funzionamenti,<br />
guasti, difetti ed insuccessi verificatisi nella realizzazione di un prodotto risultano<br />
causati da mancanza di scambio di informazioni o nei processi di coordinamento; essi<br />
ammontano ad una quantità che, mediamente, si attesta attorno al 20% del totale delle<br />
nonconformità. 29 Pur non disponendo di dati certi per l’azienda prototipica, per essa si<br />
può supporre che questa percentuale salga di molto. Infatti, pur mantenendo fissi i<br />
compiti delle persone, in questo tipo di impresa essi si svolgono sempre su progetti<br />
diversi, magari con cambiamenti delle direttive durante lo stesso svolgimento del<br />
lavoro, a causa dei successivi riesami. Di conseguenza, la necessità di costituire un<br />
sistema di diffusione delle informazioni (non solo rapido e sicuro ma anche verificabile)<br />
diventa un fatto vitale, un elemento cardine sul quale si fonda la stessa efficienza del<br />
sistema aziendale.<br />
Il significato sino ad oggi assegnato al termine scambio delle informazioni deve<br />
comunque essere esteso fino a comprendere quello più moderno e completo di capacità<br />
di comunicazione di un’azienda o di un gruppo di progetto, inteso nel senso di mettere<br />
in comune informazioni, dati e, più in generale, i diversi valori aziendali o di gruppo necessari<br />
al raggiungimento <strong>degli</strong> obiettivi. Così, in tale definizione sono comprese anche<br />
quelle decisioni e quelle informazioni di carattere organizzativo e gestionale legate alla<br />
modalità di svolgimento delle attività, la cui diffusione aziendale è normalmente risolta<br />
con organigrammi, disposizioni ed ordini di servizio, procedure, manuali ed altri documenti<br />
scritti; ma che potrebbe essere attuata anche con mezzi meno formali, contando<br />
sui contatti diretti, le riunioni e tutto quello che è lavoro e pratica operativa. In generale,<br />
i metodi più usati per lo scambio delle informazioni ed il coordinamento delle attività<br />
sono:<br />
29 R. Mirandola, M. Tuccoli, S. Vaglini, P. De Risi, Sistemi di Qualità. ETS, 1989.<br />
- 1.200 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
• sistemi e metodi di programmazione, con particolare riferimento al raggiungimento<br />
<strong>degli</strong> obiettivi;<br />
• manuali, piani o programmi di prodotto, di progetto o di commessa, procedure, istruzioni<br />
ecc;<br />
• uso di budget, studi e valutazioni legate ai costi, piani finanziari, metodi legati alla<br />
normale pratica di contabilità industriale;<br />
• riunioni di gruppo, di progetto, o simili, con il coinvolgimento di clienti, concessionari,<br />
licenziatari, consulenti, fornitori e quanti altri sono coinvolti nel progetto;<br />
• verbali o resoconti delle riunioni;<br />
• documenti o sintesi dei requisiti contrattuali;<br />
• discussioni, anche informali, fra tutti i soggetti interessati ad un problema importante<br />
per la qualità, con documentazione scritta dei risultati o delle conclusioni<br />
raggiunte;<br />
• contatti fra le parti coinvolte nel sistema tecnico;<br />
• promemoria e lettere con distribuzione adeguata agli scopi ed ai contenuti;<br />
• modulistica varia, quale per esempio i transmittal e le comunicazioni interne;<br />
• rapporti di avanzamento scritti od orali;<br />
• seminari o conferenze ben finalizzati;<br />
• riesami congiunti di documenti, progetti o parte di essi, risultati di prove, modelli,<br />
budget, programmi ecc;<br />
• risultati di prove e verifiche ed in generale tutta la documentazione certificativa;<br />
• visite (eventualmente congiunte) a stabilimenti, uffici, cantieri, laboratori ed apparecchiature<br />
di prova;<br />
• report di nonconformità, di richieste di azioni correttive, di verifiche ispettive;<br />
• tutta la documentazione prodotta nella realizzazione di un prodotto o di un progetto.<br />
Come documentazione si intende qualunque informazione scritta, illustrata o registrata<br />
che descriva, definisca, specifichi documenti o certifichi le attività, le prescrizioni,<br />
le procedure seguite, i risultati ottenuti. Per esempio, di uso comune sono un contratto o<br />
un ordine per l’acquisto di materiali, parti o servizi; la specifica tecnica ad esso allegata<br />
e comprensiva di disegni, note tecniche o quant'altro necessario a definire l’oggetto contrattuale;<br />
una relazione di progetto che verifichi la resistenza, la funzionalità, la potenzialità,<br />
la sicurezza, l’affidabilità dell’oggetto contrattuale; una procedura od un certificato<br />
relativi ad una prova; i documenti utilizzati per le lavorazioni; i libretti o le istruzioni<br />
per la manutenzione e l’uso di un prodotto; ecc.<br />
Le modalità con cui la documentazione viene gestita all’interno di una organizzazione<br />
possono essere molto diverse in relazione a vari fattori, quali le dimensioni della azienda,<br />
la complessità ed il tipo di prodotto, l’adozione o meno di un sistema qualità o,<br />
quanto meno, di standard e procedure base di riferimento per lo svolgimento delle attività,<br />
la presenza di eventuali prescrizioni, normative o regolamenti derivanti da obblighi<br />
contrattuali o legislativi quali le eventuali norme o specifiche di garanzia di qualità richieste<br />
da un cliente o da un ente di controllo.<br />
Il termine gestione della documentazione è stato introdotto dalle metodologie di<br />
controllo qualità e gestione qualità del campo militare - aerospaziale - nucleare negli<br />
anni '60. <strong>La</strong> normativa di gestione qualità associa a tale termine ed a quello ad esso<br />
strettamente correlato, documentazione di garanzia od assicurazione della qualità, i seguenti<br />
contenuti o criteri:<br />
1. l’identificazione, l’emissione, la distribuzione e la modifica dei documenti che<br />
prescrivono requisiti di qualità (o che sono inerenti ad attività rilevanti per la stes-<br />
- 1.201 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
sa) devono essere tenute sotto controllo per garantire che i documenti stessi siano<br />
elaborati da personale competente, siano distribuiti al personale che deve utilizzarli<br />
e siano utilizzati nella loro versione più aggiornata;<br />
2. i documenti e le relative modifiche devono essere riesaminati per verificarne<br />
l’adeguatezza ed approvati per l’emissione da parte di persone autorizzate;<br />
3. i documenti che definiscono le prescrizioni e comprovano o dimostrano la qualità<br />
di un prodotto devono essere preventivamente specificati, ossia devono essere individuati<br />
quali documenti costituiscano la documentazione completa e devono essere<br />
predisposti, conservati e resi disponibili al cliente od a chiunque ne abbia necessità.<br />
Le norme della serie UNI EN 29000, relativamente alla documentazione, riprendono<br />
nella sostanza tali criteri, ma con una differenziazione congruente con lo spirito del pacchetto<br />
normativo: i criteri 1, 2 e 3 sono praticamente conservati, almeno a livello generale,<br />
nella parte di garanzia della qualità destinata a dimostrare al cliente od alla direzione<br />
che la qualità voluta è stata raggiunta (UNI EN 29001/2/3), mentre nella parte liberamente<br />
scelta dalla direzione per la conduzione aziendale della qualità (UNI EN<br />
29004) si ritrovano solamente i criteri 1 e 3, anche se meno formalizzati.<br />
In sintesi si può dire che i criteri 1 e 3 sono criteri base per la gestione della qualità,<br />
mentre il criterio 2, ed anche alcuni aspetti formali <strong>degli</strong> stessi 1 e 3, sono da considerarsi<br />
come tipici della garanzia della qualità ed utilizzati per fornire adeguata dimostrazione<br />
che le azioni per il raggiungimento della qualità sono state svolte.<br />
1.7.3.1. <strong>La</strong> Gestione della Documentazione nell’Azienda Prototipica.<br />
Nella produzione di serie, l’impiego della documentazione è normalmente ridotto a<br />
livelli minimi (o addirittura tendente a zero come prescrive uno <strong>degli</strong> obiettivi dei sistemi<br />
di qualità giapponesi, sempre mirati alla massima semplificazione); al contrario,<br />
per prodotti complessi ad alto contenuto tecnologico come pure nella produzione di<br />
pezzi unici, (specialmente se con obblighi di sicurezza molto stringenti, come nel caso<br />
di SIRZ), il problema di gestione della documentazione può talvolta diventare notevole,<br />
sia per il numero elevato di documenti emessi, sia per il gran numero di enti coinvolti<br />
nella emissione di tali documenti. Per tutti i documenti si devono stabilire e mantenere<br />
precise procedure per la identificazione, la raccolta, la registrazione, l’archiviazione e la<br />
conservazione. Tutti i documenti devono essere leggibili e correlabili alle parti cui si riferiscono,<br />
redatti nella lingua concordata con il cliente (ordinariamente Italiano o Inglese),<br />
archiviati in modo da essere immediatamente rintracciabili e conservati in luoghi<br />
aventi condizioni ambientali idonee ad evitare deterioramenti, danni o smarrimenti.<br />
Il supporto cartaceo è tuttora il più diffuso. L’uso di sistemi di registrazione diversi,<br />
come nastri o dischetti, presenta qualche problema per la difficoltà di garantire che i documenti<br />
non vengano modificati dopo l’applicazione della firma del responsabile o del<br />
cliente. Per un prossimo futuro, si può prevedere la diffusione di sistemi di codifica tali<br />
da permettere la lettura del testo, e non la modifica (a meno di possedere un livello di<br />
riservatezza che lo consenta, dopo l’inserimento di password).<br />
Se previsto contrattualmente, tutti i documenti possono essere mantenuti a disposizione<br />
del committente per un periodo di tempo stabilito dopo la consegna del prodotto,<br />
in modo da poter essere ulteriormente consultati. Opportuni documenti di registrazione<br />
- 1.202 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
della qualità devono essere richiesti anche agli eventuali consulenti esterni ed ai fornitori.<br />
Nella produzione prototipica dunque, per la necessità di dover raggiungere, dimostrare<br />
e mantenere la qualità del prodotto, la gestione della documentazione segue criteri di<br />
garanzia della qualità con metodologie ed applicazioni spesso ancora più stringenti di<br />
quelle esplicitamente indicate nelle norme. In questo tipo di aziende, la documentazione<br />
assume un’importanza se possibile ancora maggiore che in qualunque altro tipo di impresa<br />
e la sua corretta gestione è fondamentale tanto per l’ottenimento quanto per la garanzia<br />
della qualità. I vari documenti sono:<br />
• specifiche di progetto compilate dal cliente;<br />
• disegni costruttivi;<br />
• relazioni di calcolo;<br />
• piano del controllo di qualità;<br />
• procedure generali per la progettazione, gli approvvigionamenti, le lavorazioni, le<br />
verifiche ed i collaudi;<br />
• ulteriori procedure particolari legate alla specifica commessa;<br />
• procedure di collaudo;<br />
• verbali dei riesami e delle operazioni di verifica e collaudo;<br />
• rapporti di nonconformità e relazioni sui relativi provvedimenti adottati;<br />
• certificati di qualità rilasciati dai fornitori;<br />
• transmittal, elenchi dei disegni ed altra documentazione generale.<br />
<strong>La</strong> corretta emissione, distribuzione e verifica della documentazione garantisce il<br />
cliente del fatto che ciascun membro che concorre alla realizzazione del prodotto è pienamente<br />
a conoscenza della quota di responsabilità a lui assegnata e che possiede, inoltre,<br />
tutte le procedure necessarie a svolgere il lavoro in maniera perfettamente conforme<br />
alle esigenze. Il cliente stesso può concorrere alla emissione delle procedure e comunque<br />
approva tutte le procedure del sistema qualità nel momento in cui riconosce la validità<br />
del sistema qualità della azienda. Il registro generale della documentazione di<br />
commessa consente poi di giudicare in ogni momento lo sviluppo del lavoro, e dunque<br />
di individuare eventuali difetti o nonconformità, come pure (a lavoro ultimato) consente<br />
di effettuare la valutazione generale per l’accettazione definitiva. Il registro generale<br />
delle documentazioni di commessa è dunque il luogo fisico nel quale si concretizza<br />
quella linea ideale che collega tutto il processo di realizzazione del prodotto, della quale<br />
si è accennato nel precedente capitolo. Esso permette di ricostruire e verificare ogni fase,<br />
dall’ottenimento della commessa alla consegna finale, nonché la storia di ciascuna<br />
parte del prodotto, dall’acquisizione del materiale al passaggio per tutte le lavorazioni<br />
fino all’assemblaggio nel prodotto.<br />
Innanzitutto, i criteri per la gestione dei documenti (criteri 1 e 3) determinano la necessità<br />
di definire e distinguere le varie fasi di preparazione o redazione, approvazione<br />
od autorizzazione (complessivamente emissione), distribuzione ed uso ed, in ultima, archiviazione.<br />
Tutte le fasi elencate debbono essere gestite in modo controllato - cioè definendo<br />
preventivamente le regole (procedure di documentazione) - rispettando le stesse nel corso<br />
delle attività, verificandone l’adeguatezza alle reali necessità aziendali ed intervenendo<br />
quando le regole non sono rispettate, al fine di un continuo miglioramento del sistema<br />
di gestione stesso e per renderlo sempre più adatto agli scopi, compreso ed applicato<br />
da tutti.<br />
- 1.203 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
Risulta peraltro evidente che, con tale obiettivo, tali azioni ed attività si rivestono di<br />
aspetti più formali e burocratici con il rischio di essere inutili, o perlomeno fini a se<br />
stesse (cioè, come si dice spesso, carta). Tutto dipende dalla cura ed oculatezza con cui<br />
la direzione sa adeguare tali azioni alle reali necessità di prevenzione, sistematicità e verifica,<br />
senza creare circoli viziosi o passaggi inutili puramente formali, i quali causano<br />
solo rallentamenti ed appesantimenti del sistema.<br />
Allo stesso modo, la necessità di avere una dimostrazione scritta dell’effettiva azione<br />
di riesame svolta da una o più funzioni su un determinato documento dipenderà, oltre<br />
che dall’importanza dell’attività oggetto del documento, principalmente da quanto la direzione<br />
od il cliente è confidente che tale attività venga effettivamente svolta, quindi,<br />
tutto sommato, da quanto in azienda si sia effettivamente compresa l’importanza della<br />
qualità in generale ed, in particolare, quella specifica azione di riesame e verifica. Affinché<br />
tale sensibilità si sia sviluppata, è però importante non solo il convincimento del<br />
management, la sensibilizzazione e l’addestramento del personale, la presenza di risorse,<br />
competenze e mezzi adeguati, ma soprattutto il convincimento che quell’azione di<br />
riesame o di approvazione fornisca al documento, e quindi alla relativa attività, un reale<br />
valore aggiunto e non sia una pura azione burocratica.<br />
Le norme UNI EN 29001/2/3 prescrivono la predisposizione e l’applicazione di apposite<br />
procedure per tenere sotto controllo tutti i documenti, al fine di assicurare che essi<br />
siano elaborati da personale competente, distribuiti a chi deve utilizzarli in maniera<br />
corretta, riscontrabili e nella versione più aggiornata. Tali provvedimenti sono almeno:<br />
• l’identificazione dei documenti che devono essere tenuti sotto controllo;<br />
• l’identificazione delle funzioni responsabili di preparare, riesaminare, approvare<br />
ed emettere i documenti;<br />
• il riesame dei documenti, per idoneità, completezza e correttezza, prima della loro<br />
emissione.<br />
Per quanto riguarda le modifiche ai documenti, esse sono riesaminate ed approvate<br />
dalle stesse funzioni che hanno eseguito il primo riesame od approvazione. Le funzioni<br />
organizzative delegate al riesame od approvazione dei documenti hanno libero accesso a<br />
tutte le informazioni necessarie per svolgere adeguatamente il proprio lavoro. Un elenco<br />
dei documenti od altro mezzo appropriato (ad esempio la gestione computerizzata dei<br />
documenti accessibile a tutti gli utilizzatori) è redatto per identificare la revisione corrente<br />
dei documenti al fine di evitare l’uso di documenti non più validi. I documenti superati<br />
e sostituiti da altri sono ritirati dalla circolazione all’interno della azienda e comunque<br />
l’indicazione di documento superato è apposta in maniera perfettamente riconoscibile<br />
e contiene gli estremi identificativi del nuovo documento. Copia del documento<br />
superato rimane comunque nel registro generale della documentazione di commessa,<br />
in quanto anche il documento superato fa parte del processo di svolgimento del lavoro e<br />
rimane elemento di riferimento per la valutazione della parte del lavoro svolta antecedentemente<br />
all’emissione del documento nuovo.<br />
Inoltre, la documentazione ed il sistema di archiviazione contengono informazioni<br />
sufficienti a permettere la correlazione tra i singoli documenti ed i prodotti o le attività<br />
ai quali essi si riferiscono secondo il principio della rintracciabilità.<br />
- 1.204 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
1.7.4.<br />
<strong>La</strong> Politica delle Forniture.<br />
E' importante osservare che il rapporto fra cliente e fornitore è un rapporto fra persone<br />
e che, come si sa, le persone lavorano meglio assieme se i ruoli fondamentali sono<br />
compresi e rispettati. Questo risulta particolarmente importante in sede di controllo qualità.<br />
30<br />
Si è visto che il fornitore è uno dei soggetti che concorrono alla realizzazione del<br />
prodotto. Questo è forse il punto di riferimento fondamentale nell’instaurare e valutare i<br />
rapporti fra cliente e fornitore. Sono state stilate le seguenti linee di comportamento:<br />
Non essere troppo intransigenti. Se è vero che ogni rapporto fra cliente e fornitore si<br />
svolge sulla base di un contratto, è pur vero che situazioni non previste o non prevedibili<br />
possono richiedere decisioni ad hoc. Se il rapporto fra cliente e fornitore è basato su<br />
stima e rispetto reciproci, queste situazioni non comportano problemi.<br />
Mantenere aperti i canali di comunicazione. Questo riguarda sia le comunicazioni<br />
formali sia quelle informali. Le comunicazioni formali riguardano gli argomenti come i<br />
contratti, le bolle, visite di controllo, richieste di azioni correttive. Le comunicazioni informali<br />
riguardano i rapporti diretti tra i singoli, chiarimenti di dettagli, richieste di pareri,<br />
tutte cose che concorrono a prevenire numerosi problemi. In generale, la SIRZ fornisce<br />
una precisa descrizione del materiale richiesto ed, ai fini della chiarezza, evita le<br />
informazioni inutili o ridondanti. Inoltre, essa deve verificare che il fornitore abbia ben<br />
compreso tutte le richieste.<br />
Valutare obiettivamente il livello qualitativo del fornitore. Questa valutazione è eseguita<br />
in maniera trasparente e palese. <strong>La</strong> SIRZ tiene al corrente il fornitore della sua posizione<br />
in relazione ai fornitori concorrenti.<br />
<strong>La</strong> SIRZ è preparata a dare assistenza al fornitore e viceversa. Questa può consistere<br />
in visite reciproche, assistenza telefonica o diretta, trasferimento di documentazione.<br />
Questa attività risulta particolarmente importante quando esiste una notevole discrepanza<br />
tra i livelli culturale o tecnologico di cliente e fornitore.<br />
<strong>La</strong> SIRZ deve avvisare con anticipo dell’intenzione di variare le richieste. Non è raro,<br />
particolarmente nel caso della componentistica, che il fornitore abbia la SIRZ come<br />
unico cliente, con contratti a medio o lungo termine periodicamente rinnovati. Senza un<br />
opportuno preavviso, il fornitore non sarebbe in grado di seguire sempre le esigenze della<br />
SIRZ. Se questo risulta deleterio per il fornitore, danni ne vengono anche al cliente<br />
che può rischiare di perdere un fornitore noto, sicuro e fidato.<br />
In generale si possono delineare tre tipi di fornitura:<br />
• materiale di supporto che non va al prodotto;<br />
• materiale ordinario che va al prodotto;<br />
• materiale dal quale dipende la qualità del prodotto.<br />
Per il primo tipo, che comprende tutto il materiale accessorio - dalla cancelleria per<br />
gli uffici, ai lubrificanti per l’officina, ecc. - il controllo avviene per via informale. Il secondo<br />
tipo di fornitura riguarda elementi altamente standardizzati. Essi di norma vengono<br />
forniti da aziende con lunghissima tradizione di qualità. Invece, il terzo tipo di fornitura<br />
richiede procedure di verifica preliminarmente alla sottoscrizione del contratto,<br />
nonché di controllo al momento della consegna. È in questo modo che il fornitore con-<br />
30 T. Pyzdek, What every engineer should know about quality control, Dekker, 1989.<br />
- 1.205 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
corre direttamente al sistema qualità della SIRZ ed i rapporti reciproci devono rispettare<br />
i principi generali della garanzia della qualità.<br />
1.7.4.1. Le Responsabilità del Fornitore.<br />
È certamente responsabilità del fornitore rispettare tutti gli obblighi della fornitura,<br />
ma nell’istante in cui il materiale fornito viene definitivamente accettato dalla SIRZ,<br />
questa si assume tutta la responsabilità nei confronti dei propri clienti ed, in generale dei<br />
terzi, sulla qualità dei materiali utilizzati. Nei confronti del proprio cliente ciascuna azienda<br />
è pienamente responsabile del proprio prodotto; dunque, essa non può demandare<br />
ad altri la responsabilità di difetti o nonconformità presenti nei materiali e da essa non<br />
rilevati e corretti.<br />
Per questa ragione, SIRZ prevede la possibilità della partecipazione del cliente alla<br />
verifica delle forniture, prevalentemente con la presenza di delegati del cliente a visite<br />
ispettive ai fornitori.<br />
1.7.4.2. Le Forniture in SIRZ.<br />
Molti esperti di qualità 23 ritengono preferibile che l’azienda fissi un unico fornitore<br />
per ciascun tipo di materiale o di prodotto. <strong>La</strong> ragione di questa scelta può essere espressa<br />
in termini statistici: la minima variabilità nelle forniture, e dunque il minimo<br />
scostamento dalla condizione ottimale, si ottiene riducendo le cause della variabilità,<br />
prima fra tutte la molteplicità dei fornitori. Quindi Deming consiglia l’instaurazione di<br />
rapporti di fornitura a lungo termine con fornitori singoli, atti anche a facilitare la creazione<br />
di un opportuno clima di fiducia reciproca.<br />
A questo atteggiamento si possono contrapporre almeno due obiezioni: innanzi tutto,<br />
rivolgendosi a fornitori certificati che applichino correttamente la normativa sulla qualità<br />
- con particolare riguardo ai riesami dei progetti e <strong>degli</strong> ordini - la variabilità viene<br />
notevolmente contenuta; in secondo luogo, non va dimenticato che il disporre di fornitori<br />
multipli garantisce maggiore sicurezza in caso di produzione discontinua o di turbolenza<br />
del mercato.<br />
Il caso SIRZ è realmente estremo e le forniture qualitativamente significative riguardano<br />
prevalentemente semilavorati: lamiere, tubi, flange, profilati metallici.<br />
Il consumo di ciascun tipo di materiale dipende dalle caratteristiche della commessa<br />
ed è dunque estremamente variabile. Il mantenimento di scorte di magazzino, oltre che<br />
palesemente antieconomico, pone delle difficoltà anche sul piano tecnologico, a causa<br />
del possibile invecchiamento dei materiali. Talvolta lo stesso contratto di commessa pone<br />
limiti ristretti all’età dei materiali utilizzati e ricavata dalla data della certificazione<br />
dei materiali stessi allegata alla documentazione di commessa.<br />
Dunque l’azienda non può elaborare un piano di fornitura generale, calcolando<br />
l’assorbimento medio di ciascun tipo di materiale ed istituendo magazzini polmone atti<br />
a compensare la variabilità del consumo. Essa deve necessariamente compilare di volta<br />
in volta gli specifici ordini del materiale necessario per la singola commessa o fase di<br />
lavoro. Di conseguenza, essa deve rivolgersi a fornitori differenti a seconda della quantità<br />
richiesta in ciascun ordine: acciaieria, intermediario, magazzino periferico. Le forniture<br />
a magazzino coprono solamente il 2% della spesa e riguardano prevalentemente i<br />
- 1.206 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
materiali di consumo per le saldature e la minuteria metallica, come ad esempio la bulloneria.<br />
SIRZ ritiene comunque fondamentale l’avvalersi di fornitori di materiali (e di servizi)<br />
che diano garanzia di fornitura di prodotti rispondenti alle aspettative in termini di<br />
costi, di qualità e di tempi di consegna. Mancanza di puntualità e non rispondenza in livello<br />
di qualità causano un aumento indiretto dei costi spesso più penalizzante di un costo<br />
diretto maggiore; qualità e puntualità non possono essere compensati da prezzi inferiori<br />
e sono elementi primari nella valutazione delle offerte di forniture.<br />
SIRZ dispone di una lista di fornitori abituali con i quali ha rapporti soddisfacenti da<br />
diversi anni. Questi fornitori abituali sono di fatto già inclusi nell’elenco fornitori. Per<br />
questi fornitori il responsabile qualità ottiene periodicamente la dichiarazione scritta sullo<br />
stato del loro sistema qualità e viene fatta pressione affinché questi fornitori adottino<br />
un efficace sistema qualità in accordo con le normative EN 29000. Nel frattempo sono<br />
registrati a cura del responsabile qualità i dati relativi a:<br />
• volume di fornitura su cui fare affidamento;<br />
• rispetto dei termini di consegna;<br />
• qualità delle forniture di materiali o servizi;<br />
• qualità della documentazione.<br />
I fornitori per i quali non c'è ancora sufficiente esperienza di fornitura devono necessariamente<br />
essere valutati dal responsabile qualità o da un suo delegato. Nel frattempo,<br />
anche per questi fornitori si eseguono le suddette registrazioni.<br />
I nuovi fornitori devono documentare il loro sistema qualità e la documentazione è<br />
esaminata dal responsabile qualità. In caso di esito positivo, i nuovi fornitori sono registrati<br />
nella lista dei fornitori con una nota che deve ricordare al responsabile acquisti<br />
l’esigenza di esercitare cautela nell’assegnazione dei primi ordini, escludendoli dalle<br />
forniture critiche.<br />
Per i singoli progetti, il responsabile qualità in collaborazione con l’ufficio tecnico, il<br />
responsabile produzione, il responsabile di commessa ed il responsabile acquisti, individuano<br />
i materiali da considerare critici e che necessitino di ispezioni o controlli presso<br />
il produttore. L’ispezione del materiale alla fonte è parte integrante del piano controllo<br />
qualità ed in esso sono contenute anche le relative procedure. L’esecuzione o meno di<br />
queste ispezioni prescinde totalmente dal fatto che il fornitore sia compreso o meno nella<br />
lista dei fornitori ufficiali, come pure dal fatto che il fornitore sia o meno certificato.<br />
Certamente al fornitore certificato spetta la precedenza, ed inoltre l’ispezione ad un fornitore<br />
noto da anni risulterà differente da quella ad un fornitore del tutto nuovo, essendo<br />
già svolta la parte di acquisizione dei dati generali (i quali devono comunque essere<br />
sempre aggiornati).<br />
Nel caso più generale, l’ispezione per la fornitura critica, come quella per<br />
l’inserimento nella lista dei fornitori, non deve comprendere solo il controllo visivo delle<br />
linee produttive, ma interesserà tutto il sistema dell’azienda fornitrice. In particolare<br />
si dovrà verificare:<br />
• qualità della direzione;<br />
• controllo della progettazione;<br />
• controllo della produzione;<br />
• procedure di verifica;<br />
• trattamento delle nonconformità;<br />
• strumenti di misura;<br />
• qualità del sistema informazioni;<br />
- 1.207 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
• azioni correttive.<br />
Per la parte di controllo visivo diretto, possono essere predisposte le opportune<br />
check-list. Peraltro, se queste possono essere sempre utili come promemoria o come<br />
forma particolare di procedura, si rileva che nulla può uguagliare il giudizio dettato<br />
dall’esperienza dell’ispettore.<br />
L’attività di ispezione alla fonte impone all’azienda lo svolgimento di precise verifiche<br />
sui materiali prima del loro inserimento nel ciclo produttivo. All’arrivo del materiale,<br />
prima che questo venga scaricato dal camion, viene eseguito dai magazzinieri un<br />
primo controllo, detto visivo dimensionale, consistente nel verificare la corrispondenza<br />
fra ciò che viene consegnato e ciò che è riportato nella bolla di accompagnamento e nel<br />
controllo della presenza dei marchi di certificazione quando prescritti (ad esempio su<br />
ogni tipo di flangia). Dopo questi controlli, il materiale può essere scaricato. Esso risulta<br />
accettato con riserva fino al completamento dei controlli successivi. Quindi, il magazziniere<br />
invia all’ufficio acquisti copia della bolla per il confronto con quanto contenuto<br />
nell’ordine e riferisce l’avvenuta consegna alla funzione qualità perché svolga gli opportuni<br />
controlli. Questi riguarderanno le dimensioni ed il numero dei pezzi consegnati,<br />
le caratteristiche metallurgiche e meccaniche dei materiali e le documentazioni di certificazione<br />
consegnate. Questo controllo consente di avere piena certezza della conformità<br />
del materiale alle caratteristiche qualitative richieste e specificate nell’ordine di fornitura.<br />
L’avvenuto superamento del controllo viene indicato sul materiale stesso tramite la<br />
punzonatura del numero di commessa e del codice del materiale. Solo a questo punto il<br />
materiale viene definitivamente accettato e può essere utilizzato in produzione.<br />
1.7.5.<br />
Nonconformità e Valutazione <strong>degli</strong> Errori.<br />
<strong>La</strong> normativa UNI ISO 8402 definisce la nonconformità come non soddisfacimento<br />
dei requisiti specificati e riguarda lo scostamento o l’assenza di una o più caratteristiche<br />
di qualità, o di elementi del sistema qualità, rispetto ai requisiti specificati.<br />
<strong>La</strong> differenza essenziale tra nonconformità e difetto sta nel fatto che i requisiti specificati<br />
possono differire da quelli necessari all’impiego previsto. Come si vede, questa<br />
definizione riguarda ogni elemento del sistema qualità. Quindi, per nonconformità non<br />
si intende solamente pezzo scarto, ma molto più in generale non rispondenza ai requisiti<br />
stabiliti. Ad esempio, in SIRZ la maggior parte delle nonconformità rilevate non riguardano<br />
i pezzi prodotti ma il sistema di documentazione, tipicamente errori nella diffusione<br />
delle versioni aggiornate dei documenti.<br />
<strong>La</strong> stessa normativa distingue il concetto di nonconformità da quello di difetto; la definizione<br />
di difetto è la non osservanza di requisiti in relazione all’impiego previsto e<br />
riguarda lo scostamento o assenza di una o più caratteristiche di qualità rispetto ai requisiti<br />
necessari all’impiego previsto. Il difetto è dunque un tipo particolare di nonconformità.<br />
Però, spesso il difetto è anche il fatto materiale che rende rilevabile la nonconformità<br />
e con questa tende ad identificarsi. In letteratura, specialmente nei manuali applicativi<br />
per l’impostazione del sistema di qualità in azienda, i due termini risultano comunque<br />
praticamente sinonimi.<br />
Perché un sistema di qualità sia valido, è necessario che ogni persona dell’azienda<br />
che individui una nonconformità la segnali immediatamente perché venga corretta, ciò a<br />
prescindere dal ruolo e dalle competenze che la persona ricopre, come pure<br />
dall’occasione che ha reso evidente la nonconformità stessa. Ciò viene di norma indica-<br />
- 1.208 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
to come superamento della dipendenza dall’ispezione. Questa logica è molto importante<br />
nell’azienda prototipica ed è addirittura vitale in SIRZ.<br />
Nella produzione di grande serie, magari di prodotti di basso costo, la presenza di<br />
piccoli difetti ricorrenti (quelli grandi ed occasionali si suppone vengano eliminati a<br />
priori) porta a danni economici contenuti per l’azienda. Invece, nel pezzo unico specialmente<br />
se con obblighi di sicurezza stringenti, qualunque nonconformità viene prima<br />
o poi rilevata e, quanto meno, la sua correzione implica un ritardo nel lavoro e di conseguenza<br />
l’applicazione da parte del committente di sanzioni.<br />
Quindi, il manuale di qualità di SIRZ impone che chiunque nell’azienda individui<br />
una nonconformità (sia che ciò avvenga nel corso di una verifica ufficiale, sia che avvenga<br />
in qualunque altra occasione) la segnali in modo che possa essere compilato un<br />
rapporto di nonconformità. Questo rapporto è necessario per correggere le irregolarità<br />
trovate nel sistema qualità ed è indispensabile per prevenirne la ripetizione.<br />
Chiunque del personale trovi una nonconformità nella sua attività deve compilare il<br />
rapporto di nonconformità; chiunque del personale trovi una nonconformità nel prodotto<br />
deve avvisare l’ispettore del controllo qualità, il quale valuterà la nonconformità stessa<br />
e ne redigerà il relativo rapporto. Infine, chi trovi una nonconformità nel proprio lavoro<br />
dovuta a fasi precedenti, deve contattare il responsabile dell’attività non conforme,<br />
consegnargli il rapporto ed attendere la risoluzione del problema prima di procedere con<br />
ulteriori fasi del lavoro connesse con la nonconformità rilevata.<br />
Nelle attività generali, la risoluzione delle nonconformità è proposta dall’autore del<br />
rapporto. Successivamente, il responsabile della funzione relativa dovrà confrontare il<br />
rapporto di nonconformità con la relativa proposta di risoluzione ed approvarla o proporre<br />
una soluzione alternativa. Per le nonconformità nelle attività generali, le soluzioni<br />
possibili sono:<br />
• correzione dell’attività, in conformità con gli scopi del manuale, delle istruzioni o<br />
delle procedure;<br />
• correzione delle attività successive a quella rivelatasi non conforme, sulla base del<br />
manuale o di specifiche istruzioni o procedure.<br />
Qualora la nonconformità porti alla produzione di pezzi difettosi, sono previsti quattro<br />
tipi di soluzione. I pezzi possono essere: 31<br />
• rilavorati per soddisfare i requisiti specificati;<br />
• accettati con o senza riparazione, a seguito di concessione debitamente autorizzata;<br />
• declassati per altre applicazioni;<br />
• rifiutati o scartati.<br />
Quando venga attuata la prima o la seconda delle soluzioni possibili, il pezzo, dopo la<br />
rilavorazione o la riparazione, viene nuovamente ispezionato. In caso di esito positivo, il<br />
verbale positivo redatto dall’ispettore è posto ad integrazione del rapporto di nonconformità.<br />
Il rapporto, così integrato, entra a far parte del registro generale delle documentazioni<br />
di commessa.<br />
Copia di tutti i rapporti di nonconformità vengono raccolti e catalogati dal responsabile<br />
qualità. Ad intervalli al massimo annuali, il presidente esamina regolarmente tutti i<br />
rapporti di nonconformità e discute con i responsabili delle relative funzioni le disposi-<br />
31 UNI EN 29001 §4.13.1.<br />
- 1.209 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
zioni da mettere in atto per rendere minimo il numero e l’entità delle nonconformità<br />
tramite:<br />
• ricerche sulle cause di nonconformità e studio delle azioni correttive per evitarne<br />
la ripetizione;<br />
• audit ed attività di analisi della produzione, ispezioni della documentazione e dei<br />
rapporti del cliente al fine di individuare possibili cause di future nonconformità;<br />
• azioni preventive per contenere i problemi entro valori di rischio accettabili;<br />
• azioni di controllo atte a verificare che le azioni correttive siano applicate e risultino<br />
effettivamente fruttuose;<br />
• esecuzione delle necessarie revisioni alle procedure in conseguenza delle azioni<br />
correttive intraprese.<br />
I reclami dei clienti vengono raccolti dal responsabile del controllo qualità e discusse<br />
col responsabile qualità per stabilire la loro reale consistenza e concordare la risposta da<br />
formulare. Se il reclamo è accettato, il responsabile qualità redige il rapporto di nonconformità.<br />
Invece, se il reclamo non è accettato, lo stesso responsabile di qualità dovrà<br />
stabilire i contatti con il cliente per discutere la questione e giungere ad un accordo. Eventuali<br />
controversie legali possono essere aperte e gestite esclusivamente dal presidente,<br />
il quale, quindi, deve essere costantemente tenuto informato dal responsabile qualità.<br />
Quanto illustrato è ciò che viene prescritto dal manuale di qualità SIRZ. <strong>La</strong> necessità<br />
di segnalare immediatamente qualunque problema fa già parte delle convinzioni di tutto<br />
il personale e delle maestranze, ma si è verificato tante volte che questo avviene tramite<br />
semplici comunicazioni orali con il diretto superiore, il quale, successivamente, provvede<br />
a redigere il rapporto o, più spesso, a porre direttamente soluzione al problema. <strong>La</strong><br />
necessità di rendere riscontrabili tutti i rapporti interni non è ancora sentita appieno e si<br />
riscontra inoltre una certa difficoltà da parte <strong>degli</strong> operai, soprattutto i meno giovani, nel<br />
produrre dei documenti scritti, specialmente quando questo va oltre la semplice compilazione<br />
di un modulo.<br />
Procedere sempre o prevalentemente a voce, all’atto pratico potrebbe apparire accettabile<br />
per la risoluzione dei problemi, in quanto consente comunque di risanare le nonconformità<br />
seguendo un processo estremamente semplice. Il mancato riscontro della<br />
nonconformità individuata e pienamente risolta, da parte di alcuni potrebbe essere considerata<br />
addirittura un fatto positivo per l’azienda, almeno in termini di immagine e nei<br />
limiti della mentalità del farla franca. In realtà, l’impostazione del sistema di qualità<br />
non può prescindere dal continuo miglioramento dell’attività aziendale, finalizzato alla<br />
progressiva eliminazione delle cause d'errore. Quindi, tutti gli errori devono essere registrati<br />
ed analizzati per poterne prevenire la ripetizione. Se l’errore umano accidentale<br />
risulta praticamente impossibile da evitare, ugualmente va riconosciuto che la massima<br />
parte delle nonconformità non sono accidentali, ma derivano da cause strutturali, che<br />
vanno dalle carenze organizzative, fino alla mancata taratura <strong>degli</strong> strumenti di misura.<br />
Di conseguenza, quando si manifesta una nonconformità, la prima azione da mettere in<br />
atto è la sua correzione con una delle soluzioni indicate, ma la nonconformità non può<br />
essere accantonata una volta risolta: è necessaria una seria attività di analisi del sistema<br />
per individuarne le cause prossime e remote, ed impostare di conseguenza le azioni correttive<br />
necessarie ad evitare il ripetersi del fatto. Tutto ciò richiede una buona dose di<br />
umiltà da parte del responsabile della produzione e del responsabile della progettazione.<br />
Comunque questa attività non basta per l’attuazione di sistema qualità. Infatti, questa<br />
azione di prevenzione <strong>degli</strong> errori rischia di rimanere infruttuosa e di non incidere in<br />
profondità nel tessuto aziendale, provocando fenomeni di rigetto per assenza di risultati<br />
- 1.210 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
sperati se, alla base della sua applicazione, non viene parallelamente sviluppato<br />
l’ulteriore e noto concetto chiave di Kaizen.<br />
1.7.6.<br />
Il Metodo dell’Audit<br />
L’audit 26 , tradotto nella norma ISO 8402 come verifica ispettiva della qualità, viene<br />
definito dalla stessa norma come esame sistematico ed indipendente per determinare se<br />
le attività svolte per la qualità ed i risultati ottenuti sono in accordo con quanto pianificato,<br />
e se quanto predisposto viene attuato efficacemente e risulta idoneo al conseguimento<br />
<strong>degli</strong> obiettivi. Dunque, si tratta di una verifica, anche parziale, del sistema qualità.<br />
Le verifiche ispettive devono essere eseguite con lo scopo di verificare se i vari elementi<br />
del sistema di qualità sono effettivamente idonei ed efficaci per raggiungere gli<br />
obiettivi di politica per la qualità stabiliti. Un buon sistema di auditing deve consentire<br />
(e darne adeguata evidenza obiettiva) di ridurre, eliminare e prevenire le situazioni contrastanti<br />
la qualità e dare alla direzione gli strumenti per il miglioramento dell’efficienza<br />
dei processi aziendali. Un audit può essere eseguito sull’intero sistema qualità o su di<br />
una sua parte, su di un processo come su di un prodotto o una commessa. Gli audit possono<br />
essere svolti sia all’interno di una organizzazione sia all’esterno, ad esempio presso<br />
un fornitore. I criteri generali per una buona attività di auditing, come si ricava dalla<br />
norma EN 29004, possono essere indicati come segue:<br />
• le verifiche ispettive devono essere condotte da personale che non abbia diretta responsabilità<br />
nel settore interessato;<br />
• il personale incaricato dell’esecuzione delle verifiche ispettive (auditor) deve rispondere,<br />
relativamente a preparazione e competenza, a ben definiti requisiti;<br />
• le verifiche ispettive necessitano di una programmazione generale sia come cadenza,<br />
sia come settori da ispezionare;<br />
• le verifiche necessitano di una programmazione specifica, come check-list, preesame<br />
dei documenti, questionari, ecc, anche al fine di rendere confrontabili i risultati<br />
di audit successivi sullo stesso settore.<br />
Il manager che non destìni personale di alto valore professionale al ruolo di auditor, evidenzia<br />
a tutta l’azienda la sua indifferenza nei confronti del sistema qualità, qualunque<br />
cosa dichiari. É dall’equilibrio e professionalità con i quali viene svolta l’attività di<br />
auditing che nasce la fiducia nel sistema da parte del personale operativo, il quale deve<br />
capire il vero scopo delle verifiche, che è non vessatorio o ingiuntivo ma collaborativo e<br />
finalizzato ad un miglioramento aziendale, ivi compreso il suo aspetto essenzialmente<br />
formativo.<br />
1.7.6.1. I Tipi di Audit.<br />
Dal punto di vista del grado di dettaglio dell’audit, questi possono essere classificati<br />
in:<br />
• audit di sistema;<br />
• audit di conformità;<br />
• audit di prodotto.<br />
- 1.211 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
In un audit di sistema, si verifica se il sistema soddisfa i requisiti della norma di riferimento<br />
(ad esempio EN 29001); in un audit di conformità si verifica se il sistema produttivo<br />
soddisfa i requisiti di specifiche dettagliate, procedure interne ed istruzioni di<br />
lavoro; in un audit di prodotto si verifica se il prodotto risponde ai requisiti contrattuali.<br />
Da un punto di vista dell’organizzazione che effettua l’audit, questi si possono classificare<br />
in:<br />
• audit interni, tenuti da valutatori dell’azienda (normalmente il responsabile qualità<br />
o un suo diretto delegato);<br />
• audit esterni, tenuti da valutatori del cliente ed atti a verificare le effettive capacità<br />
dell’azienda;<br />
• audit estrinseci, tenuti da terzi, i quali possono essere i consulenti esterni per la<br />
qualità, ai quali l’azienda ha delegato in tutto o in parte l’approntamento del sistema<br />
qualità, od ispettori dell’ente certificatore presso il quale l’azienda è certificata.<br />
Tutte le verifiche ispettive devono essere opportunamente programmate. Esse non<br />
costituiscono un fatto occasionale: la predisposizione del programma generale, di norma<br />
su base annuale, garantisce un carico di lavoro bilanciato per il valutatore ed un adeguato<br />
preavviso per il valutato. Ugualmente, alle verifiche ispettive deve essere dedicato il<br />
giusto tempo. Non è giustificabile un rinvio o lo svolgimento affrettato a causa della<br />
gran mole di lavoro o della vicinanza di scadenze importanti.<br />
Le verifiche ispettive della qualità hanno un costo in termini di tempo impiegato dal<br />
valutatore (per la preparazione e lo svolgimento della verifica) e dal valutato (per la<br />
preparazione e la partecipazione alla verifica, che è parte dell’attività aziendale e non<br />
un’attività accessoria), nonché per la conseguente correzione di tutte le anomalie riscontrate<br />
nel corso della verifica stessa. Perciò, è importante che le verifiche siano opportunamente<br />
preparate e svolte con competenza in modo economico, ed è altrettanto importante<br />
che i valutatori siano adeguatamente addestrati ed abbiano un’esperienza adeguata.<br />
1.7.6.2. L’Audit e l’Azienda Prototipica.<br />
L’audit risulta in assoluto il miglior strumento per il miglioramento della qualità<br />
nell’azienda prototipica, nella quale si applica il concetto di qualità come organizzazione,<br />
certezza di informazione, ruoli, organicità dell’operare, flessibilità. Infatti, l’audit<br />
porta ad una valutazione del modo di operare, del livello di coscienza e di istruzione di<br />
ciascun membro dell’organizzazione, della validità delle procedure e delle istruzioni, ed<br />
in generale della documentazione adottata e della possibilità di affrontare correttamente<br />
ed efficacemente ogni fase del lavoro. Le azioni correttive o migliorative che conseguono<br />
a questa valutazione portano al miglioramento del sistema, ossia del modo di lavorare<br />
dell’azienda nel suo complesso e non solo dell’attività relativa al singolo prodotto in<br />
lavorazione. Quindi esse portano ad elevare il livello qualitativo attuale e futuro di tutta<br />
l’azienda.<br />
Obiettivo dell’audit è di paragonare lo specifico sistema di qualità con la pratica effettiva,<br />
al fine di poterne verificare la conformità. Quindi, il suo scopo primario è la ricerca<br />
dell’evidenza oggettiva che l’attività venga svolta in accordo con le istruzioni e<br />
procedure scritte. Una verifica ispettiva della qualità è dunque fondamentale perché:<br />
• evidenzia la realtà oggettiva, in contrapposizione all’opinione personale;<br />
• rivela le mancanze di conformità;<br />
- 1.212 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
• mette in luce le carenze specifiche del sistema di qualità;<br />
• fornisce alla direzione un’informazione imparziale sull’efficacia del sistema;<br />
• identifica i punti deboli del sistema che debbono essere migliorati;<br />
• permette di formulare proposte di miglioramento.<br />
Senza verifiche ispettive regolari, può succedere che l’attività pratica si discosti radicalmente<br />
dal sistema definito, a causa di:<br />
• difetti organizzativi;<br />
• ignoranza;<br />
• malintesi ed errate istruzioni;<br />
• negligenza volontaria;<br />
• desiderio personale di migliorare autonomamente la situazione.<br />
Nell’azienda prototipica si svolgono prevalentemente audit interni, specialmente dopo<br />
l’ottenimento della certificazione. Infatti, la certificazione garantisce al cliente sia la<br />
presenza di oggettivi requisiti di qualità, sia la presenza di un progetto di continuo miglioramento<br />
del sistema di qualità. Inoltre, il cliente approva il piano del controllo qualità<br />
del prodotto da lui commissionato, partecipa alle ispezioni quando previsto, ha sempre<br />
pieno accesso a tutta la documentazione della commessa e dunque, dopo la sottoscrizione<br />
del contratto, potrà avere una sufficiente fiducia nei confronti dell’azienda, tale<br />
da rendere superflua un’ulteriore azione di auditing. D'altra parte, il mantenimento<br />
dei requisiti qualitativi è garantito dall’ente certificatore, il quale, anche dopo la concessione<br />
della certificazione di qualità, continua la periodica attività di sorveglianza.<br />
<strong>La</strong> produzione su commessa di pezzi unici rende in qualche modo sfumata la demarcazione<br />
fra audit di sistema, di conformità e di prodotto. <strong>La</strong> mancanza di linee produttive<br />
stabili impedisce di suddividere l’azienda in realtà minori legate al singolo prodotto,<br />
ma lo svolgimento di ciascuna commessa riflette la situazione di tutto il sistema aziendale.<br />
Quindi, non è possibile eseguire una verifica sul prodotto senza mettere in discussione<br />
l’organizzazione del sistema aziendale, la sua capacità di mettere in pratica le prescrizioni<br />
del manuale di qualità e delle procedure. Inoltre, l’approvazione del sistema<br />
qualità da parte del committente (al momento della firma del contratto) porta a rapportare<br />
l’attività inerente alla commessa non solo alle prescrizioni interne e contrattuali, ma<br />
anche alle prescrizioni della normativa sulla qualità, alla quale il committente farà riferimento<br />
nelle proprie valutazioni dell’operato dell’azienda. Di questo allora si dovrà tenere<br />
conto anche in sede di verifica ispettiva.<br />
Dunque, gli audit potranno essere di carattere generale o centrati su di una commessa,<br />
potranno riguardare l’operato di un singolo ruolo, persona, ufficio o sezione, ma è<br />
preferibile coinvolgere più persone che operano in ruoli direttamente connessi o sequenziali<br />
nello svolgimento del lavoro. Si verificheranno:<br />
• il possesso di tutte le procedure ed istruzioni relative al ruolo, nell’edizione più<br />
recente;<br />
• la loro piena conoscenza e comprensione;<br />
• la conoscenza delle proprie responsabilità nei confronti <strong>degli</strong> altri ruoli e<br />
dell’azienda;<br />
• il modo di operare delle persone, confrontandolo con quanto stabilito dalle procedure,<br />
dalle istruzioni e dal manuale di qualità;<br />
• il possesso di eventuali altri documenti ufficiali relativi al ruolo;<br />
• la validità e la completezza delle istruzioni ricevute;<br />
• le modalità di trasferimento delle informazioni (procedure, istruzioni, disegni costruttivi,<br />
ordini, distinte, bolle) in ingresso ed in uscita da ciascun ruolo, ed in generale<br />
il rapporto fra i ruoli connessi;<br />
- 1.213 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
• il corretto e continuo aggiornamento del registro generale della documentazione di<br />
commessa;<br />
• l’utilizzo di documentazioni non ufficiali;<br />
• l’utilizzo di comunicazioni orali;<br />
• la presenza di casi di inapplicabilità delle procedure o di attività perché non contemplate<br />
da procedure od istruzioni;<br />
• il modo di agire adottato dai singoli nei casi suddetti;<br />
• l’efficienza delle attrezzature, dei macchinari e <strong>degli</strong> strumenti di misura utilizzati<br />
sul posto di lavoro;<br />
• il riscontro di eventuali nonconformità e le azioni adottate per la loro risoluzione e<br />
futura prevenzione;<br />
• altre problematiche riscontrate sul lavoro;<br />
• la presenza di situazioni di pericolosità nel lavoro ed eventuali infortuni incorsi.<br />
Ciascun ruolo viene valutato nell’ambito della panoramica aziendale e del ciclo del<br />
prodotto; questo porta ciascuno ad una maggiore coscienza della globalità del sistema<br />
ed alla formulazione di proposte per il migliore inserimento della propria attività<br />
nell’insieme complesso. <strong>La</strong> valutazione dei rapporti fra i ruoli, dei metodi per il trasferimento<br />
delle informazioni e dei materiali porta ciascuno a riflettere sulla motivazione<br />
concreta delle procedure e delle istruzioni, sulla loro validità logica e sulla loro utilità<br />
strategica. Questo fa sì che l’attività di ciascuno secondo procedura non sia più un vincolo<br />
imposto dalla direzione, ma una guida compresa e fatta propria per lavorare al meglio.<br />
Una situazione non concorde con la linea logica discussa ed analizzata in sede di<br />
audit viene immediatamente recepita come non valida da chiunque e dunque immediatamente<br />
segnalata.<br />
Certamente tutto ciò non è facile da realizzare. Innanzi tutto è necessario che chi cura<br />
l’organizzazione e la conduzione <strong>degli</strong> audit abbia un’ottima cultura della qualità, conosca<br />
a fondo la realtà aziendale, i cicli produttivi e le problematiche connesse con ciascuna<br />
commessa. Quindi, il responsabile qualità, al quale spetta questo compito, dovrà instaurare<br />
ottimi rapporti di collaborazione con i responsabili delle varie funzioni aziendali<br />
per avere da essi sempre tutte le indicazioni necessarie per la pianificazione e lo svolgimento<br />
<strong>degli</strong> audit. Soprattutto nelle fasi iniziali, è necessario che il conduttore<br />
dell’audit (valutatore) abbia la capacità di ottenere dai soggetti convocati (valutati) una<br />
completa descrizione dello stato di fatto senza procurare la sensazione di far loro<br />
l’esame ed agevolando, tramite opportuni interventi, un’esposizione il più possibile<br />
chiara e completa. Se questo può apparire facile sul piano ideale, in concreto non è<br />
sempre così; molto spesso si trovano difficoltà ad esporre in maniera ordinata il modo di<br />
lavorare, di affrontare i problemi, di dirigere i sottoposti.<br />
Dunque, questa attività di conduzione <strong>degli</strong> audit richiede, oltre ad una certa inclinazione<br />
naturale, una buona preparazione specifica. Nell’azienda con produzione di serie,<br />
questa preparazione può essere raggiunta con un ciclo di addestramento relativamente<br />
contenuto, in quanto focalizzato sulle caratteristiche stabili delle linee produttive esistenti.<br />
Per contro, nell’azienda prototipica la preparazione dovrà essere più vasta, anche<br />
se forse meno approfondita, per cui risulta determinante l’esperienza di lavoro maturata<br />
in azienda.<br />
- 1.214 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
1.7.6.3. Gli Audit in SIRZ.<br />
1.7.6.4. <strong>Impianti</strong> di Produzione<br />
SIRZ intende sviluppare continuamente la pratica dell’audit interno come strumento<br />
per il miglioramento del proprio sistema qualità. Questo è concorde con l’accezione di<br />
qualità come organizzazione. Infatti, l’audit consente di valutare la reale cognizione del<br />
proprio ruolo da parte di ciascuno, di verificare la correttezza dell’attività di ciascuno<br />
(sia nel proprio posto di lavoro, sia nella trasmissione e nel ricevimento delle informazioni<br />
e dei materiali), di raccogliere critiche e proposte per il miglioramento delle procedure<br />
e della documentazione in generale. A questo fine, gli audit possono essere realizzati<br />
per gruppi di ruoli che operano in sequenza, o comunque in maniera direttamente<br />
connessa.<br />
E’ già pratica ordinaria lo svolgimento di riunioni settimanali dei responsabili di ciascuna<br />
commessa per fare il punto della situazione, analizzare problemi insorti, proporre<br />
soluzioni correttive, programmare azioni future. Si è iniziata un’attività sistematica di<br />
audit, estesa a tutto il sistema produttivo e centrata sullo scambio delle informazioni fra<br />
i differenti ruoli. Gli audit interni sono condotti dal responsabile qualità, ai quali sono<br />
convocate le persone che coprono due o più ruoli connessi, ad esempio responsabile<br />
tecnico e capo officina, oppure responsabile acquisti e magazzinieri.<br />
Frequentemente si osserva che i problemi rilevati hanno già trovato una soluzione informale<br />
grazie al margine di autonomia di ciascun ruolo, e questa soluzione informale<br />
può essere la base per la discussione. Ugualmente, in SIRZ si sono ridotte al minimo<br />
queste modalità informali di autorganizzazione, nella convinzione che qualunque risultato<br />
personale che non venga reso patrimonio comune dell’azienda risulti sprecato. Infatti,<br />
esso risulterebbe patrimonio della persona e non del ruolo, e dunque non risulterebbe<br />
trasmissibile nel momento in cui il ruolo venisse coperto da altri: chiunque inizi a<br />
coprire un ruolo non deve partire da zero, ma deve avere a disposizione tutta<br />
l’esperienza maturata da chi ha coperto quel ruolo prima di lui.<br />
Alcuni problemi emersi nel corso <strong>degli</strong> audit, e sui quali è stato necessario agire, verranno<br />
di seguito illustrati.<br />
1.7.6.4.1.<br />
Diffusione ed Uso delle Procedure.<br />
Il primo problema rilevato è essenzialmente di mentalità. <strong>La</strong> maggior parte delle persone<br />
in SIRZ considerava le procedure esclusivamente come mezzo per l’istruzione del<br />
personale, ovvero come strumento per l’ottenimento della qualità e non come strumento<br />
di garanzia. Da parte di molti, il mancato ricevimento della procedura non era ritenuto<br />
una nonconformità da segnalare. Effettivamente, non è pensabile che ogni minima attività<br />
all’interno dell’azienda sia rigorosamente definita da apposite procedure, ma una<br />
corretta informazione del personale sui principi della qualità deve far sì che ciascuno si<br />
renda conto di quando un’attività debba essere garantita da una procedura e, mancando<br />
questa, della necessità di rivolgersi al proprio superiore per ottenere informazioni al<br />
proposito. In particolare, mancava la coscienza della necessità di possedere e seguire le<br />
procedure anche per quelle attività nelle quali si disponeva già di un notevole livello di<br />
esperienza e di professionalità. Invece, le procedure non solo guidano le persone ad operare<br />
nel migliore dei modi, ma la loro diffusione ed applicazione è strumento di garanzia<br />
- 1.215 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
per il cliente del fatto che ogni attività viene svolta esattamente nel modo in esse indicato.<br />
Al limite, un lavoro svolto alla perfezione ed in pieno accordo con la procedura esistente,<br />
ma senza che l’operatore possieda la procedura stessa, è da considerarsi una nonconformità<br />
a tutti gli effetti, e giustamente tale è stata recentemente considerata da un<br />
cliente. Non va poi dimenticato che, in sede di ispezione da parte dell’ente certificatore,<br />
questo modo di operare non potrebbe assolutamente essere considerato corretto e sarebbe<br />
una ragione indiscutibile per ridiscutere la certificazione.<br />
Ciò che ha importanza non è solo il risultato finale, ma anche (se non addirittura<br />
primariamente) la possibilità di dimostrare e garantire, in maniera chiara, certa e riscontrabile,<br />
la piena correttezza di ogni passo per la realizzazione di questo risultato finale.<br />
Tutto ciò vale soprattutto in una produzione che, pur sostanzialmente stabile a livello di<br />
operazioni di progetto, di approvvigionamento o di tecnologia, è estremamente variabile<br />
a livello di prodotto. Nell’istante in cui un prodotto presentasse particolarità in qualche<br />
fase del ciclo produttivo, la scarsa considerazione delle procedure porterebbe inevitabilmente<br />
a <strong>degli</strong> errori. A ciò si aggiunge che una scarsa considerazione delle procedure<br />
sollecita lo sviluppo parallelo di quelle forme di autorganizzazione informale che, pur<br />
utili ai fini del risultato immediato, sono alla lunga assai nocive per lo sviluppo generale<br />
dell’azienda. Come visto, esse risultano non trasmissibili da una persona all’altra e portano<br />
ad un progressivo scollamento fra i ruoli, impedendo il coordinamento ed il corretto<br />
passaggio delle informazioni.<br />
1.7.6.4.2.<br />
Redazione ed Aggiornamento delle Procedure.<br />
Le procedure sono attualmente redatte dai tecnici del settore sotto indicazione del responsabile<br />
qualità e da quest'ultimo approvate. Dalla valutazione critica della chiarezza<br />
e dell’effettiva applicabilità delle procedure, si è concluso che sarà necessario, almeno<br />
per taluni ambiti, stabilire le modalità di contributo anche <strong>degli</strong> operatori di ogni livello<br />
alla redazione ed aggiornamento delle procedure, anche al di fuori dell’attività di<br />
auditing. Questo è il metodo più corretto per registrare l’esperienza di ciascuno, al fine<br />
di integrare la memoria storica e per consentire la trasmissione del patrimonio individuale<br />
portandolo a patrimonio dell’azienda. Per una corretta formulazione delle procedure<br />
è necessaria un’ampia ed approfondita conoscenza del processo produttivo: seppure<br />
i tecnici hanno una piena visione del processo nella sua globalità, essi non potranno<br />
conoscere ogni aspetto ed ogni problematica delle operazioni tecnologiche elementari<br />
con le quali l’operatore ha a che fare ogni giorno. Quindi, si è in fase di continua elaborazione<br />
di un metodo per la raccolta delle informazioni, le quali saranno uno <strong>degli</strong> strumenti<br />
di lavoro del responsabile del settore e del responsabile qualità. Per quanto applicato<br />
in tutt'altra maniera, il principio teorico è simile a quello dei diagrammi causaeffetto<br />
esposti nei reparti, che consentono a chiunque di fornire consigli per il miglioramento<br />
del prodotto o del ciclo produttivo. Viste le dimensioni contenute della SIRZ e<br />
la sua organizzazione per funzioni e squadre di lavoro, si ritiene che questo risultato si<br />
possa ottenere semplicemente con riunioni straordinarie, distinte dagli audit, convocate<br />
di volta in volta dal responsabile qualità per la discussione delle bozze delle procedure<br />
di prossima emissione.<br />
- 1.216 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
1.7.6.4.3.<br />
Aggiornamento dei Disegni.<br />
Molte volte in SIRZ la produzione di una commessa viene avviata prima che sia del<br />
tutto ultimata la fase di progettazione. Di conseguenza, è relativamente frequente la diffusione<br />
in officina di aggiornamenti in corso d'opera dei disegni già distribuiti in precedenza,<br />
come pure di istruzioni particolari specifiche della commessa, durante la fase di<br />
produzione. Fino ad poco tempo fa, assieme al disegno aggiornato, veniva consegnato<br />
ogni volta l’elenco completo aggiornato dei disegni distribuiti, ciascuno dei quali è individuato<br />
da un codice e dalla data di diffusione. Alla consegna dei disegni da parte<br />
dell’ufficio tecnico alla produzione, veniva compilato in due copie un transmittal (a<br />
modo di ricevuta), una per l’ufficio tecnico, l’altra per la produzione. In sede di auditing<br />
si è osservato che questo modo di procedere non era del tutto corretto, in quanto<br />
l’elenco dei disegni non costituiva documento ufficiale, era privo di codice e di data di<br />
emissione. Chi avesse voluto verificare l’effettivo aggiornamento dell’elenco e dunque<br />
dei disegni in suo possesso avrebbe dovuto dunque verificare la data di ciascun disegno<br />
dell’elenco confrontandola con quella indicata sui vari cartigli. Ciò risultava estremamente<br />
complesso, lungo e con ampie possibilità di errore. Si è dunque deciso di attuare<br />
le seguenti azioni migliorative:<br />
• gli elenchi dei disegni diventano documento ufficiale ed entrano a far parte del registro<br />
generale della documentazione di commessa;<br />
• ogni elenco deve portare un codice di riconoscimento e la data di emissione;<br />
• ogni elenco deve contenere la data di emissione dell’ultima versione di ciascun disegno;<br />
• l’elenco deve portare evidenziati i disegni aggiornati ed ogni differenza rispetto<br />
all’elenco precedente;<br />
• al momento del ricevimento del disegno aggiornato, il ricevente deve marcare in<br />
maniera chiara ogni copia in suo possesso della versione superata e restituirla al<br />
responsabile di produzione.<br />
Si è inoltre vista la necessità di estendere l’uso del transmittal anche per i passaggi di<br />
documenti dall’ufficio produzione al reparto produttivo. Per semplicità, è stato predisposto<br />
un modulo unico che contenga la registrazione di tutti e due i passaggi.<br />
1.7.6.4.4.<br />
Ricevimento del Materiale dai Fornitori.<br />
È necessario distinguere due casi: materiale di fornitura e materiale in conto lavorazione.<br />
Il primo è materiale che l’azienda acquista presso i fornitori per la realizzazione<br />
dei prodotti, il secondo è materiale che il cliente invia perché su di esso vengano svolte<br />
operazioni tecnologiche per suo conto.<br />
Ad un opportuno audit sono stati convocati i due magazzinieri ed il responsabile della<br />
programmazione di officina. Si è riscontrato che i magazzinieri - al momento del ricevimento<br />
delle merci ed in conformità alla procedura in loro possesso - svolgono un<br />
controllo visivo dimensionale (rilevando il numero e le dimensioni dei pezzi forniti e la<br />
presenza su di essi dei marchi di certificazione), ed un controllo di corrispondenza con<br />
la bolla di accompagnamento. Dunque, al momento del ricevimento non viene svolto<br />
alcun controllo di corrispondenza con l’ordine emesso. Il materiale viene comunque accettato<br />
con riserva, l’accettazione definitiva del materiale di fornitura avviene dopo i<br />
controlli di piena corrispondenza con le caratteristiche dimensionali, numeriche e qualitative<br />
descritte nell’ordine.<br />
- 1.217 -
1. Il Contesto Produttivo.<br />
È emersa la mancanza di istruzioni per i magazzinieri sul come comportarsi a fronte<br />
di non corrispondenza fra materiale e bolla di accompagnamento e su come svolgere il<br />
controllo dimensionale sui fasci di tubi consegnati avvolti in fogli di plastica saldata, i<br />
quali consentono il controllo solo dei tubi all’esterno del fascio.<br />
Inoltre si è riscontrato che spesso le bolle del materiale di fornitura non portano il<br />
numero dell’ordine, come pure quelle del materiale in conto lavorazione non portano i<br />
codici nel contratto. Questo rende complesso il lavoro di controllo e di accettazione del<br />
materiale. Quindi si è concluso che è necessario provvedere a:<br />
• sollecitare i fornitori perché sulle bolle di accompagnamento del materiale di fornitura<br />
sia sempre citato il numero d'ordine;<br />
• premere sui fornitori perché sulle bolle di accompagnamento del materiale in conto<br />
lavorazione sia sempre citato il codice del contratto;<br />
• indicare esplicitamente nella procedura di accettazione che, appena scaricato il<br />
materiale, deve essere inviata all’ufficio acquisti copia della bolla, perché sia confrontata<br />
con l’ordine;<br />
• integrare la procedura di accettazione con l’autorizzazione al magazziniere di rifiutare<br />
materiale non corrispondente con la bolla di accompagnamento (caso attualmente<br />
non contemplato);<br />
• redigere istruzioni per il controllo visivo dimensionale all’atto del ricevimento del<br />
materiale confezionato, che sarà limitato all’aspetto esterno senza necessità di disfare<br />
gli imballaggi e rinviando il controllo specifico alla fase successiva.<br />
1.7.6.4.5.<br />
Specifiche sui Materiali.<br />
Oltre ad indicare le caratteristiche meccaniche e metallurgiche del materiale, spesso<br />
le specifiche di commessa indicano genericamente che esso deve essere nuovo. In una<br />
commessa si sono avute alcune contestazioni su questo punto, poiché le date dichiarate<br />
per i materiali erano quelle di certificazione e non quelle di produzione o di acquisizione<br />
da parte di SIRZ. Al fine di prevenire il ripetersi di future contestazioni, in sede di<br />
trattativa e di riesame di contratto è stato necessario dedicare maggiore attenzione a<br />
questo punto, evitando in maniera assoluta le indicazioni generiche ed ottenendo la<br />
specificazione di una data limite per la fabbricazione. Si è rivista anche la procedura per<br />
gli ordini, in modo da poter garantire al cliente l’effettiva data di produzione del<br />
materiale anche quando, per l’acquisto, SIRZ non si sia rivolta direttamente al<br />
produttore (cosa che è possibile solo per i grandi volumi) ma ad intermediari o<br />
magazzini periferici. Inoltre, la necessità di fornire anche questa garanzia ha portato ad<br />
una integrazione della procedura per la selezione dei fornitori e ad una revisione<br />
dell’attuale lista dei fornitori ufficiali.<br />
1.7.6.4.6.<br />
Conclusioni.<br />
Dal ciclo di audit interni, si è riscontrata una certa difficoltà per SIRZ a muoversi<br />
nell’ambito della garanzia di qualità. A nostro avviso, tale difficoltà deriva da atteggiamenti<br />
mentali ancora legati al modo di agire dell’impresa artigiana di alto livello e, di<br />
conseguenza, ad una scarsa comprensione dei valori culturali e concettuali della qualità.<br />
<strong>La</strong> realizzazione del sistema qualità è tuttora sentito come obbligo di applicare comportamenti<br />
formali decisi ed imposti dall’alta dirigenza, e non come occasione per ciascuno<br />
di riconsiderare e ridefinire la propria modalità di lavoro al fine di migliorare sia la pro-<br />
- 1.218 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
duzione nella sua globalità (che è l’obiettivo della presidenza), sia la qualità del lavoro<br />
di ciascuno ad ogni livello.<br />
Un’opera di formazione del personale, oltre che di istruzione, fa generalmente parte<br />
dell’attuazione di qualsiasi sistema di qualità 32. Purtroppo, da un canto le imprese non<br />
sono sempre in grado di attuare autonomamente un serio piano di formazione, dall’altro<br />
la mole di lavoro, le scadenze delle diverse commesse, in generale la vivacità della produzione<br />
lasciano ben poco spazio alla formazione ed alle attività in favore del miglioramento<br />
qualitativo, le quali spesso vengono sottovalutate in quanto considerate prive di<br />
ritorno immediato.<br />
Va comunque detto che la presidenza di SIRZ ha coscienza di queste cose ed ha iniziato<br />
a favorire la partecipazione dei vari responsabili a cicli formativi presso agenzie<br />
specializzate, anche in collaborazione con le associazioni di imprese. Conclusa questa<br />
prima fase, sarà possibile affrontare l’ottimizzazione del sistema di qualità già impostato,<br />
evitando gli effetti dell’improvvisazione che finora hanno caratterizzato il lavoro di<br />
revisione interna. Sarà quindi possibile investire tempo e capitale in attività formative<br />
anche per i livelli più bassi, gestite e realizzate all’interno dell’azienda.<br />
Si ritiene che, sebbene anche questa fase della formazione possa essere delegata ad<br />
enti formativi esterni, avendone la possibilità, sia preferibile la sua realizzazione<br />
all’interno dell’azienda, al fine di fornire una preparazione specifica, concreta, comprensibile<br />
ed assimilabile dalla maggioranza del personale.<br />
32 T. Conti, Come costruire la qualità totale, Sperling &Kupfer, 1992<br />
- 1.219 -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
INDICE DEL CAP. 1<br />
1. IL CONTESTO PRODUTTIVO. 1.1<br />
1.1. IL SISTEMA PRODUTTIVO...................................................................... 1.2<br />
1.1.1. Il Prodotto ..................................................................................................... 1.2<br />
1.1.2. Il Mercato...................................................................................................... 1.3<br />
1.1.3. I Parametri Strategici della Produzione ........................................................ 1.5<br />
1.1.4. L’Evoluzione delle Strategie Produttive....................................................... 1.7<br />
1.2. L’ORGANIZZAZIONE DEL PROCESSO PRODUTTIVO.................... 1.9<br />
1.2.1. Alcuni Cenni Storici. .................................................................................... 1.9<br />
1.2.2. <strong>La</strong> Divisione del <strong>La</strong>voro. ............................................................................ 1.10<br />
1.2.2.1. <strong>La</strong> Standardizzazione dei Prodotti...................................................................1.10<br />
1.2.2.2. <strong>La</strong> Rivoluzione Industriale. .............................................................................1.10<br />
1.2.2.3. Lo Studio Scientifico del <strong>La</strong>voro. ...................................................................1.11<br />
1.2.2.4. Le Relazioni Umane........................................................................................1.11<br />
1.2.2.5. I Modelli Decisionali.......................................................................................1.11<br />
1.2.2.6. <strong>La</strong> Gestione della Produzione..........................................................................1.12<br />
1.2.2.7. <strong>La</strong> Funzione Produttiva. ..................................................................................1.13<br />
1.2.3. Il Sistema Produttivo, in quanto Sede delle Trasformazioni. ..................... 1.14<br />
1.2.4. Il Quadro delle Decisioni Operative. .......................................................... 1.16<br />
1.2.5. Un Altro Modo di Vedere le Decisioni Operative...................................... 1.19<br />
1.2.6. Produttori di Beni e Servizi. ....................................................................... 1.20<br />
1.2.7. <strong>La</strong> Strategia Operativa. ............................................................................... 1.22<br />
1.2.7.1. Un Modello di Strategia Operativa..................................................................1.23<br />
1.2.7.1.1. <strong>La</strong> Strategia Generale dell’Organizzazione.........................................................1.23<br />
1.2.7.1.2. Analisi Interna ed Esterna. ..................................................................................1.24<br />
1.2.7.1.3. <strong>La</strong> Missione Operativa. .......................................................................................1.25<br />
1.2.7.1.4. <strong>La</strong> Competenza Distintiva...................................................................................1.25<br />
1.2.7.1.5. Gli Obiettivi Operativi. .......................................................................................1.25<br />
1.2.7.1.6. Le Politiche Produttive........................................................................................1.27<br />
1.2.7.1.7. Tattica e Risultati. ...............................................................................................1.28<br />
1.2.7.2. Tipi di Strategia Produttiva. ............................................................................1.28<br />
1.2.7.3. Risposta ai Fattori Esterni. ..............................................................................1.30<br />
1.2.7.4. I Mercati Internazionali. ..................................................................................1.31<br />
1.2.7.5. L’Attività Produttiva Mirata............................................................................1.32<br />
1.2.7.6. <strong>La</strong> Curva dell’Esperienza. ...............................................................................1.34<br />
1.2.7.7. I Passi verso L’Efficienza Operativa...............................................................1.36<br />
1.2.7.7.1. 1° livello..............................................................................................................1.36<br />
1.2.7.7.2. 2° livello..............................................................................................................1.37<br />
1.2.7.7.3. 3° livello..............................................................................................................1.37<br />
1.2.7.7.4. 4° livello..............................................................................................................1.38<br />
1.3. CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI INDUSTRIALI .................... 1.39<br />
1.3.1. Tipologie di Produzione.............................................................................. 1.41<br />
1.3.2. <strong>Impianti</strong> di Produzione................................................................................ 1.42<br />
1.3.2.1. <strong>La</strong> Classificazione per Tipo di Flusso. ............................................................1.44<br />
1.3.2.1.1. Processo in Linea. ...............................................................................................1.45<br />
1.3.2.1.2. Processo a Flusso Intermittente (Job-Shop). .......................................................1.46<br />
1.3.2.1.3. Processo a Flusso su Progetto. ............................................................................1.48<br />
1.3.2.2. <strong>La</strong> Classificazione per Tipo di Ordinativo. .....................................................1.50<br />
1.3.2.2.1. Processo Make-to-Order. ....................................................................................1.51<br />
- 1-i -
1. Il contesto Produttivo<br />
1.3.2.2.2. Processo Make-to-Stock..................................................................................... 1.52<br />
1.3.2.2.3. Confronto tra Make-to-Order e Make-to-Stock.................................................. 1.53<br />
1.3.3. <strong>Impianti</strong> di Servizio.....................................................................................1.54<br />
1.4. LO STUDIO DI FATTIBILITA’................................................................1.56<br />
1.4.1. Lo Studio del Mercato.................................................................................1.57<br />
1.4.1.1. Rischi Assunti dall’Impresa e Loro Copertura ............................................... 1.57<br />
1.4.1.2. Individuazione del Prezzo di Vendita e del Volume delle Vendite<br />
Aziendali......................................................................................................... 1.59<br />
1.4.1.2.1. Variazioni delle Condizioni dell’Offerta............................................................ 1.60<br />
1.4.1.2.2. Variazione delle Condizioni della Domanda...................................................... 1.62<br />
1.4.1.2.3. <strong>La</strong> Variabile Tempo............................................................................................ 1.64<br />
1.4.2. Lo Studio del Prodotto. ...............................................................................1.65<br />
1.4.2.1. Ricerca, Sviluppo ed Ingegnerizzazione......................................................... 1.67<br />
1.4.2.2. Il Ciclo di Vita del Prodotto............................................................................ 1.72<br />
1.4.2.3. Studio di Fattibilità del Prodotto..................................................................... 1.75<br />
1.4.2.4. Progetto Funzionale del Prodotto. .................................................................. 1.76<br />
1.4.2.5. Progetto della Forma del Prodotto e dell’Imballaggio.................................... 1.78<br />
1.4.2.6. Il Progetto del Processo Produttivo. ............................................................... 1.78<br />
1.4.2.6.1. Gamma di Prodotti. ............................................................................................ 1.81<br />
1.4.2.6.2. Processo di Sviluppo della Tecnologia............................................................... 1.86<br />
1.4.2.6.3. Strategie di Introduzione del Nuovo Prodotto. ................................................... 1.88<br />
1.4.2.6.4. <strong>La</strong> Scelta della Tecnologia. ................................................................................ 1.91<br />
1.4.2.7. <strong>La</strong> Tecnologia e la Dirigenza.......................................................................... 1.92<br />
1.4.2.8. <strong>La</strong> Tecnologia e l’Ambiente Sociale. ............................................................. 1.93<br />
1.4.2.9. <strong>La</strong> Fabbrica del Futuro. .................................................................................. 1.94<br />
1.4.2.9.1. Il CAD................................................................................................................ 1.95<br />
1.4.2.9.2. Il CAM. .............................................................................................................. 1.96<br />
1.4.2.9.3. Il CIM................................................................................................................. 1.99<br />
1.4.2.9.4. <strong>La</strong> Robotica. ..................................................................................................... 1.101<br />
1.4.2.9.5. <strong>La</strong> Giustificazione della Fabbrica del Futuro. .................................................. 1.102<br />
1.4.2.9.6. <strong>La</strong> Giustificazione Economica <strong>degli</strong> Investimenti. L’Analisi Finanziaria........ 1.103<br />
1.4.3. I Criteri Progettuali dei Sistemi Produttivi................................................1.105<br />
1.4.3.1. Gli Assiomi nella <strong>Progettazione</strong> dei Sistemi Produttivi. .............................. 1.106<br />
1.4.3.1.1. L’Automazione dei Sistemi Produttivi Manifatturieri...................................... 1.106<br />
1.4.3.1.2. Il Decentramento Produttivo. ........................................................................... 1.107<br />
1.4.3.1.3. Il JIT e la Lean-production. .............................................................................. 1.108<br />
1.4.3.1.4. Il Benchmarking. .............................................................................................. 1.109<br />
1.4.3.2. Alcune Conseguenze. ................................................................................... 1.112<br />
1.4.3.3. Una Possibile Via di Superamento. .............................................................. 1.115<br />
1.4.3.4. Qualche Ulteriore Spunto. ............................................................................ 1.116<br />
1.4.4. L’Analisi del Flusso del Processo. ............................................................1.119<br />
1.4.4.1. Il Processo di Trasformazione come Sistema............................................... 1.119<br />
1.4.4.2. L’Analisi mediante la Stesura del Flowchart................................................ 1.120<br />
1.4.4.3. L’Analisi del Flusso dei Materiali. ............................................................... 1.121<br />
1.4.4.3.1. Un Modo Giapponese per Migliorare il Flusso dei Materiali e delle<br />
Informazioni. .................................................................................................... 1.126<br />
1.4.4.3.2. Applicazione della Metodologia Kaizen all’Ergonomia................................... 1.127<br />
1.4.4.4. <strong>La</strong> Modellazione dei Flussi del Processo...................................................... 1.130<br />
1.4.5. <strong>La</strong>y-out dell’Impianto. ..............................................................................1.131<br />
1.4.5.1. <strong>La</strong>y-out dei Processi Intermittenti. ............................................................... 1.132<br />
1.4.5.1.1. I Criteri Quantitativi. ........................................................................................ 1.133<br />
1.4.5.1.2. I Criteri Qualitativi. .......................................................................................... 1.137<br />
1.4.5.1.3. Pianificazione del <strong>La</strong>y-Out al Computer. ......................................................... 1.139<br />
1.4.5.1.3.1. CRAFT (Computerized-Relative-Allocation-of-Facilities). ................. 1.139<br />
1.4.5.1.3.2. ALDEP (Automated-<strong>La</strong>y-out-Design-Program)................................... 1.140<br />
1.4.5.1.3.3. Decisioni di <strong>La</strong>y-Out............................................................................. 1.141<br />
- 1-ii -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
1.4.5.2. <strong>La</strong>y-out dei Processi in Linea........................................................................1.141<br />
1.4.5.2.1. Bilanciamento delle Catene di Montaggio ........................................................1.142<br />
1.4.5.2.2. Alternative alle Linee di Montaggio Tradizionali .............................................1.148<br />
1.4.6. Il Ruolo dell’Ingegnere <strong>Impianti</strong>sta.......................................................... 1.149<br />
1.5. LA GESTIONE DELLA QUALITÀ ....................................................... 1.153<br />
1.5.1. Il Legame tra Qualità e Produttività. ........................................................ 1.156<br />
1.5.2. I Costi della Qualità. ................................................................................. 1.158<br />
1.5.2.1. Raccolta e Valutazione dei Dati di Costo......................................................1.159<br />
1.5.2.2. Rapporto dei Costi Operativi per la Qualità. .................................................1.160<br />
1.5.2.3. Costi di Prevenzione......................................................................................1.162<br />
1.5.2.4. Costi di Valutazione ......................................................................................1.163<br />
1.5.2.5. Costi di Nonconformità Interna.....................................................................1.164<br />
1.5.2.6. Costi di Nonconformità Esterna. ...................................................................1.165<br />
1.5.2.7. Costi Indiretti della Qualità ...........................................................................1.165<br />
1.5.2.8. Interventi per la Riduzione dei Costi della Qualità. ......................................1.166<br />
1.5.2.9. Controllo dei Costi della Qualità...................................................................1.168<br />
1.5.2.10. L’Analisi dei Difetti. .....................................................................................1.170<br />
1.5.2.10.1. Analisi di Pareto................................................................................................1.170<br />
1.5.2.10.2. Diagramma Causa-Effetto.................................................................................1.172<br />
1.5.3. Metodi per il Miglioramento della Qualità............................................... 1.174<br />
1.5.4. Gestione della Qualità Totale. .................................................................. 1.178<br />
1.6. LA CERTIFICAZIONE PER LA GARANZIA DELLA QUALITÀ... 1.182<br />
1.6.1. Il Contesto Europeo .................................................................................. 1.182<br />
1.6.2. <strong>La</strong> Qualità nel Mercato Europeo............................................................... 1.182<br />
1.6.3. Qualità e Norme Internazionali................................................................. 1.183<br />
1.6.4. <strong>La</strong> Certificazione....................................................................................... 1.183<br />
1.6.4.1. Identificare i Propri Prodotti..........................................................................1.184<br />
1.6.4.2. Identificare le Direttive Applicabili...............................................................1.184<br />
1.6.4.3. Identificare i Requisiti Essenziali Applicabili...............................................1.185<br />
1.6.4.4. Identificare le Norme Tecniche Applicabili ..................................................1.185<br />
1.6.4.5. Approntare la Documentazione Necessaria...................................................1.185<br />
1.6.4.6. Identificare l’Ente di Certificazione Notificato.............................................1.186<br />
1.7. SIRZ, UN’AZIENDA PER LA PRODUZIONE DI PEZZI UNICI. .... 1.189<br />
1.7.1. <strong>La</strong> Qualità in SIRZ.................................................................................... 1.191<br />
1.7.1.1. Ottenimento della Qualità. ............................................................................1.192<br />
1.7.1.2. Garanzia della Qualità. ..................................................................................1.194<br />
1.7.2. Le Attività di Riesame. ............................................................................. 1.195<br />
1.7.2.1. L’Esame Preliminare.....................................................................................1.195<br />
1.7.2.2. Il Riesame del Progetto. ................................................................................1.196<br />
1.7.2.2.1. IL Riesame dei Calcoli......................................................................................1.196<br />
1.7.2.2.2. Il Riesame dei Disegni. .....................................................................................1.197<br />
1.7.2.2.3. Le Check-List....................................................................................................1.197<br />
1.7.2.3. I Riesami Successivi......................................................................................1.197<br />
1.7.3. <strong>La</strong> Documentazione in Azienda................................................................ 1.200<br />
1.7.3.1. <strong>La</strong> Gestione della Documentazione nell’Azienda Prototipica.......................1.202<br />
1.7.4. <strong>La</strong> Politica delle Forniture. ....................................................................... 1.205<br />
1.7.4.1. Le Responsabilità del Fornitore.....................................................................1.206<br />
1.7.4.2. Le Forniture in SIRZ. ....................................................................................1.206<br />
1.7.5. Nonconformità e Valutazione <strong>degli</strong> Errori. .............................................. 1.208<br />
1.7.6. Il Metodo dell’Audit ................................................................................. 1.211<br />
1.7.6.1. I Tipi di Audit................................................................................................1.211<br />
1.7.6.2. L’Audit e l’Azienda Prototipica. ...................................................................1.212<br />
- 1-iii -
1. Il contesto Produttivo<br />
1.7.6.3. Gli Audit in SIRZ. ........................................................................................ 1.215<br />
1.7.6.4. <strong>Impianti</strong> di Produzione ................................................................................. 1.215<br />
1.7.6.4.1. Diffusione ed Uso delle Procedure................................................................... 1.215<br />
1.7.6.4.2. Redazione ed Aggiornamento delle Procedure................................................. 1.216<br />
1.7.6.4.3. Aggiornamento dei Disegni.............................................................................. 1.217<br />
1.7.6.4.4. Ricevimento del Materiale dai Fornitori........................................................... 1.217<br />
1.7.6.4.5. Specifiche sui Materiali.................................................................................... 1.218<br />
1.7.6.4.6. Conclusioni....................................................................................................... 1.218<br />
INDICE DELLE FIGURE DEL CAP. 1<br />
fig. 1.1. Discipline di studio nella gestione industriale. ...................................................... 1.13<br />
fig. 1.2. Una rappresentazione schematica del sistema produttivo...................................... 1.15<br />
fig. 1.3. Modello della strategia operativa........................................................................... 1.24<br />
fig. 1.4. Andamento dei costi di produzione con vari tassi di esperienza. .......................... 1.35<br />
fig. 1.5. Schema delle trsformazioni dell’energia e delle sue utilizzazioni nell’industria<br />
di produzione e negli impianti industriali ............................................................ 1.39<br />
fig. 1.6. Classificazione delle produzioni industriali........................................................... 1.41<br />
fig. 1.7. Classificazione <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> di Produzione ........................................................ 1.43<br />
fig. 1.8. Tipi di processi in linea <strong>degli</strong> impianti industriali. ................................................ 1.45<br />
fig. 1.9. Modello del flusso nella produzione intermittente. ............................................... 1.47<br />
fig. 1.10. Modello di flusso nella produzione su progetto................................................... 1.48<br />
fig. 1.11a. Schema di processo di produzione secondo il principio del make-to-order. ....... 1.51<br />
fig. 1.11b. Schema di processo di produzione secondo il principio del make-to-stock. ....... 1.52<br />
fig. 1.12. Classificazione <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> di Servizio ........................................................... 1.55<br />
fig. 1.13. Schema della realizzazione di un impianto di produzione ed esplosione della<br />
fase dello Studio di Fattibilità.............................................................................. 1.56<br />
fig. 1.14. Quadro riepilogativo delle previsioni della domanda di mercato........................ 1.59<br />
fig. 1.15. Curve della Domanda e dell’Offerta del mercato concorrenziale del Carbone<br />
nel mondo (2002)................................................................................................. 1.60<br />
fig. 1.16. Effetto della variazione del prezzo del carbone sulla: a) curva di offerta di un<br />
bene; b) curva della domanda. ............................................................................. 1.62<br />
fig. 1.17. Andamento dei prezzi di cavolfiore in funzione del tempo, in assenza di<br />
fenomeni perturbatori (2003)............................................................................... 1.64<br />
fig. 1.18. Processo di sviluppo di un nuovo prodotto.......................................................... 1.69<br />
fig. 1.19. Curva di mortalità delle idee di un nuovo prodotto. ............................................ 1.70<br />
fig. 1.20. Ciclo di vita del prodotto. .................................................................................... 1.74<br />
fig. 1.21. Diagramma di flusso per le decisioni di prodotto............................................... 1.75<br />
fig. 1.22. Matrice della relazione tra prodotto e processo. .................................................. 1.79<br />
fig. 1.23. Modello economico della varietà di gamma........................................................ 1.82<br />
fig. 1.24. Approccio simultaneo del trasferimento di tecnologia. ....................................... 1.87<br />
fig. 1.25. Mancanza di integrazione interfunzionale nel progetto di un’altalena (da<br />
R.G. Schröder). .................................................................................................... 1.89<br />
fig. 1.26. Modello dinamico dell’innovazione prodotto-processo. ..................................... 1.90<br />
fig. 1.27a. <strong>La</strong>y-out tradizionale per una produzione intermittente........................................ 1.96<br />
fig. 1.27b. <strong>La</strong>y-out per una produzione secondo la group-technology.................................. 1.96<br />
fig. 1.28. <strong>La</strong>y-out di un FMS............................................................................................... 1.97<br />
fig. 1.29. Posizionamento dei sistemi produttivi nella matrice produzione-varietà di<br />
prodotto................................................................................................................ 1.98<br />
fig. 1.30. Classificazione <strong>degli</strong> strumenti CIM. ................................................................ 1.101<br />
fig. 1.31. Vista esplosa di un corpo caldaia domestica <strong>degli</strong> anni ’80. E’ messo in<br />
evidenza il particolare programmato in fig. 1.32............................................... 1.122<br />
fig. 1.32. Scheda di lavorazione del pozzetto del termostato di regolazione di fig. 1.31.. 1.123<br />
- 1-iv -
L. Rosa, <strong>La</strong> <strong>Progettazione</strong> <strong>degli</strong> <strong>Impianti</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>Meccanici</strong><br />
fig. 1.33. Elemento del flowchart del processo di assemblaggio dell’insieme di fig.<br />
1.31. ....................................................................................................................1.124<br />
fig. 1.34. Simboli unificati per la compilazione della scheda del flusso dei materiali.......1.124<br />
fig. 1.35. Scheda del processo di flusso nell’assemblaggio del particolare di fig. 1.31.....1.125<br />
fig. 1.36. Tipi di blocchi usati nel flowchart......................................................................1.130<br />
fig. 1.37. Matrice dei trasferimenti per settimana Tij tra le locazioni i e j nei due sensi. ..1.135<br />
fig. 1.38. Matrice dei costi di trasferimenti per unità di carico Cij (in € per metro e per<br />
trasferimento) tra le locazioni i e j......................................................................1.135<br />
fig. 1.39. <strong>La</strong>y-out iniziale...................................................................................................1.135<br />
fig. 1.40. Matrice delle distanze Dij tra le locazioni i e j, sulla base della disposizione<br />
di fig. 1.39...........................................................................................................1.136<br />
fig. 1.41. Matrice dei costi Cij, sulla base della disposizione di fig. 1.39. .........................1.136<br />
fig. 1.42. Esempio di lay-out di supermercato. ..................................................................1.138<br />
fig. 1.43. Esploso del triciclo da montare in catena. ..........................................................1.143<br />
fig. 1.44. Diagramma di flusso del montaggio del triciclo di fig. 1.43. .............................1.144<br />
fig. 1.45. Diagramma delle precedenze nel montaggio del triciclo di fig. 1.43.................1.146<br />
fig. 1.45. Carta di controllo x ............................................................................................1.157<br />
fig. 1.46. Curve dei costi diretti della qualità.....................................................................1.165<br />
fig. 1.47. Curve dei costi diretti, indiretti e totali...............................................................1.166<br />
fig. 1.48. Diagramma di Pareto dei difetti del circuito stampato. ......................................1.171<br />
fig. 1.49. Diagramma elementare causa-effetto. ................................................................1.172<br />
fig. 1.50. Diagramma causa-effetto più completo..............................................................1.173<br />
fig. 1.51. Schema di un processo produttivo......................................................................1.174<br />
fig. 1.52. Diagramma delle fasi di impiego dei metodi di miglioramento della qualità. ...1.175<br />
fig. 1.53. Applicazione delle tecniche di pianificazione della qualità per la sistematica<br />
riduzione della variabilità di processo. ...............................................................1.176<br />
fig. 1.54. Circolo della Qualità applicato all’intera vita del prodotto. ...............................1.180<br />
fig. 1.55. Procedure di valutazione della conformità secondo la normativa europea.........1.188<br />
fig. 1.56. Struttura dirigenziale di SIRZ.............................................................................1.190<br />
INDICE DELLE TABELLE DEL CAP. 1<br />
tab. 1.I. Le priorità competitive in Europa, Stati Uniti e Giappone.......................................1.8<br />
tab. 1.II. Le priorità delle strategie di mercato in Europa, Stati Uniti e Giappone..................1.8<br />
tab. 1.III. Esempi di sistemi produttivi.................................................................................1.15<br />
tab. 1.IV. Decisioni operative di progetto e di utilizzazione. ...............................................1.20<br />
tab. 1.V. Produttori di beni e di servizi. ................................................................................1.22<br />
tab. 1.VI. Tipici obiettivi operativi. ......................................................................................1.26<br />
tab. 1.VII. Esempi di importanti politiche operative..............................................................1.28<br />
tab. 1.VIII. Alternative strategiche..........................................................................................1.29<br />
tab. 1.IX. Caratteristiche dei processi...................................................................................1.49<br />
tab. 1.X. Confronto tra processo make-to-stock e make-to-order. ........................................1.53<br />
tab. 1.XI. Schema dello studio del prodotto..............................................................................1.67<br />
tab. 1.XII. Effetto dell’integrazione.....................................................................................1.103<br />
tab. 1.XIII. Analisi comparativa tra le caratteristiche del Kaizen e dell’innovazione...........1.126<br />
tab. 1.XIV. Reparti dell’azienda produttrice di tosaerba e spazzaneve. ................................1.134<br />
tab. 1.XV. Operazioni di assemblaggio del triciclo di fig. 1.43...........................................1.145<br />
tab. 1.XVI. Ordinamento delle operazioni sul triciclo per numero di predecessori. .............1.146<br />
tab. 1.XVII. Bilanciamento della linea con la regola Kilbridge e Wester. .............................1.146<br />
tab. 1.XVIII. I costi diretti della qualità..............................................................................1.163<br />
tab. 1.XIX. Organizzazioni italiane di certificazione accreditate (al luglio 1993). ...............1.186<br />
tab. 1.XX. Organizzazioni europee di certificazione (al dicembre 1992)............................1.187<br />
- 1-v -
UNIVERSITA' DI PADOVA<br />
FACOLTA' DI INGEGNERIA<br />
DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA MECCANICA<br />
LA PROGETTAZIONE DEGLI IM-<br />
PIANTI INDUSTRIALI MECCANICI<br />
Vol. 1<br />
1. IL CONTESTO PRODUTTIVO.<br />
A1. APPENDICE AL CAP. 1<br />
Lorenzo Rosa<br />
Anno Accademico 2003-2004