P. EUSEBIO NIEREMBERG, S. J. LA VOLONTÀ DI DIO O STRADA ...
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é occasione di essi co' suoi errori, o non sapendoli sopportare, fa che ci cagionino non poco senso e<br />
afflizione; il che non sarebbe, se ella non volesse e si sapesse accomodare alla ragione, non ponendo<br />
il suo affetto in cose, che cagionino molestia, né camminando, per dir così, tra i carboni accesi. Non<br />
ci è male, se ella non ripugnasse, che ci potesse affliggere. Essa finalmente è quella, che fabbrica e<br />
mantiene quante sorti di mali e di tormenti si trovano così in questa vita, come nell'altra; fino al<br />
medesimo inferno esso lo sostiene. Dunque per castigare tanti danni e vendicarci tanto giustamente<br />
di tanto grande nemico, dobbiamo molto mortificarci. Si aggiunge a questo che se non diamo noi in<br />
questa vita spontaneamente e privatamente il dovuto supplizio alla nostra volontà, si dovrà dare in<br />
pubblico e sforzatamente nell'inferno o nel purgatorio; perciò é meglio che ci assicuriamo che non<br />
ci faccia tanti danni. Non sarebbe un gran privilegio se per uno non ci fosse purgatorio, né inferno, e<br />
che stesse in sua mano il togliere dal mondo l'inferno? Ora, con la mortificazione e annegazione<br />
della propria volontà, può uno far questo, per quanto tocca a lui. Onde disse S. Bernardo: «Cessi la<br />
propria volontà, e non ci sarà inferno.»<br />
CAPO XIX.<br />
I gradi della mortificazione, necessari per adempire in tutto la volontà di Dio.<br />
Non mi contento di aver commendata in generale la mortificazione; importerà molto far conoscere<br />
più in particolare i gradi che di essa ci sono, affinché l'anima, desiderosa del suo bene, sappia dove<br />
ha da porre il piede e gli scalini. per i quali salire lino ad abbracciarsi col suo amato Gesù, e<br />
crocifiggersi con lui, spogliata interamente della sua volontà e d'ogni proprietà, facendo in tutto la<br />
volontà divina, obbedientissima al gusto di Dio sino alla morte e morte dolcissima di croce, la<br />
quale, sebbene a Gesù fu molto amara, a noi rende saporosa e melliflua la nostra mortificazione. Per<br />
il che si deve avvertire che la mortificazione e annegazione della propria volontà deve essere in tutte<br />
le cose; e chi dice tutte, non ne eccettua alcuna, né grande, né piccola. Questa é una regola generale,<br />
che non ha eccezione alcuna; perché questa rassegnazione e questa privazione del proprio volere<br />
deve essere in tutto quello, in cui si attacca qualche poco del proprio gusto e in tutte quante le<br />
creature e gusti, che si trovano, in tutti i sentimenti e potenze, in tutto il corpo e anima, nelle cose<br />
spirituali e divine, e anche nelle ansietà di servire al medesimo Dio.<br />
In tutto deve uno spropriare di sé medesimo e di ogni suo volere, non facendo, né desiderando, né<br />
immaginando cosa da sé medesimo, né per suo gusto, ancorché sia buona, ma solo per gusto di Dio.<br />
Tutto questo dichiareremo appresso, affinché sappiamo la meta dove dobbiamo correre con tutte le<br />
forze, e, se non vi giungeremo, ci vergogniamo della nostra fiacchezza in cosa di tanta importanza e<br />
che unicamente é bene per noi.<br />
Determinato dunque uno di non far mai eternamente la sua volontà e di spropriarsi di sé stesso e<br />
di tutte le cose, con che si riempirà di somma consolazione e dolcezza, il primo grado che dovrà<br />
salire sarà lasciar i beni della terra e rinunciare in effetto tutti quelli che potrà, secondo il suo stato e<br />
secondo che giudicherà essere servizio di Dio, abbracciandosi anche esteriormente con la nudità o<br />
povertà di Gesù Cristo (il quale morì ignudo sulla croce, senza essere padrone neppure de' suoi<br />
poveri vestiti, avendo egli stesso prima detto: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli dell'aria i<br />
loro nidi, ma il Figliuol dell'uomo non ha dove reclinare il suo capo (Matt. 8, 20; Luc. 9, 58) e<br />
interiormente, facendo una rinuncia generale, non tenendo affetto a cosa creata, e per quelle che<br />
sarà necessario possedere, deve farlo come per forza e contro il proprio gusto.<br />
Il secondo grado, dopo d'aver lasciato le cose esteriori e lasciar tutti i gusti dei sentimenti,<br />
astenendosi da qualsivoglia diletto di cosa corporale, é di procurarsi le cose contrarie e penose;