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P. EUSEBIO NIEREMBERG, S. J. LA VOLONTÀ DI DIO O STRADA ...

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desiderando un pesce che non si trovava, glielo mandò Dio miracolosamente. Altrettanto successe<br />

all'apostolico padre Pietro Canisio della Compagnia di Gesù: desiderando questi in un' infermità di<br />

mangiare un uccello, che non si era potuto trovare, il meschino uccello entrò per la finestra della<br />

camera e andò nelle mani degli infermieri.<br />

Finalmente concede Iddio tanto liberalmente quello che gli chiedono i giusti, che, dice Davide,<br />

tiene sempre rivolti ad essi i suoi occhi per veder che cosa vogliono, e tende i suoi orecchi alle loro<br />

domande per adempirle. Se Iddio dunque così adempie la volontà umana, quando è giusta, perché<br />

non avremo cura pur noi di adempire la volontà divina, che è tanto giusta, quanto è la legge e la<br />

forma della giustizia e santità. E se si gloriava il figliuolo di Temistocle, che stava in sua mano il<br />

fare del popolo ateniese quello che voleva, perché nel voler egli una cosa, subito la voleva anche<br />

sua madre, e in volerla sua madre, subito la voleva suo marito, e nel volerla Temistocle, subito la<br />

volevano tutti quelli di Atene; con quanta maggior ragione si potrà rallegrare un giusto che in sua<br />

mano sta il poter divino, e che tutto quello che vuole, lo vogliono tutte le creature, tutti gli angeli,<br />

tutte le anime beate! E, ciò perché conforma la sua volontà con quella di Dio, con la quale sono<br />

conformati tutti i cittadini del cielo.<br />

Consideriamo ancora, come Iddio non solo inclina la sua volontà a quella degli uomini e<br />

l'adempie, quando desiderano alcuna cosa per bene dell'anima loro; ma di più fa tutto il bene che<br />

noi desidereremmo se lo conoscessimo, e più, di quello ancora che non avremmo ardire di<br />

desiderare, prevenendo sua Divina Maestà la nostra volontà e i nostri desideri. Chi è, prima che Dio<br />

ce lo promettesse, che desiderasse, come cosa possibile, o avesse ardire di domandare che il Figlio<br />

di Dio si incarnasse per lui?... che morisse tanto ignominiosamente?... che si nascondesse in un<br />

poco di pane e si desse in cibo a' suoi vili schiavi?<br />

Dunque quei desideri che noi ci saremmo vergognati di avere, Iddio non ebbe cuore di lasciare di<br />

adempirli, solo perché tornavano in nostro pro. Chiaro è che questo richiede gratitudine e una<br />

corrispondenza simile, adempiendo il gusto di Dio e i suoi desideri che sono tutti in favore nostro e<br />

per bene degli uomini. Epperò tutti i nostri affetti e desideri e opere devono essere per Dio; e<br />

tuttavia non li soddisfacciamo, né gli offeriamo quell'olocausto di noi stessi, che merita il suo<br />

supremo dominio e quell'infinito diritto che egli tiene nelle nostre volontà, le quali gli dobbiamo<br />

sacrificare. Il qual sacrificio è il più, grato a sua divina Maestà che uno le può offrire di sé, perché<br />

in questo sacrificio non solo offre a Dio le sue cose, ma sé medesimo.<br />

Da quello che si è detto si cava ancora una ragione molto forte di non cercare la nostra propria<br />

volontà, vedendo che Dio, sebbene egli solo abbia il diritto di fare la sua propria volontà, ad ogni<br />

modo non la fa, ma fa quello che é bene per i suoi predestinati; poiché questo non é avere volontà<br />

propria, ma comune, volendo quello che per sé stessi dovrebbero volere gli uomini, e non facendo,<br />

né volendo alcuna cosa che non sia utile a' suoi eletti; acciocché noi ancora non abbiamo volontà<br />

propria, ma comune con Dio, non facendo, né volendo cosa che non sia onor suo: il che solo é<br />

quello che ci può essere giovevole.<br />

Oltre tutto questo, Dio ha acquistato un nuovo diritto; che noi in tutto lo seguitiamo e ci<br />

conformiamo con la sua santissima volontà, per il cattivo conto che abbiamo dato della nostra, e per<br />

il quale ci siamo rovinati. Poiché, siccome un uomo prodigo o uno che é divenuto forsennato perde<br />

ogni diritto che tiene a governare la sua roba, dandosi dalle leggi azione ad altri per governarla e<br />

disporne in profitto di lui, nella medesima maniera e con molto maggior causa noi abbiamo perduto,<br />

per i nostri peccati, ogni diritto di fare la nostra volontà, se pur ne avevamo alcuno. Dobbiamo però<br />

sopra tutto aver sempre nella memoria e nel cuore la più forte ragione, la più stretta obbligazione, il<br />

più forte e rigoroso diritto che ha Dio, che noi gli diamo gusto: ed é 1'essergli chi é, infinitamente<br />

buono, perfetto, bello, saggio, maestoso, onnipotente, insomma, ogni bene.<br />

Nessuna ragione e nessun diritto, che abbiamo allegato, é maggiore di questo, sebbene é il meno<br />

inteso. Questo d'esser Dio chi é, sommo bene e la somma di tutti i beni, non solo invita, né solo<br />

obbliga, ma forza e necessita di sua natura ad adempire in tutto il suo gusto e a non cercar altra<br />

cosa. La ragione é perché la nostra volontà è stata fatta per amare il bene, e dove si trova il sommo<br />

bene e tutti i beni uniti insieme, e si conosce come é in sé stesso, non può lasciare di amarlo, e

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