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P. EUSEBIO NIEREMBERG, S. J. LA VOLONTÀ DI DIO O STRADA ...

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gusto divino, perché non ci è cosa più grata a Dio. E ora nel cielo stando la Vergine, coronata regina<br />

degli angeli tiene per Sua maggior grandezza il soggettare la propria volontà a quella di Dio, e si<br />

compiace in atti di conformità con il gusto divino. Quindi è che un monaco cistercense, come<br />

racconta Cesario, udì la dolce voce di questa Signora, la quale, passando avanti di lui in una nuvola<br />

molto risplendente, diceva: «Facciasi la tua volontà così in terra, come in cielo.» Il che diceva con<br />

tanta dolcezza, che tutte le volte che quel monaco si ricordava la dolce melodia, si scioglieva tutto<br />

in lacrime. E non v'ha dubbio veruno che in questo la Vergine dà esempio ai Serafini più ardenti<br />

nell'amore del suo Creatore. Onde non è adesso gran cosa dire che la maggiore eccellenza e il<br />

maggior titolo che conobbe Davide negli angeli, per invitarli a lodare Dio, come più puri, e più a<br />

proposito per supplire i suoi mancamenti, sia l'adempimento della volontà di Dio, e però dice:<br />

«Benedite il Signore, voi tutti angeli suoi, che siete potenti in eseguire con gran valore la sua parola,<br />

subito in quell'istante che udite la voce del suo parlare» ; o secondo l'esplicazione più letterale: «Per<br />

questo solo fine. di obbedire e adempire la voce che udite delle sue parole, benedite il Signore voi<br />

tutte, virtù sue,» cioè tutti gli eserciti del Cielo, Arcangeli, Principati, Dominazioni, Troni,<br />

Cherubini e Serafini, che siete creati da Dio, e che fate la sua volontà. Dimodochè la maggior<br />

nobiltà e il maggior cuore degli Spiriti celesti, sebbene siano beati, viene da Davide misurata con<br />

questo solo impiego di adempire puntualmente la divina volontà con grande sforzo e valore e con<br />

gran purità d'intenzione, non per altro fine che per sé stessa e per obbedirla e adempirla. E di questo<br />

si compiace tanto Iddio, che ad essi volle imporre nel cielo esercizio di obbedienza, affinché la loro<br />

sommissione e annegazione della propria volontà fosse maggiore; non solo obbedendo a Dio<br />

immediatamente, ma anche ad altre creature per Dio, ordinando che alcuni angeli a stessero ad altri<br />

soggetti, come figliuoli a padri, come S. Paolo afferma della paternità, che riferisce essere nel cielo.<br />

E quello che comanda Iddio, non lo comanda a tutti gli angeli da sé medesimo, ma per mezzo di<br />

altri. Per cui gli angeli ricevono l'ordine di quello che devono fare, immediatamente dagli altri<br />

Spiriti di più alta gerarchia.<br />

Ed è chiaro che è maggior esercizio d'obbedienza obbedire ad una creatura per amor di Dio, che<br />

non a Dio immediatamente; ed è maggior cosa in certo modo star soggetto alle creature e a Dio, che<br />

non a Dio solo in sé medesimo. Questa obbedienza adunque hanno gli angeli, rimirando con tal<br />

rispetto e con conformità della loro propria volontà gli angeli superiori, come se fossero il<br />

medesimo Dio, e ascoltando le loro parole come se fossero del medesimo Dio. E però disse Davide<br />

di tutti generalmente che ascoltavano la parola e la voce di Dio; non perché tutti l'udissero per sé<br />

stessi, ma perché in quella medesima maniera riputavano e adempivano qualsivoglia ordinazione<br />

degli altri spiriti superiori, come se quelli fossero il medesimo Iddio.<br />

Agli Apostoli ancora comandò il loro umile Maestro Gesù Cristo, che si diportassero come servi,<br />

non solo rispetto a Dio, ma anche tra di loro; non solo perché facessero la volontà divina, ma anche<br />

perché non facessero la propria e piuttosto volessero fare la volontà di un altro uomo, rimirando<br />

quello come signore, e sé medesimi come schiavi, per non far mai la propria volontà né assecondare<br />

il proprio gusto. E quando volle significare uno stato di maggior perfezione a quell'Apostolo, che<br />

egli elesse per capo della sua Chiesa, lo fece con dirgli che altri lo cingerebbe e lo condurrebbe<br />

dove non voleva, cioè che non farebbe la sua volontà. E quando ebbe a sollevare uno al principato<br />

della sua Chiesa e al comando e governo dei suoi, non lo fece se non nella persona di chi si<br />

chiamava obbediente (ché questo vuol dire Simone, che era il nome di S. Pietro). E quando ridusse<br />

e sollevò a quell'altra colonna della Chiesa, la prima parola, che volle udire da quella bocca fu di<br />

conformità e di soggezione alla volontà sua, avendo detto S. Paolo subito convertito: Signore, che<br />

volete ch'io faccia? (Atti 9, 6); parole che non si dovrebbero mai partire dalla bocca e dal cuore.<br />

Né di ciò fu contento il Signore, ma affinché questo nuovo gigante del cielo maggiormente<br />

s'abbassasse e soggettasse la sua volontà, lo rimise ad Anania, il quale fosse suo padre e maestro di<br />

spirito, volendo così che si assoggettasse anche alla volontà d'un altro uomo, perché tanto meno<br />

facesse la sua. Nel che si deve avvertire, per nostra consolazione che non disse il Signore: Egli ti<br />

dirà quello che io voglio che tu faccia, ma egli ti dirà quello che ti conviene fare; e questo disse per<br />

farci intendere che Dio non vuole altra cosa se non quello che ci conviene e ci sta bene; e ancorché

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