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P. EUSEBIO NIEREMBERG, S. J. LA VOLONTÀ DI DIO O STRADA ...

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utilità e giovamento che gettar via da noi questa spada, con la quale ci feriamo, versare questo<br />

veleno, che ci attossica, seppellire, abbruciare questo strumento de' nostri danni, cacciare dalle<br />

anime nostre questo demonio, che ci molesta. E però non senza ragione il santo Pamenes rispose ad<br />

uno, che si lamentava di essere combattuto dai demoni, dicendo: Non combattono con noi i demoni,<br />

quando facciamo le nostre volontà; perché esse ci servono di demoni, che ci tribolano e<br />

combattono.<br />

La nostra propria volontà è lo spirito più maligno, che ci fa cadere: il coltello più acuto, che ci<br />

tronca il collo: il veleno più potente, che ci ammazza: la morte più micidiale, che ci priva della vita.<br />

Con ragione S. Anselmo la paragonò a un'erba velenosa e mortifera, va meravigliandosi il santo,<br />

che, dopo di aver noi veduto per esperienza la morte che cagionò a' nostri primi padri, non<br />

tremiamo da capo a' piedi della sua malizia, la quale egli dichiara con una similitudine, così: La<br />

volontà propria è simile a un'erba velenosa e mortifera, la quale un savio medico ha proibito che ne<br />

mangino quelli di una certa famiglia, sotto pena di riempirsi di lebbra e di quella senza dubbio<br />

morire. Ma essi, non facendo caso della minaccia, ne hanno mangiato, e subito si sono riempiuti di<br />

lebbra, generando figliuoli lebbrosi, e finalmente morirono.<br />

E i loro figliuoli sono sì stolti, che conoscendo il male che quel cibo ha causato a' loro genitori e a<br />

sé stessi, tuttavia non cercano e non mangiano avidamente altro che quest' erba: e ogni lor vivanda<br />

con questa mala erba condiscono: la mattina, subito levatisi da letto, mangiano di quella, come fosse<br />

per loro medicina salutare, e il medesimo fanno, quando vanno a dormire. Chi è che nell'udir<br />

questo, non reputi questa gente senza giudizio? Ma è maggior sciocchezza e pazzia il dolersi della<br />

nostra propria volontà, poiché essa è quell' erba del demonio, velenosa e pestilenziale a tutti coloro<br />

che l'adoprano; perciò Dio la proibì a' nostri primi padri, quando vietò loro di mangiare dei frutti di<br />

un albero. Ma essi, soddisfacendo la propria volontà, calpestarono quella di Dio, e così, fatti<br />

peccatori e morendo nell'anima, generarono parimenti figliuoli peccatori. E con tutto ciò non si<br />

trova cosa che gli uomini maggiormente cerchino, che la propria volontà, che vanno mescolando in<br />

tutto ciò che fanno. Veramente non vi ha uomo più stolto e pazzo di costoro, i quali non adoprano<br />

cosa con maggior gusto che la lor morte nascosta nella loro propria volontà. In questa maniera<br />

dichiarò S. Anselmo qualche parte dei danni, che si trovano nel fare la nostra volontà e la grande<br />

stoltezza nostra di non tremare. Ma ancorché non avessimo altro che temere della nostra volontà,<br />

solo per castigare e far vendetta di chi ci ha fatto tanti mali, anche temporali, non lo dobbiamo<br />

obbedire.<br />

Che sarà poi, se considereremo i danni spirituali e la perdita dei beni eterni? Quante volte ci siamo<br />

veduti con un piè nell'inferno, per seguire la nostra volontà? Di quanti doni divini ci siamo<br />

malamente serviti, disprezzando infinite volte la grazia e il sangue del Figliuolo di Dio? E quale<br />

maggiore soddisfazione dell'assicurare noi stessi di noi medesimi, che si ottiene con fare la volontà<br />

di Dio e non la nostra? E qual maggiore utilità di essere sicuri di scegliere il meglio, guardando ad<br />

un punto sicuro, che è la volontà divina, la quale vuole solamente quello che è bene per noi? Che<br />

cosa è più giovevole che il ritrovare un'arte di far sempre ciò che è più utile? Poiché veramente non<br />

possiamo desiderare cosa migliore, né più utile per noi. di quello che Dio ci desidera. Poiché il<br />

volere e desiderare bene ad uno nasce dall'amore che gli si porta: e tanto maggiore è questa volontà<br />

e desiderio di bene, quanto maggiore è l'amore. Ora amandoci Dio assai più incomparabilmente di<br />

quello, che noi amiamo noi stessi, ci desidera e vuole più bene incomparabilmente, che non ci<br />

desideriamo noi medesimi. Dall'altra parte Dio non può errare in conoscere quello che conviene per<br />

noi; perché è sapienza infinita e la sua provvidenza non è come la nostra esposta a pericolo di<br />

inganni.<br />

Noi non sappiamo quello che è bene per noi; e però se non vogliamo errare, dobbiamo seguire il<br />

suo gusto e la sua volontà, che sempre cerca il nostro bene, senza ingannarsi in esso: e ce lo<br />

desidera infinitamente più di quello, che ce lo possiamo desiderare noi medesimi. Di modo che non<br />

ci è cosa più utile per noi di quello che Dio vuole. E però se noi non vogliamo male a noi stessi, non<br />

dobbiamo volere altra cosa. Oh come fa vergogna Epitetto filosofo a molti cristiani, mentre<br />

riprendendoci, dice: Uomo ignorantissimo, desideri per avventura altra cosa che quello che è

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