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P. EUSEBIO NIEREMBERG, S. J. LA VOLONTÀ DI DIO O STRADA ...

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Venendo alla prima parte, per adempire la volontà divina, è necessario non adempire la nostra,<br />

molto più di quello che sia necessario disfarsi il gelo dell'acqua, affinché questa venga a bollire; e<br />

come un uomo non può vivere in Roma e insieme in Ispagna, ma per vivere in una parte, deve<br />

partire dall'altra, così per vi vere a Dio e in Dio, adempiendo la volontà divina, si deve negare la<br />

propria volontà, come il medesimo Cristo ci insegna dicendo, che per seguitarlo deve prima<br />

ciascuno negare sé stesso e pigliare la sua croce, cioè negare la sua volontà con tutte le sue passioni,<br />

appetiti e altre potenze esteriori e interiori con una universale mortificazione di tutte. Non ispaventi<br />

alcuno questo nome tanto rigoroso e aspro agli orecchi di mortificazione totale; ma si considerino i<br />

suoi effetti miracolosi e i suoi frutti soavissimi; e starà ognuno tanto lontano dal temerla, che con<br />

tutte le sue forze l'abbraccierà; o se non ha tanta fortezza, almeno non potrà ingannare sé stesso<br />

ancorché voglia, e giudicherà che si deve abbracciare e desiderare. Forse il mansuetissimo Dio sarà<br />

divenuto tiranno, che sia per rallegrarsi senza cagione e frutto del nostro scarnificamento, vedendo a<br />

i suoi figli diletti macerate le carni con cilici, illividite con battiture, famelici, sitibondi, umiliati,<br />

afflitti e senza gusto della terra? Gran bene per certo deve risultare da questo, poiché un Dio, tanto<br />

buono e pietoso e amoroso Padre, ce l' ha incaricato tante volte e tanto di proposito, così per bocca<br />

dell'Unigenito suo diletto, come per quella de' suoi Profeti e Apostoli. Come avrebbe Gesù, tanto<br />

mansueto e umile di cuore, avuto il coraggio di pronunciare sentenza così cruda, quale fu quando<br />

disse: Se alcuno vuol venire dietro di me, rinneghi sé stesso e prenda la sua croce...(Matt. 16, 24. -<br />

Marc. 8, 34) se non fosse stato, che in questo avviso ci faceva gran favore, per i frutti grandi che<br />

nascono da questa rinuncia? E sebbene è vero che per animarci ad essa non abbiamo bisogno di<br />

saper altro, se non che piace a questo Signore, tuttavia accennerò alcuni altri beni che porta seco,<br />

perché almeno conosciamo quanto ragionevole e giusto è questo divino volere e quanto profittevole<br />

per noi; perché se nella mortificazione, che è la cosa che più ci spaventa, ritroviamo queste utilità,<br />

non dubiteremo che si ritrovino anche in tutte le altre cose più aggradevoli.<br />

Sono adunque tanti i frutti della mortificazione e annegazione della propria volontà, che piuttosto<br />

ci potremmo lamentar di Dio, se non ce l'avesse raccomandata tanto di proposito e non ci avesse<br />

avvisati, che ci era tanto conveniente. Se un padre vedesse che un suo figlio savio, ben disposto,<br />

grazioso, robusto è caduto ammalato e giace in un letto all'ospedale, frenetico, sfigurato, deformato,<br />

sì debole da non poter muovere un braccio, con un gusto sì guasto fino a sostentarsi solo di cose<br />

immonde; ed egli sapesse un rimedio col quale potesse non solo liberare il figlio dalla morte, ma<br />

renderlo sano e più forte che mai, con maggior disposizione e vaghezza di prima, e col gusto<br />

purgato per godere il sapore e la dolcezza dei cibi delicati…, non farebbe un'empietà tener segreto<br />

questo medicamento, senza dirlo ad alcuno, né procurare di darlo al figlio? Senza dubbio un padre<br />

simile sarebbe tenuto da tutti per stolto o per inumano, avendo un sì crudele odio al suo figliuolo,<br />

Quello dunque che non ci parrebbe bene in un uomo, perché non lo vogliamo in Dio? Come non<br />

vogliamo che egli non pubblicasse in tutta la sacra Scrittura, con gli esempi e con le parole de' suoi<br />

santi Profeti e per bocca del suo Unigenito Figliuolo, tanto gran ristoro della nostra natura corrotta e<br />

inferma, quale è la mortificazione con l'aiuto della sua grazia? Per suo mezzo si compongono gli<br />

affetti, si regola l'appetito, si purga l'intelletto, si riforma lo spirito, restituendolo alla sua antica<br />

nobiltà, e talvolta a maggiore, con maggiori gradi di santità. Perché dunque Dio aveva a tacer<br />

questo e, non pubblicare e lodare un rimedio tanto notabile? E perché noi non dobbiamo gradire<br />

questo avviso e non ci abbiamo a ristorare con tale medicina?<br />

Quanta tristezza sogliamo noi a essere caduti da quel felice stato dell'innocenza! Quanto si<br />

desidera di vivere in esso! Se dunque ci è arte e modo di rinfrancarci col favor divino, di correggere<br />

la nostra perversa natura, di raddrizzare i nostri appetiti, di riformare le nostre potenze, perché<br />

l'abbiamo a disprezzare? Per vero, ancorché la mortificazione e rinnegamento della propria volontà<br />

non ci portasse altro bene che questo, ci dovrebbe sforzare ad abbracciarla con tutte le nostre forze,<br />

né deve ritardarci il timore che nel principio suo apporta qualche amarezza. Questa è la più sciocca<br />

e vergognosa scusa del mondo: perché se per la sanità del corpo non ricusiamo rimedi amari, come<br />

per la salute dell'anima e per rimedio della nostra corrotta natura abbiamo a ricusare quelli che alla<br />

fine non sono tanto amari, e col tempo sono per essere dolci e saporiti? Si consideri quanto più

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