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P. EUSEBIO NIEREMBERG, S. J. LA VOLONTÀ DI DIO O STRADA ...

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Ancora Platone condanna quel modo di parlare: Iddio ti dia tutto quello che desideri, ti conceda<br />

quello che vuoi. «Prega Dio, dice Platone, che non te lo conceda, ma faccia che tu voglia quello che<br />

egli vuole, perché questo è un purissimo culto e una divina religione l'unirsi e legarsi in questa<br />

maniera con Dio.»<br />

Seneca, dando ragguaglio a un amico dei segreti del suo cuore e del costume che aveva in<br />

sopportare le avversità, disse: «In tutte le cose, che paiono avverse e dure, mi diporto in questa<br />

maniera: che non tanto obbedisco a Dio, quanto accommodo il mio sentimento al suo, e voglio il<br />

medesimo che egli vuole e lo seguo di cuore e di buona volontà, e non perché ciò sia di necessità. E<br />

però non mi occorre mai cosa, ch'io sopporti con tristezza, né di mala voglia; perché non posso dare<br />

di mala voglia quello che devo come tributo, essendo tutte le cose, per le quali piangiamo e ci<br />

spaventiamo, tributo di questa vita.»<br />

Lo stesso consiglia che per adempire la volontà divina, si deve correggere il giudizio umano in<br />

tutte le cose, che ci paiono ardue e ci molestano, ripetendo molte volte fra sé stesso: «A Dio pare<br />

un'altra cosa: Iddio giudica meglio così.» E in un altro luogo dice che il meglio che uno possa fare,<br />

è sopportare le cose avverse allegramente e ricevere tutto nella medesima maniera, come se egli per<br />

suo gusto e per sua volontà lo cercasse e pigliasse; e che si deve voler così e pigliar le cose con<br />

nostro gusto e volentieri, poiché vengono dalla volontà di Dio. È quello stesso che insegnò S.<br />

Doroteo, che uno poteva andar sempre adempiendo la sua volontà, mentre non aveva altra volontà<br />

se non quella del suo superiore. Non ho riportato questo, perché ai servi di Dio siano necessari<br />

questi consigli dei filosofi; ma perché noi ci vergogniamo che, dopo la dottrina di Cristo e l'esempio<br />

e morte sua, non arriviamo con l'opera a quello che dalla forza della ragione naturale furono sforzati<br />

a dire i ciechi gentili.<br />

CAPO XIV.<br />

Pratica di questo esercizio di adempire la volontà divina.<br />

Ho voluto inculcare tanto diffusamente l'obbligazione, soavità e importanza che è in soggettarsi<br />

alla volontà divina, perché in questo consiste tutta la perfezione e unione con Dio; e importa<br />

sommamente formar un alto concetto e stima di questo esercizio per conseguirlo più brevemente. Io<br />

penso che se uno fin da principio penetrasse vivamente l'obbligazione e l'importanza che vi è di far<br />

solo la volontà di Dio e non la propria, abbrevierebbe molto il viaggio; perché se subito si<br />

applicasse ad esso, avrebbe il mezzo più efficace per far bene gli altri esercizii e mettere in opera<br />

tutte le altre virtù. È chiaro che se uno si determinasse con una perpetua e invincibile risoluzione «io<br />

devo fare e volere in tutto e per tutto quello che Dio vuole da me, e non ho da attendere al mio gusto<br />

né al mio affetto,» questi sarebbe mortificato, vedendo che Dio vuole quello da lui; sarebbe umile,<br />

paziente, divoto, ritirato, astinente, casto, perché questo è quello che pretende da noi Iddio, e come<br />

dice S. Paolo: «Questa è la volontà di Dio, la nostra santificazione» (Tess. 1.4. 3); e così farebbe un<br />

grande avanzamento.<br />

Per il che io raccomando a tutti e chieggo, per amor di Gesù Cristo, principalmente ai religiosi e<br />

alla gente di spirito che, giacché essi si danno ad alcuni particolari esercizi e cercano di riuscire in<br />

una o in un'altra virtù, facendo prove e diligenza particolare per conseguirla, pongano<br />

principalmente tutte le loro forze e ingegno, e la loro mira particolare in fare stima della volontà di<br />

Dio, in conoscerla ed eseguirla, senza indugio, né risparmio di cosa alcuna; la quale sollecitudine<br />

devono porre nella direzione dello stato e occupazione della loro vita in generale, ma in tutte le

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